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sabato 7 gennaio 2017

Un (enorme) mistero sulla Boschi: cosa accadeva un mese fa. E ora...

Maria Elena Boschi, un silenzio tombale dal 5 dicembre in poi



Di lei si è parlato moltissimo. Su Maria Elena Boschi sono stati scritti fiumi d'inchiostro. Già, perché dopo le dimissioni ci si aspettava che sparisse dal governo, ma come è noto così non è stato. Nella squadra di Paolo Gentiloni, pur tra mille polemiche ed altrettanti sospetti, c'è eccome. Ma se la Boschi non è sparita dall'esecutivo, si è volatilizzata su quei social dove era super-attiva. Come nota Il Giornale, l'ultimo "segno di vita" social della Boschi risale allo scorso 5 dicembre, all'indomani del ko al referendum. In quel post la Boschi si sfogò, manifestando rabbia e incredulità per la sconfitta. Il post si chiudeva così: "Decideremo insieme come ripartire, smaltita la delusione".

Da quel momento in poi, un silenzio tombale. Né un post su Facebook, né un cinguettio su Twitter, nessuna dichiarazione e men che meno una traccia su qualche agenzia stampa. Non si ricordano neppure interventi politici, comizi, foto o selfie. Tutto il contrario rispetto a quando era ben salda in sella nel governo Renzi, dove la Boschi era sempre in primissima linea per quel che riguarda la comunicazione. Dal 5 dicembre, come detto, il silenzio. Un lunghissimo silenzio che però non coincide con il ritiro dalla vita pubblica. Un silenzio dietro al quale potrebbe esserci qualche "ordine di scuderia" (improbabile) o il fatto che, in un momento in cui si è finiti così pesantemente nel mirino, non esporsi è la strada più semplice per schivare ulteriori critiche.

Il colpaccio a sorpresa di Matteo Renzi La "bomba": ecco la data delle elezioni

Matteo Renzi, il piano per andare al voto a fine aprile



Dopo il ko al referendum e le dimissioni da premier, Matteo Renzi aveva lasciato intendere senza indugi quale fosse il suo piano: il voto, il prima possibile. Un piano nel quale, ad oggi, pare seguirlo soltanto Matteo Salvini, con il quale avrebbe creato un inedito e inatteso "asse funzionale". E l'ex premier ha lavorato sodo durante queste vacanze natalizie per portare a compimento il suo piano di voto anticipato: secondo La Stampa, Montecitorio sarebbe pronta ad accogliere un blitz sulla legge parlamentare preparato a sorpresa proprio da Renzi. Obiettivo, il voto a fine aprile. L'operazione non è affatto semplice, ma neppure irrealizzabile.

Il primo passo è stato già compiuto, e consisteva nel "liberare" la Camera dai maggiori impegni. Non a caso il governo ha chiesto che il primo esame sul delicatissimo decreto sulle banche fosse affidato al Senato. Stesso destino per il Millepororoghe, che era inizialmente destinato a Montecitorio e che, invece, al termine della riunione dei capigruppo di giovedì 5 gennaio è stato smistato a Palazzo Madama. Insomma, la Camera ora è stata sgravata da due decreti di grande peso ed è pronta ad accogliere provvedimenti sui quali il Parlamento vuole accelerare. Come la nuova legge elettorale, appunto, nonostante l'attesa per la pronuncia della Corte Costituzionale sull'Italicum prevista per il 24 gennaio.

Già, perché tra quattro giorni, all'Ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali, il Pd (e forse anche Lega e M5s) chiederanno di non attendere la Consulta per avviare l'iter che porterà a scrivere la riforma, il cui primo passo sono le "consultazioni" di esperti e costituzionalisti. Renzi ha in mente una tabella serratissima, che prevede l'arrivo del testo in Parlamento entrò metà marzo e, come detto, elezioni anticipate al termine di aprile. Rocco Palese, capogruppo di Conservatori e riformisti e tra i più autorevoli in tema di provvedimenti parlamentari, spiega che "dal punto di vista dei tempi l'operazione è fattibile (...). I tempi ci sono, molto più complicato il discorso sulla fattibilità".

Il problema di più difficile risoluzione è quello dell'accordo con chi - Lega e grillini - vuole altrettanto andare al voto il prima possibile: quale modello scegliere? Il Mattarellum, che Carroccio e pentastellati accetterebbero di buon grado, è per esempio osteggiato dal Pd. Insomma, la strada è tutt'altro che spianata e le possibilità di successo del piano di Renzi sono tutt'altro che assolute. Ma la prima mossa è stata fatta. Per il voto prima dell'estate, ora, c'è una piccola speranza in più.

venerdì 6 gennaio 2017

Dopo Salvini si scatena la Meloni: Saviano umiliato con tre parole / Guarda

Dopo Salvini si scatena la Meloni: Saviano umiliato con tre parole



Esilarante sfottò di Giorgia Meloni su Twitter. La leader di Fratelli d'Italia prende in giro Roberto Saviano che dice di "sognare dei sindaci africani per salvare il mio Sud martoriato". "Vada a vivere in Africa allora", cinguetta la Meloni: "Così esaudisce il suo sogno e quello di diversi italiani".

Ma la risposta dell'autore di Gomorra non si è fatta attendere, così sempre su Twitter, ribatte: "In Africa con Salvini a recuperare i fondi pubblici della Lega finiti in Tanzania e con Meloni a scusarsi per le atrocità nelle ex colonie". A Giorgia l'ultima parola: "Saviano purtroppo quando non copi cose scritte da altri, spari idiozie ciclopiche. Non hai un amico che possa aiutarti coi social?".

Feltri le suona a Berlusconi: "Occhio, così distruggerai tutto"

Vittorio Feltri le suona a Berlusconi: "Occhio, così distruggerai tutto"


di Vittorio Feltri



Mettiamo che Silvio Berlusconi abbia ragione nel reclamare una legge elettorale di tipo proporzionale, quella che vigeva ai tempi del Caf, cioè Craxi, Andreotti e Forlani. Si tratterebbe però di tornare indietro di vent'anni e già questo sarebbe abbastanza ridicolo. Ma fingiamo che l'idea del Cavaliere sia buona e giusta. Si andrà a votare tra qualche mese, dopo che sarà maturato il diritto dei parlamentari a percepire il vitalizio, ossia oltre settembre.

Stando agli attuali sondaggi il primo partito dovrebbe essere il Pd e il secondo il Movimento 5 stelle. I quali non si alleeranno subito per costituire una maggioranza perché non vanno d'accordo su nulla. Per ora. Berlusconi suppone che Renzi si rivolgerà più tardi a lui per un patto di legislatura. Pd e Forza Italia, data la loro attuale consistenza, non avrebbero però - assommati - il 51 per cento necessario allo scopo di governare. Bisognerebbe imbarcare i centristi di Alfano, quelli di Verdini e qualche altro spezzone smarrito. In tal modo si riuscirebbe a formare una maggioranza decente? Forse sì, forse no. Con le cifre non si scherza. Per avere la sicurezza di poter contare su numeri sufficienti a sostenere un esecutivo, occorrerebbe l'appoggio della Lega e dei Fratelli di Italia. In tal modo si darebbe vita a una ammucchiata eterogenea capace di tutto e buona a nulla, con elementi incompatibili e probabilmente litigiosi come già in passato si è potuto sperimentare.

Tra l'altro Salvini e la Meloni presumiamo non brucino dal desiderio di associarsi a Berlusconi, Renzi e frattaglie varie. L'esperienza insegna che le grandi aggregazioni in Italia non funzionano bene e non durano a lungo, visto che vale il vecchio principio: Più siamo e peggio stiamo. 

Lo stesso Silvio dovrebbe ricordare i guai cui andò incontro allorché la sua Casa delle libertà, in cui convivevano Casini, Follini, Bossi, Fini eccetera, provò invano a governare tra liti e ribellioni interne che crearono le premesse della sconfitta elettorale del 2006. Ripetere una esperienza analoga significherebbe correre verso un altro fallimento. Ecco perché la soluzione proporzionale suggerita dal Cavaliere ci lascia perplessi. Essa non è neppure una soluzione ma una retromarcia che ci ricondurrebbe all'epoca nella quale la Dc era considerata una diga anticomunista consolidata dal sostegno di partiti minori, che pur di non cedere il potere ai marxisti erano disposti a svolgere il ruolo di ruote di scorta.

Ora sarebbe opportuno inventarsi qualcosa di nuovo per scongiurare l'avvento dei grillini, ma aspettarsi criteri politici freschi da gente decrepita è una pia illusione. Cosicché andremo alla deriva. Tutti sono persuasi che il voto anticipato sia il mezzo per fare chiarezza e consentire al Paese di risorgere e, invece, sarà la tomba di ogni speranza.

CHI TROPPO VUOLE La vendetta di Berlusconi Il suo nemico... guai seri

Bollorè paga cara la "campagna d'Italia": Vivendì è al verde



E' costata cara la "campagna d'Italia" condotta negli ultimi mesi da Vincent Bollorè, patron di Vivendi. Come riporta il quotidiano La Repubblica, a dicembre 2015 i francesi stavano seduti su 6,4 miliardi di euro di cassa. A settembre 2016 erano rimasti con 2,5 miliardi e poi, tra arrotondamenti in Telecom e Ubisoft (600 milioni) e scalata Mediaset (1,5 miliardi), sono rimasti praticamente al verde e hanno già avvertito che taglieranno la cedola agli azionisti a circa 0,40 euro. Certo, Vivendi può sempre indebitarsi, ma miliardi per scalate ostili su Mediaset e Mediaset Espana non ce ne sono, salvo vendere pezzi pregiati a rischio di incassare minusvalenze.

L'ultimatum di Salvini a Berlusconi Ancora 3 mesi, poi... I suoi 10 diktat

Le condizioni di Salvini per allearsi col Cav: 10 punti contro la Ue


di Matteo Pandini



La Lega s'è scocciata del tira e molla con Berlusconi (e viceversa): per mettere un punto fermo, Salvini ha deciso di accelerare sulle primarie. Nella testa dei lumbard, il Cavaliere sarà costretto a scegliere: se non partecipa, si chiama fuori. Ma se decide di sedersi al tavolo, non potrà più tubare col Pd.

Gli Azzeccagarbugli del Carroccio sono già al lavoro. Studiano un percorso da sottoporre ai potenziali alleati. Con Giorgia Meloni c'è già un'intesa di massima: consultazione a marzo e sfida aperta a tutti coloro che sottoscriveranno un decalogo di valori. Al primo punto, la guerra senza quartiere all'Unione europea. Ora. Il Cavaliere è già allergico alle primarie in sé, figuriamoci come prenderà il manifesto anti-euro. Ecco perché gli azzurri hanno già preparato il piano B, che prevede il sostegno a un sistema di voto proporzionale che rende inutili le coalizioni e quindi le primarie (sulla scheda elettorale ci sarà un tutti contro tutti, con alleanze da decidere a urne chiuse). Per non sbagliare, il Cavaliere frena anche sulle Politiche anticipate: in questo senso va interpretata l'opposizione responsabile al governo Gentiloni.

Noi dobbiamo accelerare, Berlusconi ci dica cosa vuol fare ringhia invece Lorenzo Fontana, vice di Salvini e tra gli Azzeccagarbugli che stanno maneggiando il dossier-primarie. A proposito. L'idea iniziale dei lumbard era di organizzarle su scala regionale. Una settimana, la Lombardia. Il week end successivo il Veneto. E così via. In modo da creare una competizione sul modello americano. A rovinare i piani, s'è messo Salvini in persona. Che insiste nel vedere un pertugio per infilare le Politiche tra maggio e giugno. Così fosse, calendario alla mano, il tempo sarebbe troppo poco e obbliga il centrodestra a immaginare un' unica data per fare le primarie su scala nazionale.

Giovedì 5 gennaio, pochissimi parlamentari - anche tra i leghisti - scommettono sul voto entro il primo semestre del 2017. Ma dato che la politica italiana è imprevedibile, i lumbard corrono per non essere impreparati. Il progetto salviniano è nelle mani di Renzi: le Politiche in primavera saranno possibili solo se l'ex premier riuscirà ad affondare l'esecutivo in tempi brevi, obbligando il capo dello Stato (che peraltro non lo ama) a sciogliere le Camere.

Ma contro il Rottamatore remano in troppi, indipendente dalla bontà di un esecutivo in cui sta emergendo un ministro apprezzato anche tra le fila dell' opposizione più feroce. Marco Minniti. I suoi annunci contro l'immigrazione clandestina e per i rimpatri, per esempio, magari resteranno lettera morta ma certificano un cambio di rotta rispetto al passato. Anche per questo, per il futuro Salvini intende battere altri tasti, senza insistere ossessivamente solo con l'immigrazione. Parlerà di tasse e lavoro, per esempio. Lunedì, ha convocato in sede i colonnelli.

Febbre alta, paura per la Lollobrigida Ricoverata in ospedale: cos'ha

Gina Lollobrigida ricoverata in ospedale: sospetta polmonite



Paura per uno dei miti del cinema italiano. Gina Lollobrigida, che compirà quest'anno 90 anni, è stata ricoverata per una sospetta polmonite al Campus bio medico di Roma. Alla clinica, l'ex attrice è arrivata con febbere alta e molto debilitata e viene tenuta sotto stretta osservazione. Nonostante le pessime condizioni, la Lollo non avrebbe perso la consueta disinvoltura, commentando secondo chi era con lei quanto le è capitato con un molto romanesco "Mannaggia, questa proprio nun ce voleva!".