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martedì 14 luglio 2015

Luce e gas, rivolta sulle bollette gonfiate Il sospetto "truffa" sui consumi rilevati

L'Antitrust mette sotto controllo l'Enel, l'Eni, l'Acea ed Edison




Alcune bollette sospette di luce e gas hanno fatto muovere l'Antitrust in risposta alle segnalazioni e ai richiami degli utenti che si sono lamentati delle cifre incerte presenti nelle fatture. L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, presieduta da Giovanni Pitruzzella, ha avviato quattro procedimenti istruttori verso le Spa Acea Energia, Edison Energia, Enel Servizio Elettrico ed Eni. Il motivo degli accertamenti è dovuto alle lamentele ricevute anche da diverse associazioni dei consumatori per accertare se ci siano state effettivamente delle violazioni del Codice del Consumo da parte delle società oppure degli operatori delle aziende.

Fatturazioni e Rimborsi mancanti - Tra i comportamenti sospetti saranno analizzate la fatturazione basata su consumi presunti, la mancata considerazione delle autoletture, la fatturazione a conguaglio di importi significativi, la mancata registrazione dei pagamenti effettuati con conseguente messa in mora dei clienti fino talvolta al distacco e il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori. I funzionari dell'Antitrust con l'ausilio del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza hanno svolto ispezioni nelle sedi delle società interessate a Roma, Milano e San Donato Milanese.

Matteo Renzi e la lista dei "traditori": quelli che si "prende" da Forza Italia

Matteo Renzi, la sua lista per accogliere i fuoriusciti da Forza Italia




Da una parte c'è Verdini, che giovedì presenterà simbolo e programma del gruppo parlamentare col quale intende sostenere apertamente l'azione del governo Renzi. L'ex braccio destro del Cavaliere punta ad avere con sè dodici-tredici parlamentari coi quali puntellare una maggioranza che, specie al Senato, appare sempre più minata dai voti contrari o dal non voto della minoranza dem. Un precedente c'è gia stato, quando quattro verdiniani (D'Alessandro, Faenzi, Mottola e Parisi) hanno votato con il governo "salvando" la riforma della scuola. Dall'altra c'è Angelino Alfano, sempre più succube della linea di Renzi e ormai sulla via del non ritorno in quel centrodestra con cui ormai condivide poco o nulla e che lo vede come il fumo negli occhi.

E allora, ecco il piano. Rivela il quotidiano "Il Tempo" che il premier starebbe lavorando  alla possibilità di creare una "Lista Renzi" nella quale far confluire tutti i fuoriusciti da Forza Italia e gli stessi alfaniani. E' chiaro che le scelte di Alfano prima e di Verdini adesso prevedano una "ricompensa elettorale". Ma, scrive ancora "Il Tempo", candidare un Verdini e i suoi fedelissimi nelle liste del Pd quando finirà la legislatura in corso sarebbe un rischio troppo grande anche per Renzi, che probabilmente si vedrebbe rivoltare contro l'intero partito. Ecco, allora, la via d'uscita della "Lista", che tuttavia si scontrerebbe con il funzionamento dell'Italicum che a oggi non prevede più un premio alla coalizione, ma al singolo partito. Cosa che taglierebbe fuori appoggi da liste collegate, che sarebbero importanti per tamponare i voti persi con le scissioni che si stanno compiendo nella sinistra dem. Serve un "ritocco" alla legge elettorale . Renzi di tempo ne ha: potrebbe, di qui al 2018, cambiare solo questo aspetto della legge (con l'appoggio, ovviamente, degli "interessati") e così aprire le porte (e premiare) chi lo ha sostenuto e lo sosterrà in questi anni al di fuori del Pd.

lunedì 13 luglio 2015

IVAN BASSO: HO IL CANCRO, MI RITIRO Terribile scoperta dopo la caduta al Tour

Tour de France, Ivan Basso ha un tumore: si ritira dalla gara




Il ciclista Ivan Basso ha scoperto di avere un tumore e ha quindi deciso di ritararsi dal Tour de France. Il ciclista della Tinkoff-Saxo era alla sua ultima partecipazione in carriera del Tour, dopo una delle carriere più fruttuose per il ciclismo italiano. Basso ha vinto due edizioni del Giro d'Italia, nel 2006 e nel 2010, e ha messo in bacheca per due volte il podio al Tour. A malincuore, Ivan il Terribile ha dovuto lasciare la gara prima del previsto, dopo la scoperta del tutto fortuita del cancro: "Ce ne siamo accorti dopo la mia caduta nella quinta tappa: quel giorno ho battuto un testicolo contro la sella, come tante altre volte. Però ha cominciato a darmi fastidio e allora stamattina siamo andati a Pau dove c'è un famoso urologo per fare una visita. La tac ha evidenziato la presenza di cellule tumorali nel testicolo sinistro. A questo punto devo tornare subito a casa per operarmi".

ADESSO TOCCA ALL'ITALIA Ci tratteranno come Atene: perché rischiamo il default

Grecia umiliata in Europa, monito per l'Italia: perché rischiamo di essere la prossima Atene




La parola fine all'intricato caso-Grecia sembra non arrivare mai. Di sicuro, oggi, con l'intesa raggiunta a Bruxelles, si è arrivati a un importante punto di svolta: ora, la ratifica dell'accordo-capestro, spetta al Parlamento ellenico. Il "sì", se arriverà, sarà sofferto. Il punto è che dopo il referendum e nonostante il referendum voluto da Alexis Tsipras in cui ha vinto il "no" all'Europa, nelle sedi continentali è stato siglato un accordo che, nei fatti, ricalca quasi in toto le richieste dei creditori. Un accordo durissimo, per la Grecia, chiamata ad approvare riforme epocali nell'arco di tre giorni, costretta a (ri)accettare il commissariamento della Troika (che tornerà a muovere le leve del comando ad Atene) e costretta soprattutto a "vendere" beni per 50 miliardi di euro, cifre iperboliche, con le quali, nei fatti, il Paese viene ipotecato. La Grecia, dunque (e forse), resta nell'euro. Ma a che prezzo? A un prezzo elevatissimo. Al prezzo di lacrime e sangue. Al prezzo - con assoluta probabilità - della testa del premier Tsipras, pronto alle dimissioni (indotte?) e pronto ad essere espulso dall'Europa come un corpo estraneo. Come detto, la parola fine all'intera vicenda deve ancora essere scritta, ma alcune considerazioni, partendo proprio da come è stata punita e umiliata la Grecia, si possono fare.

E in Italia? - E queste considerazioni, va da sé, riguardano l'Italia, riguardano il nostro orticello. Si dice da tempo, da anni, che la prossima Grecia potrebbe essere l'Italia, oppure la Spagna. L'una vale l'altra, circa. E se così fosse, da oggi abbiamo ben chiaro a cosa andremmo incontro, roba che il massacro sociale firmato dalla "premiata ditta" Mario Monti ed Elsa Fornero sembrerebbe un po' di solletico sotto ai piedi. Il punto è che non possiamo dormire sonni tranquilli. Abbiamo un premier, Matteo Renzi, che promette mille riforme e ne conduce in porto cinque, per giunta pasticciate (o irricevibili). L'obiettivo deve essere scongiurare la possibilità che in prima linea contro la speculazione ci possa finire il Belpaese. Ma il rischio non e stato ancora scongiurato, affatto. E ora più che mai è il momento di tirare fuori l'Italia dalle secche di una crescita economica che procede col ritmo della lumaca (e sul fatto che da queste secche possa condurci fuori proprio Renzi è più che lecito nutrire dei dubbi).

Draghi e spread - Il fatto che l'Italia abbia davanti a sé un solo anno di protezione sicura - si parla del Quantitative easing della Bce di Mario Draghi - complica ulteriormente il quadro e riduce i tempi per dare la scossa al Paese. Quando Draghi non potrà più sparare col suo bazooka, quando non potrà più comprare titoli di Stato per calmierare lo spread, potrebbero essere guai. Grossi guai. Si pensi soltanto a cosa è successo negli ultimi giorni, con lo spread delle nostre cedole tornato a schizzare verso l'alto non appena l'accordo sulla Grecia sembrava naufragare. Non si tratta di una coincidenza, ma del consueto - e sinistro - messaggio: l'Italia non gode della fiducia dei mercati e, ad oggi, da sola non può farcela (a contenere i rialzi del differenziale è stata, ancora una volta, soltanto la manina di Draghi, senza la quale ci troveremmo già oggi a pagare parecchi miliardi in più sugli interessi dei titoli di Stato).

Borsa e banche - Come poi sottolinea Paolo Panerai su Milano Finanza, vi è un altro grave campanello d'allarme: ciò che è accaduto in Borsa alle banche italiane nei due lunedì che hanno preceduto oggi, 13 luglio. I nostri istituti, a causa della crisi ellenica, in due sessioni hanno perso fino al 7% della loro capitalizzazione. Un vero e proprio crollo, che non ha escluso neppure Intesa Sanpaolo, quella che con oltre 15 miliardi di eccesso di capitale è considerata la banca più solida d'Europa. Queste oscillazioni rendono chiara la minaccia: non appena ci sono turbamenti sui mercati, la speculazione vede nell'Italia un obiettivo abbordabile, abbattibile e succulento (tutti ricordano cosa accadde nel 2011). Ed è alla luce di tutto ciò, e soprattutto alla luce del prezzo che l'Europa sta imponendo di pagare alla Grecia, che l'Italia, ora, deve muoversi. Una volta finito il Qe made in Draghi, se non sarà stato fatto un serio intervento sul debito, l'Italia potrebbe davvero trasformarsi una nuova Grecia. Quanto accaduto ad Atene deve essere un monito, per l'Italia. Un monito da ascoltare e trasformare in opportunità. E il tempo sta scadendo.

DISSE: "IMPICCATE I DUE MARÒ" Per il comunista finisce malissimo

Marò, si dimette il segretario di Rifondazione comunista che disse: "Perché non li impicchiamo?"




"Ho detto una colossale scemenza, rimetto il mio incarico". Inizia così il comunicato in cui il segretario di Rifondazione comunista di Rimini, Paolo Pantaleoni, ha rimesso l'incarico a disposizione della Federazione. Un gesto dovuto, dopo la sua frase della vergogna postata su Facebook: "Non è ora che impicchino i due marò?". Ora, l'uomo, travolto da una vera e propria bufera e da durissime critiche, spiega: "L'ho detto nei giorni scorsi alla stampa locale, lo ripeto oggi: il mio post sui marò è stato una colossale scemenza, di cui mi scuso con tutte le persone che ho urtato, ferito ed infastidito".

"Una battuta" - Pantaleoni prosegue: "La mia voleva essere una battuta a fronte dei tanti politici che usano parole violente contro i profughi e gli stranieri, ma, ribadisco, è stata una battuta sbagliata e altrettanto violenta: una violenza verbale che è esattamente ciò in cui non credo. Perciò sono doppiamente mortificato". E ancora: "Mi scuso anche con il mio partito, Rifondazione Comunista, con la comunità politica di donne e di uomini di cui faccio parte: ciò che ho scritto - sottolinea - è distante anni luce da ciò che pensa e pratica il Prc. Mi scuso sapendo che in questi giorni siamo impegnati a fianco del popolo greco e invece Rifondazione andrà sui giornali per questa mia scemenza. Convinto di tutto questo, rimetto il mio incarico a disposizione della Federazione di Rimini".

Le reazioni - Come detto, le parole pronunciate dal comunista avevano sollevato un polverone. A rispondergli ci aveva pensato anche Massimiliano Latorre, il marò che si trova in Italia per ragioni di salute e il cui permesso per restare in Patria è stato prolungato oggi di sei mesi: "Spero che queste parole siano uscite dalla testa e non dal cuore, ma lo dicesse ai nostri figli. Qui mi blocco - aveva aggiungo - e non voglio far polemica. Quando saprà che siamo innocenti avrà ancora il coraggio di scherzare. A tutto c'è un limite, anche alla sopportazione", aveva concluso. Duro anche il commento di Maurizio Gasparri, che ha dato a Pantaleoni del "cerebroleso". Per Laura Comi "la responsabilità di affermazioni così offensive e macabre non può passare sotto voce e mi auguro pertanto che il partito prenda provvedimenti". Infine Matteo Salvini, che tranchant aveva commentato: "Questo signore ha dei problemi, va aiutato".

Il salasso d'estate solo l'ombrellone Il top in Liguria. E dove si spende meno

Spiaggia, il salasso d'estate sotto l'ombrellone




C'è la crisi, ma non in psiaggia: perchè quaando il maare chiama, chiama. Gli itaaliani corrono e i bagni ne approfittano. Il quotidiano "Il Tempo" ha condotto una indagine sui prezzi di ingresso, ombrellone e lettino lunga tutto lo stivale, scoprendo che la medaglia d'oro in tema lidi high cost va ad Alassio in Liguria. Per un ombrellone, un lettino e un ingresso la spesa varia da 10 a 24 euro. Secondo posto al litorale romano con Ostia: da 8 a 22 euro. Quasi come a Santa Teresa di Gallura in Sardegna, Capo d' Orlando in Sicilia e altre mete ancora più gettonate come Taormina. In Toscana, a Viareggio, si spendono dai da 9 a 22 euro. A Rimini, dove l' ingresso in spiaggia è gratis ovunque, per ombrellone, lettino e servizi si pagano dai 10 a 18 euro, più o meno come a Lignano Sabbiadoro. Dai 10 ai 16 euro a Praia a Mare (in linea con Bibione), dai 12 ai 15 a Civitanova Marche, fino ad un massimo di 15 euro ad Acciaroli nel Cilento, dai 14 ai 16 a Pescara. La palma del low cost va al Salento, a Gallipoli: per le stesse attrezzature si va da 6 euro a massimo 15 euro.

Coltellata della fedelissima Così ha smascherato Renzi "Perché non leverà l'Imu"

La balla di Renzi sull'Imu: ecco perchè non potrà toglierla a settembre




Certo, alle amministrative del 2016, che vedranno andare al voto città-chiave come Milano, Torino, Genova, Bologna e Napoli, mancano ancora dieci mesi. Ma la "sconfitta" subita alle ultime regionali, a Matteo Renzi, brucia ancora. Aver perso una regione a trazione rossa come la Liguria, e per mano del consulente politico di Berlusconi, gli ha fatto male. E anche in Campania e in Umbria ce l'ha fatta per un soffio.

Quindi, non c'è tempo da perdere. A gennaio, in pratica, parte la campagna elettorale e per allora bisogna farsi trovare pronti. Ecco perchè ieri il premier ha annunciato che per il prossimo autunno intende abolire l'Imu, l'odiata tassa sulla casa. Una mossa che fa pensare agli 80 euro che spinsero il Pd al 41% alle Europee 2014. E che Renzi intende completare per tempo, per non ritrovarsi nelle condizioni delle ultime amministrative, quando misure tipo il Jobs Act e la decontribuzione per le imprese sui nuovi assunti sono state approvate troppo tardi per produrre un effetto "elettorale".

Ma anche l'Imu, come altre, rischia di rimanere una promessa urlata al vento. A scriverlo, oggi, è sul Corriere della Sera Maria Teresa Meli, notista politica peraltro di note simpatie renziane. "Gli elettori faticano ancora a vedere la luce fuori dal tunnel. E allora ci vuole un'idea, una mossa che spiazzi e che attragga" scrive la Meli. "Per questa ragione il premier ha messo al lavoro i suoi esperti a Palazzo chigi. Ma l'Europa non ci farà mai cancellare l'Imu". La tassa, infatti, è considerata a Bruxelles tra quelle "riforme" che sono alla base della fiducia concessaci dall'Europa dal 2012, quando Monti reintrodusse l'odiata gabella sulla casa.