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venerdì 3 febbraio 2017

SCIVOLONE DI TOTI Quel pasticcio gli costa sedici milioni di euro

Liguria, pasticcio in Regione: Giovanni Toti perde 16 milioni di finanziamento



La Regione Liguria ha perso un finanziamento già riconosciuto da 16 milioni di euro, per risarcire le aziende agricole colpite dall'alluvione del novembre 2014. Colpa della burocrazia, certo, riporta ItaliaOggi, ma non solo. I territori comunali di Albenga e Ceriale, maggiormente colpiti dal maltempo, non vedranno un euro dei soldi promessi e già individuati per coprire i danni.

I due sindaci interessati, Giorgio Cangiano e Ennio Fazio, hanno infatti scoperto dal sottosegretario all'Economia Paola De Micheli che i risarcimenti agli agricoltori non arriveranno perché la Regione Liguria ha commesso alcuni errori nella compilazione dei moduli necessari per richiedere l'accesso al fondo. Non è chiaro se i funzionari dell'Ente guidato da Giovanni Toti si siano dimenticati del tutto o in parte di presentare la documentazione, oppure se abbiano sbagliato la formulazione. Tant'è: i soldi rimangono a Roma. O meglio, saranno elargiti per altre emergenze, a partire dal Centro Italia, devastato dal terremoto.

Ovviamente in Regione è scoppiato il caos. L'assessore regionale all'Agricoltura Stefano Mai si è difeso spiegando che è in contatto con la Protezione civile per definire le procedure da seguire nella richiesta dei risarcimenti, mentre nel frattempo la Regione ha stanziato 1 milione dal fondo di solidarietà. Ma la giunta Toti non ha fatto esattamente una bella figura.

Avete pagato il canone Rai? Che fine hanno fatto i vostri soldi

Canone Rai, il governo si ruba gli incassi



È un po' come ritrovarsi al punto di partenza dopo aver fatto il giro di tutte le caselle. Com'eri e come ti ritrovi. Ecco, grosso modo questo è quello che toccato in dote alla Rai con il canone in bolletta, voluto dall'ex premier, Matteo Renzi, e messo in pratica dal sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli. Quel provvedimento, per come era stato «venduto» dal precedente governo, avrebbe dovuto sistemare una volta per tutte i conti della tv pubblica. In realtà si è trattato di un gioco di prestigio per rimpinguare la fiscalità generale. Insomma, una boccata d' ossigeno per le casse dello Stato, più che per Viale Mazzini.

A fotografare la situazione è il Report sui maggiori operatori televisivi italiani (Mediaset, Sky Italia, Rai, Discovery Italia e La7) dell'Area studi di Mediobanca, che ha messo in luce come il canone in bolletta ha ridotto l'evasione dal 30% al 6%, ma ha avuto un impatto neutro sui conti dell'emittente pubblica, visto che degli oltre 2 miliardi di introiti derivanti dal canone del 2016, cifra stimata dall'Agenzia delle Entrate, a viale Mazzini ne restano solo 1,7 miliardi di canone ordinario. Quanto basta a gettare nel panico il vertice aziendale, costretto già a parlare di tagli e ridimensionamenti. Come spiega dettagliatamente lo studio di Mediobanca, il governo scippa a Viale Mazzini una bella fetta di introiti grazie al 5% trattenuto dallo Stato in base alla Legge 190 del 2014, il 33% di extra-gettito da destinare all'Erario, a cui vanno aggiunti tassa di concessione governativa e Iva.

giovedì 2 febbraio 2017

PARLA IL MIGLIORE AMICO "Cosa può ridursi a fare": clamorosa soffiata su Renzi

Dario Nardella: "Matteo Renzi potrebbe non correre per Palazzo Chigi"



Per Matteo Renzi quello in corso è un periodaccio, forse uno dei peggiori. Da alcuni giorni è partito un vero e proprio assalto contro il segretario del Pd, da Emiliano a D'Alema, passando per il governatore della Toscana Rossi, fino a Speranza e il solito Bersani. Tutti puntano a fargli le scarpe, non solo da segretario del partito, ma anzi soprattutto da possibile candidato premier. Chi lo sente con più frequenza, come il sindaco di Firenze Dario Nardella, assicura che Matteo viva con "molta preoccupazione" la situazione del Pd.

L'incrocio di alleanze antirenziane potrebbe anche spingere il segreterio Pd a una decisione drastica. O almeno di questo Nardella ha un forte sospetto: "Non mi stupirei se si tirasse fuori dalla corsa a premier, restando alla guida del partito, per vedere davvero cose c'è dietro questi appelli congressuali: temo niente".

Stringe il cuore pensare a Renzi in ansia perché il dibattito nel partito, ha aggiunto Nardella al Corriere Fiorentino, non si stia sviluppando su temi di alte virtù: "Vedo solo uno scontro sulle persone e non sulle idee". E quasi ci si commuove davanti al candore dei sospetti appena accennati del sindaco fiorentino: "forse il problema - ha detto ancora Nardella - è solo come costruire le liste per le prossime elezioni". Ma va.

Quanto prende per sparare su Trump: Giovanna Botteri, uno scandalo italiano

Botteri, lo scandalo: ecco quanti soldi prende dalla Rai (cifra imbarazzante)



"Ma perché i cittadini italiani sono obbligati a pagare il canone Rai, e quindi lo stipendio della corrispondente da New York Giovanna Botteri (200mila euro all'anno più benefit), per sentire ogni giorno la cronaca politica distorta dalla faziosità? Una bella domanda". E' quella che si pone il Giornale, che rivela il cachet dell'inviata della Rai negli Stati Uniti, e molti telespettatori italiani. 

In effetti la giornalista, 59 anni, è nota per la sua faziosità, per le corrispondenze completamente orientate contro Donald Trump. Un approccio non molto corretto se si tiene presente che lavora per il servizio pubblico, che dovrebbe garantire equilibrio e pluralismo. 

Terremoto Pd, licenziati tutti i dipendenti Un disastro: quanti finiscono per strada

Caos Pd, licenziati tutti i dipendenti. Casse vuote, quanti finiscono per strada



"Come è noto la situazione economico-finanziaria della federazione non è solo grave, ma soprattutto irreversibile". Inizia così la lettera inviata oggi ai dodici dipendenti della Federazione di Roma in cui si comunica la decisione di procedere "al licenziamento collettivo. Abbiamo in questi due anni - si spiega nella missiva - tagliato la gran parte dei costi dalle utenze, alla sede della Federazione, ma purtroppo oggi si rende necessaria una misura anche per far fronte alle conseguenze del ritardo accumulato sul pagamento degli stipendi". Il Pd Roma nella missiva che ha la data di oggi spiega che per chi lavora nell’organismo cittadino non ci sono altre alternative. "D’intesa con il Tesoriere nazionale abbiamo avviato la procedura di licenziamento collettivo utile a richiedere la cassa integrazione per i dipendenti della Federazione del Pd Roma, l’unico strumento ormai utile - si legge - a limitare le conseguenze del suddetto ritardo".

Nella comunicazione, firmata dal tesoriere Carlo Cotticelli, si spiega che ci sarà un incontro proprio per spiegare i motivi dell’attivazione della procedura. "Con la legge n.13/2014 e la conseguente abolizione del finanziamento pubblico ai partiti politici si ha l’assoluta necessità di rimodulare l’intera attività con un piano - si aggiunge nella lettera visionata dall’Agi - atto a riequilibrare la precaria situazione economico-finanziaria e ci si trova costretti ad avviare la procedura di licenziamento collettivo"

"Peraltro - si spiega ancora - oltre alla cancellazione del finanziamento pubblico ai partiti, la drastica riduzione delle entrate presenti e future derivanti dalla contribuzione degli eletti all’Assemblea capitolina e degli assessori, esclude la possibilità di attivare l’adozione di strumenti alternativi al licenziamento".

"Abbiamo trovato un milione e pezzo di debiti. Una federazione vive di tessere. Purtroppo il risanamento si fa anche rinunciando ai dipendenti - osserva un dirigente dem del partito a Roma - E comunque questo è l’unico modo per attivare la Cig". Una parte dei dipendenti è composta di parlamentari e consiglieri regionali: "Ci sono - raccontano le stesse fonti - alcuni dipendenti che erano in aspettativa, solo quattro sono realmente in servizio. A Roma c’è una situazione economica del partito che riguarda anche ai circoli - riflette un altro esponente capitolino dem - Alcuni di loro dovranno chiudere per la difficoltà nel pagare gli affitti".

I dirigenti capitolini del partito attendono di capire quando ci sarà il congresso e quale sarà il regolamento. "Al momento - riferisce un deputato dem - si sta chiudendo il tesseramento del 2016, ma è chiaro che un calo di iscritti, legato anche alle difficoltà del partito, si registra come in altre situazione territoriali. La difficoltà economica comunque riguarda tutti i partiti".

La mossa disperata di Matteo Renzi Cosa dà a Bersani per non sparire

Pd, dopo le minacce di Bersani, Matteo Renzi apre alle primarie



Passi il "no" al congresso, che inevitabilmente salterebbe se Matteo Renzi continuasse sulla strada del voto prima dell'estate. C'è una questione di tempi, ma non solo. In questa condizione di caos sia all'interno del partito (sinistra, minacce di scissione, ecc...) sia al di fuori di esso (legge elettorale), Matteo Renzi a dimettersi dalla carica di segretario del Pd non ci pensa nemmeno. E senza le sue dimissioni, dice lo statuto del Pd, niente congresso. Ma la sinistra del partito preme e minaccia: "Ora, dico io, chiamalo come vuoi: congresso, primarie, ma un luogo di confronto e di contendibilità lo chiedo" attacca Brsani.

Insomma, l'ex segretario  Pd e i suoi vogliono contarsi e ad andare al voto così, col segretario Renzi "naturale" candidato alla guida del governo, non ci pensano nemmeno. E così, nella tarda serata (ieri) di una giornata dai toni a tratti drammatici, ecco l'apertura di Renzi, affidata alle parole del fidatissimo Matteo Orfini ospite su Rai3 della trasmissione di Bianca Berlinguer: "Qualora ci dovesse essere una accelerazione nella direzione del voto non faremmo in tempo a fare il congresso, ma se c'è l'esigenza di ridiscutere con quale candidato (premier, ndr) andiamo alle elezioni, come chiede Bersani, potremmo tranquillamente trovare il modo di fare le primarie".

Ufficialmente, nelle ore successive all'apertura, non è giunta alcuna replica. Ma se primarie saranno, è assai probabile che possa essere il governatore della Puglia il "naturale" avversario di Renzi. L'obiettivo realistico non è tanto quello di vincerle, quelle eventuali primarie, ma la minoranza spera di prendere una percentuale più alta dell'ultima volta, ottenendo così più seggi sicuri.

Caos immigrazione, l'Europa si sveglia: "Dobbiamo bloccare la rotta dalla Libia"

Immigrazione, l'Europa si sveglia: "Dobbiamo bloccare la rotta dalla Libia"



L'Unione europea prova a mostrare il pugno duro contro l'immigrazione irregolare. Nel mirino del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ci sono le ondate di clandestini in arrivo dalla Libia soprattutto sulle coste italiane: "L'Ue ha provato di essere in grado di bloccare le rotte irregolari dell'immigrazione - ha detto da Malta, dove stanno per riunirsi i leader europei - Ora è tempo di chiudere la rotta dalla Libia all'Italia. Ne ho parlato a lungo con il primo ministro italiano Gentiloni ieri e garantisco che possiamo riuscirci. Ci serve la piena determinazione per farlo". 

L'ex premier polacco ha incontrato questa mattina il primo ministro libico Fayez Mustafa Al-Sarraj con il quale ha discusso di un possibile accordo di cooperazione per frenare i flussi migratori: "Abbiamo condiviso l’interesse e la determinazione a ridurre il numero dei migranti irregolari che rischiano la propria vita attraversando il Mediterraneo centrale. Questo non è sostenibile per l’Europa né per la Libia, mentre i trafficanti lasciano annegare la gente e minano l’autorità dello Stato libico per il proprio profitto".