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venerdì 13 giugno 2014

Il Condono fiscale del Pd: Renzi prepara la sanatoria per chi ha soldi in nero

Renzi prepara il condono fiscale


di Francesco De Dominicis




Edilizi o fiscali, l’Italia è il Paese dei condoni. Roba da centrodestra, si dice. Per la verità, quasi tutti i governi (e di qualsiasi colore) un colpo di spugna sulle tasse o sugli abusi immobiliari lo hanno sempre servito in tavola ai contribuenti. Dal 1973 se ne contano una decina: gli archivi rivelano che, nell’arco di 40 anni, ben 28 anni sono stati «coperti» da scappatoie per sanare irregolarità con i tributi o col mattone. Per le casse dello Stato le sanatorie sono state spesso una boccata d’ossigeno: complessivamente, il gettito incassato dall’erario è pari a 65,3 miliardi di euro che, attualizzati ai giorni nostri, vuol dire la bellezza di circa 123 miliardi. Ecco perché pure il governo di Matteo Renzi - espressione di quel Partito democratico che ha sempre criminalizzato le «regolarizzazioni» fiscali, puntando il dito contro Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi - adesso cede alla tentazione. Camuffato e tenuto sotto silenzio, sta dunque prendendo forma il condono targato Pd: paghi grosso modo il 30% e chi s’è visto, s’è visto; e occhi chiusi anche per gli aspetti penali. Certo, molto di più del 5% previsto dallo scudo fiscale di Tremonti, ma assai meno di quanto raschiato di norma dal fisco, almeno il 50% (stima prudente) dei redditi, nel caso di un’impresa, tra Ires, Irap e balzelli vari.


In ogni caso, un affare per i contribuenti e pure per lo Stato, sempre a caccia di nuove risorse. Vale anche per Renzi. Vuoi per assicurare copertura alle misure promesse nei primi mesi al governo, vuoi per tenere a bada i conti, col debito pubblico che zavorra la ripresa economica, l’ex sindaco di Firenze ha bisogno di soldi. Di qui il condono mascherato da rimpatrio dei fondi: una serie di sconti e benefici fiscali sulle somme tenute nascoste al fisco in Italia è stata inserita, infatti, nel disegno di legge all’esame della Camera sul rientro dei capitali dall’estero. Con la scusa del rimpatrio di quattrini illegalmente detenuti Oltreconfine o esportati violando le norme tributarie e antiriciclaggio, l’esecutivo punta a fare cassa con chi i soldi li ha nascosti in tasca, sotto il materasso o in una cassetta di sicurezza in banca. E in Italia, mica in Svizzera o alle isole Cayman. L’accordo segreto è stato siglato pochi giorni fa in Parlamento: gli esponenti di palazzo Chigi e i membri della commissione Finanze di Montecitorio hanno deciso di estendere alle evasioni di imposta «senza costituzione di provviste all’estero» le agevolazioni della cosiddetta voluntary disclosure, vale a dire la «collaborazione volontaria» dei furbetti delle tasse. Si pagherà un’aliquota pari al 27% della somma da regolarizzare più un ottavo delle sanzioni: alla fine della giostra il prelievo non dovrebbe andare oltre il 30%. Ma non è tutto: lo sconto fiscale è accompagnato dal dimezzamento delle sanzioni penali in caso di frode. Una sorta di pacca sulla spalla degli evasori «professionisti».


Attenzione: la parola condono non compare mai nei documenti ufficiali del governo che, c’è da scommetterlo, si difenderà brandendo le raccomandazioni dell’Ocse, secondo cui le regolarizzazioni di capitali non devono contenere «discriminazioni territoriali». Per mischiare ulteriormente le carte, la procedura verrà battezzata con la dicitura «emersione domestica» nell’ambito del «ravvedimento speciale per l’integrazione degli imponibili»: il linguaggio degli addetti ai lavori, burocratese stretto. Fatto sta che non sarà un colpo di spugna per tutti: le nuove norme, che riguardano i periodi d’imposta fino al 31 dicembre 2012, prevedono restrizioni. Non potrà fare pace col fisco chi ha ricevuto contestazioni dell’agenzia delle Entrate né chi ha già procedimenti penali. E la misura è >>.

L'ultima sparata del leghista Buonanno "Gli immigrati? Io apro le porte di casa mia se Papa Francesco..."

Gianluca Buonanno (Lega) al Papa: "Se accoglie clandestini e Rom nella Cappella Sistina, lo faccio anche a casa mia"



"Mentre in Italia abbiamo cancellato il reato di immigrazione clandestina, in Vaticano lo hanno mantenuto" dice il leghista Gianluca Buonanno ospite a Un giorno da pecora su Radiodue senza freni quando la trasmissione passa a trattare la questione dell'immigrazione e le recenti dichiarazioni di Papa Francesco sulle discriminazioni subite da Rom e clandestini: "Il Papa dice che dobbiamo accoglierli - ha aggiunto l'estroso Buonanno, da poco eletto anche europarlamentare, ricordando che a Città del Vaticano c'è ancora il reato di clandestinità - E quindi caro Santo padre, se tu prendi i clandestini o gli zingari nella Cappella sistina, io li prendo a casa mia".

Il Brasile soffre ma vince. De Sciglio in ospedale: non giocherà contro gli inglesi

Il Brasile soffre ma vince. De Sciglio in ospedale: non giocherà contro gli inglesi



Il Brasile soffre fino all'ultimo ma porta a casa la prima partita di questo Mondiale. La sfida contro la Croazia si conclude 3 a 1 con la doppietta di Neymar e la rete finale di Oscar. Ma il primo gol è della Croazia ed entra nella storia perché è stato un autogol di Marcelo all'undicesimo minuto: non era mai successo che un Mondiale cominciasse con un'autorete.  Il primo vero gol è arrivano al 29' frmato da Neymar. Nella ripresa al 71esimo l'asso del Barcellona sigla la dischetto (il rigore è stato molto contestato)l gol del sorpasso e della vittoria. Al 91esimo dopo aver rischiato di subire il  pareggio, Oscar mette al sicuro la gara. E il pubblico va in delirio. 

Caso De Sciglio 
Comincia male il Mondiale per gli italiani. Infortunio per Mattia De Sciglio nell’allenamento di questa mattina. Un dolore allacoscia sinistra a fine allenamento, e dopo pranzo il terzino del Milan e della nazionale è dovuto andare all'ospedale di Angrados Reis per una risonanza magnetica.Contrattura con edema del flessore della gamba sinistra,la diagnosi dopo un paio d'ore di attesa e paura.  C'è da capire se quell'edema è solo un versamento provocato dalla contrattura, o nasconde del sangue segno di lesioni. De Sciglio sarà indisponibile domani:anche nel primo caso, forzare il recupero sarebbe un rischio troppo alto. Ma la sua situazione va tenuta comunque sotto osservazione. Prandelli avrebbe tempo fino a domani sera per'eventuale cambio, e se De Sciglio gettasse la spugna il ct non sarebbe obbligato a pescare tra i 30 della prelista: ilregolamento Fifa prevede nell'infortunio l'unico caso di eccezione. In Brasile c'è Ranocchia, anche per questo al momento non risultano corrispondenti al vero le voci di un preallarme di Pasqual e Romulo. Soprattutto, ora Prandelli vuole capire in quanto tempo è recuperabile De Sciglio: la prima impressione è che se ne parli per l'Uruguay, la terza partita degli azzurri del 24 giugno, più che per il Costarica.

giovedì 12 giugno 2014

L'Annunziata contro Renzi nel Pd metodi fascisti "Mineo è stato eletto, tu sei un..."

Lucia Annunziata contro Renzi: "Tentazioni autoritarie"



Lucia Annunziata si schiera con Corradino Mineo che è stato rimosso dalla Commissione Affari Costituzionali per far guadagnare al Pd la maggioranza sulla riforma del Senato. E dà ragione ai 13 senatori che si sono sospesi in segno di solidarietà con Mineo. Critica il sottosegretario Lotti che ha detto che  "dodici senatori non possono permettersi di mettere in discussione il volere di 12 milioni di elettori". E attacca Renzi accusandolo di essere autoritario, di lasciare poco spazio interno al dissenso. 

Perché Renzi sbaglia - I toni sono duri e il messaggio chiarissimo. Scrive la Annunziata: "Potrei chiedere come fa il governo a sapere che quei dodici milioni di italiani hanno votato specificamente per la riforma Renzi sul Senato. Potrei chiedere di quali elettori si parla. Perché se si parla di quelli che hanno eletto l'attuale Parlamento, allora il Premier attuale non è stato votato e Mineo sì. Se invece parla del voto per le Europee andrebbe ricordato che il pur immenso consenso non è comunque consenso politico diretto."

Niente dissenso - Il direttore dell'Huffington Post cita il caso delle ondate di espulsioni dal M5S e scrive che "gli eletti hanno diritto alla libertà di opinione.  Come del resto i militanti di partito - in questo caso, se parliamo al segretario del Pd, mi pare che andrebbe ricordato che in quel partito si è lavorato una vita (del Pd stesso e di varie generazioni di militanti) per affermare il diritto al dissenso interno, con conseguente richiesta di affrontare questo dissenso con pratiche il più possibile lontane dallo stalinismo". La Annunziata fa notare come all'interno del Pd non vi sia alcuno spazio per il dissenso. "Chi dissente è palude". E, caustica, aggiunge: "Non farò a Renzi il torto di accostarlo a Berlusconi, perché sappiamo che ha ambizioni e riferimenti storici molto più alti. Nelle sue idee il paragone è Blair, o Obama. Peccato che anche la traiettoria di questi leader dimostri che il vasto consenso popolare non fornisce un passaporto con il destino. Blair è alla fine caduto nella trappola delle sue forzature (ricordate l'Iraq? In queste ore qualcosa di molto drammatico ce lo ricorda) e Obama in quelle della sua inefficacia". La chiusura dell'intervento del direttore del sito dell'Huffington Post è ancora più forte: "Forse è la visita in Cina ad aver fatto velo al giudizio del nostro premier. Lì certamente c'è un bellissimo modello su come governare insieme un partito, un paese, le riforme, un mercato, e, se possibile, il mondo.

Mose, Orsoni vuota il sacco: "Incassavo tangenti per il Partito Democratico"

Mose, Orsoni: "Il Pd mi spinse ad accettare quei soldi"



Dopo l'inchiesta, arriva la resa dei conti nel partito. Il Pd è sotto il fuoco delle toghe e lo scandalo del Mose rischia di travolgere il Nazareno. A far tremare Renzi&Co. ci pensa il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, tra i principali accusati per il giro di mazzette in laguna. Orsoni comincia a dire la sua verità e punta il dito contro il partito. Le accuse sono pesanti. Secondo quanto ha ricostruito nell'interrogatorio il sindaco, durante la campagna elettorale del 2010 per le comunali e per le provinciali la segreteria del Pd veneto non era contenta di come stavano andando le cose. Lo spauracchio era Renato Brunetta. La sua candidatura, come racconta Orsoni mise in agitazione i dem. A questo punto Orsoni alza il tiro: "E' a quel punto che vennero da me in tre, Michele Mognato, segretario provinciale del Pd, Zoggia e Marchese, altri due dem del Pd veneto. Sono loro secondo quanto dice il sindaco ad aver insistito perchè si avvicinasse al consorzio e ottenesse il finanziamento.

"Tutta colpa del Pd" - L'accusa dunque è chiara: il Pd avrebbe fatto pressioni su Orsoni perchè accettasse quei soldi. I pm hanno hanno già ricostruito come avvenne quel passaggio di 110 mila euro. Il denaro sarebbe passato dalle mani di Piegiorgio Baita e Giovanni Mazzacurati a quelle di Ferdinando Sutto per poi approdare nelle casse del commercialista di Orsoni. E così adesso dopo le parole di Orsoni si apre la notte dei lunghi coltelli tra i dem. Le parole di Orsoni arrivano fino a Roma e fanno tremare il governo ma anche tutto il Pd della vecchia guardia che teme altre rivelazioni da parte del sindaco di Venezia. Gli esiti dell'inchiesta Mose restano imprevedibili. 

A piede libero - Intanto a otto giorni dall'arresto sono stati revocati dal gip gli arresti domiciliari a Orsoni, che torna quindi in libertà, pur restando indagato nell’ambito dell’inchiesta sul Mose. Lo ha confermato all’Ansa l’avvocato difensore di Orsoni, Daniele Grasso, che aveva fatto istanza al gip Alberto Scaramuzza. Il giudice avrebbe ritenuto, anche dopo l’interrogatorio del sindaco, che non vi fossero più esigenze cautelari per il primo cittadino accusato di finanziamento illecito. E il prefetto di Venezia con una nota fa sapere che Orsoni ora può riprendere il suo posto da sindaco in Laguna.

L'ombra del Vampiro su Renzi, Visco vuole far fuori Padoan: "Matteo ecco cosa devi fare..."

Visco e il piano contro l'evasione fiscale



Vincenzo Visco è tornato e ora detta l'agenda al governo Renzi. L'ex ministro dell’Economia ha presentato oggi alla Camera uno studio condotto dall’Associazione Nens sulle strategie di contrasto ai redditi sottratti al Fisco. Risorse, queste, da poter eventualmente utilizzare per “una drastica riduzione del prelievo”. Visco vuole dichiarare guerra all'evasione per recuperare circa 60 miliardi di euro. Il nemico numero uno per Visco è l'Iva definita "culla dell'evasione". Il gettito attualmente che si stima manchi all’appello – secondo lo studio ed in linea con altre simulazioni analoghe - è di circa 39,5 miliardi. Ma per capire come aggredire questa somma occorre, innanzitutto, conoscere “come si evade”. Sono 15 i diversi sistemi individuati nel testo integrale: 15 modi per non pagare, o pagare meno l’Iva. 

Evasione dell'Iva - Il principale, che sottrae quasi 23,8 miliardi ogni anno, riguarda l’omessa dichiarazione al consumo. Vale a dire da parte di chi, come i negozianti, nell’ultima filiera della vita dell’imposta nasconde l’Iva al Fisco. O non dichiara pur fatturando per apparire meno sospetto di evasione. O ancora chi, ed è il caso più familiare ai cittadini, non applica proprio l'imposta. Altri 9,3 miliardi, spiega lo studio Nens, arrivano dall’omessa dichiarazione non più nella fase finale, ma in quelle intermedie. In altre parole, il possibile gettito Iva si riduce lentamente da un passaggio all’altro. Sarebbe invece di 6,4 miliardi la stima dell’Iva evasa attraverso l’utilizzo “discrezionale delle aliquote”, per esempio acquistando lo stesso bene con una aliquota e cedendolo con un’altra.

Le soluzioni - A questo punto Visco propone le soluzioni per battere l'evasione. Lo studio rileva alcune misure di contrasto che potrebbero trasformare la lotta all’evasione da stanco ritornello della politica ad offensiva reale volta ad abbassare sensibilmente le tasse. A partire dall’utilizzo di un’aliquota unica, in sostituzione della moltitudine che oggi caratterizza il nostro Paese (4, 10 e 22 a seconda dei beni). E accanto a misure più complesse, come l’applicazione di un’aliquota ordinaria (al 22%) agli scambi intermedi proprio per scongiurare l’evasione in questo ciclo di vita dell’imposta o l’applicazione di un diverso metodo di determinazione della tassa (il cosiddetto “base su base”) che insieme potrebbero valere circa 14 miliardi. Lo studi guidato da Visco, come racconta l'Huffingtonpost propone di mettere ad esempio in comunicazione le “casse” dei negozianti direttamente con l’erario. Contante o pagamento elettronico che venga utilizzato, ogni incasso verrebbe automaticamente registrato dal Fisco. Un'altra soluzione per la lotta all'evasione sarebbe l’introduzione del pagamento con carta elettronica delle prestazioni professionali. Infine Visco propone anche la reverse charge o inversione contabile. Facendo sparire cioè tutte le fasi intermedie di versamento dell’Iva e lasciando in campo all’ultimo anello della catena il pagamento dell’imposta.

Messaggio a Padoan - Come arrivare ai quasi 60 miliardi di recupero di evasione? Attraverso un mix delle diverse misure, applicate secondo una tabella di marcia indicata dal governo che, contando sull’effetto “a cascata” anche su imposte sui redditi potrebbe valere 40 miliardi nel 2016, 55,9 milairdi nel 2017, 28,7 nel 2018. Insomma Visco cerca di sostituire Padoan nelle "grazie" di Renzi. E all'inquilino di via XX settembre lancia un messaggio chiaro: "Spero – ha spiegato Visco ai cronisti - che il ministro si renda conto che c’è bisogno di una forte innovazione”.

MOSE, la difesa di Galan: "Vi dico come ho comprato la casa, l'auto e tutte le barche..." E nell'inchiesta spunta Enrico Letta...

MOSE, la difesa di Galan: "Vi dico come ho comprato  la casa, l'auto e tutte le barche..." E nell'inchiesta spunta Enrico Letta...




In riflessione come un eremita, isolato dal mondo nella sua villa di Padova da dove si tiene in contatto con le uniche persone che ora vuole sentire: i suoi legali, Ghedini e Franchini. Giancarlo Galan passa 24 ore al giorno sulle carte che sta personalmente mettendo in fila per provare a smontare, tra due settimane, quell’impressionante documentazione arrivata alla Giunta della Camera, che dovrà decidere con voto per l’arresto o non, riguardo all'inchiesta sul Mose, accusato di corruzione per tangenti da 10 milioni. Compito della Giunta è tuttavia valutare "se le misure che vengono richieste per Giancarlo Galan sono indispensabili". È quanto sottolinea Mariano Rubino (Sc), relatore nella Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera che ha avviato l'esame del caso Galan. Rubino precisa che si è voluto lasciare libertà al deputato su quando intende presentasi in Giunta fermo restando che la data più probabile perché ciò avvenga, al momento, è il 25 giugno.

L'accusa - L'ex presidente della Regione Veneto, ora parlamentare di Fi, secondo l'accusa, avrebbe ricevuto dal 2005 al 2011 da Giancarlo Mazzacurati presidente del Cnv, Consorzio Venezia Nuova, anche tramite l'assessore Renato Chisso, uno stipendio annuo di un milione di euro. Questo è quello che si legge nell'ordinanza firmata dal gip di Venezia nell'inchiesta sul caso Mose.

Le carte che prepara Galan - E' proprio in Giunta, che Galan si gioca il tutto per tutto guardando negli occhi i suoi colleghi. E' lì, prima ancora che in tribunale, che argomenterà quelli che lui ha chiamato le "nefandezze altrui" e i "misfatti compiuti da altri". Primo fra tutti quelli della sua grande accusatrice, l’ex segretaria Claudia Minutillo, il testimone chiave dell’inchiesta. Proprio questa sarebbe stata l'artefice di tutto, colei che riusciva a tenere sotto scacco anche l’ex assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, destinatario delle chiamate della segretaria. Come riporta Huffington Post ci sarebbe addirittura un'intercettazione sul tavolo di Galan che confermerebbe il rapporto di confidenza tra i due. "L’allora segretaria gli si rivolge come ad un suo sottoposto, ordinandogli di muoversi, di fare questo e quell’altro con formule che non sono quelle che di solito usa una segretaria nei confronti di un’assessore". Ad esempio, riporta il quotidiano del gruppo l'Espresso, "la Minutillo ordina perentoria a Chisso: 'Scusa, vai sempre a mangiar Da Ugo, alza il culo e vieni qua'. E a proposito di ritardi nelle Tangenziali Venete: 'C... cerca di lavorare, son tutti inc... neri'".

La Villa di Cinto Euganeo - Le carte che sono sulla scivania di Galan dovranno poi giustificare le spese da lui sostenute negli ultimi tempi, ma sopratutto giustificare economicamente tutti i suoi possedimenti, tra cui società, partecipazioni, barche e anche la villa trecentesca di Cinto Euganeo che, secondo l’accusa, è stata ristrutturata grazie al milione e cento dall’imprenditore Piergiorgio Baita. L'Huffington Post ricostruisce la storia, sin da prima dell’acquisto, della villa che Galan dovrebbe portare in Giunta. "Il precedente proprietario l’aveva comprata a un’asta giudiziaria a circa 400milioni di lire, dopo 15 tentativi di aste andate male. Si trattava di un dentista che voleva farne destinarne una parte a clinica di cure dentistiche tenendone un’altra come abitazione. È quando il dentista non ci sta più dentro coi costi che subentra Galan. E la compra “a poco meno di un milione di euro”. Non è da ristrutturare. Si tratta di mettere mano a quegli impianti realizzati nell’ottica di una clinica. I lavori di ristrutturazione compiuti da Galan, riguardano dunque una parte dell’impianto idraulico, l’impianto elettrico e 280 metri di pavimento. Per pagarli, sostiene Galan, di aver acceso un mutuo di 200mila euro, tuttora acceso presso la Banca Popolare di Vicenza. E non ci sarebbe nessuna sproporzione, come contestato dagli inquirenti, tra i costi dell’abitazione e il reddito percepito".

Barche e posti auto - Insomma delle spese che Galan dovrebbe riuscire a giustificare. Così come quelle riguardo il costo del "parco auto" della famiglia, composto da sei macchine, tra cui un Audi A7 con 384mila kilometri, una Land Rover dell’80, una Mini Morris del ’76 regalata da Ghedini per il matrimonio. Sarebbe sostenibile per Galan anche la spesa per le barche. "Galan - riporta la testata del gruppo l'Espresso - andrà a dire alla Giunta della Camera che non sono una "decina", tra la riviera adriatica veneta e la Croazia", come scritto sui giornali in questi giorni. "Una Boston Whaler del 1993, di circa sette metri, ormeggiata nella darsena di Jesolo, il cui valore commerciale sarebbe di circa 25mila euro. L’altra, di circa otto metri e mezzo del 2001 ormeggiata in Croazia, a Rovigno, ha un valore di circa il doppio". Prprio sulla Croazia sono puntati gli occhi degli inquirenti che ritengono che li si fondi la galassia Galan. "Sarebbe la Franica Doo, una srl di diritto croato, la società tramite la quale i Galan 'gestiscono il proprio patrimonio estero detenuto in Croazia', patrimonio che risulta comprendere le 'imbarcazioni' appunto, ma anche molti 'immobili'. Per la difesa non ci sarebbe nulla di strano nell’aver creato società croate, perché sarebbe stato quello, ai tempi, il modo che la prevedeva la legge".

Continua....

"Davamo soldi a tutti, a destra e a sinistra e ad ogni richiesta". Anche Enrico Letta. E' l'onda lunga del Mose e dell'inchiesta veneziana sulle tangenti e gli appalti truccati. Un fiume di milioni, anzi di miliardi di euro piovuti sulle teste di alti dirigenti, funzionari, finanzieri e, naturalmente, politici. Qualcuno di loro, come il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, è finito in manette. L'ex governatore veneto Giancarlo Galan è appeso alla decisione della Camera dopo la richiesta d'arresto degli inquirenti. Molti altri, da Gianni Letta a suo nipote Enrico, non sono neanche indagati ma i loro nomi nelle carte ci sono ugualmente. "Soldi a Enrico Letta" - A parlare rivelando i finanziamenti per Letta junior, in un verbale risalente al 7 agosto 2013, è Roberto Pravatà, ex vicepresidente vicario del Consorzio Venezia Nuova, snodo centrale nel giro di mazzette: "In merito ad altre utilità dirette ed esponenti politici posso riferire che Mazzacurati (Giovanni Mazzacurati, presidente di CVN, ndr) mi convocò per dirmi che il CVN avrebbe dovuto concorrere al sostenimento delle spese elettorali dell'onorevole Enrico Letta che si presentava come candidato per un turno elettorale attorno al 2007 con un contributo nell'ordine di 150mila euro. Mi disse che il Letta Enrico aveva come intermediario per il Veneto, anche per tale finanziamento illecito, il dottor Arcangelo Boldrin. In effetti venne predisposto un incarico fittizio per un'attività concernente l'arsenale di Venezia". Pravatà ha anche parlato di soldi all'ex ministro Pietro Lunardi (per pagare il "risarcimento" del suo licenziamento all'Anas) e il ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio (viaggi in Scozia, Romania, Danubio).

La risposta di Enrico Letta su Twitter:
Leggo falsità sul mio conto legate al Mos. Smentisco con sdegno e nel modo più categorico. Non lascerò che mi si infanghi così!.