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lunedì 16 novembre 2015

"IL TERRORISTA VERSO L'ITALIA" I servizi: ricercato e pericoloso Preso e liberato prima della strage

L'Antiterrorismo: "Il terrorista ricercato è in fuga verso l'Italia"




Di lui oramai si conosce il nome e c'è anche una foto. Secondo quanto scrive il Tempo, il presunto terrorista di Parigi, Salah Abdelsalam, nato a Bruxelles  nell' 89, dopo essere sfuggito all' intelligence francese e belga, sarebbe diretto in Italia. Emerge poi un altro particolare inquietante: l' uomo, considerato uno dei tre fratelli che avrebbero partecipato alla strage di venerdì mattina nella capitale francese, fu fermato i prima della tragedia e poi rilasciato in quanto non c'era segnalazioni particolari su di lui . L'allarme a quanto scrive il Tempo è stato inviato al nostro ministero dell'Interno. "Si informa di aver appreso dall' Ufficio di collegamento in Francia che le autorità francesi hanno comunicato di ricercare un soggetto di nazionalità francese Salah Abdeslam", si legge nel documento del Viminale inviato alla direzione centrale dell' immigrazione e della polizia di frontiera, alla direzione centrale di polizia stradale e ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali, al comando generale dell' Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, al Ros e alla direzione centrale polizia di prevenzione.

Gli strumenti per la cattura - L'uomo era stato fermato, secondo quanto ha scritto Le Monde, alle 21 di venerdì scorso ma siccome non esistevano segnalazioni sul suo conto, fu rilasciato. Ed ha partecipato alle stragi di Parigi. Adesso gli inquirenti usano tutti gli strumenti, anche i social nertwork: ieri sera, infatti, è stato diffuso su Twitter la foto di Salah. "Se disponete di informazioni - si legge su Twitter - chiamate direttamente il numero 197, non agite da soli perché l' individuo è pericoloso".  

Della Valle sgambetta Berlusconi: "Io non scendo in politica? Vedrà..."

Diego Della Valle sgambetta Berlusconi: "Non è lui a decidere se scendo in politica"




La discesa in campo (cioè in politica) di Diego della Valle ricorda molto da vicino quella di Montezemolo. Che, annunciata per mesi e mesi, poi non si realizzò mai. Le parole pronunciate qualche giorno fa da Silvio Berlusconi a "Porta a porta" sembravano poi aver chiuso la questione: "Della Valle lo incontrerò ma mi ha assicurato che non scenderà mai in politica". Invece, il patron di Tod's rilancia. La settimana prossima, se tutto andrà bene, terrà finalmente a battesimo la sua fondazione "Noi italiani" e dirà che cosa vorrà davvero fare. "Non sono il delfino di nessuno e non mi faccio comandare da nessuno - dice oggi dalle colonne del quotidiano La Repubblica. "E poi non è certo Berlusconi a poter annunciare in tv le mie intenzioni". Insomma, il Cavaliere sembra aver fatto un passo falso e il fiorentino Della Valle non l'ha presa bene. L'obiettivo di Mister Tod's è quello di pescare un po' a destra e un po' a manca: tra i delusi da un governo che lui considera ormai in caduta libera e tra quelli di un centrodestra che (ancor più dopo Bologna) appare schiacciato sul Carroccio di Matteo Salvini. Senza considerare il feeling con l'area di Ncd che fa riferimento a Quagliariello e con i fittiani ex forzisti.

Adesso tutti chiedono scusa a Oriana La previsione (azzeccata) della Fallaci

Ora chiediamo scusa alla Fallaci: la previsione sull'Islam




Oriana Fallaci l'aveva previsto, l'aveva scritto nel suo libro "La Rabbia e l'Orgoglio", ma all'epoca fu accusata di "islamofobia", oggi ecco che arriva dopo le stragi di Parigi il "risarcimento" online. Sui social network, come fa notare Pierluigi Battista sul Corriere della Sera è tutto un fiorire di elogi e anche una pioggia si "scusaci". C'è anche chi l'accusa di essere stata una Cassandra e parla di "delirio della Fallaci" .  "Si vede nel massacro di Parigi il frutto della profezia di Oriana. Si citano brani interi de La rabbia e l' orgoglio, un libro che ha venduto un numero incalcolabile di copie, che ha intercettato un umore popolare, che ha dato voce a un sentimento diffuso".

La ricompensa - "E oggi, dopo anni di dimenticanza e di marginalizzazione, lo «scusaci Oriana sembra essere la ricompensa postuma, il risarcimento per una sordità, quasi a considerare Oriana Fallaci come una intrattabile estremista", scrive Battista. "Non ti hanno ascoltata, tu l'avevi detto". Tutti gli interrogativi, le divisioni che scatenava la scrittrice fiorentina con  il suo libro-premonitore scritto dopo l'attentato dell'undici settembre, sono rimbalzati con prepotenza sui social dopo il 13 novembre.  

ECCO IL TERRORISTA RICERCATO "È belga, ha 26 anni ed è pericoloso"

Parigi, la foto e il nome del terrorista in fuga: "Belga, 26 anni e pericoloso"




La polizia francese ha diffuso la foto d un sospetto potenziale per gli attacchi di Parigi. Lo riporta Bmftv spiegando che si tratta di, Abdeslam Salah, belga di 26 anni in fuga e "pericoloso". È il terzo dei fratelli coinvolti negli attentati, il cosiddetto "ottavo uomo". 

"Altri due kamikaze francesi" - Gli inquirenti hanno anche reso noto che tre degli attentatori suicidi coinvolti nel massacro di venerdì erano francesi: "Altri due terroristi morti la notte del 13 novembre sono stati identificati oggi dalle loro impronte digitali", afferma la Procura in un comunicato, in cui si specifica che si tratta di cittadini francesi residenti in Belgio. I due, che avevano 20 e 31 anni, sono tra i kamikaze che hanno agito allo Stade de France e in un bar dell'XI arrondissement. Si rafforza, dunque, la pista dei legami tra Parigi e Bruxelles.

L'Italia piange Valeria, morta al teatro Una vita tra università e volontariato

Valeria Solesin, la studentessa uccisa al teatro Bataclan




Non era dispersa, ma il suo corpo era all’obitorio. Tra le vittime della strage al Bataclan. Tra  quei giovani che hanno trovato l’orrore di una morte senza una ragione mentre ascoltavano un concerto. Valeria Solesin è morta. Non si spera più. La studentessa veneta aveva 28 anni e studiava Demografia all’Università Sorbona di Parigi dove viveva con il suo fidanzato. Valeria era veneziana e circa sei anni fa era volata a Paridi dove si era laureata con una tesi sulle madri lavoratrici. La ragazza stava svolgendo un dottorato. Era anche volontaria di Emergency.  

La testimonianza - Era andata al concerto insieme ad Andrea Ravagnani, la sorella di lui, Chiara, e il fidanzato dei questu’ultimo. “Non erano ancora nella sala, -  spiega un'amica veneziana della famiglia. - Ma lì si sono staccati; nella calca gli altri tre hanno perso contatto con Valeria. Nessuno l'ha più vista. Ma lì si sono staccati; nella calca gli altri tre hanno perso contatto con Valeria. Nessuno l'ha più vista. " Sui social rimbalzano i messaggi di cordoglio e le parole di dolore tra questi anche quelli di Gino Strada e sua moglie .

TRATTATIVA CHIESA-ISIS Monsignor Bagnasco choc: "Auspicabile un dialogo"

Monsignor Bagnasco: "Auspicabile un dialogo con l'Isis"




"Cercare dialogo con queste persone? Ci auspichiamo che sia possibile e su questo auspicio tutti dobbiamo continuare ad avere speranza e operare attraverso le vie che sono possibili all'intelligence e alla diplomazia". La "trattativa Chiesa-Isis (e Occidente-Isis) è possibile: parola di monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova. 

Intervistato a Stanze Vaticane su Tgcom24, il Cardinale ha poi spiegato: "Dev'esserci però un isolamento radicale di tutti i governi, dicendo basta ad ogni rapporto, alle forniture di armi e viveri, con una condanna reale, che finora è stata però solo verbale e non pratica". Mettere i terroristi jihadisti con le spalle al muro, dunque, e poi eventualmente trattare. Posizione diversa rispetto a quella di Umberto Veronesi, che invitava a dare agli uomini di Al Baghdadi quello che vogliono.

Secondo Bagnasco ci sono due strade per reagire allo Stato Islamico: "Serve intanto una parola, una voce unica, unitaria, alta e insistente di condanna di questa strage e dell'odio di questa barbarie imperante. Questa voce dovrebbe sollevarsi da tutto il mondo indistintamente. Seconda via, a me pare, dovrebbe essere quella di isolare queste centrali del terrore e del terrorismo: tutti i paesi del mondo realmente sospendano, tronchino ogni rapporto, sia di tipo politico sia commerciale, con queste centrali. La domanda chi fornisce le armi e chi compra il petrolio, ecco, questa domanda è stata ancora inevasa e rimasta senza risposta".

Alla domanda se anche l'Italia adesso dovrà fare la sua parte per la lotta allo Stato Islamico, il cardinale ha risposto: "Nessuno può essere assente da questo fronte della giustizia e della pace che passa attraverso la via del dialogo e della condanna unitaria e dell'isolamento concreto. Anche l'Italia è presente e fa e farà la sua parte".

Pansa, la verità sulla strage a Parigi: "Loro sono feroci, noi siamo vili"

Giampaolo Pansa, dopo la strage di Parigi la loro ferocia, la nostro viltà


di Giampaolo Pansa



Confesso che la strage di Parigi non mi ha affatto sorpreso. Sono uno dei tanti che guardano con realismo al conflitto tra l' Occidente e quello che chiamiamo lo Stato islamico. Una entità statuale con molti protagonisti, a cominciare dall' Isis, il Califfato nero. Non abbiamo di fronte soltanto un terrorismo di tipo nuovo, connotato da una ferocia che in altre epoche non si è rivelata in tutta la sua geometrica potenza. Siamo alle prese con una guerra che non abbiamo mai dichiarato, ma che i combattenti abituati ad andare all' assalto urlando «Allah è grande!», stanno da tempo conducendo contro di noi.

Esiste una verità che è da suicidi fingere di non vedere. Gli islamici sono in vantaggio perché possiedono un' arma che noi non abbiamo: la ferocia, anche contro se stessi, come confermano i tanti kamikaze. Noi siamo sconfitti, almeno per ora. Poiché il nostro connotato è la viltà, con tutto quello che segue: le divisioni, le incertezze, le beghe fra stati, l' egoismo, la pavidità. L' arma numero uno del nuovo terrorismo è il fattore umano. E la sua determinazione di distruggerci, anche a prezzo di rimetterci la vita.

L' ho compreso sino in fondo leggendo sulla Stampa del 12 novembre un lungo colloquio fra un jihadista quasi professionale e un giornalista che stimo molto. È Domenico Quirico, 64 anni, astigiano, un reporter, ma forse è meglio definirlo un inviato speciale di grande coraggio e forte esperienza.

Tanti giovani colleghi forse lo riterranno un vecchio signore, senza rendersi conto che è un loro maestro. Abituato a inoltrarsi in territori che i media odierni osservano soltanto da lontano. Quirico l' ha fatto di continuo. È già stato sequestrato due volte: nel 2011 mentre tentava di arrivare a Tripoli e nel 2013 in Siria. In entrambi i casi, l' ha scampata, la seconda volta dopo una brutta detenzione durata cinque mesi.

Perché quel suo articolo mi ha colpito? Perché ci mette di fronte a un problema dal quale possono dipendere le nostre vite.
Lui scrive: «Ci sono professionisti della guerra santa che con la violenza stanno scardinando il mondo e che noi non conosciamo. Riempiono i giornali, le televisioni e la Rete, e non li conosciamo. Ci prepariamo a combatterli, forse, e non li conosciamo».

Il jihadista che Quirico ha interrogato è un tunisino quarantenne, Abu Rahman che si è arruolato con Al Quaeda, prima in Iraq e adesso in Siria. Ha famiglia, un mestiere, il commerciante, ma il suo scopo esistenziale è combattere gli infedeli: «Uccido in nome di Dio, per dovere e non per scelta.

Così aiuto i fratelli musulmani». Abu chiede a Quirico: «Vuoi sapere che cosa provo a uccidere? E se ricordo chi è il primo che ho ammazzato? È stato in Iraq, al tempo degli americani. Ho detto: grazie, Dio. Ti ringrazio perché hai guidato la mia mano».

«Dopo quattro mesi trascorsi in Siria, sono passato con Al Nusra, gli uomini di Al Quaeda. Quelli sono i veri combattenti. I loro emiri sono grandi uomini. Guerrieri puri, i migliori, i più dotti nell' islam. La Siria è piena di gruppi di banditi, gente che dice di essere musulmana, ma in realtà cerca denaro e traffici. Non ci sono pensieri impuri in quelli di Al Nusra. Hanno molta forza, altrimenti non saprebbero reggere alle difficoltà della guerra santa».

«La jihad è dura! Non c' era nulla da mangiare, spesso per giorni. Eravamo assediati, abbiamo mangiato l' erba come le bestie e i frutti verdi degli alberi. Uno di noi era un contadino e ha impiantato un piccolo orto. Per bere raccoglievamo l' acqua piovana. Faceva freddo su quelle montagne, le montagne dei curdi dannati, c' era un freddo da morire e noi non avevamo vesti pesanti. In tutto il villaggio esisteva un solo televisore. E quando non cadevano le bombe, noi si andava a vedere Al Jazeera». Tu mi chiedi della jihad.

Per me è un dovere. Non c' è scelta. La terra musulmana è in mano ai senza Dio, agli sciiti infami. Dobbiamo riprendercela. Per questo la guerra santa viene prima dei figli, del mangiare, della casa, del paese. Devi combattere gli sciiti con la parola, i soldi, le armi, le leggi. Morire, vivere… Parole! Ci sono mujaheddin che combattono da trent' anni e sono ancora vivi, altri che sono morti dopo un' ora. A decidere è Dio. Quello che voi occidentali non potete capire. Avete perso la voglia di combattere per la fede. La religione per voi funziona come per me il commercio».

«Voi occidentali siete più forti per il denaro, i mezzi, le armi che possedete. Ma proprio per questo avete paura di morire. E volete vivere a tutti i costi. Noi no. Vedi la saggezza di Dio? Attraverso la debolezza, lui ci rende più forti di voi».

«Sai perché sono venuto via dalla Siria e non sono rimasto lì a morire, come è successo al mio amico Adel Ben Mabrouk, una delle guardie del corpo di Bin Laden, sopravissuto a otto anni di carcere duro a Guatanamo? Perché è arrivato Isis, il Califfato nero. I loro capi non sono veri musulmani come siamo noi. Sono ex funzionari dei servizi segreti di Saddam Hussein o ex ufficiali dell' esercito iracheno. Non vogliono concorrenti. Ma se decidi di lasciarli, ti uccidono. I loro emiri non sanno nulla del Corano, sono ignoranti. Anche i combattenti dell' Isis sono giovani ignoranti, affascinati dalla loro propaganda».

«Ecco perché sono venuto via dalla Siria. Non posso stare in un posto, e morire, dove i sunniti, la gente di Dio, combattono non contro gli sciiti e gli americani, ma tra di loro.

Non so se tornerò, forse andrò da un' altra parte. Voglio combattere per far nascere un governo islamico in Siria. E dopo andremo a liberare la Palestina dai giudei. I russi ci bombardano? Che importa. Noi combattiamo per una fede, loro no. Per questo perderanno».

Così parlava a Quirico Abu Rahman, guerrigliero o terrorista islamico. E noi occidentali, noi italiani siamo disposti a batterci? E per che cosa? Se penso all' Italia del 2015 mi sento tremare. Vedo nel mio paese un governo che non sa domare neppure i califfi di casa nostra. Guidato da un ceto politico che vuole soltanto accrescere il potere del proprio cerchio magico. Vedo il dilagare del menefreghismo, della corruzione, dell' evasione fiscale, dell' assenteismo. Vedo maestroni incapaci di trasmettere ai giovani un po' di moralità, di abnegazione, di rinunce. Vedo un territorio sfasciato, scuole che vanno in pezzi, città senza acqua potabile. Vedo finti statisti e aspiranti dittatori. Vedo montagne di promesse a vuoto. Vedo molta boria, e ras arroganti che spingono sulla scena battaglioni di cortigiani.

Vedo penalizzare la competenza e mettere da parte l' esperienza onesta. Gli altri, quelli di Allah è grande, sono feroci. Hanno scatenato la guerra a Parigi. E prima o poi tenteranno di portare il terrore anche in Italia.

Del resto, il Califfato nero l' ha già annunciato. Il loro obiettivo è di arrivare a Roma. Il Vaticano è un piatto prelibato che vogliono mangiarsi. Il vicino Giubileo della misericordia è una grande torta che attirerà nugoli di uccelli feroci.

Il Vaticano di papa Bergoglio si affanna a inseguire chi ha ispirato due libri che ritiene degni di essere messi all' indice. Ma ben altro è il pericolo che minaccia San Pietro. Il vero rischio è di cadere nell' orrore scatenato a Parigi la sera di un tranquillo venerdì di novembre.