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lunedì 14 dicembre 2015

Bossetti e l'ultimo colpo di scena: il test del Dna? Era "scaduto"...

Colpo di scena al processo, quella rivelazione sui kit del Dna


di Luca Telese



Claudio Salvagni è sarcastico: «Ma come? Questa traccia così pura e meravigliosa dello slip, fino a ieri risultava esaminata solo quattro volte. Oggi, con i nuovi dati presentati, ci risultano 18 amplificazioni!

Non può essere consentito, è una grave lesione del diritto della difesa».

Letizia Ruggeri è algida: «Non è possibile configurare nessuna inutilizzabilità dei nuovi dati. Chiedo che l' eccezione sia respinta!».

L' avvocato, calmo ma terreo, attacca come mai prima: «Dubitiamo che siano genuini questi dati! Ci è stato detto che erano tutti, e non è così: vorremmo averli tutti davvero!
Non solo quelli sugli slip. È il gioco delle tre carte!».

La Ruggeri, tombale: «Sento qui, oggi, accuse al limite della calunnia! Chiedo da subito la trasmissione al mio ufficio dei verbali di questa seduta!».

Salvagni si gira con un sorriso beffardo verso i giornalisti: «Vedete? Mi vuole denunciare. Ci manca solo questo, ormai!».

Aula magna del Tribunale.

Nell' ultima udienza dell' anno del processo Yara succede davvero di tutto, a metà fra dramma e commedia, tra momenti di tensione e involontari siparietti ironici. Breve sintesi: arrivano nuovi dati sugli esami di "Ignoto uno", la persona che avrebbe lasciato tracce sui vestiti della ragazzina uccisa, che saltano fuori nel dibattimento (fuori tempo massimo, ma ammessi dalla Corte), sul reperto più importante del processo (il famoso slip). Ci sono relazioni che non tornano, firmate dagli stessi autori ma discordanti fra di loro. Si verifica addirittura un inedito sciopero del controinterrogatorio da parte degli avvocati, poi viene ventilata una minaccia di denuncia da parte del pm (l' avete appena letta). Si produce persino un involontario momento-commedia all' italiana dell' ufficiale supervisore dei Ris di Parma, da cui si evince che - non solo per il processo Yara - i laboratori dei Ris per fare gli esami del Dna usavano spesso dei kit «tecnicamente scaduti», come gli yogurt (ma, in qualche modo, rigenerati!).

Certo: era - e si sapeva già - una delle udienze chiave del processo. Era anche il terzo e ultimo atto dell' interrogatorio dei cosiddetti "capitani" - Nicola Staiti e Fabiano Gentile - che hanno condotto gli esami più delicati sul reperto più delicato, il cosiddetto G20 (ovvero la porzione di mutandina su cui è stato trovato il Dna di "Ignoto numero uno"). A inizio seduta prende la parola Salvagni, teso, corrucciato, nervosissimo: «Volevo mettere un punto fermo molto importante perché questo è un processo dna-centrico, è il fulcro nodale del processo». Su questo, almeno, non c' è dubbio: i cosiddetti «dati grezzi» di cui si discuteva erano stati richiesti la prima volta il 27 aprile 2015, poi di nuovo il 17 luglio (con l' udienza dell' ammissione delle prove), e infine l' 11 settembre, quando la presidente Bertoja - malgrado una strenua opposizione della pm Ruggeri - aveva prescritto che il Ris produccesse «tutti i dati disponibili». Come mai tanta resistenza dell' accusa? Mistero.

Spiega Salvagni: «I dati grezzi sono come una radiografia, non il referto. La difesa ha bisogno della radiografia!». E aggiunge: «Abbiamo impostato il controesame sulla base di quel che ci ha stato detto. Quei dati hanno determinato le scelte difensive di questa fase istruttoria. E cosa è successo? Il caos - spiega l' avvocato -, consulenti che producono dati alla rinfusa, gli stessi autori non riuscivano a rispondere». Infine l' ultimo affondo: «In sede di controesame, a domanda della corte, i due capitani avevano ribadito: "In quel cd ci sono tutti i dati grezzi". Tutti!». E questo, effettivamente, è a verbale. Infatti il 26 ottobre era arrivato il dischetto, e poi era iniziata una danza processuale senza precedenti. I due capitani avevano detto in aula di non essere in grado di rispondere alle domande sul numero e sulla qualità degli esami, poi avevano chiesto una sospensione, l' avevano ottenuta, erano tornati in una nuova udienza, poi avevano lamentato la difficoltà di reperire i dati (nel loro stesso archivio!) spiegando che erano «confusi con quelli di altri casi», poi domandato una nuova sospensione, e infine ottenuto di essere risentiti una terza volta (!) rispondendo a domande scritte, e riservandosi di fornire «nuovi dati grezzi qualora li trovassimo» (e così è stato). Era possibile che dopo aver avuto bisogno di sei mesi per reperire quei dati, venisse loro concesso di produrne altri? Questa era la domanda che tutti si facevano. Ebbene, la presidente Bertoja, dopo aver riunito la Corte ieri ha detto di sì.

Ieri i due capitani sono ricomparsi per la terza volta sul banco dei testimoni, spiegando che pochi giorni fa, il 4 dicembre, avevano prodotto la loro relazione scritta e il loro supplemento di dati. Prima sorpresa: «Su 15-20 nuovi ferogrammi prodotti» (quantificazione fatta da loro), si scopre che ben 14 riguardano proprio lo slip. Una incredibile anomalia, statisticamente («il quattrocento per cento in più!» dice Salvagni indignato). E Staiti e Gentile devono esserne consapevoli, se è vero che per attutire la portata di questo dato dicono: «Sul reperto G-20 ci sono 9 tracce in più su 18». Un piccolo escamotage: per dare quel numero i capitani computano sia amplificazioni che ripetizioni. Ma i casi sono due: o sono 9 nuove tracce su 13 esami (senza le ripetizioni), oppure sono 14 su 18 (in tutto): il dato di partenza è sempre 4. Salvagni non ci sta: «La difesa sta urlando la necessità di svolgere al proprio meglio il mandato difensivo. Se questi dati sono stati prodotti nella loro indagine, e se vogliamo ammettere che fossero presenti, perché non sono stati forniti? Perché regnava questo caos nei Ris?

Vogliamo davvero credere che ci fosse? È evidente che questo è stato un sistema per far vedere alcune cose e non altre». Anche l' avvocato Camporini è duro: «L' integrazione è possibile solo se non si eccedono le circostanze prospettate. Questo non può essere ammesso mentre c' è una consulenza tecnica in corso». Ed è lo stesso difensore ad annunciare il colpo di scena: «Noi non ci fidiamo: non formuleremo domande nel controesame - annuncia - perché le risposte sarebbero inquinate». Così, in un clima surreale i due capitani illustrano i loro dati rispondendo alle domande della Bertoja. Con qualche discrasia curiosa. Nella loro relazione avevano detto di aver trovato sullo slip L' aplotipo Ypsilon. Che è importantissimo - soprattutto in questa indagine fondata su una indizio parentale - perché è quello con cui si trasmette il gene paterno. Ma nella sintesi della nuova relazione si scopre che su quel reperto i capitani scrivono di non aver usato il kit che individua «l' Ypsilon». Nell' intervallo mi avvicino a Stati: "Come è possibile?". La Pm, seduta davanti a lui, gli fa cenno «No-No» con la matita. Lui la guarda, si ferma, pare imbarazzato: «Mi spiace... ma... non sono autorizzato a rispondere».

Chiedo al consulente della difesa, Marzio Capra: «Posso solo fare un' ipotesi: l' esame sull' Ypsilon lo hanno fatto su un altro reperto, e poi, sovrapponendo i risultati, lo hanno attribuito anche all' altro campione». Il Dna di "Ignoto uno" è stato quindi ricostruito come un puzzle? Mistero. In aula la Ruggeri chiederà proprio di quell' Ypsilon, e Staiti le risponderà: «Abbiamo fatto un errore materiale nella prima relazione».

Ma se è vera la seconda relazione e non la prima, la domanda allora è: come mai non fare quell' esame così cruciale proprio sul campione considerato più importante? Altro mistero.
La Corte si riunisce alle 12. Poi la Bertoja annuncia che ammette l' integrazione dei capitani: «Non sono dati nuovi, ma una nuova produzione di dati già elaborati».

Sembra finita. Ma alle 13.30 arriva il tenente colonnello Marco Pizzamiglio, tenente colonnello del Ris. Salvagni fa una domanda che all' inizio pare folle: «Le risulta che i polimeri utilizzati per i test possano essere scaduti?». Risposta incredibile dell' ufficiale: «Sì, può capitare». Possibile? Spiega Pizzamiglio. «Le scadenze vengono riviste perché le date indicate dai produttori sono strette, per vendere di più.

Se scadono noi ricontrolliamo».

A questo punto l' avvocato incalza: «Nel caso specifico avete usato lotti con polimeri scaduti?». Risposta del Ris: «Allora non avevamo i controlli assoluti di oggi, ma che li facevamo su ogni singolo caso facevamo un controllo.

Tante scadenze non sono reali... E poi avevamo così tante ripetizioni nel risultato che il problema si poneva». Chiede Salvagni: «Si può sapere su quali campioni sono stati utilizzati i lotti scaduti?». E l' ufficiale: «No, l' operazione del kit non viene tracciata, non è possibile saperlo».
Ma la scena più divertente dopo tanta tensione è questa.

Pizzamiglio è in aula perché è il firmatario del rapporto sul Dna, il più importante del processo. Su questo deve essere interrogato. Ma quando arriva la prima domanda, rivela: «Io però non ho visto nulla: né i reperti, né il corpo, gli esami, nulla.

Il mio compito era solo di valutare che la relazione fosse chiara e coerente». E come poteva farlo, chiede l' avvocato? La risposta, capolavoro di burocratese. L' ufficiale è spavaldo, pare "il dentone" di Alberto Sordi: «Non ho visto nessun reperto e nessun esame, è vero: ma pur non avendoli visti sono perfettamente in grado di dare un giudizio». E come? «Io non vedo i reperti. Ma leggo, e giudico se ci sono fattori coerenti!». Risate in aula. Amen. Tra kit, alleli, polimeri e Y, Massimo Bossetti esce con faccia attonita: si prepara al suo Natale in carcere.

Sanremo 2016 si svela: tutti i nomi I cantanti in gara: chi "fanno fuori"...

Tutti i nomi di Sanremo 2016: tantissimi dei talent, Morgan e poche vecchie glorie


di Alessandra Menzani 



Ieri, all'Arena di Massimo Giletti, come è accaduto lo scorso anno, Carlo Conti ha ufficializzato i nomi dei big che parteciperanno al prossimo Sanremo, a febbraio su Raiuno. Dopo attenta analisi, e disumane pressione dei discografici, ecco i nomi e le canzoni. Lo diciamo subito: la grande sorpresa è l'ex giudice di X Factor Morgan: cacciato da Sky, torna protagonista, e di sicuro sarà l'uomo delle polemiche.

-  "Via da qui" di Giovanni Caccamo e Debora Iurato (ex Amici)

- "La borsa di una donna" di Noemi

- "Noi siamo infinito" di Alessio Bernabei (ex dei Dear Jack)

- "Il primo amore non si scorda mai" Enrico Ruggeri (un grande ritorno)

- "Guardando il cielo" di Arisa

- "Wake up" di Rocco Hunt

- "Mezzo respiro" dei Dear Jack (derby contro Bernabei, bella idea)

- "Un giorno mi dirai" degli Stadio

- "Infinite volte" di Lorenzo Fragola (che torna)

- "Il diluvio universale" di Annalisa

- "Blu" di Irene Fornaciari (figlia di Zucchero, una canzone sulle tragedie dei barconi)

- "Sogni e nostalgia" di Neffa

- "Di me e di te"  degli Zero Assoluto

- "Ora o mai più" di Dolcenera (che aveva detto di non sopportare più la tv ma evidentemente ha cambiato idea)

- "Quando sono lontano" di Clementino

- "Cieli immensi" di Patty Pravo

 - "Finalmente piove" di Valerio Scanu (piove in tutti i luoghi e in tutti i laghi?)

- "Semplicemente" di Morgan e i Bluvertigo (il vero colpaccio dopo la cacciata da X Factor)

- "Nessun grado di separazione" di Francesca Michielin (secondo me vince lei, oppure Bernabei)

- "Vincere l'odio" di Elio e le Storie Tese

Insomma, tantissime starlette dei talent show, praticamente tutti, e qualche vecchia gloria. Torna anche il mitologico Dopofestival: Conti sa chi lo condurrà ma ancora non lo dice. Come sempre andrà in onda a orari marzulliani. Ospite comico Leonardo Pieraccioni, amico fraterno del conduttore. Conti spiega: "Festeggio i 30 anni in Rai, il primo contratto fu Discoring, mi hanno proposto anche la direzione artistica, non potevo dire di no, anche se il secondo anno è il più difficile. Lo faccio con la stessa onestà, lo stesso amore e la stessa squadra". E definisce il cast un "bellissimo mosaico", e "niente satira politica". Diviso lavoro in tre parti: i giovani, con proposte  nuove, i venti big e poi penseremo al contorno". Piccolo cambiamento al regolamento: nella serata del sabato uno dei cinque eliminati dalla gara sarà ripescato dal pubblico con il televoto.

Sarà Tale e quale lo scorso anno. Più o meno.

La verità di Pansa sulla Boschi: "Quello che so sulla sua ascesa..."

La verità di Pansa sulla Boschi: "Quello che so sulla sua ascesa..."


di Giampaolo Pansa



C’è una grande incognita che incombe sulla Leopolda, la cattedrale dove viene fatto santo Matteo Renzi. Un’incognita triste perché riguarda una giovane donna, il ministro più importante e insieme il più ammirato del governo. Ma all’apertura, la sera di venerdì 11 dicembre, la vecchia stazione ferroviaria di Firenze è soltanto un avamposto protetto come un fortino. Ci si arriva dopo un percorso disseminato di ostacoli a non finire.

Ho dovuto passare fra turbe di popolo inferocito. Prima di tutto, gli obbligazionisti di Arezzo che avevano un solo obiettivo: contestare il premier segretario e la sua ministra prediletta, Maria Elena Boschi, chiamata da sir Matteo a guidare l’evento. Poi sono comparsi i gruppi di antagonisti di sinistra e di destra che avevano tentato di disturbare una cerimonia renziana nella sede universitaria di Novoli, poi cancellata dal premier. Quindi si sono fatti sotto gli attivisti di «Leopolda viva» che protestano per il degrado e l’insicurezza del quartiere. Infine sono incappato nelle barriere disposte dalle forze dell’ordine a tutela del premier-segretario che non poteva essere insidiato proprio nella culla del proprio potere.

La Leopolda era blindata come non mai. Anch’io sono stato sottoposto al controllo del metal detector, neanche fossi un terrorista kamikaze pronto a farsi esplodere. L’aggeggio ha dimostrato che ero del tutto inoffensivo. Ma a convincere le sentinelle a lasciarmi passare, più che il tesserino dell’Ordine dei giornalisti, è stata la mia veneranda età. Un killer ottantenne? Ma non scherziamo! Un maresciallo della Polizia di Stato ha ordinato ai suoi uomini: «Fate passare il dottore!». Poi mi ha chiesto: «Per quale giornale lavora?». «Per Libero, un quotidiano di Milano». Il maresciallo mi ha strizzato l’occhio: «Porti il mio saluto amichevole al direttore!».

Lo spazio della Leopolda era ancora mezzo vuoto. E così mi sono trovato subito di fronte a una faccia arcinota. Era il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, renziano a metà essendo un superstite di Scelta Civica, il piccolo partito di Mario Monti. A quel punto mi sono sentito subito a casa. Nel senso che lo Zanetti è una mia vecchia conoscenza televisiva.

Sono ben pochi quelli che partecipano a una infinità di talk show come succede a lui. Ecco uno stakanovista del piccolo schermo, una presenza ossessionante. L’avevo ancora ammirato a Piazzapulita la sera di giovedì 10 dicembre, un po’ allibito nel vedere in diretta tanta gente che aveva perso i risparmi bruciati dalla Banca Etruria. E l’ho rivisto subito la mattina successiva, ad Agorà. Sempre con i suoi occhiali dalla montatura rossa, un vezzo da adolescente.

Gli ho chiesto: «Signor sottosegretario, come mai porta questi occhiali sbarazzini?». Mi ha risposto: «Per distinguermi dagli altri membri del governo. E dimostrare che non sono un sottufficiale del Grande Leader». Ho replicato: «Però si dice che venga mandato di continuo in tivù perché, in questi tempi acidi, sia lei a togliere le castagne del fuoco». Zanetti ha spalancato gli occhioni: «È una calunnia! Tra i miei doveri c’è anche quello di mantenere il contatto con il popolo dei nostri elettori!».

Le ultime battute di Occhiale Rosso vengono sepolte sotto una tempesta di applausi destinati al sindaco di Firenze, Dario Nardella. È in gran forma. Una lunga intervista di Aldo Cazzullo del Corriere della Sera lo ha ringalluzzito. Finalmente può mettere la testa fuori dalle pagine fiorentine e apparire sull’edizione nazionale. Nardella ne approfitta e spiega agli ospiti della Leopolda le proprie certezze di renziano al mille per mille.

Spiega che destra e sinistra sono residui del secolo passato. La formula vincente è quella del Partito della Nazione che verrà guidato da Renzi di qui all’eternità. Il suo trionfo non potrà essere fermato da nessuna Armata Brancaleone. Nardella rivela che cosa sia questa truppa: «È un’ammucchiata di tutti gli avversari di Matteo. Un fronte vasto che va da Fassina a Salvini, passando per Grillo e Brunetta. Se il Pd rispondesse schiacciandosi a sinistra, commetterebbe un errore fatale!».

Un eminenza da Partito della Nazione compare in quel momento alla Leopolda. È Giuseppe Sala, il manager che ha guidato l’Expo 2015. Il pubblico lo invoca: «Ti vogliamo sindaco di Milano!». Sala è arrivato sin qui soltanto per raccontare il successo planetario della sua fiera mondiale. Si è anche tolto la cravatta e la giacca per adeguarsi al look renzista.

Ma in quel momento la vecchia stazione è percorsa da una scossa elettrica. Qualcuno comincia a urlare: «Il capo leghista Salvini si è infiltrato tra noi». Indicano un tizio seduto da solo in un angolo della Leopolda. È un signore barbuto che indossa una felpa rossa con la scritta «Arezzo». Lo raggiunge una squadretta di esaltati che iniziano a malmenarlo. Poi il presunto leghista viene salvato da una ragazza dello staff renziano che urla: «Fermatevi, è Matteo Orfini, uno dei nostri!». Il presidente del Pd, in pessimi rapporti con il premier, si era camuffato in quel modo per accertarsi di che aria tirasse nei suoi confronti.

Ammetto di essermi imbucato alla Leopolda nella speranza di qualche colpo di scena. Però ho perso il mio tempo. Nel regime renziano nulla sfugge allo sguardo del padrone. Un pizzico di suspence potrebbe venire dal corteo super incavolato dei risparmiatori aretini messi al tappeto dalla Banca Etruria. Ma hanno già fatto sapere che si fermeranno a cinquecento metri dallo spettacolo di Matteo. L’Italia è davvero un paese felice. Neppure l’essere finiti sul lastrico è una ragione sufficiente per dar fuori da matti.

L’unica vera sorpresa viene dal caso di Maria Elena Boschi. La super ministra salta la cerimonia d’apertura, arriva venerdì sera sul tardi, rinuncia a parlare, rifiuta l’invito della Gruber a Otto e mezzo, non vuole incontrare giornalisti. Dicono sia molto stressata. Quanto a me, confesso che la sua vicenda umana mi aveva sempre attratto. Una bella ragazza di provincia che dal nulla era arrivata, a soli trentadue anni, a essere il ministro più importante del governo Renzi, quello delle Riforme costituzionali.

Ma a quel punto si è imbattuta nel primo, vero ostacolo: un’ondata di elogi ruffiani, di inchini, di retorica. Ho sott’occhio un titolone del Foglio di due mesi fa: «La bella Colonnella. A 34 anni sta per dare un colpo di ghigliottina al bicameralismo. Una giovane macchina da guerra che ha saputo resistere a tutti gli accerchiamenti».

Poi la fortuna l’ha abbandonata. E la ragione è nota. Il crack della Banca Etruria dove il padre ricopriva la carica di vicepresidente, gli obbligazionisti truffati, il suicidio di uno di loro. Il 10 dicembre, in un dibattito pubblico a Roma, Maria Elena difende il papà. Sostiene: è una persona per bene, è finito sui giornali perché è mio padre, per questo se sento del disagio è verso di lui.

Non so come finirà questa storia. Ma è inevitabile che sulla kermesse renzista incomba un problema pesante che nessuno aveva previsto: la sorte di Maria Elena. È possibile che non lasci il governo. Tuttavia è certo che adesso la sua ascesa sarà riletta con occhi diversi. Credo non le verranno più dedicati libri osannanti. Come quello uscito un mese fa: Una tosta. Chi è e dove arriverà Maria Elena Boschi.

Non lo sa neppure lei. E nemmeno il Giglio magico fiorentino.

domenica 13 dicembre 2015

Il ricatto degli istituti di credito Mutui concessi in cambio di azioni

IL RICATTO DELLE BANCHE Mutui in cambio di azioni


di Sandro Iacometti 



Niente azioni. Niente mutuo. Qualcuno ha provato a spiegarci, nelle ultime settimane, che il salvataggio dei quattro istituti commissariati non ha toccato i poveri e ignari correntisti, ma solo chi aveva volontariamente investito in quelle banche, conoscendo rischi e pericoli. Una tesi buona, forse, per le conferenze stampa governative, ma poco adatta a descrivere la realtà dei rapporti tra banche e clienti. Il quadro che emerge dai casi concreti è ben differente e, per molti aspetti, inquietante. Nelle ultime settimane abbiamo sentito molti risparmiatori rimasti con le tasche vuote dopo il blitz del governo sostenere che la strada dell' investimento era spesso obbligata, perché le banche vincolavano la concessione di prestiti e mutui alla sottoscrizione di azioni o prodotti finanziari dello stesso istituto.

Esagerazioni? Accuse dovute alla disperazione? Se e quando le autorità indagheranno sulla vicenda si potrà sapere con certezza come centinaia di milioni di investimenti a rischio siano potuti finire nel portafoglio di normali correntisti. Un' idea, però, ce l' abbiamo già. E non deriva dalle proteste di rispamiatori delusi. Libero ha potuto visionare la documentazione di due clienti diventati soci della Banca popolare dell' Etruria e del Lazio (quella in cui aveva messo i risparmi il pensionato che si è tolto la vita e di cui è stato vicepresidente il papà del ministro Boschi) non a loro insaputa, ma sicuramente non di loro sponte. La pratica è quella in parte nota del baratto. Tutto viene fatto sempre a norma di legge. Ma le azioni, in un modo o nell' altro, bisogna sottoscriverle. «Per essere anche solo correntisti», ci spiega la fonte che chiaramente vuole restare anonima, «la banca mi disse che dovevamo essere soci. Non so ancora se è vero, ma così è stato.

Siamo diventati soci. E tutto cià che riguarda le azioni non è mai stato di nostro libero arbitrio. Doveva essere così e basta. Non ci sono state fatte proposte. Ci sono state vendute delle azioni. In cambio avremmo avuto il mutuo». Ed ecco la merce di scambio: un prestito per acquistare l' abitazione. La pillola viene indorata sotto forma di agevolazioni concesse ai soci. Un' abitudine abbastanza in voga tra le popolari e le banche di credito cooperativo. Basta andare sul sito di Carife, altra banca «salvata» dal governo, e scaricare i fogli informativi per i mutui per capire qual è lo specchietto per le allodole. Per il Mutuo Casa Flex e quello Casa Relax la banca propone una promozione ai soci che abbiano almeno 100 azioni uno sconto dello 0,50 punti di spread sul tasso di interesse.

Potrebbe sembrare un' opportunità, in realtà è un obbligo. Anche nel caso della nostra coppia spunta lo sconto. Pop Etruria, si legge nel contratto siglato dal notaio nel 2008, «ha deliberato di concedere ai propri soci mutui e condizioni particolarmente vantaggiose, con il limite di un importo mutuabile di euro 15.000 per ogni 10 azioni». Dovendo chiedere un mutuo di 180mila euro la banca chiede la sottoscrizione di almeno 120 azioni, che nel 2008 valevano circa 900 euro e nel febbraio 2015, dopo il commissariamento, circa 60. I titoli non possono essere venduti, pena il cambiamento delle condizioni. La parte mutuataria, si legge nel rogito, «s' impegna a mantenerne comunque depositate 120 al fine di conservare inalterato il necessario rapporto tra il valore del possesso azionario e il capitale mututato per l' intera durata del finanziamento». Che nel caso specifico è di 20 anni. In caso contrario, il tasso fisso di finanziamento passerà dal 6,15% al 6,75%, con tanti saluti allo sconto.

La natura obbligatoria dell' investimento è chiara dal grado di autonomia di cui gode il titolare delle azioni. «Nell' atto di mutuo», raccontano i clienti, «sembra implicito che fossimo liberi di gestire le azioni, ma ovviamente non era così. Era tutto in gestione alla banca. Non abbiamo mai avuto nemmeno dei rendiconti sul loro andamento. Noi dovevamo solo apporre firme».

La sottoscrizione delle azioni mancanti, come si diceva in qualità di correntisti i mutuatari erano già piccoli soci, viene fatta lo stesso giorno della stipula del contratto.

E qui viene il bello. In fondo alla ricevuta di compravendita dei titoli ci sono due clausole da firmare. La prima recita, testuale: «Autorizzo la presente operazione nonostante sia stato preventivamente informato che l' operazione risulta non appropriata per il cliente». La seconda, anch' essa clamorosa: «Autorizzo l' operazione nonostante sia stato preventivamente informato che presenta un conflitto di interessi per strumento finanziario emesso dalla banca». Certo, i clienti potevano non firmare. Anche se in ballo, spiegano, «avevamo il buon esito del mutuo». La sostanza comunque non cambia e l' ammissione di colpa della banca è, a dir poco, cristallina.

Putin apre il fuoco, la nave spara: momenti di terrore per la Turchia

Russia-Turchia, sale la tensione: si spara in mare




Sale la tensione tra Russia e Turchia. Dopo l'abbattimento dell'aereo militare russo da parte del governo di Ankara, una nave da guerra di Putin ha sparato alcuni colpi di avvertimento contro un peschereccio turco nel Mar Egeo per evitare una collisione. Lo ha riferito il ministero della Difesa di Mosca affermando che l'imbarcazione turca si era avvicinata ad una distanza di 600 metri, prima di allontanarsi a seguito dei colpi di avvertimento. A seguito dell'incidente, riporta la Bbc, l'addetto militare turco a Mosca è stato convocato al ministero degli Esteri. 

Boschi, papà e fratello non bastano La bomba: "Chi lavorava in banca"

Boschi, papà e fratello non bastano. La bomba: "Nella banca lavorava pure..."




Una mail, ricevuta e pubblicata da Dagospia, che aggiunge ulteriore "pepe" al caso dei crac bancari che sta monopolizzando la cronaca degli ultimi giorni. Al centro c'è sempre lei, Maria Elena Boschi, finita nel mirino per il ruolo che padre e fratello ricoprivano in Banca Etruria. E ora, al padre e al fratello, si aggiunge un nuovo pezzettino di famiglia. Almeno stando alla mail pubblicata da Dago, che recita: "Nella formazione tipo della famiglia Boschi all'interno di Banca Etruria, va ricordata anche Eleonora, dipendente dell'istituto aretino e nuora di Boschi papà, moglie di Boschi figlio, cognata di Boschi ministro. Una banca radicata nel territorio - continua la mail -, una famiglia radicata nella banca. Saluti domenicali e buone azioni per tutti, Paolo l'aretino".

Caivano (Na): Nasce l’associazione giovanile “Diversa..menti”, stamane raccolta sangue per l’Avis

Caivano (Na): Nasce l’associazione giovanile “Diversa..menti”, stamane raccolta sangue per l’Avis


di Francesco Celiento



CAIVANO – Inaugurata  una nuova associazione chiamata “Diversa…menti”. Il sodalizio, di cui fa parte anche la vicesindaca Diana Bellastella e molti candidati e sostenitori di Monopoli, è comunque apolitica. Nel discorso di apertura è stato Oreste Califano a spiegare le intenzioni con cui questo progetto è nato: “Noi vogliamo fare qualcosa per Caivano visto che questo paese è morto. In programma ci sono dibattiti e proposte sui temi più disparati: un giornale con lo stesso nome dell’associazione, formazione ed educazione.”

Ad intervenire anche la portavoce Simona Benevento, la quale ha ribadito che l’associazione ha lo scopo di migliorare le condizioni sociali civili e culturali della cittadinanza. “Vogliamo essere un valore aggiunto perché la nostra intenzione è di cominciare a smuovere qualcosa, come una sorta di casa sociale, centro di idee, perché mai come ora ci sembra essere arrivati ad un punto di non ritorno, dove tutto pare esserci ma in realtà non c’è, soprattutto i centri di aggregazione che sono ormai inesistenti sul territorio, ogni riferimento politico-istituzionale è puramente voluto”. Benevento ha poi concluso con una citazione: “L’uomo migliore è colui che potrebbe vivere in qualsiasi parte del mondo ma sceglie di farlo qui, coi suoi cari, le sue radici, nel suo paese”.

Al dibattito erano presenti, tutti in qualità di spettatori, il primo cittadino Simone Monopoli, il consigliere comunale Carmine Peluso, vari esponenti della maggioranza ma anche della minoranza - visto che sono stati invitati tutti i rappresentanti politici - tra cui il candidato sindaco che perse contro Monopoli al ballottaggio, Luigi Sirico, e l‘ex presidente del consiglio comunale Pasquale Mennillo. Del sodalizio culturale fanno parte anche Antonio Mariniello, fratello del consigliere comunale Fabio, Giancarlo D’Ambrosio ed altri membri, tutti giovani.

Stamane, domenica 13 dicembre, i volontari del sodalizio sono impegnati sul corso Umberto per la raccolta del sangue a favore dell’Avis

SPOT PUBBLICITARIO PANETTONE LE TRE MARIE

LINEA ANTICA RICETTA MILANESE




Una linea raffinata che esprime la sobria eleganza dell’architettura milanese. Capolavori custodi del passato come Tre Marie lo è dell’antica ricetta della tradizione.

LE NUOVE INTERPRETAZIONI TRE MARIE


Coeur de Milan è il Panettone ispirato a metodi e gesti antichi e agli ingredienti ‘di una volta’; frutto della nostra storia e della cultura gastronomica del territorio. 

Capolavoro Bianco è una nuova squisita creazione Tre Marie dalla morbidezza avvolgente, un dolce che mette tutti d’accordo grazie al suo spirito giovane e versatile.

LINEA ALTA PASTICCERIA MILANESE


I capolavori Tre Marie della tradizione dolciaria milanese interpretano la sobria eleganza della città natale del panettone. Una linea esclusiva e prestigiosa, dedicata alle pasticcerie.

LINEA GRAN REGALO LIBERTY


Tre Marie raccoglie in questa linea dall’estetica raffinata l’eccellenza del regalo. Capolavori di grande formato in serie limitata, pensati per celebrare l’atteso rituale del taglio del panettone.

LINEA PICCOLA PASTICCERIA


Solo ingredienti di qualità per piccole dolcezze, confezionate in pacchetti curati nel minimo dettaglio, perfetti da donare o donarsi.

Pokerissimo Inter: stesa l'Udinese 4-0 Doppio Icardi, primo posto più solido

Pokerissimo Inter: stesa l'Udinese 4-0. Doppio Icardi, primo posto più solido




PoKer dell’Inter in casa dell’Udinese nell’anticipo serale della 16/a giornata di Serie A. Nel primo tempo vanno a segno Icardi e Jovetic, nella ripresa ancora Icardi e nel finale Brozovic fissano il risultato sul 4-0. I nerazzurri rinforzano la loro prima posizione salendo a quota 36 punti, mentre i friulani restano fermi a 18.

Euro 2016, prima mazzata per l'Italia La profezia: ecco quando sarà eliminata

Sorteggio Europei: la mazzata per l'Italia. La profezia: quando sarà eliminata




Girone impegnativo per l’Italia a Euro 2016. Nei sorteggi di Parigi gli azzurri pescano nel gruppo E Irlanda, Svezia e Belgio, primo nel ranking mondiale. Non sarà una passeggiata, ma per i bookmaker Conte riuscirà a passare alla seconda fase. Secondo i quotisti internazionali, però, la Nazionale andrà fuori agli ottavi di finale: è l’ipotesi più probabile in lavagna, come riferisce Agipronews, a 2,50 (l’eliminazione ai gironi vale 4,33) l?arrivo ai quarti pagherebbe 3,50, mentre la semifinale è a un impegnativo 9,00. L?impresa in finale si gioca a 17 volte la posta, chiudere da «runner up», al secondo posto, si gioca a 15,00. In testa per la vittoria finale ci sono Germania e Francia, entrambe offerte a 4,00, mentre la Spagna è un passo più indietro, a 7,00. In tabellone, prima degli azzurri, ci sono anche Belgio (11,00) e Inghilterra (12,00).

"Vi dico io come mettere al sicuro i soldi". La mazzata di Feltri ai "buc..."

Vittorio Feltri: vi dico come mettere al sicuro i vostri soldi




Come difendersi dai banchieri "bucanieri" e mettere al sicuro i propri risparmi? Vittorio Feltri in un esilarante editoriale sul Giornale dà qualche pratico e utile consiglio. Per esempio bisogna partire dal presupposto che "se tu scegli il normale conto corrente, incassi interessi miserrimi. Se, invece, ti piace da morire un prodotto finanziario che sulla carta frutta il 7 per cento, stai sicuro che te la prendi in saccoccia", perché l'istituto di credito "imbroglia, eccome se imbroglia". 

Quindi "l'unica raccomandazione che si può e si deve fare" è: "Caro amico si accontenti di pochi spiccioli di interesse e non si faccia sedurre dall'ipotesi di guadagni pazzeschi. In caso contrario, sappia che la probabilità di essere spennato sono altissime". L'atteggiamento del risparmiatore, continua Feltri, "sia sempre difensivo. Ciò non moltiplicherà i suoi averi, ma eviterà il disastro".

Infine chi per "tutta la vita" cerca "di spendere meno" "allo scopo di accantonare un gruzzolo utile a trascorrere una vecchiaia serena, o magari per dare una mano ai figli in difficoltà" sappia che "non ne vale la pena. Infatti, i soli quattrini nostri sono quelli che spendiamo". Il capitale "è della banca nella quale lo hanno cautamente o incautamente depositato". Eppoi, "le bare non hanno tasche".

"Quel marò deve ritornare in Italia" Il documento della Farnesina: la novità

"Quel marò deve ritornare in Italia". L'ultima mossa al Tribunale del mare




L’Italia ha depositato al Tribunale Arbitrale costituito presso la Corte Permanente d’Arbitrato de l’Aja una richiesta di misure provvisorie ai sensi dell’Articolo 290 della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, rende noto la Farnesina. Con tale atto si chiede al Tribunale Arbitrale appena costituitosi di autorizzare il fuciliere Girone a tornare in Italia e a restarvi per tutta la durata della procedura arbitrale in corso fra le Parti. La richiesta di misure provvisorie si inserisce nel quadro dell’arbitrato internazionale avviato dal Governo italiano lo scorso 26 giugno e segue la misura cautelare già resa dal Tribunale per il Diritto del Mare di Amburgo lo scorso agosto, con la quale è stata ordinata la sospensione di tutti i procedimenti giudiziari a carico dei fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Con tale istanza, l’Italia ha chiesto al Tribunale Arbitrale di riconoscere e proteggere alcuni diritti fondamentali anche prima delle soluzione definitiva della controversia. Il Tribunale fisserà la data di discussione della richiesta italiana. L’Italia è determinata a far valere in giudizio il diritto esclusivo all’esercizio della giurisdizione sulla vicenda della Enrica Lexie, nonché l’immunità che il diritto internazionale riconosce ai militari che operano nell’esercizio delle loro funzioni.

Rimborsi caso per caso e un fondo: il piano del governo sulle banche

Banche salvate, Padoan: "Fondo con i contributi degli altri istituti. Colpa degli italiani poco preparati in finanza"




Un fondo "salva-banche" con il contributo degli altri istituti e "ristoro" deciso caso per caso. Sono queste due delle misure del governo di cui ha parlato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan in Commissione Bilancio della Camera, intervenuto in merito al decreto salva banche. La prossima mossa, probabilmente dopo Natale, sarà avviare la riforma delle banche di credito cooperativo, chiamate ad aggregarsi sotto una o più holding secondo quanto previsto già dalla loro auto-riforma. Terzo intervento: la creazione di Bad bank per assorbire i crediti in sofferenza, verso soggetti cioè in stato di insolvenza (210 miliardi, il 10,3% dei finanziamenti concessi). "Il governo intende dare una risposta" ai clienti fregati dai quattro istituti di credito falliti, ha spiegato Padoan, che però ha anche puntato il dito proprio contro gli stessi investitori. 

"Italiani poco preparati" - "Il salvataggio delle quattro banche ha portato all'attenzione dell'opinione pubblica il problema della scarsa educazione finanziaria della popolazione italiana - ha proseguito il ministro davanti ai deputati -. Un risparmiatore poco o male informato è potenziale vittima di abusi. Occorre aumentare l'informazione e la capacità di valutazione dei risparmiatori per ridurre le asimmetrie informative e il rischio di abuso. Poiché reddito ed educazione sono associati, per migliorare le opportunità sociali anche le fasce di popolazione meno abbiente è necessario lanciare un intervento di educazione finanziaria su larga scala".

"Non un euro pubblico" - Le misure da adottare, assicura Padoan, saranno "compatibili con la disciplina europea degli aiuti di Stato" e saranno prese sotto forma di emendamento governativo al ddl Stabilità. "Non si può escludere - sottolinea il titolare dell'Economia - che le quattro banche abbiano venduto obbligazioni subordinate a persone che presentavano un profilo di rischio incompatibile con la natura di questi titoli di investimento, ma questo è quanto andrebbe accertato con l'analisi di ogni singola posizione". Per il resto, sono carezze a un sistema bancario dalle mille falle che tuttavia, a 7 anni dall'inizio della crisi, "è rimasto in piedi e si è rafforzato in molti suoi punti senza usare neanche un euro di quei 1.100 miliardi spesi da altri in Europa per salvare le banche". Le conseguenze della liquidazione dei 4 istituti falliti, ha concluso, "sarebbero state disastrose: per i clienti, per i risparmiatori, per il tessuto economico dei territori interessati, per i dipendenti". 

sabato 12 dicembre 2015

Attacco all'ambasciata spagnola a Kabul L'inquietante rivendicazione di Al Qaeda

Attentato all'ambasciata spagnola a Kabul. Al Qaeda: "Avanziamo contro il nemico"




Attentato all'ambasciata spagnola a Kabul, in Afghanistan: almeno dieci persone, fra cui quattro terroristi, sono morte nell'assalto avvenuto questa notte nella guesthouse. Le altre vittime sono due guardie spagnole e quattro poliziotti afghani, a cui si aggiungono nove feriti tra i civili.

L'attacco è durato circa nove ore ed è cominciato con l'esplosione di un'autobomba davanti alla residenza usata dall'ambasciata spagnola per l'alloggio degli ospiti nel quartiere diplomatico di Sherpur, dove si trovano ambasciate, sedi di organizzazioni internazionali e residenze di politici. L'esplosione, raccontano testimoni locali, è stata seguita da un lunghissimo scontro a fuoco.

Il portavoce dei talebani Zabiullah Mujahid ha rivendicato l'attentato su Twitter, scrivendo che l'attacco suicida era diretto contro "gli occupanti stranieri". "I mujahidin avanzano in tutto il Paese, catturando territori e distruggendo i centri del nemico. Invitarli al negoziato di pace è una stupidaggine", ha aggiunto. L'attacco infatti è avvenuto dopo che il presidente afghano Ashraf Ghani, in visita in Pakistan per il summit Heart of Asia, ha concordato con Stati Uniti e Pakistan la ripresa di colloqui di pace con i talebani.

STASI CONDANNATO Caso chiuso, dopo 8 anni Costituito, è già in carcere

Cassazione, Alberto Stasi condannato a 16 anni per l'omicidio di Chiara Poggi




La V sezione della Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 16 anni per Alberto Stasi, unico imputato per l'omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco nel 2007. La Suprema Corte ha quindi rigettato i ricorsi presentati dalla Procura generale di Milano e dall'imputato contro la sentenza emessa dalla Corte d'Assise d'Appello milanese il 17 dicembre dello scorso anno. Il sostituto procuratore generale venerdì nella sua requisitoria aveva chiesto l'annullamento della condanna perché non era stato individuato un movente certo e che gli indizi contro Stasi non era sufficienti. 

Stasi si è costituito - Pochi minuti dopo la sentenza, Stasi si è costituito e ora è già in carcere, non meglio precisato. La decisione di consegnarsi subito dopo la sentenza definitiva, era già stata maturata da Stasi e dai suoi legali nei giorni scorsi. L'iter prevederebbe l'invio dell'ordine di esecuzione della pena dalla Cassazione ai magistrati competenti, in questo caso quelli di Milano dove si è svolto l'appello, che poi la rendono esecutiva. È previsto però anche che il condannato si presenti spontaneamente in carcere dove viene trattenuto in attesa dell’arrivo dell’ordine d'esecuzione.

La difesa: "Sentenza allucinante" - "È una cosa allucinante prendiamo atto di questa decisione. Ora Alberto andrà in carcere, non può fare nient'altro", è il commento amareggiato dell'avvocato Fabio Giarda, uno dei difensori di Stasi. "Come si fa a mettere in carcere una persona quando c'è una sentenza completamente illogica. Quanto detto ieri dal pg è la realtà dei fatti. Questa è una pena che non sta né in cielo né in terra: se uno ha compiuto un fatto del genere - ha concluso il legale - deve essere condannato all'ergastolo". 

La soddisfazione dei Poggi - "Giustizia è stata fatta", sono le prime parole della mamma di Chiara Poggi. Parlando ai microfoni di Rainews24 ha ricordato, con commozione: "Questa è una tragedia che ha colpito due famiglie, non dimentichiamolo, l'altra non ha perso un figlio, che però ha avuto una brutta vicenda". E poi sottolinea che con un annullamento della sentenza "io non mi sarei mai arresa, io sono la mamma e per mia figlia ho il dovere di continuare". "Nessuna sentenza a metà", spiegano invece i legali della famiglia Poggi, Gianluigi Tizzoni e Francesco Compania. La Cassazione ha semplicemente "accertato la verità processuale": "Non si può parlare di soddisfazione - dice Tizzoni - siamo davanti a una tragedia che riguarda una famiglia. È la pena di chi ha scelto il rito abbreviato ma ciò che importa è che oggi sia stata accertata la verità del terribile omicidio di Chiara. Da parte nostra andremo avanti sempre nell'interesse della famiglia di Chiara".

Se vi arriva questa lettera, occhio: la vostra banca vi sta fregando

Popolare Etruria, la lettera inviata agli obbligazionisti pochi mesi prima del crac




Gli obbligazionisti fregati dalla Popolare Etruria, a dicembre 2014, hanno iniziato a ricevere una lettera dal loro istituto: "Gentile cliente (…) il suo portafoglio risulta non adeguato al suo livello di conoscenza ed esperienza finanziaria, alla sua situazione finanziaria e ai suoi obiettivi di investimento", e poi l'invito a recarsi in filiale per "verificare la coerenza delle informazioni", riferimento al celebre questionario Mifid sulla propensione al rischio. Per quasi tutti loro quella propensione era bassa, così come doveva esserlo il rischio delle obbligazioni che avevano vendute loro. E invece, con il passare dei mesi, quel rischio è diventato medio e poi alto, all'insaputa degli obbligazionisti. E qui la beffa: come spiega il Corriere della Sera, quella lettera inviata dalla Pop Etruria a pochi mesi dal disastro attuale più che un tentativo di salvare la faccia e, con essa, i propri clienti raggirati sembra proprio un modo per pararsi dal punto di vista legale. Come dire: noi li abbiamo avvertiti. Ma non è andata proprio così, perché l'avvertimento è risultato non solo tardivo, ma inutile. La lettera suggeriva agli obbligazionisti la possibilità di "eventuali interventi sul suo portafoglio", ossia vendere titoli diventati "pericolosi" per rientrare almeno in parte delle cifre investite e perse. Peccato che quelle obbligazioni siano già senza valore e non ci sia praticamente più modo di vendere. "Voleva venderle - racconta al Corsera Marco Festelli di Confconsumatori, avvocato di una cliente - ma le hanno detto che non c'è mercato, comunque di stare tranquilla. Ora sono azzerate. Forse per la banca quelle lettere erano un modo per scongiurare future responsabilità".

Berlusconi: "Così tornerò a vincere" La commovente frase sul pensionato

Forza Italia, Silvio Berlusconi: "Abbraccerei la vedova del pensionato, ma il suicidio è sbagliato"




"Abbraccerei la vedova e cercherei di spartire con lei il suo dolore ma non potrei esimermi dal dire che il suicidio non era un gesto da fare, bisognava aspettare un intervento salvifico, non ci si può mai lasciar andare a gesti di questo genere". È un Silvio Berlusconi commosso quello che, intervistato da Emilio Carelli su Sky Tg24 a L'incontro commenta la tragica vicenda del pensionato di Civitavecchia suicida dopo aver perso i soldi investiti nella Banca dell'Etruria. "Io non avrei escluso dal provvedimento i trentamila obbligazionisti - spiega poi il leader di Forza Italia a proposito del decreto salva-banche del governo Renzi -. Loro non sono speculatori. Non è possibile lasciare queste persone senza i risparmi di una vita. Vanno aumentati i 3,6 miliardi che il governo ha fatto versare alle banche per salvare i 4 istituti con altri 780 milioni. Se si diffonde un fenomeno di non credibilità del sistema bancario ci sarebbero conseguenze dannosissime".

"Scendo ancora in campo" - Quando il discorso si sposta sulla politica, Berlusconi assicura: "Sono pronto a scendere in campo per il bene dell'Italia. Non possiamo permetterci che il Paese finisca nelle mani di una banda come quella del M5S" e il governo Renzi "abusivo e illegittimo" richiede un'opposizione forte e solida. "Sono incandidabile e ineleggibile ma i sondaggi dicono che in caso di ballottaggio tra Pd e M5S vincerebbero i grillini perché il 78% dei votanti della Lega Nord sceglierebbe il M5S. Per questo serve un centrodestra forte e compatto e per questo torno in campo". Il centrodestra "deve essere unito", ma Forza Italia "non è subalterna alla Lega. Riguadagnerà 10 punti come fece nel febbraio 2013 con la mia riapparizione in tv. Con me in campo so di portare Forza Italia al 20% e far vincere il centrodestra alle elezioni con il 40%". "In questo momento - conclude il ragionamento il Cav - non c'è nessun altro che può svolgere il mio ruolo. Mi sento obbligato a stare ancora in campo per il bene dell'Italia e degli italiani contro il mio stesso interesse, ma sento forte il dovere di farlo perché avverto lo stesso pericolo del '94 e quindi devo trovare il coraggio di farlo". Sui candidati di Roma e Milano, però, "non credo sia logico fare oggi dei nomi, non vorrei scontentare nessuno".

Dal Papa, schiaffo a Milano: non ci va Il retroscena: cosa c'è dietro (davvero)

Dal Papa, schiaffo a Milano: non ci va. Il retroscena: cosa c'è dietro (davvero)




Papa Francesco rinvia la visita a Milano. Il motivo ufficiale sono i «molti impegni per il Giubileo». E questa è la terza volta che il Papa annulla una visita nel capoluogo lombardo, nonchè nella diocesi più grande del mondo. Per l’esattezza, due volte una visita in loco, una terza volta un incontro con l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. (...)

Alberto Stasi verso l'assoluzione? L'accusa a sorpresa: "La condanna..."

"Annullare la condanna di Alberto Stasi": svolta in Cassazione, la richiesta dell'accusa




La Procura generale della Cassazione chiede di annullare la sentenza di condanna a 16 anni di reclusione nei confronti di Alberto Stasi, accusato dell’omicidio di Chiara Poggi avvenuto a Garlasco il 13 agosto del 2007. In particolare, il pg Oscar Cedrangolo, pur non chiedendo un annullamento senza rinvio, invita i giudici della quinta sezione penale ad annullare con rinvio la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Milano del 17 dicembre 2014 "in accoglimento di entrambi i ricorsi", vale a dire sia di quello di Stasi che di quello della Procura di Milano che per Stasi vorrebbe una condanna a 30 anni di reclusione contestando a Stasi anche la crudeltà dell’omicidio.

Sembrerebbe una richiesta contraddittoria quella del sostituto procuratore generale Cedrangolo ma come lui stesso spiega "siamo in presenza di un omicidio efferato, commesso con brutalità", e proprio per questo "non si può dare un colpo al cerchio e uno alla botte" come a suo dire ha fatto il giudice dell’Appello bis condannando Stasi. "Se l’imputato è innocente - ha concluso Cedrangolo - va assolto altrimenti va condannato a pena adeguata per l’atrocità del delitto commesso".

Dalle prime battute della requisitoria, in ogni caso si capisce quel che pensa il pg della Cassazione che fa a pezzi la sentenza di condanna di Stasi sottolineando "la debolezza dell’impianto accusatorio davanti a indizi non certi e non concordanti" una sentenza, che a detta della Procura di piazza Cavour, "fa un insistito tentativo di trovare un movente pur di farlo come elemento causale ma rivelando tutta la debolezza dell’impianto accusatorio".

"È nella lista degli islamici radicali" L'accusa al deputato (italiano e Pd)

Khalid Chaouki (Pd) nella lista degli islamici radicali del ministero della Difesa




È stato inserito dal ministero della Difesa nella lista sul radicalismo islamico Khalid Chaouki, deputato Pd di origini marocchine. È finito, riporta il Giornale, in mezzo a sospetti jihadisti elencati nel Dossier sulla comunità islamica italiana: indice di radicalizzazione realizzato da Michele Groppi e di fatto finanziato dal governo. Il ricercatore, incaricato dal Centro militare studi strategici (Cemiss), ha ampliato una ricerca del 2011 dall'International institute for counter-terrorism (Ict) dal titolo Islamic Radicalization Processes in Italy. "Conosco Chaouki e lo stimo", ha commentato il ministro della Difesa Roberta Pinotti esprimendo massima solidarietà per il compagno di partito.

Gli altri nomi - Nel rapporto si trovano nomi e cognomi di personaggi pubblici musulmani considerati pericolosi. E fra questi appunto si trova quello di Chaouki, ma anche Hazma Roberto Piccardo (ex segretario dell'Ucoii, l'Unione delle comunità islamiche italiane), Luigi Ammar De Martino (presidente dell'organizzazione sciita Ahl Al-Bait) e Abdur-Rahman Rosario Pasquini (vicepresidente del Centro islamico di Milano e Lombardia). "Nonostante le sue numerose affermazioni contro il terrorismo e l'intolleranza religiosa si legge nel rapporto il signor Khalid Chaouki nel marzo del 2013 suscitò numerose polemiche per aver sponsorizzato, attraverso la sua pagina Facebook, la canzone di un rapper anche lui marocchino, Ius Music, inneggiante alla violenza e al terrorismo, anche contro gli italiani". "Per di più" continua il dossier "il deputato sarebbe anche comparso nel video della canzone in veste di un preside severo che punisce, umiliandolo, un bambino italiano per aver scritto sul muro a scuola". 

Il documento terrificante della Cia: "Ecco cosa faranno i terroristi"

Il terrificante documento della Cia: "Cosa farà il terrorismo islamico"




Era il 2000, 15 anni fa. Negli Stati Uniti al governo c'era George W. Bush. E la Cia pubblicava un rapporto di 70 pagine in cui ipotizzava come sarebbe stato il mondo oggi, nel 2015. E a rileggere oggi quel rapporto vengono i brividi. Già, perché l'intelligence a stelle e strisce aveva predetto (quasi) tutto. Il fascicolo, per esempio, recitava: "I fatti internazionali verranno sempre più influenzati da grandi e potenti organizzazioni anziché dai governi". Tutto vero: si pensi all'Isis, del quale, in Occidente, si parla dal 2012. In pochi anni il Califfato di al-Bahdadi ha evidentemente influenzato le politiche estere di tutti i Paesi occidentali. Ma non solo: si pensi anche agli hacker cinesi sospettati di aver rubato informazioni ai milioni di dipendenti del governo Usa o a quelli della Corea del Nord, accusati dalla Fbi di aver lanciato un massiccio attacco hacker contro Sony.

Ancor più inquietante la seconda profezia della Cia, che scriveva: "Da qui al 2015 le strategie dei terroristi diventeranno sempre più sofisticate ed elaborate al fine di aumentare il numero delle vittime delle stragi di massa". Pochi dubbi sulla veridicità del punto: Torri Gemelle, Londra, Madrid e fino ai recenti spargimenti di sangue in Francia. Si prevedeva poi che "Iraq e Iran svilupperanno missili a lungo raggio. L'Iran (...) potrebbe testare queste armi nel 2001 e missili cruise entro il 2004". Qui c'è del vero e c'è del falso: a luglio, a Vienna, è stato siglato un accordo sul nucleare iraniano, mirato a impedire a Teheran di produrre armi atomiche almeno per 10 anni. Però, nell'ottobre scorso, l'esercito iraniano avrebbe testato un nuovo missile a lunga gittata a propellente liquido, che sarebbe in grado anche di trasportare armi nucleari.

Il rapporto Cia prevedeva che nel 2015 la popolazione mondiale sarebbe arrivata a 7,2 miliardi di persone: oggi siamo a 7,4, miliardi, previsione dunque corretta. E ancora, si prevedeva che "le risorse energetiche riusciranno a soddisfare la domanda", e in effetti, soprattutto negli Usa, la produzione di petrolio negli ultimi anni è cresciuta a dismisura, così come quella di gas naturale. L'intelligence profetizzava poi che "l'economia cinese crescerà e supererà quella dell'Unione europea, ma rimarrà dietro agli Usa". Difficile stabilire la veridicità del punto: per alcune stime l'economia di Pechino è già più forte di quella di Washington, e secondo altre, invece, l'economia europea è più grande di entrambe. Infine, una profezia errata. La Cia ipotizzava che "la popolazione di molti Paesi africani diminuirà a causa dell'Aids, della carestia e delle crisi economiche e politiche": così non è stato, e infatti secondo le stime Onu nel 2050 un abitante su 4 del pianeta Terra sarà africano (gli africani sono passati da 800 milioni nel 2000 a 1,1 miliardi nel 2014).

Renzi vieta la manifestazione ai truffati Cortei e fischi: assediato a Firenze

Divieto di protesta per i truffati delle banche. Ecco come Renzi tiene alla larga i fischi




Si è aperto un weekend di contestazioni per Matteo Renzi. Già oggi pomeriggio ha dovuto evitare di intervenire a un convegno al Polo Universitario di Novoli per motivi di sicurezza. Da giorni gli studenti di destra e sinistra stavano organizzano la pioggia di fischi da far cadere sul premier per protestare contro la riforma del calcolo Isee.

Leopolda - L'evento clou del renzismo alla stazione Leopolda rischia di essere travolto da altre proteste, come riferisce l'Huffingtonpost. Sabato i sindacati di base e i centri sociali sfileranno per Firenze contro il governo dell'ex sindaco. Domenica invece sarà la volta delle vittime dei crac dei quattro istituti di credito coinvolti dal decreto salva-banche. Una manifestazione prevista con la conclusione trionfale della Leopolda 2015 alla quale però è stata già messa la sordina. La Questura ha negato l'autorizzazione alla manifestazione prevista davanti alla Leopolda. Così il manipolo di pericolosi pensionati truffati dovrà accontentarsi del più lontano piazzale della Porta al Prato, a poco meno di un chilometro di distanza.

Sette regole per difendere i risparmi e non farsi fregare un euro dal conto

Sette regole per difendere i tuoi risparmi dal bail in




Dopo il dramma del pensionato che si è suicidato per aver perso i risparmi di tutta la vita e dopo il decreto salva banche varato dal governo Renzi, è utile capire meglio cosa cambierà dal 2016 e come si possono difendere i propri soldi. Ecco il vademecum, pubblicato sul Giornale, in sette punti.

Chi rischia di più - In caso di bail in, secondo la normativa Ue, i primi chiamati a pagare sono gli azionisti - che si vedranno ridotti o azzerati i valori dei propri titoli. Dopo di loro tocca a chi ha sottoscritto obbligazioni subordinate, una speciale categoria di bond il cui rimborso in caso di fallimento della banca avviene successivamente a quello dei creditori ordinari. Seguono i possessori di obbligazioni ordinarie e infine i correntisti. In quest'ultimo caso il rischio riguarda solo la liquidità superiore ai 100mila euro. I conti oltre questa soglia verrebbero coinvolti solo nel caso in cui il bail-in di tutti gli strumenti con un grado di protezione minore nella gerarchia fallimentare non bastasse a risanare la banca. Ad azionisti e creditori sarà chiesto un contributo dell'8% del passivo della banca.

Chi rischia meno - Possono stare tranquilli i correntisti fino a 100mila euro, i possessori di covered bond, ovvero le obbligazioni garantite, e i debiti verso dipendenti, fisco ed enti previdenziali e i fornitori. Fino al gennaio 2019 riceveranno un trattamento di favore anche i detentori di bond non garantiti che, per tre anni, saranno equiparati ai correntisti. I depositi sono esclusi dal bail-in, così come lo sono i conti deposito (anche vincolati), i libretti di risparmio, gli assegni circolari e i certificati di deposito nominativi, il tutto però fino a 100mila euro per depositante. In generale, è meglio non affidare troppo denaro a un' unica banca.

Più conti in banche diverse - Se il risparmiatore ha due o più conti in banche diverse, nel caso praticamente impossibile di fallimento di entrambi gli istituti, può stare tranquillo solo se ciascun conto non supera i centomila euro.

Più conti nella stessa banca o conti cointestati - Se il conto corrente è cointestato, l'importo massimo garantito sale a 200mila euro. Quindi un conto che presenta un saldo da 150mila euro cointestato a due soggetti è escluso dal bail in. Per il correntista che ha invece più conti aperti nella stessa banca vale il saldo totale. Quindi se ho tre conti rispettivamente con 50mila, 30mila e 60mila per un totale di 140mila euro non sono al riparo.

Conto sotto i 100mila euro ma soldi in azioni, fondi e Btp - Per i libretti e i certificati di deposito valgono le stesse regole applicate ai conti correnti: nessun rischio fino a 100mila euro. Può stare tranquillo chi possiede titoli depositati in una banca a rischio ma senza possedere azioni dell'istituto di cui è cliente: i titoli che sono solo conservarti nel deposito di una banca che fallisce non corrono rischi. In generale: il bail-in non colpirà gli asset finanziari non emessi dalla banca in crisi (azioni, bond, Btp, Bot, fondi).

Le polizze assicurative - Se abbiamo sottoscritto una polizza assicurativa con una compagnia che fa parte di un gruppo bancario avviato al fallimento possiamo stare sereni. Idem se il risparmiatore si ritrova con in portafoglio dei bond bancari piazzati all'interno di fondi di investimento, fondi pensione o polizze assicurative.

Le cassette di sicurezza - Chi ha sul conto meno di 100mila euro ma ha anche una cassetta di sicurezza non deve preoccuparsi. Il contenuto delle cassette di sicurezza non è infatti coinvolto dalle procedure di salvataggio previste dalle nuove regole europee.

venerdì 11 dicembre 2015

IL PENSIONATO SUICIDA Giordano: "Il banchiere? Ecco che cosa gli farei"

Pensionato suicida, Giordano feroce: "Che cosa farei a quel banchiere..."





Pubblichiamo Posta Prioritaria, la rubrica in cui Mario Giordano risponde alla lettera di un lettore.

Caro Giordano, sono la figlia di Cantori Cesare, un signore di 95 anni compiuti il 30 ottobre 2015, malato di mieloma multiplo, con cure fortissime che gli procurano tante sofferenze, tra l’altro da anni completamente sordo. Sapevo che mio padre aveva messo i suoi risparmi nella Banca Marche, ma non il tipo di investimento che aveva fatto. Si parlava da tempo delle sofferenze di questa banca, ma noi tutti in famiglia (mio marito, mio figlio, mio fratello ed io) vi abbiamo mantenuto il nostro conto corrente e i nostri risparmi per tre motivi: 1 - Si veniva sempre rassicurati dal personale della banca che tutto si sarebbe risolto. 2 - Abbiamo sempre pensato alla Banca delle Marche come alla «Nostra» Banca: eravamo orgogliosi che i nostri soldi sarebbero stati investiti nel nostro territorio. 3 - Pensavamo che se tutti avessero portato via i loro soldi dalla banca, questa sarebbe fallita immediatamente. Nell’ottobre 2015 ho accompagnato mio padre in banca e sono venuta a conoscenza che aveva investito in obbligazioni subordinate 110.000 euro, bloccate, invendibili. Ora la situazione è questa. Le mie azioni, 4.000 euro sono state azzerate. Poca perdita, lei dirà, ma per me valgono quanto 2 rate e mezzo di pensione. La perdita subìta da mio padre è però davvero inaccettabile. Il poveretto è sconvolto, assolutamente non ci vuol credere. Non dorme più e vive in uno stato di agitazione molto forte che compromette anche la cura che sta facendo. I suoi sono risparmi accumulati da generazioni con grandi sacrifici. Mio padre non si è concesso mai lussi, sempre parsimonioso in tutto. Sono tante le cose che mi chiedo ora, ma una per tutte. Perché lo Stato permette che i debiti della banca, contratti da amministratori spregiudicati devono essere pagati con i soldi dei risparmiatori che li hanno guadagnati onestamente e accumulati in una intera vita di sacrifici? Che razza di Stato è l’Italia che permette una simile ingiustizia? A titolo informativo specifico le date in cui mio padre (nato nel 1920) ha sottoscritto le obbligazioni: 50.000 nel 2009 all’età di 89 anni e 60.000 nel 2012 all’età di 92 anni. Oltre alla perdita economica, ora ci sentiamo traditi e abbiamo tutti una terribile sensazione di sfiducia nel sistema economico, nella società e nella vita in generale.

di Meri Cantori
Osimo (Ancona)

Sottoscrivo tutte le sue amare domande, cara Meri. E ne aggiungo una: chi è quel criminale funzionario di banca che ha fatto sottoscrivere 60mila euro di obbligazioni a un 92enne malato di mieloma multiplo? Non lo potremmo individuare e processare per direttissima?

di Mario Giordano

I soldi buttati per lo yacht fantasma: gli strani bonifici al cardinal Bertone

I soldi buttati nello yacht fantasma e quegli (strani) bonifici a Bertone...




Nelle carte contenute nel fascicolo della procura di Civitavecchia sul fallimento della Privilege yard spa con l’ipotesi di bancarotta fraudolenta c’è anche la corrispondenza tra uno degli indagati, Mario La Via, e il cardinale Tarcisio Bertone, all’epoca segretario di Stato vaticano. L’alto prelato, in base ai documenti in possesso di Libero, sembra utilizzare le casse della traballante azienda come un bancomat per un gran numero di «erogazioni» di beneficenza, soprattutto nei confronti del Movimento dei Focolari e dei Salesiani, l’ordine a cui lo stesso Bertone appartiene.

Marcianise (Ce): PRODOTTI CINESI ALL’OUTLET. La guardia di finanza sequestra 522 MILA capi d’abbigliamento

Marcianise (Ce): PRODOTTI CINESI ALL’OUTLET. La guardia di finanza sequestra 522 MILA capi d’abbigliamento


Fonte: CasertaCe.net



La merce arrivava a Fiumicino e da lì veniva smistata in tutta Italia: anche all'outlet di Marcianise

MARCIANISE – Articoli di abbigliamento prodotti in Cina venduti da una nota maison di alta moda per uomo come prodotti made in Italy. E’ stata ribattezzata True Made l’operazione dei finanzieri del Comando Provinciale di Roma, giunta a conclusione di articolate indagini sotto il coordinamento della procura della Repubblica di Civitavecchia, scattate dai controlli di routine nell’area merci dello scalo aeroportuale di Fiumicino.

I militari si sono insospettiti davanti ad alcune spedizioni di capi di abbigliamento e relativi accessori, provenienti dalla Cina e dirette a una rinomata casa partenopea, che, oltre a essere corredati da un cartellino descrittivo che specificava, in lingua italiana, che il processo di fabbricazione era fedele alla ‘Antica sartoria napoletana’, avevano una piccola etichetta con la dicitura ‘Made in China’ facilmente asportabile. La presenza dei prezzi di vendita, sia al dettaglio che outlet, ha fatto il resto inducendo le fiamme gialle del Gruppo di Fiumicino a ritenere di trovarsi davanti un colossale traffico di prodotti taroccati, con la variante, questa volta, costituita dalla mistificazione della loro origine, provenienza e qualità.

Il sequestro non è scattato subito consentendo ai militari di seguire le partite di merce fino alla centrale di stoccaggio e ai luoghi di smercio, tutti riconducibili a una nota maison di alta moda per uomo, che, in questo modo, commercializzava maglioni, pullover, camicie, smanicati, cravatte, guanti, foulard, cinture in realtà prodotti in Cina.

Il quadro investigativo si è poi consolidato grazie alle perquisizioni locali eseguite, con la collaborazione dei Comandi Provinciali competenti per territorio, nei punti vendita di Napoli, Ischia, Roma, San Cesareo (Roma) e Bologna, nonché presso i famosi outlet di Valmontone (Roma) e Marcianise, nel centro di distribuzione di Nola e nella sede legale e amministrativa della società riconducibile a un insospettabile napoletano, che dovrà rispondere dell’introduzione e della vendita di prodotti industriali con segni mendaci.

Ammontano, invece, a oltre 522.000 i pezzi sequestrati, tra capi di abbigliamento ed etichette Made in China.