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giovedì 21 agosto 2014

Socci sul Papa: "L’intervento sull'Iraq? E' troppo poco contro il califfo"

L’intervento del Papa? Sai che sforzo... Contro il califfo non basta

di Antonio Socci 


«Ahimé, basta tacere! Gridate con centomila lingue. Vedo che, per lo tacere, lo mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita». Con queste parole tuonava santa Caterina da Siena scrivendo a un alto prelato. Si sente il bisogno anche oggi nella Chiesa di donne e uomini di fede ardente e di cuore libero che - come Caterina - si rivolgano così a un papa (Gregorio XI) pieno di timori, che non faceva quello che avrebbe dovuto: «Io, se fussi in voi, temerei che il divino giudicio venisse sopra di me». Ma i nostri sono tempi di clericalismo, di bigottismo e di adulatori. E le voci dei grandi santi (o degli uomini liberi) non ci sono o non si sentono.

Eppure è difficile e - per un cattolico - molto doloroso capire e accettare l’atteggiamento del Vaticano di papa Bergoglio di fronte alla tragedia dei cristiani (e delle altre minoranze) in Iraq, braccati e massacrati dai sanguinari islamisti del califfato anche in queste ore. Prima, per settimane, un’evidente reticenza, quasi imbarazzo a parlarne. Perfino l’iniziativa di preghiera della Cei del 15 agosto scorso è stata passata sotto silenzio dal Papa che evidentemente ha in antipatia la Chiesa italiana. 

Ora, finalmente, dopo una ventina di giorni di massacri di uomini, donne e bambini, e dopo mille pressioni (anzitutto da parte dei vescovi di quella terra e dei diplomatici vaticani), papa Bergoglio si è deciso a pronunciare le fatidiche parole, sia pure in modo assai felpato: «è lecito fermare l’aggressore ingiusto». Sai che sforzo… Ci mancava pure che dicesse che è lecito lasciare che l’aggressore massacri la gente inerme e innocente, che crocifigga i «nemici dell’islam», che seppellisca vivi i bambini, che stupri e venda le donne come schiave.

ALTRI PAPI
Con ben altra tempestività ed energia Giovanni Paolo II nel 1993 tuonava sul dovere di difendere gli inermi dai massacri: «Se vedo il mio vicino perseguitato, io devo difenderlo: è un atto di carità. Questa per me è l’ingerenza umanitaria». Ma non c’è più Giovanni Paolo II e purtroppo nemmeno Benedetto XVI. Dunque dopo aver detto, con incredibile ritardo, che «è lecito fermare l’aggressore ingiusto», Bergoglio si è affrettato ad aggiungere che però va fatto senza «bombardare» o «fare la guerra». Cosicché viene amaramente da chiedersi se egli vuole salvare la faccia (propria) o la vita di quegli innocenti. Qual è infatti il modo per «fermare» una banda di assassini crudeli senza usare le armi? Cosa propone papa Bergoglio per «fermare» quei carnefici? Un tressette col morto? Un thè con monsignor Galantino?

Si dirà che il Papa non può esortare a usare la forza, sia pure per salvare vite innocenti. Sbagliato. Da secoli la dottrina cattolica ha sancito il diritto alla legittima difesa e il principio di «uso della forza» per la legittima difesa. Proprio i teologi della Scuola di Salamanca come il domenicano Francisco de Vitoria, nel XVI secolo, fondarono sulle basi della legge naturale il diritto internazionale, Benedetto XVI lo ricordò alle Nazioni Unite evocando «il principio della “responsabilità di proteggere” (che) era considerato dall’antico ius gentium quale fondamento di ogni azione intrapresa dai governanti nei confronti dei governati». E aggiunse che «il frate domenicano Francisco de Vitoria, a ragione considerato precursore dell’idea delle Nazioni Unite, aveva descritto tale responsabilità come un aspetto della ragione naturale condivisa da tutte le Nazioni, e come il risultato di un ordine internazionale il cui compito era di regolare i rapporti fra i popoli».

In questo quadro Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae del 1995 affermava: «la legittima difesa può essere non soltanto un diritto ma un grave dovere per chi è responsabile della vita di altri, del bene comune della famiglia o della comunità civile. Accade purtroppo che la necessità di porre l’aggressore in condizione di non nuocere comporti talvolta la sua soppressione. In tale ipotesi, l’esito mortale va attribuito allo stesso aggressore che vi si è esposto con la sua azione». 

Parole significative perché Giovanni Paolo II si è sempre caratterizzato per la difesa energica della pace (per esempio opponendosi alla guerra americana in Iraq), ma con altrettanta energia ha incitato la comunità internazionale a fermare, anche con l’uso della forza, i carnefici in azione (e si noti bene che a quel tempo la popolazione minacciata era di religione islamica). Quello che semmai papa Francesco dovrebbe chiedere - sulle orme di Giovanni Paolo II - è che tale «uso della forza» da parte della comunità internazionale sia proporzionato e mirato a disarmare gli aggressori e a salvare la vita dei braccati. 

Ma purtroppo non si è sentita nessuna riflessione approfondita. Si nota solo la preoccupazione di Francesco di non uscire dallo stereotipo del papa «politically correct». Infatti ha sentito il bisogno di ripetere che fra le minoranze minacciate dall’Isis ci sono anche non cristiani «e sono tutti uguali davanti a Dio». Un’ovvietà che è parsa una «excusatio non petita…». Del resto se rileggiamo insieme i vari interventi di papa Bergoglio su questa carneficina non si troverà mai la parola islam, islamisti o musulmani. Se uno disponesse solo delle parole del Papa non capirebbe minimamente a chi si deve questa «tragedia umanitaria» e per quale motivo viene perpetrata. 

Una reticenza grave, figlia dell’ideologia cattoprogressista che interpreta erroneamente il dialogo con i musulmani come una resa, anche psicologica. Tanto è vero che ci sono commentatori cattoprogressisti che arrivano perfino a ripetere che i carnefici del Califfato non hanno niente a che vedere con l’islam. Peccato che tali carnefici impongano alle minoranze conquistate la conversione immediata all’islam in alternativa alla morte, come è accaduto nei giorni scorsi a Kocho, un piccolo villaggio del Nord Iraq abitato da yazidi dove i jihadisti hanno massacrato circa 80 uomini che si rifiutavano di convertirsi e incatenato e deportato un centinaio di donne e bambini.

GIUDIZIO CHIARO
Naturalmente è comprensibile che le autorità della Chiesa non cerchino lo scontro, la polemica o il conflitto religioso. Giusto. Ma è anche un dovere dire la verità e dare ai fedeli un serio «giudizio culturale» su quello che il mondo oggi sta facendo ai cristiani. Soprattutto considerando la subalternità culturale di tanti cattolici: c’è chi ritiene deprecabile perfino parlare di «cristiani perseguitati» (eppure sono il gruppo umano più perseguitato, nel maggior numero di Paesi del mondo).

Detto questo voglio sottolineare che le dichiarazioni di papa Francesco dell’altroieri sono comunque un passo avanti, sperando che - senza dover aspettare troppo, perché la situazione è drammatica - arrivino presto parole ancora più chiare e decise. Sono un passo avanti che dovrebbe chiarire le idee ai tanti che nei giorni scorsi, contro chi domandava una parola chiara, ribattevano stizziti che chiedere di fermare gli assassini significava volere la guerra e le crociate. 

L’intervento del Papa chiarisce le idee anche a quelli che affermavano: «se il Papa tace significa che vuol evitare ritorsioni più gravi», oppure «se non dice niente significa che sta operando riservatamente». Erano balle. In realtà in Vaticano si sono illusi per settimane che vi fosse ancora una via diplomatica, mentre i carnefici del califfato - come denunciavano i vescovi del posto - volevano solo conquistare, convertire a forza e massacrare. Non sanno nemmeno cosa siano il «dialogo» o la diplomazia.

Un’ultima nota. Negli interventi fatti durante il viaggio in Corea, papa Bergoglio ha anche giustamente invitato tutta la Chiesa alla riflessione sui martiri di ieri e di oggi e alla preghiera. Sacrosanto. Ma è un invito molto blando, senza la mobilitazione di tutta la Chiesa per soccorrere queste vittime e senza quella profonda consapevolezza culturale che sapeva darci Benedetto XVI. Oggi domina lo smarrimento.

"GLI AMERICANI SONO I VERI TERRORISTI" Vauro difende i barbari jihadisti: ecco perché

Vauro Senesi difende Di Battista (M5S) e l'Isis sul Fatto




Le immagini del reporter americano decapitato dai terroristi del califfato dell'Isis sono ancora negli occhi di tutti. L'orrore corre sul web e la morte di James Foley di certo lascerà un segno. Obama è già sul piede di guerra, Cameron è rientrato dalle ferie e l'Europa con l'invio di armi ai curdi comincia a muovere i primi passi in un conflitto che tra le diplomazie occidentale pare ormai inevitabile. Ma a quanto pare non tutti pensano che i terroristi dell'Isis siano dei feroci taglia gole. Il primo a difenderli era stato il grillino Alessandro Di Battista. Secondo il pentastellato "quando non hai altro modo per difenderti sei costretto a caricarti di esplosivo e farti esplodere dentro una metropolitana". Da quel post pubblicato sul blog di Grillo è arrivata una slavina di polemiche. Ma qualcuno invece che condannare le parole del grillino lo difende e lo fa sul Fatto Quotidiano: "Ho pensato molto al termine terrorismo (dopo le parole di Di Battista, ndr) . Ci ho pensato quando ero in Afghanistan, in Iraq, in Palestina", scrive il vignettista di Santoro, Vauro Senesi. 

Cos'è il terrorismo - A questo punto Vauro fornisce la sua personalissima spiegazione del termine "terrorismo": "Una sola risposta sono riuscito a darmi, terrorismo è uccidere persone inermi e innocenti. E là dove si combattono le "Guerre al terrorismo", quelle "giuste", in quei luoghi dell'orrore erano vecchi, donne e bambini che vedevo dilaniati da missili, cluster bombs, altre armi ad 'alta tecnologia'". Il riferimento ovviamente è alle operazioni militari degli americani in Iraq e in Afghanistan negli scorsi anni. Vauro sostiene dunque la tesi di Di Battista e così insite: "Davvero qualcuno può pensare che l'avvento dei feroci miliziani dell'Isis non sia anche un derivato mostruoso dello stato di devastazione civile, sociale, economica, politica e morale nelle quali la guerra ha lasciato l'Iraq?". 

Dalla parte sbagliata - Qui arriva la totale difesa per Di Battista: "Ho letto con il pezzo di Alessandro Di Battista non vi trovo alcuna giustificazione delle atrocità del terrorismo. Le sue mi sono parse parole di semplice buon senso. (...) Chi ha scagliato anatemi su di lui non si è mai vergognato e non si vergogna delle tante Abu Ghraib, Guantanamo, delle bombe al fosforo e dei missili intelligenti, anzi trova per tutto ciò addirittura motivazioni umanitarie. Ecco semplicemente io ritengo che siano questi ultimi e non Di Battista a giustificare il terrorismo. Di più a esserne complici". Insomma anche Vauro sta dalla parte dell'Isis come del resto Di Battista. Queste parole Vauro le ha scritte prima della decapitazione del reporter americano. Ma bastava leggere le cronache degli ultimi giorni per capire che gli jihadisti sono solo dei terroristi e che le guerre giuste vanno combattute per evitare che altri Foley vengano trucidati con un coltello sotto la gola...

mercoledì 20 agosto 2014

Scuola: allarme caro libri e kit, 1.000 euro a studente

Scuola: allarme caro libri e kit, 1.000 euro a studente




A settembre le famiglie torneranno di nuovo a metter mano sui portafogli per finanziare gli (spendiosi) aquisti dei libri di testo scolastici. L'osservatorio nazionale Federconsumatori quest'anno stima una crescita dei prezzi pari al 1,6% per i libri di scuola. Codacon sulle stime è più critico, prevedendo un più 4% sugli aquisti di libri.

Riforma della giustizia: ecco cosa cambia Ma è ancora scontro sulle intercettazioni Forza Italia: "Siamo molto scettici..."

Riforma della giustizia: ecco cosa cambia Ma è ancora scontro sulle intercettazioni Forza Italia: "Siamo molto scettici..."




Il governo alla prova della Giustizia. Giro di consultazioni in via Arenula sulla riforma della Giustizia, attesa in consiglio dei ministri per il 29 agosto. Data, questa, confermata anche dal premier Renzi che, smentendo “progetti segreti” del governo, martedì ha sottolineato: "Iniziamo dalla Giustizia, a cominciare da quella civile che oggi civile non è". Il guardasigilli Andrea Orlando ha visto i rappresentanti della maggioranza. Giovedì tocca all'opposizione tra cui Cinque Stelle e soprattutto Forza Italia. Dal vertice di maggioranza pare che il dado sia tratto. 

Il vertice - “È stata una riunione molto costruttiva, che ha rafforzato, cementato la maggioranza, delineando nel metodo e nel merito passaggi importanti”, ha commentato il viceministro della Giustizia, Enrico Costa (Ncd), al termine della riunione. “C'è stata una convergenza – ha aggiunto – ad agire a Costituzione invariata e questo è un elemento molto importante perché delimita le modifiche da apportare con la riforma della Giustizia nell'ambito della maggioranza" rispetto al quorum di voti da raggiungere in Parlamento. Alcune delle ipotesi di riforma, infatti, avrebbero necessitato delle modifiche costituzionali. 

Cosa cambia - Tra i temi trattati le modifiche al Csm - Al centro del confronto, le modifiche su responsabilità civile dei magistrati e Csm. A luglio l'organo di autogoverno dei magistrati ha rinnovato la propria compagine, eleggendo i nuovi membri togati. Mancano però all'appello i laici, perché il Parlamento non ha trovato un'intesa sui nomi, e il vecchio Csm è stato prorogato fino a settembre. “Nella riunione c'è stata una discussione generale anche sul tema del Csm e delle modifiche del sistema elettorale e disciplinare – ha detto Costa –. Ma prima di passare a calare le modifiche in testi di legge si ritiene di attendere, anche per garbo istituzionale oltre che per un ulteriore approfondimento, l'insediamento del nuovo Csm". 

Forza Italia scettica - Incassato l’ok della maggioranza, quindi, il ministro Orlando dovrà ora provare a convincere l’opposizione. “La nostra attesa è forte. Non abbiamo prevenzioni", ha scritto nei giorni scorsi Il Mattinale, giornale del partito di Berlusconi. E Renato Brunetta ha ribadito: “Aspettiamo con forza la riforma della giustizia”. Il capogruppo di Forza Italia ha aggiunto che c'è “attesa anche per il Cdm” del 29. “Il governo finora non ha prodotto nulla – dice Brunetta – solo linee guida, troppo generico: c’è attesa ma con scetticismo". 

Casa: Infissi, caldaie e tetti guida per avere il bonus fiscale

Casa, come avere l'ecobonus




Si possono ottenere sconti fiscali fino al 65% della spesa affrontata per i lavori di risparmio energetico se i singoli proprietari ne fanno domanda fino al 31 dicembre 2014 mentre i condomini hanno tempo fino al 30 giugno 2015. Per gli interventi capaci di incidere sulla prestazione energetica dell’immobile - come ricorda il Sole 24 Ore -  la cifra massima detraibile è pari a 100mila euro. Nel caso del cambio degli infissi, dell’isolamento termico dei tetti e dell’isolamento delle pareti e della facciata, la cifra massima detraibile è di 60 mila euro. Dello stesso importo la cifra detraibile per gli interventi di installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda. Con questo tetto di detrazione è possibile sostituire gli scaldacqua tradizioni con sistema a pompe di calore.

Il consiglio - Ma come si fa a ottenere lo sconto fiscale? Siccome per avere il bonus occorre dimostrare di avere ridotto i consumi energetici a circa un terzo, il consiglio del quotidiano di Confindustria è quello di chiamare un tecnico qualificato che effettui una diagnosi energetica dell’immobile, per capire se è cosa è possibile fare. E’ possibile coibentare le facciate o sostituire il generatore di calore con una caldaia a condensazione. Tra tutti gli interventi , secondo i dati Enea, i più diffusi sono quelli della sostituzione degli infissi e della caldaia. Tuttavia il tempo di rientro non è breve: può infatti variare tra i 13 e i 15 anni.

Feltri: "Il prossimo direttore del Corriere sarà Mieli o il sughero De Bortoli"/ Video

Feltri: "Il prossimo direttore del Corriere sarà Mieli o il sughero De Bortoli"

di Franco Bechis 


"Il direttore del Corriere della Sera l'hanno già fatto due volte Ferruccio De Bortoli e Paolo Mieli. E secondo me Mieli rischia di farlo una terza volta, cosa di cui sarei contento perchè a me piace Mieli”. Lo sostiene Vittorio Feltri, intervenendo alla trasmissione della web-tv di Libero registrata a Capalbio libri. Però non è esclusa una sorpresa: “siccome”, continua Feltri, “in Italia la condizione più permanente è la precarietà, De Bortoli che è precario da 12 anni rischia di restare al Corriere altri 22-23 anni. Anche perchè De Bortoli non sarà forse un fenomeno come direttore, ma come sughero è campione del mondo: galleggia sempre. E' di una bravura strepitosa. Lo ammiro moltissimo: io come entro in acqua sono un mattone. Lui galleggia in eterno. Bisogna fargli un applauso


Tutte pazze per il primo cittadino. Ecco chi è il sindaco più bello d'Italia

Enrico Ioculano, è lui il sindaco più bello d'Italia




«Ma dai, su. Pensiamo a lavorare». Il nuovo sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano risponde così alla valanga di complimenti che riceve ogni giorno dalle cittadine. E sì, perchè a quanto pare il primo cittadino, classe 1985, eletto a giugno nella lista democratica "Ventimiglia cambia verso" sta facendo strage di cuori. Quando, i primi di agosto, Ioculano ha ricevuto l'investitura popolare con addosso un costume medioevale, racconta il Secolo XIX, ha incantato tutti. «Che magnifico giovane!», si incantava la folla ammirandone i tratti virili, lo sguardo profondo, i modi soavi. «Figo!», semplificavano le ragazze che ogni mattina se lo mangiano con gli occhi al bar Costa Azzurra, sul lungomare. In attesa di scoprire se sa governare, un’intera comunità si è schierata con lui riconoscendosi nel giudizio estetico: Ioculano è bello. E le sedute del Consiglio comunale non sono state mai così affollate di donne. Lui si schermisce: «Ma dai, su. Pensiamo a lavorare».