Franco Bechis inchioda Laura Boldrini: così lei difende i privilegi della Casta
di Franco Bechis
@FrancoBechis
L’ha voluto fare mettere nero su bianco in un verbale dell’ufficio di presidenza della Camera dei deputati: i vitalizi dei parlamentari non si possono toccare. Parola di Laura Boldrini, presidente della Camera. Quindi al macero la lunga inchiesta di Libero sulla sproporzione in qualche caso addirittura milionaria fra i contributi versati da vecchi parlamentari e gli emolumenti percepiti fino ad oggi grazie a un sistema maxi-retributivo che suscita invidia perfino fra i più celebri pensionati d’oro della Repubblica italiana.
Al macero probabilmente anche le proposte di legge che volevano modificare quei meccanismi, come quelle presentate dal Pd Matteo Richetti o da Scelta civica: per sbarrare loro la strada la Boldrini invoca la Corte Costituzionale e addirittura la Corte europea dei diritti dell’uomo. Si salverà quindi il vitalizio di Eugenio Scalfari, che fece il deputato socialista fra il 1968 e il 1972, quattro anni prima di fondare Repubblica, e da allora percepisce ogni mese un assegno lordo di 2.162,52 euro. Non è un granchè, il problema però è che Scalfari ha versato 60 mila euro e ne ha già incassati 920 mila ad oggi. La differenza, lo squilibrio di quel vitalizio protetto dalla Boldrini è di 860 mila euro. Così come il presidente della Camera ha salvato il vitalizio dei banchieri Antonio Patuelli e Toberto Mazzotta, di ex calciatori come Gianni Rivera, di industriali come Luciano Benetton, di politici della prima Repubblica come Paolo Cirino Pomicino e Gianni De Michelis, o della seconda come Romano Prodi, Vincenzo Visco, Fausto Bertinotti e Niki Vendola.
Percepiscono assegni che vanno dai 2 ai 6 mila euro lordi, e continueranno a percepirli anche se perfino il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, una volta letta l’inchiesta di Libero, si era detto d’accordo con una revisione del sistema. Impossibile ora che la Boldrini ha fatto scudo a quel gruppone che inizia con Scalfari e finisce con Vendola, l’ultimo beneficiario di quel vitalizione (pure doppio nel suo caso, visto che ne gode anche da ex consigliere regionale della Puglia).
A porre il problema in ufficio di presidenza della Camera erano stati il segretario del gruppo Movimento 5 stelle, Riccardo Fraccaro, e il leghista Davide Caparini che avevano presentato due analoghi ordini del giorno di accompagnamento alla discussione del bilancio interno di Montecitorio per sopprimere i trattamenti vitalizi in essere e d’ora in poi corrispondere anche a chi è già in pensione trattamenti calcolati con il metodo contributivo come avviene per tutti gli altri italiani. La Boldrini prima si è riparata dietro una vecchia decisione dell’ufficio di presidenza del Senato che aveva considerato inammissibili due ordini del giorno dello stesso tenore. Ora secondo il verbale sommario dell’ufficio di presidenza della Camera finalmente pubblicato (i ritardi sono ormai biblici, tanto da rendere spesso inutile la trasparenza) la Boldrini ha motivato l’impossibilità di rimettere in discussione gli importi dei vitalizi di Scalfari & c perché sarebbe «in contrasto con i principi di irretroattività della norma e del legittimo affidamento, come definiti dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’uomo». In ogni caso, ha proseguito il presidente della Camera, «l’intervento non potrebbe essere realizzato in assenza di un’intesa con l’altro ramo del Parlamento sia per esigenze di uniformità della disciplina del trattamento previdenziale degli ex parlamentari, che - come è noto - è definita in modo conforme presso le due Camera, sia per l’impossibilità di procedere all’intervento per tutti i casi in cui gli assegni vitalizi siano frutto di mandato parlamentare svolto presso entrambe le Camere».
Ovvia la replica di Fraccaro: «Non è conferente il richiamo all’irretroattività della norma e al legittimo affidamento, sia perché alcune regioni hanno soppresso gli assegni vitalizi a partire da quelli in corso di erogazione, sia perché la stessa cessazione dei trattamenti previdenziali per gli ex deputati che abbiano riportate condanne in via definitiva per reati di particolare gravità, introdotta dalla Camera nel 2015, appare una misura a carattere retroattivo». Stessa protesta da parte del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, che ha elencato una lunga serie di casi in cui sono intaccati quelli che vengono chiamati “diritti acquisiti”, a partire da «quelli in materia di limiti ai trattamenti retributivi dei dipendenti delle pubbliche amministrazione». Ma niente, la Boldrini doveva difendere l’assegno mensile degli amati Scalfari, Bertinotti e Vendola. Così rischiano una brutta fine anche le proposte di legge di Richetti e compagnia. Per altro le hanno assegnate con gran clamore alla commissione Affari costituzionali della Camera. Questa però ne ha parlato dall’estate ad oggi in due sedute solo per pochi minuti: il 24 settembre e il 10 dicembre scorso. Rinviando tutto, perché non c’era alcuna urgenza. Gli ex adesso possono davvero dormire sonni tranquilli...