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venerdì 26 agosto 2016

I soldi del Superenalotto agli sfollati Si può? Il governo risponde alla Meloni

I soldi del Superenalotto agli sfollati Si può? Il governo risponde a Giorgia Meloni di Fratelli D'Italia



A poche ore dal terremoto del 24 agosto scorso nel centro Italia è partito il tam tam tra gli utenti dei social che chiedono di devolvere il jackpot del Superenalotto a favore degli sfollati. Della petizione si è fatta portavoce anche il segretario di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, che ha indirizzato la richiesta al governo di destinare quei 128 milioni per i costi di ricostruzione del sisma.

È arrivata ieri la risposta dal governo, con il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta che ha provato a frenare: "Difficile da realizzare" ha detto all'agenzia Agipronews. Secondo Baretta l'idea è "bella, ma ci sono dei problemi da risolvere". Per primo un aspetto tecnico legato al regolamento del gioco, visto che il montepremi apparterrebbe già ai giocatori che dall'ultimo Sei centrato hanno investito circa 900 milioni di euro. La strada però non sarebbe completamente sbarrata. Baretta ha ammesso che si starebbe lavorando su "una soluzione tecnica per destinare parte dei proventi della raccolta alla ricostruzione, anche se non è detto che ci riusciremo".

Mossa Renzi, mano tesa a Berlusconi: il patto per l'emergenza (e non solo?)

Renzi lancia "Casa Italia": "Basta divisioni politiche"




Subito 50 milioni di euro per i primi interventi necessari. Poi via a una grande opera di "concertazione", senza divisioni politiche in Parlamento, per gestire il post-emergenza. Il terremoto di Amatrice che ha causato centinaia di vittime e feriti e milioni di euro potrebbe riavvicinare in modo inatteso Matteo Renzi a Silvio Berlusconi (e magari anche al Movimento 5 Stelle). "L'Italia, tutta assieme, senza divisioni politiche, può fare un salto di qualità con un progetto che non sia limitato alla gestione dell'emergenza", ha spiegato il premier al termine del Consiglio dei ministri, lanciando il progetto "Casa Italia". Da qui a pensare Nazareni Bis e convergenze parallele ce ne passa, ma certamente una gestione sapiente e oculata della ricostruzione e un ritrovato sentimento di "unità nazionale" potrebbero garantire a Renzi un inatteso slancio.

Oltre l'emergenza - "Difficile immaginare che quello che è successo potesse essere affrontato solo con una diversa politica edilizia, ma l'Italia deve avere una visione che non sia solo emergenziale - rilancia Renzi -. Lo hanno detto tutti dopo certi eventi. Ora è il momento in cui insieme, l'Italia tutta intera possa provare a fare il salto di qualità, con un progetto che non sia limitato alla gestione delle emergenze. Sulla gestione dell'emergenza siamo i più bravi al mondo, ma non basta. Dobbiamo avere una visione per la Casa Italia che sia capace ad affrontare una cultura sulla prevenzione sismica e le altre filiere. "Il compito per il futuro, una volta che le emozioni profonde lasceranno spazio alle reazioni. Un progetto casa Italia che sia serio e non sia un elenco di parole. Una operazione in cui chiamare insieme tutti i principali attori del nostro Paese, dalle associazioni di categoria ai sindacati, dal mondo dell'associazionismo fino per ragionare un progetto che sia il più serio e sistematico"

"Ha salvato la bimba, è un miracolo" Chi è Leo, l'eroe inatteso di Amatrice

Chi è Leo, l'eroe del terremoto: cosa ha fatto e chi ha salvato



Lo hanno osannato tutti. Dal ministro dell'Interno Angelino Alfano su Twitter al premier Matteo Renzi da Palazzo Chigi. Lui è Leo. Un cane. Un labrador eroe. 

Grazie al suo fiuto e al suo addestramento  ha salvato una bambina di nome Giorgia sepolta sotto le macerie di Pescara del Tronto, uno dei paesini devastati dal terremoto. La bimba dormiva quando improvvisamente è crollato tutto. E' rimasta nove ore e mezza al buio, sotto 3 metri di detriti. Leo ha sentito la sua presenza e ha guidato la squadra dei cinofili della polizia di Pescara e di Ancona verso il suo salvataggio. Matteo Palladinetti conduttore-addestratore del labrador Leo, spiega:  "Appena il cane ha individuato un punto particolare da scavare ci siamo messi subito al lavoro insieme ai vigili del fuoco e alla Forestale. Sotto le macerie della casa crollata c'era una coppia di genitori con le loro due figlie. La madre e il padre sono stati trovati quasi subito feriti, successivamente abbiamo trovato la sorellina di Giorgia purtroppo già morta e continuando a scavare è uscito fuori il piedino della bambina che si muoveva".

Il sovrintendente capo della Polizia cinofili di Pescara, Liborio De Simone, spiega: "Abbiamo proceduto con mille cautele e accortezze a liberare il corpo della bambina. In quella fase bisognava assolutamente evitare il rischio di nuovi crolli di macerie. Recuperare viva la bambina è stata una sensazione fortissima per tutti noi, non è esagerato parlare di un miracolo: Giorgia è stata infatti trovata al di sotto del corpo della sorella morta e parzialmente protetta da una grossa trave. Circostanze che hanno influito in maniera decisiva".

VERGOGNA INFINITA Arrestato il primo sciacallo: da dove viene, cosa faceva

VERGOGNA INFINITA Arrestato il primo sciacallo: da dove viene, cosa faceva sul posto



Primo arresto per sciacallaggio ad Amatrice. A eseguirlo i carabinieri del comando provinciale di Rieti che hanno messo le manette ai polsi di un 45enne napoletano, sorpreso oggi pomeriggio nella frazione Retrosi mentre tentava di forzare con un cacciavite la serratura di un'abitazione disabitata. 

A cogliere l'uomo con le mani nel sacco una delle pattuglie messe in campo per i controlli post terremoto composta dal comandante della stazione di Leonessa e da un militare dello stesso reparto. Sorpreso alle spalle, l'uomo ha tentato di divincolarsi ingaggiando con i due una violenta colluttazione e ferendone uno con il cacciavite. I Carabinieri sono però riusciti a immobilizzarlo e ad ammanettarlo: dopo averlo disarmato, lo hanno accuratamente perquisito trovandogli nella tasca dei pantaloni, un biglietto ferroviario datato 24 agosto 2016 e relativo alla tratta Napoli-Roma, confermando l'ipotesi che fosse giunto sul luogo del sisma con l'intento di far razzie all'interno delle abitazioni disabitate degli sfollati. Per il 45enne, che aveva già precedenti per droga, ricettazione e porto abusivo di armi, l'accusa è di rapina impropria e lesioni personali. I militari, ricorsi alle cure mediche dei sanitari presenti nel campo allestito per le vittime del sisma, sono stati giudicati guaribili in sei giorni.

Sisma, badilata-Feltri sui politici: "Serve una cosa sola, non la fanno"

Sisma, Feltri sui politici:  "Serve una cosa sola, non la fanno"


di Vittorio Feltri



I terremoti non sono una rarità nel nostro Paese geologicamente giovane. Lungo la dorsale appenninica, che attraversa la Penisola, se ne registrano in media un paio ogni quattro anni. Siamo purtroppo abituati alle scosse, ai crolli, alle stragi di poveracci rimasti intrappolati sotto le macerie. Dopo le tragedie va in scena il solito doloroso copione: soccorsi tardivi, difficoltà sanitarie, proteste, gente senza tetto e costretta a vivere in tende eccetera. Poi la ricostruzione lenta, soldi che mancano o che arrivano col contagocce.

Le calamità naturali sono inevitabili e non si possono prevedere. Gli esperti fanno quello che possono: i loro rapporti più che profezie scientifiche sono oroscopi. Non è un caso che i sismologi impegnati a tranquillizzare gli aquilani vennero addirittura condannati in primo grado e poi assolti. A un tecnico si può chiedere tutto tranne che un vaticinio.

Quando in Italia accade una disgrazia, il primo impulso dei cittadini porta alla ricerca di un colpevole purchessia, convinti come essi sono che ce ne sia per forza uno, sia in caso di disastrosi movimenti tellurici sia di alluvioni, frane e smottamenti.

Dato che un colpevole non si trova se non nell' alto dei cieli, dopo un po' la memoria collettiva si oscura e le sciagure si dimenticano fino alla prossima. Che arriva sempre. In effetti è arrivata puntuale come il destino e ha raso al suolo un paio di regioni, Umbria e Marche. E qui siamo al punto. Possibile che una nazione a rischio sismico periodico non sia capace non diciamo di prevenire i terremoti, ma neppure di difendersi dalle loro conseguenze?

Questo è un mistero. Dopo la distruzione del Friuli negli anni Settanta e dell' Irpinia negli Ottanta, il governo si era impegnato a rendere obbligatoria la costruzione di edifici antisismici. Qualche legge in proposito fu approvata. Ma siamo sicuri che sia stata osservata scrupolosamente?

Non direi, se si considera che le case colpite dal sisma (o sismo) crollano sempre quali castelli di carte, vecchie o recenti che siano. Qualcosa evidentemente non va.

Il Giappone, che di terre ballerine si intende parecchio, chissà perché pur subendo scosse frequenti si è talmente attrezzato che l' indomani di qualsiasi terremoto conta i danni ma non i morti. Perché i nipponici si salvano e i nostri compatrioti sinistrati crepano in grande quantità?

Semplice. Essi costruiscono meglio. Le case in quelle zone orientali, per esempio, sono di legno e non cascano in testa a chi le abita. Magari si rovinano, si incrinano, alcune travi si spezzano ma non spezzano il cranio agli inquilini.

Per quale motivo non imitiamo i giapponesi nell' edilizia come loro imitano noi nella moda, per dirne una? Incomprensibile.

Ieri in un comune si è sbriciolata una scuola teoricamente costruita con criteri antisismici. Come si spiega? Semplice. L' impresa che l' ha realizzata lo ha fatto infischiandosene delle regole di sicurezza. E nessuno lo ha verificato.

La nostra imponente burocrazia controlla tutto tranne le cose importanti, e ci va di mezzo l' ignaro cittadino. Quanto alla politica, si occupa soltanto delle prossime elezioni e non del prossimo immancabile sisma assassino. Cosicché il Paese è puntualmente impreparato ad affrontare le emergenze. Siamo certi che vi sarà, presto o tardi, ancora un terremoto e noi saremo ancora qui a fare gli stessi discorsi al vento. Ai governi preme assicurarsi la permanenza nel Palazzo, il loro, che ahimè è troppo solido per andare in mille pezzi seppellendoli, e non ha tempo né voglia per occuparsi delle nostre stamberghe.

giovedì 25 agosto 2016

Il giallo dell' hotel-tomba dei turisti Parla il sindaco: quanti sono là sotto

Il giallo dell' hotel-tomba per turisti. La verità del sindaco: cosa c'è là sotto ma soprattutto quanti sono



Era il luogo più famoso di Amatrice, ora l'hotel Roma è solo un cumulo di macerie. L'ultima notte prima della scossa di magnitudo 6.0 che ha spazzato via quasi tutto il paese, nella struttura alberghiera dovevano esserci un centinaio di turisti secondo quanto riferiscono gli abitanti del posto sentiti da La Stampa. Un dato in linea con l'allarme che il comando locale dei carabinieri aveva lanciato alla Protezione civile, avvertendo che l'albergo con quaranta camere doveva essere pieno di villeggianti e turisti. L'ultima sera prima del crollo era una serata di festa, in tanti accorrevano in quel luogo considerato il tempio degli spaghetti all'amatriciana.

Con il sisma, l'hotel è crollato come fosse di cartapesta, lasciando intatto solo il piano terra. Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, ieri pomeriggio aveva tentato una prima stima di quanti corpi potessero trovarsi in quella sorta di tomba dei turisti. Si parlava di 70 persone, di cui solo cinque sono state recuperate senza vita nel primo giorno di scavi. Con il passare delle ore, però, il calcolo si è ridimensionato, forse più spinto dalla speranza che basato su elementi concreti. Pirozzi è riuscito a contattare i proprietari dell'hotel, ricoverati in ospedale a L'Aquila: "Ci hanno riferito che risultavano registrate 35 persone". Intanto i soccorritori continuano a scavare a mani nude, anche se le sirene delle ambulanze hanno lasciato spazio al rumore freddo delle barelle per le salme.

Che flop il job act! Solo 1 su 10 è un vero contratto

Che flop il job act! Solo 1 su 10 è un vero contratto


L'imbeccata di Franco Bechis



Meno di un contratto di lavoro su dieci stipulato nel 2015 ha creato occupazione che non c’era, recuperando dall’area della disoccupazione chi fino a quel momento era stato senza lavoro. Solo il 9,5% dei 2.530.695 contratti a tempo indeterminato registrati l’anno passato ha portato nuova occupazione. Il dato clamoroso, che contraddice molte analisi fin qui fatte sugli effetti del job act, emerge dalla prima ricerca analitica compiuta su dati ufficiali Inps- ministero del Lavoro dall’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro.

Il rapporto di “monitoraggio sulla nuova occupazione generata dalle disposizioni normative contenute nel Job Act” realizzato dall’osservatorio statistico dell’ordine professionale guidato da Marina Calderoni, segnala che il vero balzo registrato nel 2015 è stato quello delle trasformazioni di contratti già esistenti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, passati dai 331.396 del 2014 a 574.646 del 2015 (+73,4%). Questo effetto è senza dubbio dovuto al job act, che concedeva ai datori di lavoro la decontribuzione per 3 anni sui contratti a tempo indeterminato, senza vincolarli alla nuova occupazione. Così nessuno si è fatto scappare la magnifica occasione di trasformare un contratto già esistente in uno assai meno costoso, con effetti però nulli sul mercato della disoccupazione, perché i beneficiari risultavano tutti già occupati. Vero che invece del precariato ora i lavoratori hanno in mano un contratto a tempo indeterminato, ma alla fine del triennio sempre grazie alle norme del job act quei contratti potranno agevolmente essere interrotti, e quindi indeterminati sono al momento solo sulla carta.

I consulenti del lavoro ricostruendo grazie alle banche dati Inps la storia precedente di tutti i 2,5 milioni di contratti di lavoro formalizzati nel 2015 hanno scoperto che solo 240.137 contratti, pari al 9,5% del totale, hanno riguardato lavoratori in precedenza disoccupati o inoccupati (senza lavoro o al loro primo lavoro indipendentemente dalla loro iscrizione nelle liste di disoccupazione ufficiale). Il 58,9% di quei contratti, e cioé 1.489.850, ha riguardato lavoratori che avevano già un lavoro o come dipendenti anche a tempo indeterminato (hanno cambiato solo posto di lavoro) o come collaboratori fissi. Altri 226.061 (8,9%) contrattualizzati lavoravano già come professionisti o lavoratori autonomi e hanno avuto la possibilità di trasformare quel rapporto in contratto a tempo indeterminato da lavoratore dipendente. I restanti 574.646 contratti (22,7%) sono invece le già citate trasformazioni da tempo indeterminato a tempo determinato.

Che cosa raccontano allora le analisi dei consulenti del lavoro? Che innanzitutto l’effetto del job act è assai inferiore a quello delle prime analisi ufficiali, che ipotizzavano una nuova occupazione reale intorno al 20% dei contratti, mentre il dato ufficiale è addirittura inferiore alla metà (9,5%). E pur tenendo presente che 240.137 nuovi occupati non siano un dato da buttare via, per valutare il vero effetto bisogna tenere conto anche della congiuntura economica generale: dopo anni di recessione, in Europa è iniziata la crescita proprio nel 2015, e la crescita non sé porta naturale occupazione e conseguente riduzione dell’area della disoccupazione. Tenendo presente questo fattore, che cosa ha davvero prodotto il Job act in Italia? Qui la doccia gelata è addirittura superiore: al netto della congiuntura, l’effetto del job act è addirittura negativo. Vediamo perché.

Gli ultimi dati sull’occupazione forniti il 2 agosto scorso da Eurostat sono relativi al mese di giugno 2016. L’Italia ha un tasso di disoccupazione dell’11,6 per cento, e cioè un punto e mezzo superiore alla media dell’area dell’euro (10,1%) e tre punti superiore alla media dell’Europa a 28, che comprende anche i paesi che hanno conservato la loro moneta (8,6%). Nel gennaio 2014, l’ultimo mese prima dell’inizio del governo di Matteo Renzi, la disoccupazione italiana era al 12,9%, superiore a quella attuale. Ma quella dell’area dell’euro era al 12%, cioè solo 0,9 punti inferiore. E quella media dei 28 paesi dell’Unione europea era del 10,8%, cioè migliore di 2,1 punti rispetto al dato italiano. Quindi fra il gennaio 2014 e il giugno 2016 la forbice fra Italia e area dell’euro sulla disoccupazione si è allargata di 0,6 punti percentuali e quella fra Italia ed Europa a 28 si è allargata di 0,9 punti percentuali.

Cosa significano queste cifre? Molte cose. La prima evidenza è che soffrono meno per problemi di disoccupazione i paesi che hanno conservato la loro moneta, tanto è che sia nel 2014 che nel 2016 c’è sensibilmente meno occupazione nell’Europa a 28 rispetto all’area dell’euro. Ma per quel che riguarda l’Italia c’è una verità ancora più amara: il miglioramento dei dati dell’occupazione non è dovuto per nulla alle politiche del governo nazionale, anzi. L’Italia in questi due anni e mezzo non è riuscita a stare dietro nemmeno al ciclo economico generale, che era di ripresa, e non ce l’ha fatta a mantenere nemmeno il miglioramento medio degli altri paesi, che si prenda a riferimento l’area dell’euro o (peggio) che si prenda a riferimento l’Europa a 28. Questo significa che le scelte in materia occupazionale del governo in carica- essenzialmente centrate sul job act- non solo non aiutato il mercato del lavoro, ma sono state di intralcio rispetto al vento di ripresa che spirava in tutto il vecchio Continente, frenandolo con grande evidenza.