Tiroide, paratiroidi e surreni… Oggi si può per via endocopica
di Pierluigi Montebelli
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Prof. Dott. Rocco Bellantone |
Tra le principali patologie endocrine, quelle della tiroide affliggono circa 6 milioni di italiani, soprattutto donne. La tiroide è un organo poco conosciuto eppure fondamentale per il buon funzionamento del nostro organismo. “È infatti il ‘direttore d’orchestra’ che ne detta il ritmo -sottolinea il professor Rocco Bellantone, direttore dell’Unità Operativa complessa di Chirurgia Endocrina e Metabolica del Policlinico Universitario ‘A. Gemelli’ di Roma - attraverso la produzione degli ormoni tiroidei, controlla il metabolismo modulandolo a seconda della situazione che si sta vivendo (riposo, sforzo fisico, paura, stress, etc). Quando la tiroide funziona ‘troppo’, il nostro organismo ‘corre’ - si parla in questo caso di ipertiroidismo, problema trasversale a tutte le età, ma che interessa soprattutto i giovani; quando funziona poco, l’organismo ‘rallenta’ - e si ha allora il cosiddetto ipotiroidismo, che riguarda prevalentemente gli anziani. Altre disfunzioni della tiroide sono dovute a un aumento anomalo del volume della ghiandola (il cosiddetto gozzo) e alla formazione di noduli neoplastici. Anche le paratiroidi, due coppie di ghiandole localizzate in prossimità della tiroide, preposte al controllo dei livelli di calcio nell’organismo attraverso la produzione del paratormone, possono essere affette da specifiche patologie.
In caso di malfunzionamento di una di queste ghiandole, si può avere un eccessivo rilascio del paratormone che causa indebolimento delle ossa ma non solo: il calcio, infatti, dalle ossa fluisce nel sangue e nelle urine, e può causare calcoli renali e, nei casi più gravi, alterazioni del ritmo cardiaco. Un altro gruppo di patologie endocrine interessa i surreni, ghiandole localizzate all’apice di ognuno dei due reni, il cui malfunzionamento può causare innalzamento della pressione e diabete.
Quali sono i campanelli d’allarme delle malattie endocrine?
Tachicardia, insonnia, nervosismo e perdita di peso possono essere spie di ipertiroidismo, mentre stanchezza e debolezza di ipotiroidismo. Per quanto riguarda il tumore, precedenti casi in famiglia e la presenza di un nodulo percepibile al tatto rendono consigliabile sottoporsi a controlli. La patologia delle paratiroidi è più subdola: di solito si scopre casualmente, tramite analisi del sangue in cui i livelli di calcio risultano elevati, oppure tramite MOC (esame che indica alterazioni della densità ossea), o ancora all’atto di individuare le cause di una calcolosi renale già in corso. Per le patologie dei surreni, invece, il primo campanello d’allarme è la pressione alta, seguita da alterazione del metabolismo degli zuccheri.
Come vengono diagnosticate tutte queste malattie?
I primi due step del percorso diagnostico sono le analisi del sangue e l’ecografia. Se questi esami rilevano qualcosa di anomalo si procede con ulteriori accertamenti, come l’ago aspirato e la scintigrafia. L’ago aspirato di un nodulo tiroideo prevede il prelievo di un piccolo quantitativo di cellule dal nodulo sospetto, per condurre un’analisi che dia indicazioni sull’eventuale natura maligna della formazione, e quindi rendendo eventualmente consigliabile l’asportazione chirurgica. Oggi questo esame può fornire ancora esiti indeterminati, ma a breve, grazie all’evoluzione delle analisi di immunoistochimica, sarà possibile avere indicazioni sempre più precise.
Quando si interviene chirurgicamente?
Circa il 10% della popolazione italiana soffre di qualche alterazione della tiroide, una buona parte fortunatamente non è patologicamente significativa e merita solo osservazione, mentre un’altra parte della popolazione è curata con terapie farmacologiche. La chirurgia è indicata in caso di noduli tiroidei sospettati di essere di origine maligna, in caso di ipertiroidismo che non risponde ai farmaci, e infine quando l’aumento di volume della tiroide provoca difficoltà a ingoiare o addirittura a respirare. Sono problematiche in crescita, basti pensare che in Italia si fanno ogni anno oltre 40.000 interventi di tiroidectomia. Altra indicazione all’intervento si ha nel caso di disfunzione dei surreni e delle paratiroidi, per cui l’approccio chirurgico è l’unica soluzione. Il paziente non risente in alcun modo dell’asportazione della tiroide, grazie alla possibilità di assumere un ormone di sintesi che supplisce alla mancanza di quello naturale, non più prodotto dalla tiroide asportata. Per quanto riguarda la rimozione di una delle paratiroidi o di un surrene, l’organo sano, lasciato in sede, è in grado di garantire le funzioni svolte da queste ghiandole. Eseguendo ogni anno circa 1.500 interventi, prevalentemente alla tiroide, con un’incidenza di complicanze inferiore allo 0,8%, la nostra Unità Operativa Complessa, al Gemelli, è tra i centri con la più alta casistica di chirurgia endocrina e le migliori performance in Italia e nel mondo.
Quali sono le possibili complicanze dell’intervento chirurgico?
L’intervento alla tiroide, che si trova in prossimità dei nervi della voce e delle paratiroidi, è molto delicato per il rischio di causare danni agli organi circostanti. Le più frequenti complicanze post operatorie sono infatti l’abbassamento della voce e l’ipocalcemia dovuta all’asportazione delle paratiroidi. Lo stesso intervento di rimozione di una paratiroide mal funzionante è di non semplice esecuzione, poiché occorre saper individuare quella effettivamente malata, preservando le altre. Anche la chirurgia dei surreni, adiacenti a fegato, milza e pancreas, presenta un rischio elevato. Nell’ambito dei tumori, invece, la principale complicanza postoperatoria è data da eventuali residui di malattia non rimossi correttamente. In tutti questi casi a fare la differenza sono l’abilità e l’esperienza del chirurgo. Oggi, purtroppo, dei 40.000 interventi annui alla tiroide, l’80% viene condotto in centri che ne eseguono meno di 10 all’anno. Per ridurre al minimo il rischio di complicanze, è quindi fondamentale affidarsi a strutture specializzate nell’ambito della chirurgia endocrina e che possano vantare un’ampia casistica.
Quali sono le innovazioni introdotte più di recente?
Il più importante passo avanti nell’ambito della chirurgia endocrina riguarda la possibilità di intervenire per via endoscopica, metodica messa a punto proprio da noi al Gemelli e con cui abbiamo fatto scuola in tutto il mondo. Anziché un taglio esteso sul collo, si pratica ora un’incisione di circa 2 cm e si lavora con l’introduzione di una telecamera che ingrandisce l’immagine. Il decorso postoperatorio è più veloce, il dolore praticamente inesistente e il risultato estetico sorprendente: dopo 6 mesi il taglio non si vede più. La tecnica endoscopica è applicabile nel 30% dei casi, per noduli tiroidei che non superano i 3 cm. Altre innovazioni sul fronte della chirurgia endocrina sono il bisturi a ultrasuoni, strumento impiegato nei centri più all’avanguardia, che permette di tagliare e coagulare allo stesso tempo, facilitando il controllo di eventuali emorragie, e infine il nerve monitoring che consente al chirurgo di lavorare meglio in prossimità del nervo della voce, senza danneggiarlo. Per quanto riguarda gli interventi di asportazione delle paratiroidi, al Gemelli abbiamo una particolare strumentazione che ci permette di monitorare il paratormone durante l’intervento, verificando in tempo reale di aver tolto la paratiroide giusta, e di accertarci che non ce ne sia un’altra malata. Anche per la chirurgia dei surreni è stato rinnovato l’approccio, oggi infatti operiamo in laparoscopia e con il robot. Siamo stati tra i primi in Italia a introdurre questa metodica. Infine, tra le innovazioni future, va citata la tendenza a praticare interventi quanto più conservativi, soprattutto nell’ambito dei tumori. Fino a qualche tempo fa qualsiasi tipo di tumore della tiroide comportava l’asportazione totale dell’organo, adesso noi, seguendo le linee guida internazionali, per tumori molto piccoli facciamo interventi conservativi, togliamo cioè soltanto parte della tiroide malata.
Che consigli dare al paziente a cui viene proposto l’intervento chirurgico?
In primo luogo il paziente deve prestare attenzione all’esperienza del chirurgo e rivolgersi a centri specializzati nella cura e nel trattamento chirurgico delle patologie endocrine; in Italia queste strutture dedicate sono circa una decina. Di fronte alla prospettiva della soluzione chirurgica, il paziente comunque non si deve spaventare perché nei centri d’eccellenza si tratta di interventi di routine. Il primo indicatore da valutare, per stare tranquilli, è il numero e il risultato degli interventi praticati ogni anno nel centro al quale ci si rivolge: l’esperienza del chirurgo è l’elemento di gran lunga più importante per la buona riuscita dell’intervento.