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lunedì 2 giugno 2014

Angelino dimezzato e a secco di voti cerca il patto con Forza Italia

Angelino dimezzato e a secco di voti cerca il patto con Forza Italia


Il vicepremier dopo il magro risultato elettorale tenta di evitare l'isolamento. Ma si impunta già: "O noi o la Lega"



Alla fine Alfano cede e tende la mano a Silvio: «Rimettiamoci insieme e facciamo una coalizione popolare». Il calumet della pace lo offre attraverso una lunga intervista alla Stampa, nella quale spariscono i toni bellicosi del «mai più con Forza Italia». Vince, quindi, la linea «centrodestrista», rappresentata con forza dagli ex An ma non solo. Fondamentale, per esempio, il ruolo di cerniera di Nunzia De Girolamo ma anche quello di Maurizio Lupi, di Andrea Augello, Barbara Saltamartini, Vincenzo Piso, Maurizio Bernardo. Che sono poi le giovani leve del partito. Sconfitta, invece, la linea antiberlusconeggiante di Renato Schifani, Fabrizio Cicchitto, Laura Bianconi. I cosiddetti «vecchi» e un po' rancorosi cui va aggiunta però Beatrice Lorenzin, che sarà giovanissima ma senza dubbio è la più allergica alla parola «Cavaliere».

La genesi della politica della mano tesa verso gli azzurri passa da una convinzione: l'abbraccio con Renzi è mortale. Così, pur non mandando al macero il progetto di rinsaldare il patto con quel che resta dei centristi (dall'Udc di Cesa ai Popolari per l'Italia di Mauro passando per i superstiti montiani di Scelta civica, ndr); e pur non facendo le valigie da Palazzo Chigi, Angelino torna a guardare verso Arcore. Al di là dei trionfalismi per il 4 virgola, legittima operazione di marketing elettorale, Alfano sa bene due cose. Primo: il risultato è misero e il travaso dei consensi moderati da Fi a Ncd non c'è stato. Secondo: divisi si perde e portare acqua al mulino di Renzi vuol dire morire di sete a breve.

Ecco, quindi, la rottura degli indugi: «Facciamo una coalizione popolare italiana che rimetta in gioco i moderati». Alfano non nasconde che il premier è il soggetto più insidioso: «Renzi ha compreso che se vuole consolidare il 41% deve assorbire al proprio interno un centro, una destra e una sinistra». Insomma, aiutare un Renzi pigliatutto sarebbe un'operazione da Tafazzi. Ecco che, quindi: «Ncd lavora a un'altra prospettiva. Ed è la ragione per cui sarebbe utile che Forza Italia non facesse scelte lepeniste». Traduzione: Silvio, torna a parlare con noi e non con la Lega. Attenzione: la Lega di Salvini, considerata estremista e antieuropea, non la Lega maroniana, più istituzionale e moderata. Alfano prova quindi a tirare Berlusconi verso di sé e il Ppe e non verso il Carroccio filolepenista: «È un uomo pragmatico - dice Alfano di Berlusconi -. Credo che non sarebbe nel suo interesse ostacolare questa evoluzione».

La mano tesa al Cavaliere c'è ma da qui al brindisi per l'abbraccio avvenuto ce ne corre. Ricucire è dura anche perché alcuni paradossi restano. Uno su tutti: Forza Italia è all'opposizione, Ncd no. Quindi? Gli alfaniani giurano che i temi su cui alzeranno sempre di più la voce a Palazzo Chigi sono tanti e sono gli stessi che stanno a cuore a Berlusconi: «Fisco, giustizia e lotta alla burocrazia solo per citarne alcuni», dice Barbara Saltamartini. E Nunzia De Girolamo: «Il percorso è difficile ma quello è». Alfano si farà sentire di più. Ma se Renzi si scoccia e va al voto? «Durante il semestre europeo? Ma va là...», scommettono gli alfaniani.

Il dialogo con Fi è partito e forse non s'è mai interrotto, specie con alcuni azzurri considerati dagli alfaniani i più dialoganti: da Deborah Bergamini a Paolo Romani, passando per Mariastella Gelmini. E applausi alla mano tesa di Alfano arrivano anche da Maurizio Gasparri, Osvaldo Napoli, Renata Polverini.

Alitalia, la lettera di Ethiad: "L'accordo ci sarà"

Alitalia, la lettera di Ethiad: "L'accordo ci sarà"




Alitalia? Potrebbe parlare arabo. Dopo una lunga attesa la telenovela sul futuro della nostra compagnia di bandiera si sblocca. "Siamo lieti di poter andare avanti con questa operazione e confidiamo di raggiungere la positiva conclusione della transazione proposta ad Alitalia", ha affermato il numero uno di Etihad, James Hogan, in un comunicato firmato anche da Alitalia. Gabriele Del Torchio, ad di Alitalia, definisce l'ingresso degli arabi nel capitale del gruppo "un'eccellente prospettiva. Questo investimento assicurerà una stabilità finanziaria ed è la conferma del ruolo chiave di Alitalia quale asset infrastrutturale strategico per lo sviluppo del settore dei viaggi e del turismo nel nostro Paese".

I nodi - Non tutto, però, è ancora stato delinato, restano dei nodi da sciogliere. La lettera con condizioni e criteri per gli investimenti non è infatti stata ancora spedita, spiega Etihad, che poi tratteggia una road map verso l'accordo: "Dopo l’approvazione con la conferma dell’accettazione delle condizioni da parte del Consiglio di Amministrazione di Alitalia e dei suoi stakeholder, le compagnie aeree procederanno alla preparazione della documentazione finale per completare l’operazione proposta, in linea con le regole dell’Unione Europea e gli altri requisiti normativi". Per Colaninno, presidente di Alitalia, comunque "Etihad Airway rappresenta per Alitalia un partener strategico ideale per rafforzare le prospettive di crescita a lungo termine della Compagnia". Il ministro Maurizio Lupi, che per primo aveva diffuso la notizia della lettera, ha parlato di "un giorno importante per Alitalia, direi decisivo per la nostra compagnia di bandiera di bandiera e per l’intero trasporto aereo italiano".

Gli esuberi - Sullo sfondo restano i sindacati, in attesa di comprendere che cosa possa comportare l'operazione da un punto di vista occupazionale. Marco Veneziani della Uiltrasporti commenta: "La lettera? Una buona notizia, che aspettavamo da giorno". Certo, in arrivo ci sono dei tagli, ma anche il sindacalista riconosce che oggi non ci sono alternative. "Il momento per il settore dei trasporti è brutto e non vediamo altre possibilità. Gli esuberi? Siano il meno possibile - si auspica -, gestibili con gli strumenti che metterà in campo il governo. Mi auguro di vedere il piano industriale già nei prossimi giorni", ha concluso.

L'operazione - Per quello che si è appreso fino ad ora, l'operazione porterà alla nascita di una newco: gli Emirati sono disposti a investire circa 500 milioni di euro per una quota di Alitalia tra il 40 e il 49%, per restare così di poco sotto ai vincoli europei all'ingresso di operatori stranieri. Etiahd, tra le condizioni, indicherà come vincolante la gestione degli esuberi, che potrebbero essere 2.500. Per gli esuberi sarà necessario un doppio passaggio: l'intesa sindacale e l'intervento del Governo per quel che concerne gli ammortizzatori sociali da utilizzare. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha spiegato che solo quando sarà noto il progetto, e dunque quando saranno chiari i numeri dell'impatto occupazionale, il governo valuterà come intervenire. Ma, ha concluso, "lo farà sicuramente, come è stato sempre fatto per tutte le imprese".

Vince Maradona, il Fisco gli "restituisce" l'orecchino

Vince Maradona, il Fisco gli "restituisce" l'orecchino


di Franco Bechis


La lettera è datata 30 maggio 2014 ed è stata inviata a tutti gli eventuali debitori di Diego Armando Maradona e allo stesso Pibe de oro. In cima alla pagina un numero di protocollo e un numero di procedimento. «In riferimento alla procedura di cui all’oggetto, Vogliate sospendere, dalla data odierna, in attesa di nostre ulteriori comunicazioni, ogni erogazione delle somme pignorate alla scrivente Agenzia della Riscossione. Ringraziando per la collaborazione, a disposizione per eventuali chiarimenti, cogliamo l’occasione per porgere distinti saluti». Firmato: «Unità operativa procedure presso terzi- Equitalia Sud».

Tradotto dal burocratese, suona così: «Caro signor Maradona, che dal 2001 noi stiamo inseguendo e braccando in ogni modo avendo spiegato a mezzo mondo che ci deve 39 milioni di euro (perchè secondo noi lei ha evaso 13 miliardi di lire- cioè 6,7 milioni di euro, poi sa c'è un po' di inflazione e un bel carico di more e sanzioni che hanno fatto più che quintuplicare quella somma), le stiamo scrivendo noi di Equitalia. Ci ha presente? Sì, non può essersi scordato: eravamo quelli sulla pista di Fiumicino che la attendevano il 12 febbraio 2001.

Quelli che le hanno pignorato l’orecchino. E poi l'orologio. Quelli che hanno fatto irruzione nella sua camera di albergo a Merano anni dopo per cercare qualche suppellettile da pignorare ancora. Siamo gli agenti delle tasse italiane che abbiamo fatto del suo caso un santino a cui ispirare la lotta all’evasione. Eravamo convinti che a bastonarne uno come lei- che tante ne aveva combinate nella vita- ne avremmo educati altro che cento. Beh, ora proprio noi siamo qui a supplicarla: si fermi, smetta di portarci orecchini e orologi da pignorare, si tenga in tasca i suoi soldi. Da oggi non vogliamo essere più pagati nemmeno un euro. Ci rifaremo sentire noi quando sarà il caso...».

L’ho un po’ romanzata, ma il succo della lettera è proprio quello. Equitalia ha sospeso la procedura di riscossione coattiva verso Maradona e chiunque fosse presunto debitore nei suoi confronti (qualche tempo fa Maradona aveva fatto da testimonial a una iniziativa della Gazzetta dello Sport ed Equitalia era volata come un falchetto in Rcs intimando: non pagatelo, qualsiasi cosa gli dobbiate deve essere versata nelle nostre tasche!). Non sappiamo con quale sorriso e gentilezza inserita per protocollo nella lettera formale i grandi cacciatori del Pibe de oro abbiano dovuto riporre nella fondina le loro ganasce fiscali. La scelta non è stata loro, naturalmente. Era un ordine del giudice Maurizio Stanziola della commissione tributaria di Napoli che ha accolto il ricorso del legale di Maradona, Angelo Pisani, sull'eccesso di pretese del fisco italiano nei confronti del campione argentino, stabilendo proprio quella sospensiva. L'avvocato Pisani naturalmete esulta, perchè ha trovato dopo anni un giudice se non a Berlino, a Napoli: «Dobbiamo essere grati -dice - ad una magistratura tributaria coraggiosa, preparata ed attenta come quella partenopea, cui si deve questo risultato e lo stop ad una burocrazia cieca e sorda alla verità ed innocenza dei contribuenti".

Lui fa il suo mestiere, anche se questo è solo un punto a favore di Maradona e non ancora la fine del braccio di ferro con il fisco italiano. Quel punto però lo segna anche Libero, che qualche mese fa proprio mentre l'ex calciatore veniva messo per l'ennesima volta alla berlina da Equitalia, esaminò tutte le carte del contenzioso prendendo le difese di Maradona che sembrava veramente perseguitato al di là di ogni comportamento eventualmente colposo. Stigmatizzammo con il titolo "Ha ragione Maradona" quel carico extra di 28 milioni di euro di sanzioni, mora e interessi di mora che ingiustificatamente avevano fatto lievitare la somma pretesa da Equitalia. E avanzammo dubbi anche sull'oggetto stesso della contesa, che più che sul merito verteva su vizi di forma. La storia integrale l'abbiamo raccontata su Libero. Oggetto della presunta evasione erano dei contratti di sponsorizzazione sottoscritti come avveniva in tutto il settore dal Napoli calcio con società di intermediazione estere, per cui ai giocatori arrivavano alcuni dividendi come tali fiscalmente trattati dai percettori e invece ritenuti stipendio integrativo dal fisco italiano.

Il Napoli calcio avrebbe dovuto versare l'Irpef anche su quelle somme, e non lo fece. Il fisco italiano inseguì i protagonisti di quella storia: il presidente del Napoli, Corrado Ferlaino, e i calciatori percettori che erano Careca, Alemao e Maradona. La notifica delle accuse arrivò regolarmente sia a Ferlaino che a Careca e Alemao. A Maradona no, perchè ormai era in Argentina. Fu affisso un fogliettino all'albo pretorio di Napoli, che all'epoca non era on line. I primi affrontarono i processi. Venne fuori che Ferlaino aveva fatto il condono per il Napoli calcio, e che quindi il fisco non poteva pretendere più nulla da lui e dai calciatori comunque fossero andate le cose. Così in secondo grado e in Cassazione furono tutti assolti. Non Maradona perchè semplicemente non conoscendo le accuse non aveva potuto difendersi in giudizio (dove ovviamente sarebbe stato assolto essendo il suo caso identico a quello di Alemao e Careca). La sua possibilità di difesa da Equitalia è andata in prescrizione, e così è iniziata la caccia grossa che ha trasformato l'ex calciatore in una sorta di Al Capone.


domenica 1 giugno 2014

Alfano: "Ricostruire il centrodestra con Forza Italia e Lega"

Alfano: "Ricostruire il centrodestra con Forza Italia e Lega"



Il leader Ncd torna sui suoi passi: "Silvio non vada a rimorchio di Salvini"


Angelino Alfano ’boccia" l’accordo della Lega con Le Pen e invita Forza Italia a non andare "a rimorchio". La scelta invece deve essere una "coalizione
popolare italiana" con Ncd, Berlusconi e Lega. "La contraddizione parla da sè - esordisce il leader Ncd in un’intervista a La Stampa - un partito membro del Ppe che si precipita a cercare accordi con la variante italiana del lepenismo», occorre invece una scelta diversa: "Costruire uno schieramento in grado, la prossima volta, di sfidare la più grande forza del socialismo europeo. Una coalizione popolare italiana che li rimetta in gioco. Ma che non sia una somma di sigle e abbia un programma".

Una coalizione che potrebbe allargarsi: "Bisogna rimettere in gioco tutti. Compresi quanti, dentro Scelta Civica non desiderano aderire al Pd. Comprese le aree, dall’Udc ai Popolari per l’Italia, con cui abbiamo condiviso la battaglia europea". Nel frattempo però, "noi continuiamo a pensare che sarebbe un disastro precipitare l’Italia nella crisi e nel governo vogliamo affermare la nostra identità. Ma non chiediamo a Forza Italia di rinnegare la propria scelta di andare all’opposizione e nemmeno quella di partecipare alle riforme".

Riccardo Montolivo, rottura della tibia: addio ai Mondiali. L'Italia pareggia con l'Irlanda

Riccardo Montolivo, rottura della tibia: addio ai Mondiali. L'Italia pareggia con l'Irlanda



Pari senza reti alla fine dell'amichevole tra Italia e Irlanda nell'amichevole al Craven Cottage di Londra a pochi giorni dalla partenza per i Mondiali in Brasile. Gli azzurri non convincono: nonostante un gol annullato, rischiano di perdere la partita; bene Cassano (entrato nel secondo tempo), benissimo Sirigu e male Pepito Rossi. Ma a scuotere l'ambiente azzurro non è il risultato, la partita non conta: a catalizzare le attenzioni è il brutto infortunio subito dal capitano, Riccardo Montolivo, che al 13' si è fratturato la tibia in un rovinoso contrasto con l'irlandese Pearce. Il milanista è stato trasportato all'ospedale di Chelsea dove rimarrà per l'intera nottata notte. É certo che il suo nome lunedì nella lista dei convocati del ct Prandelli non potrà esserci. Montolivo è stato poi sostituito da Aquilani che in un'azione di gioco aereo con Ward ha subito un colpo alla tempia che lo ha costretto ad uscire a sua volta per Parolo: anche Aquilani è stato portato in ospedale per accertamenti neurologici.

sabato 31 maggio 2014

Procura di Milano, ecco come finirà la guerra delle toghe

Procura di Milano, ecco come finirà la guerra delle toghe


di Filippo Facci 



Ma quale democrazia renziana: dovete leggere l’incredibile intervista al vicepresidente del Csm Michele Vietti (La Stampa di ieri) se volete comprendere che cos’è l’opacità, l’arte di non rispondere, l’indecisionismo, il pilatismo irresponsabile, il corporativismo, la facoltà di vedere grigio quando la realtà è bianca o nera. Peraltro non si capisce neanche perché abbia concesso l’intervista (pure lunga) a meno che l’intento fosse semplicemente dire: il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati verrà prosciolto e le accuse del suo aggiunto Alfredo Robledo finiranno in niente, arrivederci. Che poi è quello che tutti - proprio tutti - si attendono da quel grappolo di verbosi mandarini che siede al Csm, organo che è comprensivo coi magistrati più di quanto i padri lo siano coi loro figli.

Il collega Guido Ruotolo della Stampa ha provato addirittura a fargli qualche domanda, a Vietti: poi è crollato estenuato. Le risposte sono tutta un’escrescenza di «la materia richiede cautela», «mi limito a fare una notazione», «mi limito a una considerazione», «non posso anticipare le conclusioni dei colleghi», il solito amido formalese: poi però va anche peggio, perché qualche risposta arriva. C’è da capire se alla Procura di Milano abbiano fatto assegnazioni anomale o sospette, se certe cose si possano fare oppure no, se Bruti Liberati abbia torto o ragione, se il suo accusatore abbia torto o ragione, o, ancora, se le sue accuse siano false: ma su tutto questo vince il fatto che «la vicenda nuoce all’immagine dell’intera magistratura» - dice Vietti - come a dire che il vero problema di questa faccenda è stato raccontarla, già, perché a Milano i panni sporchi li avevano sempre lavati in casa. 

La sostanza della chilometrica intervista (sostanza si fa per dire) alla fine è tutta qui: «La riforma dell’ordinamento giudiziario ha concentrato nella sola figura del procuratore capo la titolarità dell’azione penale», «il procuratore capo mantiene la competenza a intervenire nelle determinazioni sull’esercizio dell’azione penale», insomma, il capo era Bruti Liberati, quindi ha ragione lui.

E già lo sapevamo, ma il diavolo è nei dettagli. Significa - domanda - che Bruti Liberati può fare le cose che ha fatto? Oppure significa che non le ha fatte, dunque che le accuse sono false e che l’accusatore verrà punito? Meglio: un tizio, nel registro degli indagati, può essere iscritto o non iscritto secondo discrezione? Si può farlo, non farlo, farlo sei mesi dopo? Farlo col suo nome o con uno di fantasia? Si può dimenticarsi di un fascicolo per un mese o addirittura per sei mesi, e lasciarlo chiuso in cassaforte? Si può mandare un fascicolo a un dipartimento oppure a un altro, farlo rimpallare in eterno, rubricarlo a modello 45 o 44 o su altri binari morti? Si può regolarsi diversamente a seconda che ci siano delle elezioni politiche o delle trattative d’affari? Si può chiedere che un tizio non finisca in carcere e tutti gli altri sì? Si può riesumare un fascicolo dormiente solo perché è uscito un articolo di giornale? Oppure: tutte queste domande sono malposte, non hanno fondamento? E chi le ha messe nero su bianco davanti al Csm, dunque, verrà sanzionato? I testimoni che le hanno suffragate - altri magistrati - verranno sanzionati a loro volta? Ci sono in ballo anche delle querele tra magistrati: faranno il loro corso? Verranno ritirate? Ecco, sono queste alcune delle domande che attendono una risposta, dopodiché, dottor Vietti, importa assai relativamente se «la vicenda nuoce all’immagine dell’intera magistratura».

È un problema della magistratura. Lei provi a immaginare, a fronte di certi scandali, che i politici avessero risposto che «la vicenda nuoce all’immagine dell’intera politica»: sarebbero volate le pietre. Dice Lei, Vietti, nell’intervista: «Aver accreditato che a Milano si violino le regole ne pregiudica l’affidamento». Bene, ma il problema è averlo accreditato o che le regole le hanno violate? Dice Vietti nell’intervista: «Aver fatto passare l’idea che a Milano si facessero pastette e i processi venissero assegnati senza regole ha un effetto negativo sull’affidamento che l’opinione pubblica ripone nell’intera magistratura». Sì, ma le pastette si facevano o no? I processi venivano assegnati senza regole oppure no? Il problema, cioè, è che l’aggiunto Robledo ha raccontato il falso o che ha raccontato il vero? Dice Vietti nell’intervista: «Leggere per mesi di beghe che ricordano le liti condominiali rischia di destabilizzare anche l’ufficio più solido».

D’accordo, ma il problema è che c’erano le beghe o che i giornali ne hanno scritto? Domande capziose, forse: perché Vietti, poi, passa a dire che tanto il Csm conta niente. E certo: il Csm può solo promuovere il trasferimento d’ufficio per incompatibilità (o non promuoverlo) e infatti è come tutti scommettono che finirà: Bruti Liberati a Milano sino alla pensione, Robledo trasferito in qualche altra procura. Promoveatur ut amoveatur. E la sacrale immagine della Magistratura ancora una volta salvaguardata.



Caivano (Na): Non c'è due senza tre, il Sindaco Falco si dimette per la terza volta sotto gli occhi increduli dei cittadini

Caivano (Na): Non c'è due senza tre, il Sindaco Falco si dimette per la terza volta sotto gli occhi increduli dei cittadini 


Antonio Falco
Ex Sindaco di Caivano 

Un altro tsunami travolge la politica caivanese, difatti, il Sindaco Tonino Falco, rassegna per la terza volta le sue dimissioni nelle mani del segretario generale. Non c'è due senza tre e il Sindaco Falco è di parola. La politica diventata come direbbe un noto comico: "A pazziell re creatur". 

Passo decisivo - Al termine del Consiglio comunale il Nuovo Psi di Ciccarelli, Alibrico e Libertini aveva già chiesto al sindaco di fare un passo indietro. Falco ha lasciato anche perché nella riunione interpartitica del giorno prima tutto sembrava a posto, ma ieri sera a far venire meno il numero legale sono state le assenze dei consiglieri Fabio Mariniello (gruppo Misto) e Carlo Lanna (Popolari); il secondo aveva già annunciato da tempo che non sarebbe stato presente. Inoltre, radiocastello afferma che i consiglieri di maggioranza Mario Della Rossa (decisiva la sua assenza negli ultimi due consigli comunali) e Gaetano Ponticelli (autosospesosi dall’Udc venerdì 23 Maggio con una lettera al vetriolo contro il sindaco) erano in aula solo perché “recuperati” in extremis… 

Questa volta il sindaco Falco non ritirerà le dimissioni - Tempo massimo per ritirare le dimissioni (20 giorni), secondo il nostro punto di vista, l'ex Sindaco Falco, a questo punto, non ha nessuna intenzione di ritirare le dimissioni. Non gli conviene. Non gli conviene soprattutto per gettare su queste ultime dimissioni una campagna elettorale ormai dietro l'angolo, in stile democratico, insomma alla Casini, del tipo: "Mi sono dimesso perchè a Caivano alcuni politici facevano politica per soli scopi personali". In poche parole, da primo responsabile del disastro politico locale a vittima, un ruolo che riesce molto bene al Sindaco Falco e al suo entourage, l'Udc.