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giovedì 15 gennaio 2015

Prima agente segreto, oggi in Al Qaeda: il bombarolo infiltrato terrorizza l'Europa

David-Daoud, dai servizi segreti ad Al Qaeda: il bombarolo che terrorizza l'Occidente





L'uomo che si vede nella foto ha scelto come nome di battaglia David-Daoud, ha trent'anni e rappresenta un gravissimo problema per la sicurezza dell'Eliseo. Il suo vero nome è David Drugeon, è un giovane francese che qualche anno fa ha deciso di convertirsi all'islam. Ma soprattutto, un tempo, avrebbe fatto parte delle forze speciali francesi, nelle quali avrebbe ricevuto istruzione militare. Oggi, David, guida la cellula integralista qaedista nota all’antiterrorismo come Khorasan group e attiva nel territorio di Idlib, vicino alla Turchia. L'uomo è anche un esperto nella fabbricazione di bombe. Contro di lui, per cercare di colpirlo ed eliminarlo, sono stati organizzati raid, che non sarebbero ancora andati a buon fine.

Autogol dell'intelligence - La sua storia è stata portata alla luce già lo scorso autunno dal giornalista Mitchell Prathero. Le fonti francesi minimizzano e smentiscono il fatto che David-Daoud sia stato addestrato nei reparti militari della DRM francese (Direction du rensignement militare). Secondo quanto raccontato da Prathero, il terrorista avrebbe disertato tempo fa l'intelligence d'oltralpe per diventare uno dei più temuti leader della jihad qaedista. Un nemico che potrebbe essere cresciuto "in casa", e proprio per questo un nemico ancor più pericoloso.  Il giovane potrebbe aver "consegnato" al nemico il suo bagaglio di conoscenza nel campo degli ordigni esplosivi e delle procedure d’intelligence occidentali.

Su di lui - L'uomo proviene da una famiglia borghese e a partire dal 2002, dopo il divorzio dei genitori, ha deciso di aderire alla religione musulmana. Dopo aver trascorso un periodo in Egitto per imparare l'arabo e studiare il Corano, ha abbandonato definitivamente il suo paese a partire dal 2010 avvicinandosi così alle cellule terroristiche. La famiglia, che non ha alcune tendenze islamiche, e si dice profondamente turbata per la improvvisa scelta di David.

Berlusconi gasa i fan di Forza Italia "A marzo ritorno in campo, e poi..."

Berlusconi: "A marzo torno in campo e..."





Proprio nel giorno in cui la Corte di cassazione ha confermato la legittimità del divieto all'espatrio per il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha incontrato i simpatizzanti di Forza Italia al Santuario del Divino Amore di Roma, facendo il punto sulla riorganizzazione del partito e lanciando il suo urlo di battaglia per la prossima primavera: "Da marzo il leader di Forza Italia tornerà in campo e recupereremo tutti i voti che Forza Italia ha perso in questo periodo a causa della sua assenza dalla scena politica" ha detto parlando di sè in terza persona. Berlusconi ha ricordato anche che per tornare a vincere Forza Italia è stata «rinnovata, rinforzata, rifondata», anche grazie alle comunità azzurre e ai club, che sono confluiti dentro al partito. "Ci sono 24 milioni di italiani che non sono sicuramente elettori di sinistra e noi dobbiamo guardare a loro per conquistarli" ha aggiunto, dicendosi poi fiducioso sui sondaggi. "Secondo gli ultimi sondaggi noi siamo a un pò meno di cinque punti di distanza rispetto alla coalizione di centrosinistra, grazie anche alla Lega che va fortissimo grazie al suo goleador Salvini".

Ecco la casa dove va Napolitano E i vicini scappano dal palazzo

I Napolitano ritornano a casa: i vicini scappano dal palazzo

di Giacomo Amadori 



Da giorni la first lady Clio Bittoni Napolitano è in fibrillazione alla sola idea di tornare nella sua casa romana in vicolo dei Serpenti, quello con i suoi negozi preferiti, a partire dalla storica pescheria. Ma forse, come vedremo, non sono altrettanto felici del suo ritorno i vicini di casa.

Non si sa ancora se la ex coppia presidenziale si stabilirà al primo o al terzo piano dell’edificio dove hanno vissuto per oltre 25 anni. La prima soluzione è la loro storica dimora: sei vani (circa 140 metri quadrati) acquistati nel 1980, quando Napolitano era un deputato dell’allora Partito comunista italiano; la seconda è il nuovo appartamento comprato l’8 novembre del 2012, a pochi giorni dalla scandenza del primo mandato presidenziale. Allora Clio, con in mano la procura del marito con cui ha la comunione dei beni, si presentò nello studio del notaio Marco Ieva per il rogito. Oggetto della compravendita un altro appartamento di 6 vani (la rendita catastale dei due alloggi è la stessa: 2091, 65 euro) così composto: soggiorno, sala da pranzo, camera da letto, due cucine e tre bagni. A vendere furono i dodici eredi della «signorina» Mirella Busetto e fu pattuito un prezzo di 900 mila euro, circa 6.500 euro per metro quadrato. Un buon affare. I lavori di ristrutturazione vennero affidati allo studio dell’architetto Bruno Chiarini, vecchia conoscenza di Napolitano.

Invece l’appartamento al primo piano venne venduto al presidente uscente da Marcello Pignatelli, novantunenne ex presidente della società italiana di psicologia analitica. Junghiano, è un medico con tre specializzazioni e un eloquio brillantissimo: «Giorgio è un mio amico da una vita, abitiamo qui insieme da oltre trent’anni, una volta è stato anche a cena a casa mia». I due si conoscono dai tempi dell’università, nel primissimo Dopoguerra: «Eravamo dalla stessa parte del consiglio di facoltà. Allora non eravamo amici, ma entrambi di sinistra». Pignatelli molti anni dopo gli ha venduto casa e Napolitano è andato a cena da lui alla vigilia di un viaggio negli Stati Uniti, primo politico comunista italiano a ricevere un invito ufficiale da Oltreoceano: «Mia moglie Paola, architetto, insegnava a Berkeley, Napolitano voleva sapere da noi come fossero questi americani. Gli rispondemmo: come sono? Ma come tutti gli altri omini, come vuoi che siano?». Cena a parte per Pignatelli Napolitano «è un uomo sulle sue», non particolarmente «colloquiale», sebbene sia un gran signore; diverso è il giudizio sulla moglie Clio: «L’ho incontrata più volte alle riunioni di condominio, dove si faceva sentire. È un avvocato tosto e un personaggio tutto particolare». Ma dove andrà a vivere adesso la coppia presidenziale? «Clio mi ha detto che rimarranno giù al primo piano, ma io dubito visto che l’altro giorno stava facendo portare molti mobili al terzo piano».

Si capisce che neppure Pignatelli ha grande confidenza con i Napolitano. E si lascia sfuggire l’unico commento pungente: «Da quando è diventato presidente della Camera abbiamo sempre la polizia sotto casa. Gli agenti rimanevano giorno e notte anche quando non c’erano. Sprecano tanti di quei soldi in Italia per queste cose…». Della sorveglianza si lamenta pure un’altra vicina, Rita Brunschwiller, simpatica zurighese: «Quando mi fermo con la macchina per scaricare i bagagli mi assalgono subito per chiedermi cosa stia facendo. Ma questa è casa mia! Per fortuna mi hanno detto che Napolitano ha chiesto di non intensificare il servizio di protezione». La signora Rita e il marito Carlo Semenza, orefice romano con laboratorio sotto casa, vivono al secondo piano, tra i due appartamenti dei Napolitano, ma si sono frequentati ben poco: «Cose fatte insieme? Nessuna, siamo completamente diversi. Anche politicamente. Eravamo amici con gli altri vicini». Però Brunschwiller definisce Napolitano un gentiluomo: «È un signore, sempre con il baciamano». È contenta che ritornino? «Io me ne vado subito, domani. Torno in Umbria, dove da quattro anni trascorro gran parte del mio tempo. Ormai odio questa casa. La polizia fuori, i controlli continui. Abbiamo perso persino i nostri parcheggi». Tra il serio e il faceto rivela: «Chi mi conosce sa perché sono scappata da Roma e sa che sulla signora Clio potrei scrivere un libro. Parliamo di 34 anni (nello stesso palazzo ndr)». Il cronista resta sorpreso: è davvero così insopportabile? «No comment» ribatte. «Se vuole divertirsi un giorno le racconterò un po’ di cose, ma adesso no. Quella mi ammazza (ride di nuovo ndr). Mia suocera dice: meglio un morto in casa che un marchigiano sulla porta e la madre di mia marito è di quelle parti». Come la signora Clio, originaria di Chiaravalle (Ancona).

I motivi dei dissapori devono essere numerosi e qualcuno affiora: «Quando stendevo i panni diceva che le toglievo la luce e si lamentava per il rumore che facevano i miei bambini piccoli camminando». Protestava? «Eccome! Ma invecchiando si è un po’ calmata, quando è diventata first lady si è comportata bene con me. Prima per lei ero la “straniera”. Io vado d’accordo con tutto il mondo, ma con lei non ho proprio feeling».

Il dipendente del McDonald's: "Ecco cosa non dovete ordinare mai"

Il dipendente del McDonald's: "Non ordinate mai il McCafè"





"Evitate di mangiare al Mc Donald’s". Nascosto dal nickname "Envirometh", un dipendente di McDonald's, catena numero uno al mondo tra i fast food, ha confessato su Reddit cosa non va proprio mangiato nei locali della catena di fast food numero 1 al mondo. "Se proprio siete costretti ad andare al Mc Donald’s ci sarebbe qualcosa che non dovreste ordinare. Io lavoro al Mc Donald’s e mi assicuro che tutte le persone a me care non ordinino mai tutto ciò che esce dalle macchinette Mc Cafè, dato che queste sono regolarmente trascurate, praticamente in tutti i Mc Donald’s. Non solo lo staff non riceve formazione per la pulizia e la manutenzione delle macchinette, ma quasi in ogni ristorante Mc Donald’s in cui sono stato, anche ai manager che si occupavano della formazione non fregava nulla. Tutte le bevande del Mc Cafè passano attraverso una macchinetta talmente sporca da far paura".

"Nel 2015 il crac e la fuga dall'euro": funesto report dei big della finanza

Moody's: "Perché nel 2015 la grande fuga dall'euro è possibile"





Un report, firmato dal colosso del rating Moody's, che pronostica un 2015 di fuoco (o di rottura) per la moneta unica. La possibilità, infatti, è che inizi una grande fuga dall'euro. L'epicentro della crisi è sempre quello ellenico. Moody's scrive: "Le recenti turbolenze politiche e le elezioni anticipate hanno aumentato il rischio di un'uscita dalla Grecia dalla area dell'euro". E dopo Atene, il possibile diluvio. Infatti secondo gli analisti dell'agenzia di rating, anche se la possibilità di un'uscita della Grecia è più bassa rispetto al 2012 (quando la crisi economica toccò il picco massimo), le minacce dei comunisti di Syriza e dei neonazisti di Alba Dorata relative a un'addio all'euro, per quanto non totalmente credibili, non possono essere sottovalutate. Se per caso Atene però optazsse per una svolta radicale, le implicazioni negative per il credito degli altri paesi membri di Eurolandia sarebbero significative.

Verso il voto - Rischio inferiore rispetto al 2012, ma il rischio c'è. Occhi puntati, ora, sul 25 gennaio, giorno delle elezioni anticipate in Grecia. Più che da Alba Dorata, oggi, il rischio deriva da Syriza, molto in alto nei sondaggi. Colin Ellis, l'economista che ha firmato il report del colosso del rating, spiega: "Qualunque uscita dalla moneta unica sarebbe un momento determinante per l'euro, mostrerebbe che l'unione monetaria è divisibile, non irreversibile". E ancora: "Anche se l'uscita della Grecia oggi potrebbe probabilmente innescare una nuova recessione nel resto dell'Eurozona, l'impatto di credito sarebbe meno pronunciato che nel 2012 perché il rischio contagio da un'uscita della Grecia dall'euro è più basso e i politici ormai si sono dotati di strumenti più forti per limitare i danni da un tale evento". Infine l'ultimo allarme, che riguarda anche l'Italia: "Ci sono altri Paesi dell'area euro che hanno un alto debito e alti tassi di disoccupazione e devono fronteggiare i rischi di deboli prospettive economiche e deflazione", conclude Ellis.

"Renzi era il mio capo, ora sono piena di debiti e depressa Il motivo? Mi ha sfruttata e non mi hai mai pagato..."

Renzi, la ghost writer se ne va sbattendo la porta: "Mi ha sfruttato e non mi ha mai pagato"





Altro che cambiare verso e rottamazioni. Per Matteo Renzi il binomio giovani e lavoro equivale ancora a sfruttamento. Ai dati agghiaccianti sulla disoccupazione, all'ennesimo schiaffo alle partite Iva che avrebbero dovuto dare un'opportunità ai giovani si aggiunge ora un'altra chicca, davvero squallida se confermata, che la dice lunga sul premier democratico. Andrea Marcolongo è la giovane ghost-writer della quale si è servita Renzi fin dal 2013, quella che gli ha scritto - tra l'altro - il discorso d'apertura del Semestre di presidenza italiana in Ue con la citazione della generazione Telemaco. Ora, stanca di essere sfruttata dal premier, ha deciso di andarsene da Palazzo Chigi sbattendogli la porta in faccia. 

La protesta - Nata a Milano nel 1987, grecista e allieva della Scuola Holden di Alessandro Baricco, Andrea dopo avergli regalato titoli di libri, citazioni, immagini, metafore da usare nei suoi discorsi, ha inviato una mail di congedo a Matteo rivelando un aspetto del "dietro le quinte" che lascia davvero poco spazio al fraintendimento. "Non sono mai stata pagata, a parte una mensilità", si è sfogata la donna a Panorama, anche se precisa che non è per i soldi che se n’è andata. "Eravamo tutti così. Viaggi a Roma e lavori mai pagati, so di persone che si sono indebitate e sono andate dallo psicologo perché distrutti dalle promesse". 

Le promesse - Le promesse, racconta Andrea a Panorama, erano: "La prossima settimana si risolve tutto, dai che è fatta, manca solo un foglio". Ma quei soldi non sono mai arrivati. L'unico mese che le hanno accreditato qualcosa la giovane scrittrice politica non sa neanche chi lo ha fatto: la Fondazione Open di Renzi, il Pd o la Presidenza del Consiglio. Di certo c'è il grande impegno che le veniva chiesto e che lei metteva in quel che faceva. Alla fine però ha mollato. Mi era impossibile continuare", taglia corto la Marcolongo. "Non è facile per una donna, e non aggiungo altro, ma sono fiera di quello che ho fatto, perché il ghost-writer è una professione riconosciuta e molto stimata in tutto il mondo". Forse, ma non in Italia. Prima di questa presa di posizione nessuno aveva sentito parlare di lei e adesso che è fuori dal giro, fa notare David Allegranti, anche quei pochissimi amici che aveva nel ristretto gruppo intorno al presidente del Consiglio non li sente quasi più. Perché l'isolamento è il destino di chi lascia il clan renziano. 

mercoledì 14 gennaio 2015

Sorprendente Ferrara, Elefantino sempre più controcorrente: chi è il suo candidato (democratico) al Colle...

Ferrara sempre più controcorrente: ecco chi è il suo candidato (dem) al Colle...





Dalla penna di Giuliano Ferrara spunta un nome a sorpresa. Il nome che non t'aspetti. Nell'editoriale su Il Foglio in edicola oggi, il direttore dice chiaramente che se fosse Renzi sceglierebbe sicuramente Pier Luigi Bersani. L'elefantino dà delle argomentazioni molto chiare e fa un'analisi come al solito molto arguta. "Prodi per esempio ha troppo curriculum, ha vinto due volte contro Berlusconi, poi ha perso in modo triste la guida del paese, per molti anni è stato re a Bruxelles, ma non ha lasciato un ricordo unanimamente fervoroso né lì né nel partito parlamentare che dovrebbe eleggerlo, epperò ha statura internazionale nel senso che sanno chi è, lo ricevono, lo incaricano all'Onu ecc". Stesso discorso vale per Massimo D'Alema: nelle scorse elezioni del Presidente della Repubblica sulla carta poteva anche andare, ma la sua - è questo in sintesi il ragionamento di Ferrara - è una figura troppo ingombrante. "I proCav pensavano che potesse giocare brutti scherzi da ex comunista, e gli anti-Cav temevano potesse fare patti bicameralisti con l'Arcinemico". Per questi motivi alla fine fu scelto Napolitano: un senatore a vita, dunque un quasi pensionato in riserva della Repubblica, ripescato e incoronato non per il suo peso ma per la sua mancanza di peso combinata con una reputazione generale di rispettabilità. 

Né troppo forte né troppo debole - E da qui la riflessione su Bersani: "Bersani è precisamente quel tipo di riserva repubblicana che esercita una forte influenza politica. Bersani ha perso tutto quello che poteva perdere". Ferrara cita quindi le elezioni per la guida del Pd contro Renzi, poi le elezioni come candidato premier ("non è riuscito a trasformare la mezza sconfitta con il Senato senza maggioranza in una manovra politica virtuosa".  Secondo Ferrara un politico con queste caratteristiche, che ha peso ma non troppo, che è influente ma non troppo, che non viene considerato come una minaccia dal partito di maggioranza,  può essere un buon candidato. In più, secondo Ferrara. "Bersani non è lo spettro di un presidente burattino nelle mani del royal baby". Inoltre, aggiunge, Berlusconi non ha "obiezioni di principio contro lo smacchiatore di giaguari. Il ragionamento è semplice: il Cav potrebbe votarlo per poi denunciare la scelta "di parte" nel caso dovesse rivelarsi un presidente a lui ostile...