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domenica 8 gennaio 2017

Lo sfregio del vescovo di Palermo: "Stragi islamiche? Di chi è la colpa"

Lo sfegio del Vescovo. Stragi islamiche in Europa: "Vi dico io di chi è la colpa"



"Sulle nostre coste arriva chi scappa dalla fame e dalla guerra». A dirlo all’AdnKronos è l’arcivescovo di Palermo, don Corrado Lorefice, parlando della stretta del governo sui migranti irregolari e sulle espulsioni. Né basta a giustificare una posizione securitaria la paura di attentati. «Il terrorismo l’abbiamo fomentato per altri motivi - dice -, per come noi europei siamo stati in alcune parti del mondo. Forse questa è la conseguenza". Allora secondo l’arcivescovo di Palermo "l’Europa deve rivedere i suoi stili di vita. Non dobbiamo dimenticare - conclude - che noi siamo andati verso il Sud del mondo a volte per depredarlo. Non lo dobbiamo dimenticare".

Terrorismo, il capo della polizia: "Cosa so", frase da brividi sull'Italia

Attentati in Italia, cosa rischiamo ora. La frase da brividi del capo della polizia



"Il rischio attentati c’è. E anche l’Italia avrà il suo prezzo da pagare". Lo dice, in un’intervista a Il Giornale, il capo della Polizia, prefetto Franco Gabrielli. "Le indagini, spesso successive ai rimpatri - spiega - hanno dimostrato che buona parte delle persone fermate nel nostro paese perchè considerate vicine all’Isis stava realmente per compiere attentati e fare morti. Questo però non deve toglierci la nostra libertà". Il prefetto, annuncia l’assunzione di mille uomini, sottolinea che esiste una propaganda tra i terroristi che individua obiettivi in Italia come il Vaticano e il Colosseo e chiarisce: "Non c’è una ricetta, però sottovalutare la minaccia, oggi, è un errore gravissimo. Lo dico in maniera molto cruda: anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile. Noi dentro quella minaccia ci siamo. La cittadinanza di contro deve comprendere che deve continuare a vivere normalmente, altrimenti i terroristi avrebbero già vinto togliendoci la libertà. Per quanto ci riguarda non si devono sottovalutare eventuali segnali ma nemmeno amplificarli in maniera abnorme. Intelligence e controlli del territorio sono i due pilastri con i quali si costruisce il sistema della sicurezza nel nostro Paese. I cittadini devono pretendere comunque che gli apparati di sicurezza facciano il loro lavoro".

Paura a Roma, folle entra in chiesa Feriti due sacerdoti, uno è grave

Paura a Roma, folle entra in chiesa Feriti due sacerdoti, uno è grave



Un uomo di 42 anni, originario del frusinate, è stato fermato dai carabinieri a Roma dopo aver aggredito due preti con un coccio di vetro all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore. Uno dei due sacerdoti ha riportato una grave ferita al volto ed è stato ricoverato in codice rosso al policlinico Umberto I.  Più lievi le ferite riportate dall’altro sacerdote che pure è stato ricoverato nello stesso ospedale. L’uomo è stato fermato pochi istanti dopo l’aggressione da una pattuglia dei carabinieri della stazione Roma Piazza Dante e accompagnato in caserma.

Renzo Cerro, 41enne pregiudicato originario di Roccasecca ha spiegato: "Non ce l’avevo con loro due, ma sono un incompreso, la Chiesa non mi ha capito. Cerro, con un precedente per droga, presenterebbe disturbi di natura psichica. Il ferito più grave è padre Angelo Gaeta, addetto alla sagrestia della chiesa, mentre miglior sorte ha avuto padre Adolfo Ralph.

Sergio Marchionne, choc mondiale: Fiat? Ecco che cosa ne vuole fare

Fiat, il piano-choc di Sergio Marchionne: zero debiti


di Ugo Bertone



Che Befana ricca per casa Agnelli, sempre più internazionale e sempre meno esposta agli appetiti del fisco. Ieri i titoli del gruppo hanno illuminato le Borse, Milano ma anche Wall Street, anticipando le novità di un anno che promette non pochi colpi di scena a partire dai possibili annunci che Sergio Marchionne si accinge a fare la prossima settimana, quando potrà spiegare (appuntamento previsto per mercoledì 11) ad analisti e giornalisti come pensa di poter centrare l’ultima sua missione all’apparenza “impossibile”: azzerare il debito di Fiat Chrysler, che a fine 2016 si aggira sui 6,5 miliardi.

Nell’attesa John Philip Elkann non sta con le mani in mano. L'altro ieri, meno di un mese dopo il trasloco definitivo di Exor oltre i confini italiani, la capofila del gruppo ha annunciato il varo in Lussemburgo di Exor financial investments sicav-sif, un fondo di investimenti specializzato che godrà del regime di tassazione leggero del Granducato con l’obiettivo di fare affari a 360 gradi investendo in valori mobiliari di tutti i generi e in altre attività autorizzate dalle leggi in vigore con l’obiettivo di suddividere i rischi di investimento e far trarre vantaggio agli azionisti dei risultati della gestione del portafoglio. Ma il rialzo di ieri del titolo non è legato alla redditività futura di un tesoretto che vale 13 miliardi (a tanto ammonta il patrimonio di Esxor) ma ai fuochi di artificio in Borsa di Fca, all’improvviso al centro delle attenzioni delle grandi case di investimento.

I broker, spesso scettici in passato di fronte alle promesse del manager, stavolta pendono dalle sue labbra, a giudicare dal boom del titolo Fiat Chrysler, ieri volato a 9,91 euro con un guadagno del 6,8%, che completa una settimana d’oro (+13%). Ancor più significativo è il balzo dall’8 novembre, dato dell’elezione di Donald Trump. Da quel giorno Fiat Chrysler è salita, a Piazza Affari ed a Wall Street, di oltre il 50%, più degli altri titoli automotive. Una performance all’apparenza inspiegabile, visto che non solo le vendite del gruppo sul mercato americano sono da tre mesi in calo (a doppia cifra).

Eppure Goldman Sachs ieri ha promosso Fca nella lista dei titoli preferiti, alzando la previsione da 9,9 a 16,5 euro.

Il giorno prima era stato Massimo Vecchio di Mediobanca, uno degli analisti più stimati, ad alzare l’asticella a 12 euro. «Siamo pazzi a fidarci di quest’uomo?», ha scritto un mese fa un’altra firma autorevole del mondo a quattro ruote, George Galliers di Evercore Isi inaugurando la tendenza positiva. «Forse sì», era stato risposto aggiungendo che «lo spostamento negli Stati Uniti dell’interesse dei consumatori dalle berline ai Suv è enorme». Perciò c’è una buona probabilità che Fiat Chrysler possa giungere al pareggio alla fine del 2018.

L’arrivo del nuovo presidente Usa Donald Trump, aggiunge Mediobanca, potrebbe riaprire scenari di alleanze e fusioni che sembravano ormai sfumati anche perché «il settore è sull’orlo di un cambio epocale da un punto di vista tecnologico», elemento che «potrebbe portare a una separazione tra i brand indirizzati al mercato di massa e quelli premium nel portafoglio». Ovvero si profila lo scorporo dei gioielli di Fca, Alfa Romeo e Maserati, sul modello di quanti già avvenuto per Ferrari.

Goldman Sachs confida nella rivoluzione dell’offerta; meno utilitarie, più modelli premium che consentiranno di passare da un indebitamento di 4,7 miliardi ad un attivo di 3,2 miliardi nel 2018.

Un piccolo miracolo che dipenderà dal successo del Suv e degli altri modelli Alfa che verranno assemblati a Mirafiori, risorta a nuova vita, e negli stabilimenti del gruppo.

sabato 7 gennaio 2017

Piano di Forza Italia: Silvio demolito Come lo fanno fuori (con Salvini...)

Il piano: nuovo Pdl e patto con Salvini per evitare un accordo Berlusconi-Pd


di Salvatore Dama



Formule ce ne sono a dozzine. Ma poi, gira e rigira, il centrodestra torna sempre alle origini. Perché la formazione standard, quella che tiene dentro tutti (dal centro alla destra), è l’unica che ha qualche possibilità di vittoria. Sulla base di questa consapevolezza, dopo anni di macerie, adesso si prova a ricostruire qualcosa. Perché le elezioni sono vicine e nessuno ha voglia di tornarsene a casa. I tentativi di pensionare Silvio Berlusconi sono andati tutti falliti. E capirai che novità: sono vent’anni che tutti ci provano e nessuno ci riesce. I partitini personali, nati dal Big Bang del Popolo delle libertà, non hanno avuto miglior fortuna. Allora rieccoli tutti, azzurri ortodossi ed eretici, sedere di nuovo allo stesso tavolo. Con due obiettivi abbastanza complessi: uno, essere tutti uniti per contare nella stesura della nuova legge elettorale; due, convincere il Cavaliere che, per i suoi interessi, la vittoria elettorale è meglio di un pareggio.

Così è nata l’idea del coordinamento annunciata ieri a Libero dal capogruppo di Fi al Senato Paolo Romani. Dentro ci sono i forzisti, Idea, Cor, Popolari per l’Italia e Gal. In alcuni casi si tratta di acronimi gutturali che sfuggono alla percezione dell’uomo comune, frutto della diaspora di parlamentari lunga una legislatura. Ma ora è tempo di ricucire. «Con tutti, anche con la Lega», spiega Gaetano Quagliariello, perché «un centro forte deve includere e non escludere le forze estreme». Il coordinamento, aggiunge il leader di Idea, «si deve occupare di una strategia comune per superare l’Italicum». E, in prospettiva, «dovremo avviare dei gruppi di discussione per mettere a punto il programma comune del futuro centrodestra». La coalizione deve rivivere nella sua formazione originaria, insiste Quagliariello, proprio per evitare la «tentazione di grandi accordi preventivi con il centrosinistra». Anche l’ex ministro della Difesa Mario Mauro ci sta: «Condivido pienamente la proposta di Romani. E voglio dare uno spunto utile a questo dialogo: perché non ripartire con la legge De Gasperi del ’53?». Il sistema elettorale passato alla storia con il nome di “legge truffa”. Che poi “truffa” non fu affatto, perché la Dc mancò l’obiettivo di agguantare la maggioranza assoluta in Parlamento.

Ripartiamo dal ’53, spiega Mauro all’Adnkronos, «con due piccole correzioni. Serve innanzitutto un meccanismo che assegni il premio di maggioranza alla coalizione, invece che al partito. Ma che obblighi la coalizione a raggiungere comunque il 50% più uno dei consensi per aver diritto al premio». La deriva che occorre evitare, chiarisce il leader di Popolari per l’Italia, è che le elezioni «si trasformino in un terno al lotto, che faccia diventare maggioranza chi è minoranza». Un premio così congegnato «salderebbe l’unità del centrodestra, coinvolgendo anche la Lega». Per Mauro è importante che «sia Forza Italia, tramite i suoi dirigenti, a farsi carico di una ricomposizione dell’area del centrodestra. Se pensiamo che l’ultimo atto politico di Fi è stato il Nazareno, questa proposta è un fatto nuovo che dà senso alle speranze del centrodestra».

I Conservatori riformisti di Raffaele Fitto sono più prudenti. Ok il coordinamento purché sia chiaro il posizionamento di tutti i suoi componenti. Saldamente all’opposizione di questo governo. «L’unità del centrodestra si raggiunge su alcuni presupposti chiari», precisa Maurizio Bianconi. Anzitutto, «le primarie per la scelta del candidato premier» e poi un atteggiamento nei confronti del governo che non dia adito a fraintendimenti. «Non mi piace questa storia dell’opposizione responsabile, non mi garba un accordo con un partito, Forza Italia, che sta con un piede di là». Su un punto, poi, Bianconi vuole essere chiaro: «Noi non rientriamo in Forza Italia, mai! Andammo via da un partito dove l’applauso era obbligatorio e il voto facoltativo. Non ci torneremo». Cor chiede limpidezza anche sulla legge elettorale: «Da subito diciamo no a un sistema prevalentemente proporzionale che serva poi a Berlusconi per fare gli inciuci».

Garlasco, parla il fratello di Chiara: "Che faceva Sempio in camera sua"

"Cosa faceva in camera di Chiara". Sempio, inguaiato dall'amico storico



Si aggiungono nuovi e inquietanti dettagli su Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, che potrebbe essere indagato per l'omicidio della ragazza di Garlasco dopo la scoperta del Dna sotto le unghie della vittima compatibile con quello di Sempio.

E sono proprio le frequentazioni del ragazzo con casa Poggi a interessare negli ultimi giorni gli inquirenti di Pavia. Pur essendo molto amico di Marco Poggi, Sempio non sarebbe mai entrato nella casa dove è stata trovata morta Chiara, almeno stando alle dichiarazioni sia di suo padre che della stessa madre della ragazza.

Una posizione però smentita da quanto avrebbe dichiarato Marco Poggi in un colloquio con gli investigatori. Secondo il fratello di Chiara: "Andrea si portava nella mia abitazione" sia durante la primavera che nell'estate del 2007. Quando i due si vedevano, passavano un po' di tempo: "nella saletta della televisione ubicata al piano terra oppure - ha aggiunto Marco - salivamo al primo piano all'interno della camera da letto di Chiara per utilizzare il suo computer".

Un dettaglio che potrebbe stringere ulteriormente il cerchio attorno al ragazzo. Nelle mani degli investigatori, oltre al Dna compatibile, ci sono anche le coincidenze con il numero di scarpe di Sempio (42 - 42,5) e le dimensioni delle impronte trovate in casa di Chiara Poggi dopo il delitto, oltre a due testimoni che hanno sostenuto di aver visto la sua bici parcheggiata davanti quella villetta la mattina dell'omicidio.

La Camusso protesta e intanto sfrutta... Beccata: così la Cgil paga con i voucher

Camusso beccata. Protestano e intanto sfruttano: così la Cgil paga con i voucher


di Nino Sunseri



I voucher sono un esempio di sfruttamento indegno quando a usarli sono le imprese private. Diventano un insostituibile strumento di flessibilità e di contrasto al lavoro nero se a utilizzarli è il sindacato per i propri collaboratori occasionali. La solita doppia morale cui la Cgil non si sottrae mai. Per Susanna Camusso i voucher sono dei volgari "pizzini" segno di sfruttamento dei lavoratori al punto da meritare un referendum per abolirli. La Camera del Lavoro, invece li impiega senza problemi. Com' è questa storia?

A sollevare lo scandalo è il Corriere di Bologna, edizione locale del Corriere della Sera, dove però decidono che la notizia non merita di essere rilanciata a livello nazionale. Chissà perché? Colpevole distrazione o tardivo riflesso dei tempi in cui sul palazzo di via Solferino sventolavano bandiere rosse?

Non si capisce. Tanto più che la scoperta è veramente ghiotta: lo Spi-Cgil, il potente sindacato dei pensionati, a Bologna e in tutta l' Emilia-Romagna paga i collaboratori occasionali (quelli che lavorano meno di tre giorni alla settimana) con i voucher. Siamo nel cuore rosso del Pd e i protagonisti sono i rappresentanti dei pensionati che ormai costituiscono la componente più importante del sindacalismo italiano. Ma non importa. I custodi dell' ortodossia sindacale non si fanno scrupoli di utilizzare i tagliandi Inps. Al punto tale che la Cgil ha raccolto ben tre milioni di firme per abolirli insieme al jobs act. E che importa se l' alternativa ai voucher è il lavoro nero e che il ripristino dell' articolo 18 (addirittura esteso alle imprese con appena cinque dipendenti) diventa il gesso nel quale imbalsamare il mercato del lavoro? Quello che conta per una certa sinistra è l' ideologia. La realtà è un' altra cosa e se non si adegua ai sacri principi è la realtà a sbagliare. Mai l' ideologia.

Una contraddizione pesante per chi sta conducendo una battaglia senza quartiere per la cancellazione dei buoni lavoro di cui il Corriere di Bologna ha chiesto spiegazioni a Bruno Pizzica segretario Spi-Cgil dell' Emilia-Romagna. La risposta che ricevono in redazione è surreale: Abbiamo l' indicazione dai livelli nazionali di non usare i voucher, i volontari che lavorano per noi poche ore al giorno al limite li paghiamo con i buoni pasto.

Un riconoscimento implicito che le collaborazioni saltuarie sono onorate in nero. Inammissibile per i difensori dei diritti dei lavoratori. Così poco dopo il sindacalista chiama in redazione a Bologna per correggere il tiro: Mi scuso, non mi occupo degli aspetti organizzativi e non ero bene informato: quella dei ticket-restaurant è una stupidaggine, è vero invece che utilizziamo anche noi i voucher, anche se continuano a non piacerci. Lo facciamo perché non abbiamo alternative.

Né a quanto pare il sindacato sembra veramente interessato a costruirle preferendo il lavoro nero. La stessa logica che ha portato Cgil-Cisl e Uil a non applicare l' articolo 18. Vietato licenziare per tutti tranne che per il sindacato. Una via di fuga legata al fatto che i rappresentanti dei lavoratori sono sempre riusciti a evitare la regolarizzazione imposta dalla Costituzione (naturalmente la più bella del mondo). In questo modo non sono mai stati costretti a presentare bilanci trasparenti e nemmeno a rispettare le regole sul lavoro Né importa che la lotta ai voucher appare come un altro esempio degli scontri di potere che stanno dilaniando l' eredità del Pci. Perché se è che i ticket Inps vengono introdotti nel 2003 con la Legge Biagi e altrettanto vero che la liberalizzazione più forte arriva con il governo Monti appoggiato dal Pd di Pierluigi Bersani. Lo stesso ex segretario che oggi definisce i voucher mostruosi. Il resto è storia recente, il governo Renzi ha alzato la soglia annua entro i quali possono essere usati, portandola da 5 a 7 mila euro.

Nei giorni scorsi il segretario della Cgil di Bologna, Maurizio Lunghi ha denunciato l' abuso dei buoni anche nel cuore delle provincie rosse. I dati - ha detto - sono chiari: in Emilia-Romagna sono state attivate più di 18 milioni di ore con i voucher e il 30% solo a Bologna. Numeri imponenti cui, si scopre ora, ha dato un contributo anche la Camera del lavoro.