Angelino dimezzato e a secco di voti cerca il patto con Forza Italia
Il vicepremier dopo il magro risultato elettorale tenta di evitare l'isolamento. Ma si impunta già: "O noi o la Lega"
Alla fine Alfano cede e tende la mano a Silvio: «Rimettiamoci insieme e facciamo una coalizione popolare». Il calumet della pace lo offre attraverso una lunga intervista alla Stampa, nella quale spariscono i toni bellicosi del «mai più con Forza Italia». Vince, quindi, la linea «centrodestrista», rappresentata con forza dagli ex An ma non solo. Fondamentale, per esempio, il ruolo di cerniera di Nunzia De Girolamo ma anche quello di Maurizio Lupi, di Andrea Augello, Barbara Saltamartini, Vincenzo Piso, Maurizio Bernardo. Che sono poi le giovani leve del partito. Sconfitta, invece, la linea antiberlusconeggiante di Renato Schifani, Fabrizio Cicchitto, Laura Bianconi. I cosiddetti «vecchi» e un po' rancorosi cui va aggiunta però Beatrice Lorenzin, che sarà giovanissima ma senza dubbio è la più allergica alla parola «Cavaliere».
La genesi della politica della mano tesa verso gli azzurri passa da una convinzione: l'abbraccio con Renzi è mortale. Così, pur non mandando al macero il progetto di rinsaldare il patto con quel che resta dei centristi (dall'Udc di Cesa ai Popolari per l'Italia di Mauro passando per i superstiti montiani di Scelta civica, ndr); e pur non facendo le valigie da Palazzo Chigi, Angelino torna a guardare verso Arcore. Al di là dei trionfalismi per il 4 virgola, legittima operazione di marketing elettorale, Alfano sa bene due cose. Primo: il risultato è misero e il travaso dei consensi moderati da Fi a Ncd non c'è stato. Secondo: divisi si perde e portare acqua al mulino di Renzi vuol dire morire di sete a breve.
Ecco, quindi, la rottura degli indugi: «Facciamo una coalizione popolare italiana che rimetta in gioco i moderati». Alfano non nasconde che il premier è il soggetto più insidioso: «Renzi ha compreso che se vuole consolidare il 41% deve assorbire al proprio interno un centro, una destra e una sinistra». Insomma, aiutare un Renzi pigliatutto sarebbe un'operazione da Tafazzi. Ecco che, quindi: «Ncd lavora a un'altra prospettiva. Ed è la ragione per cui sarebbe utile che Forza Italia non facesse scelte lepeniste». Traduzione: Silvio, torna a parlare con noi e non con la Lega. Attenzione: la Lega di Salvini, considerata estremista e antieuropea, non la Lega maroniana, più istituzionale e moderata. Alfano prova quindi a tirare Berlusconi verso di sé e il Ppe e non verso il Carroccio filolepenista: «È un uomo pragmatico - dice Alfano di Berlusconi -. Credo che non sarebbe nel suo interesse ostacolare questa evoluzione».
La mano tesa al Cavaliere c'è ma da qui al brindisi per l'abbraccio avvenuto ce ne corre. Ricucire è dura anche perché alcuni paradossi restano. Uno su tutti: Forza Italia è all'opposizione, Ncd no. Quindi? Gli alfaniani giurano che i temi su cui alzeranno sempre di più la voce a Palazzo Chigi sono tanti e sono gli stessi che stanno a cuore a Berlusconi: «Fisco, giustizia e lotta alla burocrazia solo per citarne alcuni», dice Barbara Saltamartini. E Nunzia De Girolamo: «Il percorso è difficile ma quello è». Alfano si farà sentire di più. Ma se Renzi si scoccia e va al voto? «Durante il semestre europeo? Ma va là...», scommettono gli alfaniani.
Il dialogo con Fi è partito e forse non s'è mai interrotto, specie con alcuni azzurri considerati dagli alfaniani i più dialoganti: da Deborah Bergamini a Paolo Romani, passando per Mariastella Gelmini. E applausi alla mano tesa di Alfano arrivano anche da Maurizio Gasparri, Osvaldo Napoli, Renata Polverini.
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