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lunedì 2 giugno 2014

Vince Maradona, il Fisco gli "restituisce" l'orecchino

Vince Maradona, il Fisco gli "restituisce" l'orecchino


di Franco Bechis


La lettera è datata 30 maggio 2014 ed è stata inviata a tutti gli eventuali debitori di Diego Armando Maradona e allo stesso Pibe de oro. In cima alla pagina un numero di protocollo e un numero di procedimento. «In riferimento alla procedura di cui all’oggetto, Vogliate sospendere, dalla data odierna, in attesa di nostre ulteriori comunicazioni, ogni erogazione delle somme pignorate alla scrivente Agenzia della Riscossione. Ringraziando per la collaborazione, a disposizione per eventuali chiarimenti, cogliamo l’occasione per porgere distinti saluti». Firmato: «Unità operativa procedure presso terzi- Equitalia Sud».

Tradotto dal burocratese, suona così: «Caro signor Maradona, che dal 2001 noi stiamo inseguendo e braccando in ogni modo avendo spiegato a mezzo mondo che ci deve 39 milioni di euro (perchè secondo noi lei ha evaso 13 miliardi di lire- cioè 6,7 milioni di euro, poi sa c'è un po' di inflazione e un bel carico di more e sanzioni che hanno fatto più che quintuplicare quella somma), le stiamo scrivendo noi di Equitalia. Ci ha presente? Sì, non può essersi scordato: eravamo quelli sulla pista di Fiumicino che la attendevano il 12 febbraio 2001.

Quelli che le hanno pignorato l’orecchino. E poi l'orologio. Quelli che hanno fatto irruzione nella sua camera di albergo a Merano anni dopo per cercare qualche suppellettile da pignorare ancora. Siamo gli agenti delle tasse italiane che abbiamo fatto del suo caso un santino a cui ispirare la lotta all’evasione. Eravamo convinti che a bastonarne uno come lei- che tante ne aveva combinate nella vita- ne avremmo educati altro che cento. Beh, ora proprio noi siamo qui a supplicarla: si fermi, smetta di portarci orecchini e orologi da pignorare, si tenga in tasca i suoi soldi. Da oggi non vogliamo essere più pagati nemmeno un euro. Ci rifaremo sentire noi quando sarà il caso...».

L’ho un po’ romanzata, ma il succo della lettera è proprio quello. Equitalia ha sospeso la procedura di riscossione coattiva verso Maradona e chiunque fosse presunto debitore nei suoi confronti (qualche tempo fa Maradona aveva fatto da testimonial a una iniziativa della Gazzetta dello Sport ed Equitalia era volata come un falchetto in Rcs intimando: non pagatelo, qualsiasi cosa gli dobbiate deve essere versata nelle nostre tasche!). Non sappiamo con quale sorriso e gentilezza inserita per protocollo nella lettera formale i grandi cacciatori del Pibe de oro abbiano dovuto riporre nella fondina le loro ganasce fiscali. La scelta non è stata loro, naturalmente. Era un ordine del giudice Maurizio Stanziola della commissione tributaria di Napoli che ha accolto il ricorso del legale di Maradona, Angelo Pisani, sull'eccesso di pretese del fisco italiano nei confronti del campione argentino, stabilendo proprio quella sospensiva. L'avvocato Pisani naturalmete esulta, perchè ha trovato dopo anni un giudice se non a Berlino, a Napoli: «Dobbiamo essere grati -dice - ad una magistratura tributaria coraggiosa, preparata ed attenta come quella partenopea, cui si deve questo risultato e lo stop ad una burocrazia cieca e sorda alla verità ed innocenza dei contribuenti".

Lui fa il suo mestiere, anche se questo è solo un punto a favore di Maradona e non ancora la fine del braccio di ferro con il fisco italiano. Quel punto però lo segna anche Libero, che qualche mese fa proprio mentre l'ex calciatore veniva messo per l'ennesima volta alla berlina da Equitalia, esaminò tutte le carte del contenzioso prendendo le difese di Maradona che sembrava veramente perseguitato al di là di ogni comportamento eventualmente colposo. Stigmatizzammo con il titolo "Ha ragione Maradona" quel carico extra di 28 milioni di euro di sanzioni, mora e interessi di mora che ingiustificatamente avevano fatto lievitare la somma pretesa da Equitalia. E avanzammo dubbi anche sull'oggetto stesso della contesa, che più che sul merito verteva su vizi di forma. La storia integrale l'abbiamo raccontata su Libero. Oggetto della presunta evasione erano dei contratti di sponsorizzazione sottoscritti come avveniva in tutto il settore dal Napoli calcio con società di intermediazione estere, per cui ai giocatori arrivavano alcuni dividendi come tali fiscalmente trattati dai percettori e invece ritenuti stipendio integrativo dal fisco italiano.

Il Napoli calcio avrebbe dovuto versare l'Irpef anche su quelle somme, e non lo fece. Il fisco italiano inseguì i protagonisti di quella storia: il presidente del Napoli, Corrado Ferlaino, e i calciatori percettori che erano Careca, Alemao e Maradona. La notifica delle accuse arrivò regolarmente sia a Ferlaino che a Careca e Alemao. A Maradona no, perchè ormai era in Argentina. Fu affisso un fogliettino all'albo pretorio di Napoli, che all'epoca non era on line. I primi affrontarono i processi. Venne fuori che Ferlaino aveva fatto il condono per il Napoli calcio, e che quindi il fisco non poteva pretendere più nulla da lui e dai calciatori comunque fossero andate le cose. Così in secondo grado e in Cassazione furono tutti assolti. Non Maradona perchè semplicemente non conoscendo le accuse non aveva potuto difendersi in giudizio (dove ovviamente sarebbe stato assolto essendo il suo caso identico a quello di Alemao e Careca). La sua possibilità di difesa da Equitalia è andata in prescrizione, e così è iniziata la caccia grossa che ha trasformato l'ex calciatore in una sorta di Al Capone.


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