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martedì 28 aprile 2015

Pansa: Renzi è arrivato all'ora X Ecco l'uomo che può salvarlo

Pansa: lo squaletto Renzi è all'ora x


di Giampaolo Pansa 


"La guerra di Renzi". È questo il titolo di copertina dell’ultimo numero dell’Espresso. Buona idea e ottima traduzione grafica, con un’immagine drammatica del salvataggio di uno dei barconi che dall’Africa stanno arrivando a casa nostra. Peccato che sia fondata sul nulla. Il nostro premier non ha mai voluto combattere quella guerra. Se ne è sempre infischiato. Non l’ha mai ritenuta importante. Sin dal primo giorno l’ha giudicata inesistente. Persino quando gli è toccato presiedere il semestre europeo a guida italiana, non ha speso una parola per mettere in guardia le istituzioni internazionali su quel che poteva accadere. Notte e nebbia, occhi chiusi e bocca tappata su questo tsunami di profughi e clandestini che stava investendo l’Italia. Posso dirlo alla Bestiario? È un pericoloso dilettante, lo Squaletto fiorentino che soggiorna a Palazzo Chigi. Adesso che i buoi arrivano a migliaia sui barconi, lui vorrebbe chiudere la stalla. E no, signor Renzi! Non ci prenda per fessi. La bocciamo su tutta la linea.

Ma dopo il premier dobbiamo fare una croce sopra al suo staff. In decenni di vita repubblicana non si era mai vista così tanta gente a Palazzo Chigi. Uffici strapieni di uomini e donne del Cerchio magico fiorentino. L’addetto alla propaganda, quello alle fotografie ufficiali, un altro alle riprese televisive, un quarto ai rapporti invisibili, un quinto incaricato di stilare gli elenchi degli avversari da azzoppare, un sesto per occuparsi di affari riservati, un settimo per maneggiare Twitter, un ottavo per sorvegliare le trasferte del premier, un nono per la raccolta e l’incremento dei fondi da papparsi, un decimo per assaggiare la pizza e accertarsi che non sia avvelenata.

E che cosa dire poi dei consiglieri di rango elevato? Ex amministratori delegati di grandi gruppi. Super esperti internazionali di taglio delle spese. Pubblicitari bravissimi nel costruire l’immagine del giovane premier sceso a Roma per rimettere insieme un’Italia a pezzi. Politologi con un’idea fissa nel cranio: sistemare «i signori del Parlamento», come Matteo li ha chiamati, con disprezzo, venerdì sera nel salotto televisivo della Gruber. Una star eroica, la signora dell’Alto Adige, la sola a contrastare il premier e ad addossarsi anche la parte di un Marcello Sorgi spaventato e silenzioso.

Ebbene nessuno di questi consulenti, immagino ben retribuiti, ha saputo mettere in guardia lo Squaletto dalla bufera in arrivo nel Mediterraneo. E se per caso ha tentato di farlo, non è stato ascoltato. Ma se questa era la sorte dei consiglieri del premier avremmo dovuto veder piovere un’infinità di dimissioni. Invece non si è visto niente. Tutti inchiodati nel bunker di Palazzo Chigi. Eppure la storia ci ha insegnato che l’atmosfera fetida dei rifugi blindati provoca soltanto la tentazione al suicido.

Adesso per lo Squaletto sta arrivando l’ora X. Insieme ai barconi sarà costretto ad affrontare lo scontro finale sull’Italicum, la legge elettorale che dovrebbe consegnargli un potere assoluto in Italia. I lettori di Libero sanno tutto di questo colpo di Stato che Renzi spaccia come l’unico modo che consenta a un premier di governare. Il Bestiario ha già spiegato che l’Italicum era stato inventato nel 1924 da un signore che si chiamava Benito Mussolini. Lui stava al governo da due anni, ma soltanto la legge Acerbo gli consentì di consolidare il regime e mandare in esilio o in carcere le opposizioni.

Venerdì sera, sempre di fronte alla Gruber, Renzi ha lanciato la sfida delle sfide: «Se l’Italicum non passa, il governo cade». Il tono era quello di chi urla: «Dopo di me, il diluvio!». Ma è davvero così? Il sottoscritto teme che l’Italicum passerà. Le opposizioni non sembrano in grado di impedirlo. Per di più, i refrattari annidati nel Partito democratico troppo spesso se la fanno addosso. Tuttavia, ammettiamo che lo Squaletto perda la battaglia decisiva. E sia costretto a dimettersi. Dunque proviamo a immaginare quel che può accadere.  Che cosa fa il capo dello Stato, Sergio Mattarella? Forse non lo sa neppure lui. Può rimandare alle Camere il governo Renzi. L’esecutivo potrebbe ricevere una fiducia e proseguire la corsa senza l’Italicum. Di fatto tirerebbe a campare e dovrebbe rimettere sull’altare il grande Giulio Andreotti che nel suo cinismo cosmico raccomandava: «È meglio tirare a campare che tirare le cuoia». Oppure il presidente della Repubblica potrebbe sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, con quel poco che la Corte costituzionale ha lasciato in vita della legge elettorale precedente: il cosiddetto Consultellum.

Ma è possibile anche uno scenario diverso, quasi rivoluzionario. Da Francoforte, viene richiamato in Italia un signore che si chiama Mario Draghi. In settembre compirà 68 anni, ma sembra assai più giovane. È stato governatore della Banca d’Italia e oggi guida la Banca centrale europea, uno strumento essenziale per evitare che l’area dell’euro vada a ramengo. Draghi accetta di lasciare la Bce e di prendere il timone del governo italiano? Nessuno lo sa. Però un miracolo può sempre accadere. Lo sosteneva mia nonna Caterina che pregava di continuo santa Scarabola, la vergine dell’impossibile.

È un’ipotesi che sembra folle, ma di cui si parla. Per primo, e meglio di tutti, lo ha fatto venerdì il giovane e diabolico direttore del Foglio, Claudio Cerasa. Il titolo della sua lunga analisi era volpino: «Che problema ha Renzi con Draghi?». Bella domanda. Presto o tardi arriverà una risposta. Ce lo vedete un drago al posto di uno squaletto azzoppato? Ai posteri l’ardua sentenza.  Tuttavia è possibile che lo Squaletto, una volta conquistato l’Italicum e superata l’ora X, cominci a rivelarsi quello che è: un piccolo dittatore. Come primo passo da compiere in attesa di andare alle urne, deciderà un’epurazione massiccia all’interno del Partito democratico che lo ha eletto segretario. E a questo punto bisogna dire qualche verità su questa Arca di Noè ormai irriconoscibile.

Il Pd doveva essere il pilastro del riformismo italiano. Invece è un accampamento dove pochi profughi idealisti convivono con carovane di opportunisti. La Stampa ha scritto che persino Denis Verdini, il faccendiere politico di Silvio Berlusconi, sarebbe pronto a lasciare Forza Italia per il partito della Nazione che Renzi sta costruendo. Se è vero, potrà accadere di tutto. Vedremo il missino Storace aderire all’Anpi, il Cavaliere ripudiare la signorina Pascale e mettersi con un marocchino, il leghista Borghezio iscriversi ai No Tav e Fabio Fazio darsi agli spot dei materassi che fanno dormire il sonno dei giusti.  E le minoranze rosse del Pd che sorte avranno? Venerdì sera, nel suo teatro su la7, Maurizio Crozza ha sbeffeggiato Gianni Cuperlo e Pier Luigi Bersani come dei nuovi Stanlio e Ollio. Due poveracci che sognano di battere lo Squaletto, poi si spaventano e cominciano a piangere. Cattivo, ma giusto, il grande Crozza. L’ora X sta per scoccare anche per i dissidenti cresciuti nel Pci.

I comunisti di un tempo sognavano di fare la rivoluzione proletaria. Ma desso rischiano di trovarsi prigionieri di una rivoluzione autoritaria. Attuata da uno Squaletto cresciuto nei boy scout. Una vera carogna che ha in mano un pugnale da puntare alla gola dell’Italia. Ammesso che la nostra repubblica di sfigati sopravviva all’assalto dei barconi.

Superflop del film di Veltroni al cinema I critici lo esaltano, le gente lo snobba

Walter Veltroni fa flop al cinema





E' un flop il film di Walter Veltroni. "I bambini sanno...". Lo dicono i dati  sugli incassi da cui emerge che il film non è entrato nella top ten dei film più visti della domenica e neppure della settimana. Eppure la pellicola era stata presentata in pompa magna davanti ai presidenti delle Camere e Capo dello Stato, vip, personaggi delle tv. Veltroni regista ha incassto solo 104mila euro in quattro giorni, circa otto milioni in meno del capolista Averngers. Decisamente poco se si pensa proprio alla gran fanfara di stampa e di critica che aveva osannato e omaggiato l'arrivo della pellicola firmata Veltroni. 

Caivano (Na): La Lista Popolari per l'Italia presieduta dal candidato sindaco Monopoli fa flop

Caivano (Na): La Lista Popolari per l'italia presieduta dal candidato sindaco Monopoli fa flop. C'erano "quasi" più addetti ai lavori che partecipanti?. Tra gli ospiti, anche Lizzi, Ponticelli, Zampella ed altri esponenti e familiari del candidato sindaco. Ma i giovani? gli imprenditori?


di Gaetano Daniele





Caivano amante degli stranieri? Questa volta no!. I carditesi a sostegno di Monopoli, questa volta hanno fatto flop, come volevasi dimostrare?. Al Convegno dei Popolari, c'erano proprio tutti, dall'On. Rivellini all'Ass. Bianca D'Angelo all''On. Mauro. Organizzatori a parte, presente anche il direttore di Julie, dott. Giovanni De Cicco che, in questa tornata elettorale caivanese, "dal cuore di Caivano" fiancheggia il dott. Simone Monopoli. Nonostante la grande mobilitazione degli addetti ai lavori e, nonostante la presenza appunto, di una candidata alle elezioni regionali, Bianca D'Angelo, assessore in carica, è nostro dovere di cronaca registrare che, ieri sera all'Hotel Il Roseto, al convegno dei Popolari, le aspettative sono state deluse dai numeri, difatti c'erano meno di 35 persone (vedi foto). 


I partecipanti -  due in particolare, classe di età medio alta, forse annoiati dalla solita tiritera, lasciano il convegno in anticipo. Fra gli ospiti, gli stessi sostenitori della Lista Popolari, dall'Avv. Ponticelli allo zio Zampella, allo storico sostenitore Giovanni Lizzi. Insomma, famiglia, amici e parenti a parte, hanno preso parte al convengo meno di 35 persone, quasi tutti di età medio alta. Forse il flop era nell'area? Una domanda è d'obbligo, ma i giovani? gli imprenditori? i commercianti? le menti che devono dare imput e slancio a questa martoriata città, dov'erano? 

Ora è ufficiale: l'Italia assembla gli F-35 olandesi

L'Italia assembla gli F-35 olandesi


di Claudio Antonelli 


Ormai è ufficiale. La Faco di Cameri, l’impianto italiano dedicato ai caccia F35 riceverà la commessa per eseguire l’assemblaggio di velivoli Olandesi e il centro logistico di Woensdrecht eseguirà attività di manutenzione su motori italiani in Olanda. Si tratta del primo passo concreto verso l’ampliamento dell’utilizzo di Cameri, un iter che porterà la struttura a fare da perno centrale per diverse nazioni europee e una volta terminato il programma Jsf da garage per tutta la flotta di F35 europei ed americani di stanza nei territori Ue e nel mare Mediterraneo. L’intesa, firmata tra i vertici della Difesa italiana e olandese, contribuisce ad innalzare il livello di coinvolgimento dell’industria nazionale, con evidenti benefici in termini di ricadute occupazionali e di know how, oltre ad aprire la strada a simili iniziative anche con altri Partner dell’area euro-mediterranea, tese a rafforzare l’importanza e l’efficacia del pilastro europeo del programma. L’uscita dallo stabilimento del primo velivolo italiano assemblato presso la FACO, avvenuto il 12 marzo scorso, unitamente alla consegna del primo assieme alare completo (parte centrale della fusoliera incluse le semiali) destinato ad essere installato su un velivolo dell’USAF, hanno dimostrato le capacità produttive dell’impianto industriale realizzato grazie ad una efficace sinergia nazionale fra la Difesa e l’Industria. Con questo accordo, la FACO di Cameri ottiene un ulteriore riconoscimento della elevata qualità ed affidabilità dei propri processi produttivi per l’assemblaggio dei velivoli, mentre si prepara anche a divenire il fulcro delle attività di manutenzione per gli F-35 che saranno schierati in Europa.

Comprare il biglietto giusto per Expo Guida facile e veloce per risparmiare

Expo, la guida per comprare il biglietto giusto


di Antonio Spampinato 



Ci sono principalmente due modi per comprare a prezzi scontati i biglietti che permettono l'ingresso a Expo 2015. Il primo prevede l' iscrizione al Partito democratico milanese, ma solo se si ha meno di 30 anni, il secondo richiede rapidità e una certa dimestichezza con il web. Essendo i lettori di Libero distribuiti su tutto il territorio nazionale, ci concentriamo sull' acquisto via internet. La rapidità di cui abbiamo accennato è necessaria perché gli sconti sono applicabili a chi compra il ticket entro il 30 aprile. Dal 1 maggio, data dell' apertura dell' esposizione universale dal titolo "Nutrire il pianeta", si pagherà prezzo pieno. È attiva una rete di rivenditori autorizzati (negli aeroporti di Bergamo, Bologna, Milano, Venezia, Roma e Napoli, negli Infopoint Expo presenti in diverse stazioni ferroviarie italiane oltre all' Expogate di Milano e in altri punti d' interesse turistico) e una di subrivenditori, come il Pd milanese, unico partito politico presente nella lista. Ma internet (www.expo2015.org) resta l' opzione più comoda per quanti vogliono studiarsi con attenzione il papello che il marketing di Expo si è inventato per venire incontro alle più disparate esigenze: una quarantina di voci con due opzioni per quasi tutte, che raddoppiano se si aggiunge anche il blocco scontato. Ci vuole tempo e pazienza per scorrerle tutte, fretta per usufruire degli sconti: una contraddizione tutta italica. È vero che i biglietti sono acquistabili dallo scorso settembre ma è altrettanto vero che dell' esposizione universale, in quanto tale e non solo legata alle notizie provenienti da Palazzo di giustizia, si parla, praticamente. 

Gli sconti. Ancora per cinque giorni si possono prenotare i biglietti con una riduzione sul prezzo che arriva al 20% (circa). Esempio di un adulto (più di 14 anni) che abbia le idee chiarissime e voglia acquistare l' accesso al sito espositivo per un giorno ben preciso: il prezzo pieno (cioè dopo il primo maggio) è di 34 euro, quello scontato (cioè prima del primo maggio) di 27. Nessuno sconto è invece previsto per il bambino che si aggiunge al "Family pack", cioè quel pacchetto che prevede 1 adulto e 1 bambino (famiglia A), 2 adulti e 1 bambino (B), 1 adulto e 2 banbini (C) o (D) 2 adulti e 2 bambini (ci scuserete la complicazione ma siamo cronisti e riportiamo): si paga comunque 10 euro, oltre al Family pack che varia a seconda della composizione familiare sopra descritta; il pacchetto famiglia sì che invece può usufruire della riduzione del prezzo.

Niente sconti per il biglietto serale: 5 euro. In sintesi i prezzi dei biglietti dipendono della categoria del visitatore, dal fatto che si scelga una data fissa o aperta e il costo di riferimento è di 39 euro. Ci sono riduzioni per famiglie, gruppi, over 65, se si aquistano biglietti per due giorni consecutivi o abbonamenti per due o tre giorni random mentre i bambini sotto i 4 anni e accompagnatori di persone disabili entrano gratis. Un adulto che voglia entrare per tre giorni senza voler fissare date può acquistare un abbonamento da 105 euro (35 euro a giornata contro i 39 a prezzo pieno con data aperta). A questo punto si può pensare al "Season pass", che prevede anche l' accesso attraverso varchi dedicati: con 115 euro (senza sconto per chi acquista prima del primo maggio) si può entrare quando si vuole fino a chiusura, a fine ottobre, dell' Expo. In arrivo l' Esposizione universale di Milano Esistono decine di combinazioni e tariffe in base alle più diverse situazioni personali e familiari. E se si acquista il ticket prima del 1° maggio si paga il 20% in menoTutti in fila per visitare Expo Ecco la guida al biglietto giusto.

Gli arrestano il figlio, medico si suicida "Magistratura miope a volte uccide"

Il figlio farmacista arrestato, medico si suicida a Genova





Ha scritto su un biglietto "la magistratura miope a volte uccide" e poi si è gettato dal ponte Monumentale, in pieno centro a Genova, uccidendosi. Protagonista della tragedia un medico pediatra di 65 anni noto in città che ha deciso di farla finita dopo che il figlio, farmacista, era stato arrestato dalla procura di Monza per una truffa riguardante la vendita fuorilegge di costosissimi farmaci antitumorali . Anche la moglie del medico aveva deciso di suicidarsi insieme con il marito ma ha esitato all’ultimo momento dopo avere visto l’uomo gettarsi ed è stata salvata in extremis dalla polizia arrivata sul ponte dopo l’allarme lanciato da alcuni passanti. Oggi l’uomo è stato scarcerato in seguito al suicidio del padre, secondo quanto ha riferito il suo legale, Umberto Pruzzo: "Ho fatto istanza di scarcerazione per i gravi eventi familiari ed è stata accolta.

lunedì 27 aprile 2015

Caivano (Na): Sirico in testa?

Caivano (Na): Sirico in testa? 


di Gaetano Daniele 


Arch. Luigi Sirico
Candidato Sindaco (Centro Sinistra) 
Comincia ad essere brruttarella l'aria elettorale per il centro destra e gli altri candidati a sindaco. L'aria che tira nel Paese, soffia a favore del candidato sindaco del Pd, Luigi Sirico. Se si votasse oggi, secondo il nostro punto di vista, in bilico non ci sarebbe solo il dott. Simone Monopoli di Forza Italia, rappresentato da Luigi Cesaro, ma anche il candidato della Lista Civica "NOI CON PAPACCIOLI" rappresentata appunto, dal dott. Giuseppe Papaccioli, e da Giuseppe Ziello (Movimento 5 Stelle), mentre appunto, il centrosinistra potrebbe riscattarsi di quanto male aveva lasciato politicamente negli ultimi mesi. In attesa della definizione delle liste per le varie coalizioni sia di centro destra che di centro sinistra, quella scattata oggi, a meno di 5 settimane dal voto, dal nostro blog, il Notiziario, rappresenta la fotografia di uno scenario elettorale liquido ed in chiara evoluzione da parte del Partito Democratico appoggiato da Sel, Nuovo Centro Destra, Noi Per Caivano, Udc, Italia dei Valori, Popolari Italiani. Al di là di tutto, è un clima di crescente disaffezione, che rischia di pesare in modo significativo anche sull'affluenza alle urne. 

Roma a pezzi, e Francesco Totti... L'indiscrezione-bomba sul "Pupone"

Francesco Totti, l'indiscrezione terremota la Roma: si ritira alla fine di questa stagione





Quella che doveva essere la stagione della riscossa, del successo, insomma dello scudetto, per la Roma si è trasformata in un mezzo incubo. O meglio, ad oggi, in un incubo completo: sorpassata dalla Lazio, ora anche il terzo posto è a rischio, col Napoli a sole due lunghezze. La mancata qualificazione in Champions, oggi più che un'ipotesi, potrebbe innescare un vero terremoto. Il finale di stagione, insomma, sarà decisivo. Per tutti. A partire dal ds Walter Sabatini e da mister Rudi Garcia. Il primo, da par suo, si è preso le responsabilità del flop del mercato di gennaio. Il secondo tace, ma da eroe si è trasformato in bersaglio. Dunque, ci sono tre scenari possibili. Il primo è quello che vede la Roma al secondo posto, un risultato che ricompatterebbe l'ambiente e che, nei fatti, salverebbe tutti quanti. Ma questo primo scenario, come detto, oggi pare utopico, o quasi, considerando i risultati della (ben poco) "Magica". Il secondo scenario è quello che vede i giallorossi al terzo posto, il che offrirebbe una "pax" almeno fino a preliminari di Champions: se la qualificazione non venisse centrata, però, scatterebbe la (pericolosa) rivoluzione di mezza estate. Il terzo ed ultimo scenario è quello che vede la Roma al quarto posto: ed in questo caso, c'è da scommetterci, il presidente Pallotta cambierebbe i vertici della nomenklatura romanista, Sabatini e Garcia in primis.

"Deciderà lui". Ma... - Sullo sfondo, però, c'è la figura di Francesco Totti, l'eterno capitano. Una sua parola, è arcinoto, a Roma può pesare anche più di quella del presidente. Insomma, le volontà del Pupone potrebbero cambiare ogni tipo di schema e segnare il destino di mister, ds e di alcuni compagni di squadra. Il punto, però, è che le decisioni che Totti potrebbe prendere, almeno secondo quanto lascia intendere il Corriere della Sera, potrebbero riguardare lui stesso: si parla di un - clamoroso - addio, una voce che si è più volte rincorsa nei suoi anni di militanza alla Roma e che, ciclicamente, nei momenti di difficoltà torna in auge. Ad oggi, i rapporti con Garcia non sono ai massimi livelli: il capitano ha gradito il giusto la sostituzione contro l'Inter dopo 51 minuti di gioco. Altro particolare da non sottovalutare è il suo contratto, in scadenza a giugno 2016. Nell'ambiente giallorosso, come un mantra, si ripete che del suo destino "deciderà lui". E se del suo destino deciderà lui, ora come ora, non è affatto impensabile immaginare che Totti appenda gli scarpini al chiodo al termine di quest'anno, evitandosi così la stagione 2016, che potrebbe essere un anno di transizione. Il Pupone, però, tiene molto al record di gol in Serie A, un traguardo difficile da raggiungere, anche se non ha mai smesso di covare il sogno: mancano 33 reti per acciuffare Piola. Una motivazione che potrebbe spingerlo a continuare (a patto, però, che Garcia gli dia lo spazio necessario, o magari a patto che Garcia non ci sia più). Le possibilità che Totti invece chiuda la carriera con un'altra maglia appaiono più che residuali.

Dopo Francesco arriva un Papa nero La scelta anti-Islam del Vaticano

Vaticano, perché il prossimo Papa può essere nero





I dati dello i Pew Research parlano chiaro: il numero dei musulmani sta per superare quello dei cattolici e questo soprattutto perché chi prega Gesù fa sempre meno figli, mentre i seguaci di Maometto non  hanno mai visto decrescere la natalità. A dare conto dei dati il quotidiano Repubblica che anticipa anche il piano del Vaticano per far fronte a questa crescita esponenziale. Dopo Papa Francesco potrebbe esserci un Papa nero. Perché se è vero che c'è una questione demografica con cristiani che fanno meno figli di quelli africani, asiatici e latinoamericani. Il continente a cui la Chiesa cattolica dovrebbe guardare con interesse è l'Africa.  Nel 1910 i cristiani del continente nero erano solo l' 1,4% del totale, oggi sono già il 23,9% e nel 2050 saranno il 38,1%.La Nigeria, il Congo, la Tanzania, l'Etiopia e l'Uganda saranno tra le dieci più grandi popolazioni cristiane del mondo. F

Il futuro dell'Africa - Francesco, il Papa che arriva "da molto lontano" ha capito questo epocale cambiamento e infatti ha cominciato a fare scelte in questa direzione: scegliendo i nuovi membri del collegio cardinalizio non in base a vecchi schemi ma guardando proprio lontano, in Africa.  Repubblica si nota come  se oggi è ancora l' Europa ad avere il maggior numero di cardinali elettori (56), seguita dall' America del Nord (17), l' Africa è al terzo posto (14), insieme all' Asia (14). America del Sud (12), Centrale (6) e Oceania (3) chiudono il collegio. La strada vero il Papa nero era già stata aperta da Benedetto XVi che nel 2012 disse che "in modo riduttivo e spesso umiliante, si descrive l' Africa come il continente dei conflitti e dei problemi infiniti e insolubili". Mentre "l' Africa è per la Chiesa il continente della speranza, è il continente del futuro". Il 7 febbraio scorso, invece, è stato Francesco a parlare dell' Africa e della "stupenda testimonianza di carità" resa dalla Chiesa del continente verso i più bisognosi, soprattutto nelle regioni più remote e isolate.

Il part-time prima della pensione chi può farlo e a che condizioni

Pensioni statali, il part time prima di andare in pensione





L'obiettivo è quello di abbassare l'età nella pubblica amministrazione, "svecchiare". E lo strumento individuato potrebbe essere quello di favorire tale ricambio "su base volontaria e non revocabile" attraverso la riduzione dell'orario di lavoro e della retribuzione del personale che sta per essere collocato a riposo. Insomma, il part time prima della pensione. A riferire di questo progetto il quotidiano Il Messaggero che spiega che si è arrivati a questa soluzione dopo il progetto di anticipare l'uscita degli statali vicino alla pensione per permettere l'ingresso dei giovani era naufragato. In questo modo le amministrazioni avrebbero potuto assumere ogni tre prepensionati un nuovo dipendente. Ma la Ragioneria dello Stato aveva fatto resistenza soprattutto in vista delle ripercussioni che avrebbe avuto sul sistema previdenziale.  

Il compromesso - Adesso, tuttavia, si sarebbe arrivati ad una sorta di mediazione con i tecnici del Tesoro. Il governo e il relatore alla riforma della Pubblica amministrazione, Giorgio Pagliari anticipa il Messaggero. sarebbero pronti a dare parere favorevole ad un emendamento a prima firma Hans Berger, senatore del gruppo delle autonomie. Per evitare la "bomba previdenziale" Berger ha pensato a questa soluzione: a versare la differenza dei contributi tra il part time e il tempo pieno per poter ottenere una pensione piena una volta lasciato il lavoro, debba essere il lavoratore stesso. In questo modo però lo statale potrebbe non essere incentivato al part time. Il dipendente che per esempio guadagna due mila euro netti al mese, oltre allo stipendio dimezzato per il part time, si troverebbe costretto a dover versare altri 350 euro - 

Il loro patto suicida con le banche: perché ora l'Italia rischia il default

Matteo Renzi e Mario Monti, il patto suicida con le banche che ha affossato i conti dell'Italia


di Franco Bechis 


Fra la fine del 2011 e il 2014 i governi guidati in particolare da Mario Monti e da Matteo Renzi si sono comprati un successo personale come il calo dello spread facendo pagare quella vittoria di immagine assai cara ai contribuenti. In quell’arco di tempo l’operazione è costata realmente 16,95 miliardi di euro ai contribuenti italiani (la cifra che servirebbe a pagare il famoso reddito di cittadinanza), e si porta con sé una perdita al momento solo virtuale di 42 miliardi di euro che rischiano di fare lievitare ulteriormente il debito pubblico italiano. Questo ignoto e costosissimo biglietto è emerso dalla pubblicazione di una nota Eurostat del 21 aprile scorso sui conti riclassificati del debito pubblico dei vari paesi europei, in cui è stato evidenziato il costo rilevantissimo dei contratti derivati sottoscritti dal Tesoro italiano con 19 grandi banche (due italiane, tutte le altre straniere) per convincerle a partecipare alle aste dei titoli di Stato e a fermare l’ascesa dello spread.

Tutti contratti che si sono rivelati disastrosi per le finanze pubbliche italiane, ed è il solo caso in Europa, tanto è che da un calcolo effettuato da Bloomberg le perdite in derivati dell’Italia dal governo Monti a quello Renzi compreso sono superiori di qualche centinaio di milioni di euro a quelle cumulate di tutti gli altri 18 paesi dell’Eurozona. Solo altri 4 paesi hanno perso con i derivati (Olanda, Austria, Germania e Spagna), mentre nell’ordine Francia, Grecia, Belgio, Finlandia e Portogallo sono riusciti a guadagnarci e non poco. Buoni affari invece per le controparti, le banche che hanno sottoscritto quei contratti in derivati con il Tesoro italiano: da Deutsche Bank a Goldman Sachs, da Hsbc Bank a JP Morgan, da Ubs a Morgan Stanley, e poi ancora Ing bank, Unicredit, Banca Imi, Bnp Paribas, Citibank, Credit Suisse, Nomura etc... Tutte le grandi firme della finanza internazionale.

Che cosa è accaduto? Che per fare partecipare alle aste di titoli italiani in modo da non fare ulteriormente lievitare lo spread quelle banche si sono fatte pagare un prezzo assai caro del biglietto. Lo strumento stesso del derivato ne è l’origine, perchè serve da riassicurazione nei confronti di eventuali perdite delle banche che avevano sottoscritto i titoli di Stato. Senza quella commissione che di fatto il governo italiano ha loro pagato, quelle non avrebbero sottoscritto i titoli. Ma per non perdere sui derivati sarebbe stato necessaria la condizione diametralmente opposta a quella che si auspicava. Se i tassi di interesse fossero saliti, l’Italia avrebbe guadagnato da quei contratti. Con i tassi di interessa in discesa invece ci perde, perchè quei contratti servono a rifondere le banche sottoscrittrici della eventuale differenza negativa dei tassi di interesse. Quel che è accaduto però fa pensare: la perdita sui derivati è stata maggiore del risparmio effettivo ottenuto in quell’arco di tempo nel pagamento di interessi sul debito pubblico grazie alla caduta dello spread. Ecco perchè i conti pubblici italiani non migliorano mai: sono stretti in una sorta di trappola finanziaria.

Forse avremmo dovuto ascoltare economisti come Paolo Savona, che con semplicità ha spiegato davanti alla commissione Finanze della Camera: «Ritengo che l’unico modo per difendersi dei derivati sia non utilizzarli». Savona ha poi aggiunto: «I derivati sono strumento finanziario utile, ma difficile da governare. Ho fatto un parallelismo, che può sembrare forte, ma che credo sia indispensabile, affermando che anche la dinamite è uno strumento utile, ma sono occorsi anni di studio e di esperimenti per evitare che continuasse a produrre danni e morti. Per quanto riguarda i derivati il problema si trascina da lunga data, ma non si è ancora riusciti, come fece Nobel per la dinamite, a creare un loro meccanismo di controllo».

Su quel buco di quasi 17 miliardi di euro nei conti pubblici il dieci per cento- 1,6 miliardi di euro- è frutto di un antico regalo lasciatoci da un altro tipo alla Mario Monti, uno di quei presunti salvatori della finanza pubblica che si sono creati grande immagine personale lasciando una scia di guai a tutti gli altri italiani che per decenni non si riesce ad estinguere. Il donatore si chiama Carlo Azeglio Ciampi, che nel 1994, poco prima di lasciare il timone del governo a Silvio Berlusconi, ha firmato un incredibile contratto-capestro con Morgan Stanley che ha causato una perdita netta per il Tesoro appunto da 1,6 miliardi di euro, con il colosso della finanza che è andato all’incasso proprio nel momento più critico per le finanze italiane: fra il dicembre 2011 e il gennaio 2012.

L’episodio è stato svelato dal direttore del debito pubblico italiano, Maria Cannata, davanti alla commissione Finanze della Camera. «Tra le situazioni critiche che, in tempi recenti, si sono dovute fronteggiare nei momenti peggiori della crisi», ha raccontato la dirigente del Tesoro, «emerge in particolare la ristrutturazione, funzionale alla successiva chiusura di diverse posizioni in derivati in essere con Morgan Stanley, realizzata tra dicembre 2011 e gennaio 2012. La peculiarità di questo complesso di operazioni risiedeva nella presenza di una clausola di estinzione anticipata unica nel suo genere, in quanto attribuita non a una singola operazione, bensì presente nel contratto quadro in essere con la controparte e ricomprendente tutte le operazioni sottoscritte con quella banca. Il contratto quadro era stato sottoscritto nel gennaio 1994 e prevedeva un Additional Termination Event, ossia il diritto di risoluzione anticipata dei contratti in essere, al verificarsi del superamento di un limite prestabilito di esposizione della controparte nei confronti della Repubblica. Nonostante le soglie limite fissate fossero state superate da anni, la banca non aveva mai dato segno di voler far valere la clausola di estinzione anticipata. Alla fine del 2011, tuttavia, la situazione del credito della Repubblica italiana appariva così fragile che Morgan Stanley ritenne di non poter tralasciare di avvalersi della posizione di forza che la clausola le conferiva».

La stessa Cannata ha offerto un quadro abbastanza aggiornato sulla esposizione in derivati del Tesoro italiano: «Alla fine del 2014 gli strumenti derivati per la gestione del debito emesso dalla Repubblica italiana, ammontano a circa 159,6 miliardi di valore nazionale(...) Il valore di mercato, aggiornato al terzo trimestre 2014, è negativo per 36,870 miliardi di euro...». Cifra poi salita a 42 miliardi a fine anno.

Sky trasforma i dipendenti in 007: sguinzagliati negli hotel per scoprire...

Sky trasforma i dipendenti in oo7 e li sguinzaglia in giro per hotel e bar. Nel mirino...





Dipendenti di Sky trasformati in agenti 007 estivi. L’azienda, come scrive il quotidiano La Repubblica,  si prepara a mobilitarli contro i bar e gli hotel che hanno un abbonamento per famiglie invece di quello - ben più costoso - per gli esercizi commerciali. Il compito dei dipendenti Sky sarà molto semplice. Ogni volta che entrano in un albergo o in un bar durante le loro vacanze, dovranno buttare un occhio al televisore che trasmette i canali della pay-tv. Se questo televisore ha un calice in stile Campari in basso a destra, allora pace: vuol dire che l’abbonamento è regolare perché rientra nella categoria “business”.

Se invece il calice manca, allora deve scattare l’allarme. A quel punto, il dipendente fotograferà lo scontrino del bar oppure la ricevuta dell’hotel (dove ci sono tutti i dati dell’esercizio) e li invierà all’indirizzo e-mail info.abusivi di Sky. Gli ispettori della pay-tv inizieranno subito le verifiche del caso. E se risulterà che il bar o l’hotel stanno davvero barando, allora il dipendente sarà premiato con un buono benzina da 50 euro, per la sua segnalazione.

domenica 26 aprile 2015

I call center vi tempestano di telefonate? La guida: così le eviterete (per sempre...)

Call center, come evitare le telefonate indesiderate





Siete perseguitati dai call center, che vi chiamano ogni santo giorno per proporvi tariffe ed abbonamenti a cui non siete interessati? Bene, esistono dei trucchi per evitare le moleste chiamate indesiderate. Questi trucchi li spiega un articolo de La Stampa, che riprende un vademecum diffuso dal Garante per la Privacy. Per prima cosa bisogna provvedere alla rimozione della propria utenza telefonica dagli elenchi a disposizione di chi effettua la promozione, e questo lo si può fare chiedendolo semplicemente al proprio gestore. Una seconda soluzione è invece quella di iscriversi semplicemente al Registro Pubblico delle Opposizioni, in modo da restare visibile nell'elenco, ma rendere il primo recapito ancora consultabile ma non più utilizzabile a fini promozionali. Scegliendo la seconda strada si esercita il diritto, previsto dal Codice della Privacy, ad opporsi al trattamento dei suoi dati personali a fini promozionali. Il servizio, per inciso, è totalmente gratuito e vi si può accedere tramite cinque modalità: modulo elettronico sul sito, posta elettronica, telefono, lettera raccomandata o fax. Se il recapito è riservato, però, non è possibile iscriversi al Registro delle Opposizioni e, di conseguenza, per evitare le telefonate dai call center bisogna esercitare i normali diritti del Codice della Privacy chiedendo direttamente al promotore che è il titolare del trattamento, come ha ricevuto i dati ed eventualmente chiedere la cancellazione.

Massacrati dalle zanzare? La scoperta: la (vera) ragione per cui vi pungono...

Zanzare, perché vi pungono: la questione è genetica





Le zanzare vi massacrano? E magari lo fanno mentre "ignorano" le persone che vivono con voi, che no vengono mai punte? No, non c'entra come si suol dire "il sangue dolce". Dietro c'è altro: la questione è genetica. Questo è quanto sostiene un team di studiosi guidato dalla London School of Hygiene and Tropical Medicine, che ha esposto i risultati della ricerca sulla rivista Plos One. Stando a quanto affermato dai ricercatori ci sono persone predisposte ad attrarre le zanzare, e questo è dovuto ad un odore particolare sprigionato dal corpo. Per arrivare a questa conclusione è stato svolto un esperimento: sono state liberate nell'ambiente delle zanzare della febbre gialla, tramite un tubo con forma ad Y, che permetteva agli insetti di andare in due direzioni diverse, verso 18 gemelli identici o omozigoti, che condividono il medesimo patrimonio genetico. E' emerso che erano in egual modo attraenti per le zanzare. L'esperimento è stato poi svolto su 19 gemelli omozigoti, differenti, che condividevano il 50% del patrimonio genetico, dal quale le zanzare sono risultate attratte in maniera diversa. James Logan, della London School of Hygiene and Tropicla Medicine, ha poi spiegato: "Studiando e comprendendo meglio il meccanismo genetico che sta dietro a una maggiore attività per le zanzare potrebbe essere possibile sviluppare metodi su misura per controllare meglio e sviluppare nuovi modi per respingerle".

Milan, Mr. Bee caccia Inzaghi Arrivano due super-big

Milan, il piano di Mr. Bee: via Pippo Inzaghi, arrivano Fabio Cannavaro, Marcello Lippi, Massimo Oddo e Paolo Maldini





Pippo Inzaghi, alias l'allenatore più precario d'Italia. La sua panchina al Milan ormai traballa da immemore tempo, ogni partita sarebbe quella buona per farlo "saltare", anche se le voci, ultimamente, paiono essersi chetate. Pippo, insomma, escludendo disastri ancor peggiori rispetto ai mezzi disastri combinati fino ad oggi, dovrebbe tirare fino al termine di quest'anno. E poi? E poi sarà dura. Anzi, durissima. Poco tempo fa Adriano Galliani aveva affermato che il progetto sarebbe quello di tenerlo anche per la prossima stagione, soprattutto se il finale di questa sarà convincente (e subito si scatenò la dietrologia: lo tengono ancora un anno, poi, dopo gli Europei, arriva Antonio Conte). Ma Pippo sa benissimo che con assoluta probabilità, la prossima stagione, non sarà più lui l'allenatore dei rossoneri.

"Nomenklatura" rossonera - La posizione di Inzaghi è già delicata, ma ora ad aggravarla ci sarebbero anche i pensieri del presidente. O meglio, di uno dei due presidenti in pectore, Mr Bee Taechaubol, il thailandese a capo della cordata asiatica che vuole acquisire la società. Già, perché Mr. Bee - che nonostante gli allarmi di Forbes potrebbe spuntarla nella corsa alla società - ha già un piano sportivo ben delineato: Marcello Lippi (che ormai di Asia se ne intende) direttore tecnico, Fabio Cannavaro allenatore. Mr Bee ha pensato anche all'assistente di Cannavaro, che dovrebbe essere Massimo Oddo. Dietro a questi nomi ci sono anche interessi commerciali: come ricorda Repubblica, infatti, Cannavaro è socio di Gls, il gruppo organizzatore di eventi sportivi di cui Mister Bee è sponsor. Il gruppo, per inciso, attraverso la Gls Academy, ha ottenuto la gestione di tutte le scuole calcio della Cina, che come è noto intende proporsi nel giro di pochi anni come super-potenza pallonara a livello globale.

I tempi per la cessione - Da Cannavaro a Lippi il passo è semplice: Marcello, ct dei mondiali vinti nel 2006 con Fabio capitano, è da sempre mentore dell'ex difensore centrale. Insomma la coppia è già ampiamente collaudata. Al nome di Oddo, infine, si arriva per precisi meriti sportivi: al settore giovanile del Pescara sta riscuotendo grandi successi (e, fattore da non sottovalutare, anche lui faceva parte della spedizione azzurra in Germania del 2006). La "nomenklatura" del Milan thai-cinese si conclude poi con Paolo Maldini, da tempo indicato come potenziale direttore sportivo nel caso in cui la società passasse di mano. I tempi per la cessione, intanto, si stringono sempre di più: Mr Bee sarà nel weekend a Milano, anche perché il memorandum d'intesa con Silvio Berlusconi scade il 30 aprile. Ora restano due passaggi: la presentazione delle garanzie bancarie e la firma dell'esclusiva a trattare, che taglierebbe fuori dalla trattativa i cinesi della cordata di mister Lee.

Mattarella sul Frecciarossa "come tutti" Ma a bordo pranza con un menù stellato

Per Mattarella sul Frecciarossa un menù stellato





Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stato oggi il primo passeggero del nuovo Frecciarossa 1000, che tra qualche giorno collegherà Milano e Roma in sole due ore. In stazione Centrale a Milano, per l'occasione, c'era anche lo storico e glorioso treno del Quirinale, riservato ai presidenti. "Ma io preferisco questo, perchè è per tutti" ha tenuto a precisare il presidente riferendosi al nuovo convoglio di Trenitalia. Certo, Poi durante il viaggio ha pranzato con il menu esclusivo realizzato da Carlo Cracco e dal suo staff. Dopo un aperitivo con un club sandwich, il presidente ha ricevuto dal celebre chef in persona il seguente menu: insalata di riso allo zafferano, verdure croccanti e gamberi rossi di Sicilia; lombo di vitello tonnato sedano e capperi; mini cannoli di ricotta; tagliata di frutta secca e caffè. Proprio quello che "tutti" mangiano quando viaggiano in treno.

A NOI I TAGLI, A LORO LA TAGLIATA Sede super lusso e ristorante gourmet La dolce vita della stampa estera a Roma

La stampa estera ci costa un milione di euro l'anno


di Mario Giordano 


A voi i tagli, a noi la tagliata. I giornalisti stranieri di stanza in Italia tornano ad attaccare il nostro Paese: stavolta, però, stranamente non chiedono lacrime e sangue per noi. Chiedono brasato e barolo per loro. Quando si dice la coerenza: il governo si è accorto che la bella sede romana della stampa estera ci costa un milione di euro l’anno e ha provato a ridurre la spesa, ma i moralizzatori d’oltralpe hanno scoperto d’improvviso che la spesa pubblica non è poi così brutta come sembra. Soprattutto se serve a mantenere il loro ristorante, con sala dedicata, ambiente tranquillo e accogliente, ogni giorno un menu diverso e la cantina fornita di vini di qualità. I colleghi stranieri non hanno dubbi: l’Italia faccia sacrifici, noi intanto ci facciamo pranzi da gourmet.

Il presidente della stampa estera si chiama Tobias Piller e molti di voi l’avranno presente, visto che va ospite fisso nei talk show per dire quanto gli italiani siano spendaccioni e quanto dovremmo imparare dalla Germania a tirare la cinghia. Corrispondente della Frankfurter Allgemeine Zeitung, è nel nostro Paese da oltre vent’anni ma continua a parlare come Strumptruppen. Di fatto è l’agente monomandatario del rigore tedesco, il ventriloquo della Merkel, una specie di apostolo dell’Angela. Non perde occasione per impartirci una predica. Così come fanno buona parte degli altri componenti dell’associazione, da Udo Gumpel a Marcelle Padovani, passando per i referenti italiani del Financial Times e dell’Economist, tutte persone che si sentono in dovere ogni giorno di darci una lezione di moralità. E che metterebbero i pensionati italiani in ginocchio sui ceci, se solo potessero. 
Ebbene: questi signori, per potere chiedere meglio sacrifici agli italiani, si fanno pagare dai medesimi italiani una bella sede in pieno centro di Roma, fra piazza Venezia e Fontana di Trevi. Tre piani, 2000 metri quadrati. Costo per i contribuenti: un milione di euro l’anno. Qui i nostri colleghi si ritrovano per importanti appuntamenti istituzionali come la presentazione della notte della taranta (27 marzo), la presentazione del cluster biomediterraneo dell’Expo (14 aprile) e la presentazione della nuova illuminazione dei fori imperiali (17 aprile). Ma soprattutto possono godere del ristorante con pranzi a tema («un’occasione per mangiare bene e bere buon vino») e il menù del giorno. Ieri, per dire, spiccavano le mezze maniche salsiccia e pecorino e la frisella con fagioli e tonno. Del resto, si sa, per scrivere acute analisi sul nostro Paese, bisogna tenersi leggeri.

In attesa del menù con caponata e pasta ’ncasciata (alla leggerezza non c’è limite), i nostri colleghi internazionali hanno avuto un altro peso sullo stomaco: è stato sollevato il problema del costo della loro sede, che per altro non è di proprietà dello Stato ma del costruttore Scarpellini (guarda un po’: sempre il solito, quello che affitta tutti i palazzi al Parlamento…). E così il governo ha suggerito un trasferimento, entro settembre, in un palazzo di proprietà del demanio, che consentirebbe notevoli risparmi. Siamo sempre nel centro di Roma (dietro l’Ara Pacis), si tratta di un piano alto, 1800 metri quadri in piazza Augusto Imperatore, non certo di uno sgabuzzino in periferia. Ma, nonostante questo, per i moralizzatori stranieri la proposta è più difficile da digerire della frisella tonno e fagioli.

I colleghi della stampa estera, infatti, come racconta Andrea Garibaldi del Corriere della Sera, sono andati a fare un sopralluogo e sono rimasti sdegnati. 1800 metri quadrati anziché 2000? Impossibile. Un solo piano anziché tre? Deludente. Poi non c’è spazio per la sala conferenze. E, soprattutto, per il bar-ristorante dove, come recita il sito ufficiale della Stampa Estera, si possono «fronteggiare le più dure giornate con le freschissime centrifughe di frutta fresca». Insomma: si può stare senza le freschissime centrifughe di frutta fresca? «Questa situazione va risolta», ha tuonato Tobias Piller prima di vergare un altro dei suoi feroci articoli sull’Italia sciupona e spendacciona. Come non capirlo? La coerenza non è tutto. E dev’essere proprio difficile moralizzare gli italiani senza farsi pagare da loro una sede faraonica, dove pasteggiare con tartufo bianco e Brunello del ’93.

Panico sul volo partito da Malpensa: motore a fuoco, atterraggio d'emergenza

Turchia, panico su un aereo partito da Malpensa: prende fuoco un motore, atterraggio di emergenza





Un aereo della Turkish Airlines, proveniente da Milano Malpensa e diretto a Istanbul, è stato costretto a un atterraggio di emergenza dopo che il motore destro ha preso fuoco. Tutti i 97 passeggeri e i membri dell'equipaggio sono stati evacuati e l'incendio è stato spento dai vigili del fuoco.

La televisione TRT ha mostrato le immagini dell'atterraggio del volo all’aeroporto di Ataturk con una scia di fumo e di scintille dietro di sé. I vigili del fuoco hanno prontamente affrontato l'incendio e spento le fiamme. Nessuno è rimasto ferito nell'atterraggio d’emergenza, precisa la TRT.

sabato 25 aprile 2015

Caivano (Na): Commemorazione 25 aprile, presenti Papaccioli e Sirico, assente Simone Monopoli Forza Italia

Caivano (Na): Commemorazione 25 aprile, presenti Papaccioli e Sirico, assente Simone Monopoli Forza Italia 




Commemorazione dei Caduti
Caivano (Na)

25 Aprile, ore 10.30, Piazza Cesare Battisti, commemorazione dei caduti, è un giorno fondamentale per la storia d'Italia ed assume un particolare significato politico e militare, in quanto simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale a partire dall'8 settembre 1943 contro il governo fascista della Repubblica sociale italiana e l'occupazione nazista. Tutti presenti? No!. I cittadini di Caivano si aspettavano di trovare tutti i candidati sindaco, uniti nell'unico dolore. I valori di libertà e democrazia devono essere comuni a tutti, insieme appunto, al rispetto per le istituzioni. Presenti solo il candidato sindaco del Partito Democratico, Luigi Sirico, e il candidato sindaco della Lista Civica "NOI CON PAPACCIOLI", dott. Giuseppe Papaccioli. Grande assente, il dott. Simone Monopoli di Forza Italia. 

Giampaolo Pansa: "Resitenza? Vi spiego tutte le falsità"

Pansa: tutte le falsità sulla Resistenza


di Giampaolo Pansa 



Gli anniversari dovrebbero essere aboliti. Soprattutto quando celebrano un evento politico che si presta a una giostra di opinioni non condivise. Accade così per il settantesimo del 25 aprile 1945, la festa della Liberazione.  Una cerimonia che suscita ancora contrasti, giudizi incattiviti e tanta retorica. A volte un mare di retorica, uno tsunami strapieno anche di bugie e di omissioni dettate dall' opportunismo politico. Per rendersene conto basta sfogliare i quotidiani e i settimanali di questa fine di aprile. È da decenni che studio e scrivo della nostra guerra civile. Ma non avevo mai visto il serraglio di oggi. Una fiera dove tutto si confonde. Dove imperano le menzogne, le reticenze, le pagliacciate, le caricature. È vero che siamo una nazione in declino e che ha perso la dignità di se stessa. Però il troppo è troppo.

Per non essere soffocato dalla cianfrusaglia, adesso proverò a rammentare qualche verità impossibile da scordare. La prima è che la guerra civile conclusa nel 1945, ma con molte code sanguinose sino al 1948, fu un conflitto fra due minoranze. Erano pochi i giovani che scelsero di fare i partigiani e i giovani che decisero di combattere l' ultima battaglia di Mussolini. Il «popolo in lotta» tanto vantato da Luigi Longo, leader delle Garibaldi, non è mai esistito. A perdere furono i ragazzi di Salò, i figli dell' Aquila repubblicana. Ma a vincere non furono quelli che avevano preso la strada opposta. L' Italia non venne liberata da loro. Se il fascismo fu sconfitto lo dobbiamo ad altri giovani che non sapevano quasi nulla di un Paese che dal 1922 aveva obbedito al Duce e l' aveva seguito in una guerra sbagliata, combattuta su troppi fronti. La vittoria e la libertà ci vennero donate dalle migliaia di ragazzi americani, inglesi, francesi, canadesi, australiani, brasiliani, neozelandesi, persino indiani, caduti sul fronte italiano. E dai militari della Brigata Ebraica, che oggi una sinistra ottusa vorrebbe escludere dalla festa del 25 aprile.

Gli stranieri e gli italiani si trovarono alle prese con una guerra civile segnata da una ferocia senza limiti. Qualcuno ha scritto che la guerra civile è una malattia mentale che obbliga a combattere contro se stessi. E svela l' animo bestiale degli esseri umani. Tutti gli attori di quella tragedia potevano cadere in un abisso infernale. Molti lo hanno evitato. Molti no. Eccidi, torture, violenze indicibili non sono stati compiuti soltanto dai nazisti e dai fascisti. Anche i partigiani si sono rivelati diavoli in terra. 

In un libro di memorie scritto da un comandante garibaldino e pubblicato dall' Istituto per la storia della Resistenza di Vercelli, ho trovato la descrizione di un delitto da film horror. Una banda comunista, stanziata in Valsesia, aveva catturato due ragazze fasciste, forse ausiliarie. E le giustiziò infilando nella loro vagina due bombe a mano, poi fatte esplodere. La ferocia insita nell' animo umano era accentuata dalla faziosità ideologica. La grande maggioranza delle bande partigiane apparteneva alle Garibaldi, la struttura creata dal Pci e comandata da Longo e da Pietro Secchia. È una verità consolidata che tra le opzioni del partito di Palmiro Togliatti ci fosse anche quella della svolta rivoluzionaria. Dopo la Liberazione sarebbe iniziata un' altra guerra. Con l' obiettivo di fare dell' Italia l' Ungheria del Mediterraneo, un Paese satellite dell' Unione Sovietica. I comunisti potevano essere più carogne dei fascisti e dei nazisti? No, perché chi imbraccia un' arma per affermare un progetto totalitario, nero o rosso che sia, è sempre pronto a tutto. Ma esiste un fatto difficile da smentire: le stragi interne alla Resistenza, partigiani che uccidono altri partigiani, sono tutte opera di mandanti ed esecutori legati al Pci.

La strage più nota è quella di Porzûs, sul confine orientale, a 18 chilometri da Udine. Nel pomeriggio del 7 febbraio 1945, un centinaio di garibaldini assalgono il comando della Osoppo, una formazione di militari, cattolici, monarchici, uomini legati al Partito d' Azione e ragazzi apolitici. Quattro partigiani e una ragazza vengono soppressi subito. Altri sedici sono catturati e tutti, tranne due che passano con la Garibaldi, saranno ammazzati dall' 8 al 14 febbraio. Un assassinio al rallentatore che diventa una forma di tortura.
In totale, 19 vittime.

La strage ha un responsabile: Mario Toffanin, detto "Giacca", 32 anni, già operaio nei cantieri navali di Monfalcone, un guerrigliero brutale e un comunista di marmo. Ha due idoli: Stalin e il maresciallo Tito. Considera la guerriglia spietata il primo passo della rivoluzione proletaria. Ma l' assalto e la strage gli erano stati suggeriti da un dirigente della Federazione del Pci di Udine. Di lui si conosce il nome e l' estremismo da ultrà che gioca con le vite degli altri.

È quasi inutile rievocare le imprese di Franco Moranino, "Gemisto", il ras comunista del Biellese. Un sanguinario che arrivò a uccidere i membri di una missione alleata. E poi fece sopprimere le mogli di due di loro, poiché sospettavano che i mariti non fossero mai giunti in Svizzera, come sosteneva "Gemisto". Il Pci di Togliatti difese sempre Moranino e lo portò per due volte a Montecitorio e una al Senato. Anche lui come "Giacca" morì nel suo letto.

Tra le imprese criminali dei partigiani rossi è famoso il campo di concentramento di Bogli, una frazione di Ottone, in provincia di Piacenza, a mille metri di altezza sull' Appennino. Dipendeva dal comando della Sesta Zona ligure ed era stato affidato a un garibaldino che oggi definiremmo un serial killer. Tra l' estate e l' autunno del 1944 qui vennero torturati e uccisi molti prigionieri fascisti. Le donne venivano stuprate e poi ammazzate. Soltanto qualcuno sfuggì alla morte e dopo la fine della guerra raccontò i sadismi sofferti.

A volte erano dirigenti rossi di prima fila a decidere delitti eccellenti. Le vittime avevano comandato formazioni garibaldine, ma si rifiutavano di obbedire ai commissari politici comunisti. Di solito questi crimini venivano mascherati da eventi banali o da episodi di guerriglia. Uno di questi comandanti, Franco Anselmi, "Marco", il pioniere della Resistenza sull' Appennino tortonese, dopo una serie di traversie dovute ai contrasti con esponenti del Pci, fu costretto ad andarsene nell' Oltrepò pavese. Morì l' ultimo giorno di guerra, il 26 aprile 1945, a Casteggio per una raffica sparata non si seppe mai da chi.

Negli anni Sessanta, andai a lavorare al Giorno, diretto da Italo Pietra che era stato il comandante partigiano dell' Oltrepò. Sapeva tutto del Pci combattente, della sua doppiezza, dei suoi misteri. Quando gli chiesi della fine di Anselmi, mi regalò un' occhiata ironica. E disse: «Vuoi un consiglio?
Non domandarti nulla. Anselmi è morto da vent' anni. Lasciamolo riposare in pace».

Un' altra fine carica di mistero fu quella di Aldo Gastaldi, "Bisagno", il numero uno dei partigiani in Liguria. Era stato uno dei primi a darsi alla macchia nell' ottobre 1943, a 22 anni. Cattolico, sembrava un ragazzo dell' oratorio con il mitragliatore a tracolla, coraggioso e altruista. Divenne il comandante della III Divisione Garibaldi Cichero, la più forte nella regione. Era sempre guardato a vista dalla rete dei commissari comunisti della sua zona.

Nel febbraio 1945, il Pci cercò di togliergli il comando della Cichero, ma non ci riuscì. Alla fine di marzo Bisagno chiese al comando generale del Corpo volontari della libertà di abolire la figura del commissario politico. E quando Genova venne liberata, cercò di opporsi alle mattanze indiscriminate dei fascisti.

Non trascorse neppure un mese e il 21 maggio 1945 Bisagno morì in un incidente stradale dai tanti lati oscuri. In settembre avrebbe compiuto 24 anni. Ancora oggi a Genova molti ritengono che sia stato vittima di un delitto. Sulla sua fine esiste una sola certezza. Con lui spariva l' unico comandante partigiano in grado di fermare in Liguria un' insurrezione comunista diretta a conquistare il potere. Scommetto mille euro che nessuno dei due verrà ricordato nelle cerimonie previste un po' dovunque. Al loro posto si farà un gran parlare delle cosiddette Repubbliche partigiane. Erano territori conquistati per un tempo breve dai partigiani e presto perduti sotto l' offensiva dei tedeschi. Le più note sono quelle di Montefiorino, dell' Ossola e di Alba.

Nel 1944, Montefiorino, in provincia di Modena, contava novemila abitanti. Con i quattro comuni confinanti si arrivava a trentamila persone. L' area venne abbandonata dai tedeschi e i partigiani delle Garibaldi vi entrarono il 17 giugno. La repubblica durò sino al 31 luglio, appena 45 giorni. Fu un trionfo di bandiere rosse, con decine di scritte murali che inneggiavano a Stalin e all' Unione Sovietica. Vi dominava l' indisciplina più totale. Al vertice c' era il Commissariato politico, composto soltanto da comunisti. Il caos ebbe anche un lato oscuro: le carceri per i fascisti, le torture, le esecuzioni di militari repubblicani e di civili. Ma nessuno si preoccupava di difendere la repubblica. Infatti i tedeschi la riconquistarono con facilità.

La repubblica dell' Ossola nacque e morì nel giro di 33 giorni, fra il settembre e l' ottobre del 1944. Era una zona bianca, presidiata da partigiani autonomi o cattolici. E incontrò subito l' ostilità delle formazioni rosse. Cino Moscatelli, il più famoso dei comandanti comunisti, scrisse beffardo: «A Domodossola c' è un sacco di brava gente appena arrivata dalla Svizzera che ora vuole creare per forza un governino pur di essere loro stessi dei ministrini».

La repubblica di Alba venne descritta così dal grande Beppe Fenoglio, partigiano autonomo: «Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre 1944». Durata dell' esperimento: 23 giorni, conclusi da una fuga generale. Sentiamo ancora Fenoglio: «Fu la più selvaggia parata della storia moderna: soltanto di divise ce n' era per cento carnevali. Fece impressione quel partigiano semplice che passò rivestito dell' uniforme di gala di colonnello d' artiglieria, con intorno alla vita il cinturone rossonero dei pompieri...».

In realtà la guerra civile fu di sangue e di fuoco. Con migliaia di morti da una parte e dall' altra. Dopo il 25 aprile ebbe inizio un' altra epoca altrettanto feroce. L' ho descritta nel libro che mi rende più orgoglioso fra i tanti che ho pubblicato: Il sangue dei vinti. Stampato da un editore senza paura: la Sperling e Kupfer di Tiziano Barbieri. Un buon lavoro professionale. Dal 2003 a oggi, nessuna smentita, nessuna querela, ventimila lettere di consenso, una diffusione record. Ma le tante sinistre andarono in tilt. E diedero fuori di matto.

Più lettori conquistavo, più venivo linciato sulla carta stampata, alla radio, in tivù. Mi piace ricordare l' accusa più ridicola: l' aver scritto quel libro per compiacere Silvio Berlusconi e ottenere dal Cavaliere la direzione del Corriere della Sera. Potrei mettere insieme un altro libro per raccontare quello che mi successe. Qui preferisco ricordare i più accaniti tra i miei detrattori: Giorgio Bocca, Sandro Curzi, Angelo d' Orsi, Sergio Luzzatto, Giovanni De Luna, Furio Colombo, qualche firma dell' Unità, varie eccellenze dell' Anpi, del Pci e di Rifondazione comunista.
Tutti erano mossi dalle ragioni più diverse. Se ci ripenso sorrido.

La meno grottesca riguarda l' ambiente legato al vecchio Pci. Dopo la caduta del Muro di Berlino e la svolta di Achille Occhetto nel 1989, gli restava poco da mordere. Si sono aggrappati alla Resistenza. E hanno inventato uno slogan. Dice: la Resistenza è stata comunista, dunque chi offende il Pci offende la Resistenza. Oppure: chi offende la Resistenza offende il Pci e gli eredi delle Botteghe oscure.

Ecco un' altra delle menzogne spacciate ogni 25 aprile. Insieme alla bugia delle bugie, quella che dice: le grandi città dell' Italia del nord insorsero contro i tedeschi e li sconfissero anche nell' ultima battaglia. Non è vero. La Wehrmacht se ne andò da sola, tentando di arrivare in Germania. In casa nostra non ci fu nessuna Varsavia, la capitale polacca che si ribellò a Hitler tra l' agosto e il settembre 1944. E divenne un cumulo di macerie. In Italia le uniche macerie furono quelle causate dai bombardamenti degli aerei alleati.

Che cosa resta di tutto questo? Di certo il rispetto per i caduti su entrambe le parti. Ma anche qualcos' altro. Quando viaggio in auto per l' Italia, rimango sempre stupito dalla solitaria immensità del paesaggio. Anche nel 2015 presenta grandi spazi vuoti, territori intatti, mai violati dal cemento. È allora che ripenso ai pochi partigiani veri e ai figli dell' Aquila fascista. E mi domando se avrei avuto il loro stesso coraggio se fossi stato un giovane di vent' anni e non un bambino. Si gettavano alle spalle tutto, la famiglia, gli studi, l' amore di una ragazza, per entrare in un mondo alieno, feroce e sconosciuto. Erano formiche senza paura e pronte a morire. L' Italia di oggi merita ancora quei figli, rossi, neri, bianchi? Ritengo di no.

Lo Stato dove le tasse non esistono Il sogno a pochi chilometri dall'Italia

Liberland, lo Stato senza tasse a poche ore dall'Italia: come chiedere la cittadinanza





"Vivi e lascia vivere". "Qui non si paga alcuna tassa". Due semplici motti che definiscono lo Stato del Liberland, un fazzoletto di territorio tra la Serbia e la Croazia, a qualche ora di macchina dall'Italia, con una semplice bandiera: uno scudo, un'aquila, un albero, il sole. Simboli di libertà, prospoertià ed energia. Sette chilometri quadrati che in passato sia Serbia sia Croazia hanno rivendicato per sé, e che ora sono la plastica costruzione di un sogno: uno Stato senza gabelle né imposte, il più giovane d'Europa nonché del mondo intero.

200mila richieste - Certo, i problemi non sono pochi: nessuno ancora lo ha riconosciuto, e ci si chiede quanto possa durare. Il creatore del Liberland è Vit Jedlicka, euroescettico ceco certo del fatto che si potesse creare una nuova entità statale fondata sui principi dei diritti individuali, della proprietà privata e del rispetto delle opinioni altrui. E, come detto, senza tasse. O meglio, le tasse sono "volontarie" e utilizzate esclusivamente per la realizzazione di alcuni progetti finanziati dalla "collettività". Jedlicka ha vinto delle peculiari elezioni democratiche, e ora pensa in grande: nel giro di pochissimi giorni duecentomila persone hanno fatto richiesta per ottenere la cittadinanza.

"Un ordine spontaneo" - Il caso di Liberland sta facendo rumore, tanto che se ne è interessato anche il britannico Guardian: "Le cose si stanno dando un ordine spontaneo - ha spiegato Jedlicka al quotidiano -. La città di Gornja Siga è stata pianificata in tre giorni, e ora ci sono persone intenzionate a trasferirsi e a investire. Ciò che sembrava un sogno sembra sempre più possibili". Pochi i requisiti per diventare cittadini del Liberland: una fedina penale pulita, il rispetto per gli altri e per le loro proprietà, nessuna militanza in passato in partiti comunisti o nazisti. Jedlicka, spiega sempre al Guardian, ha come modello l'ex presidente Usa Thomas Jefferson, "la sua ricerca della libertà".

Il passato politico - L'euroscettico Jedlicka non è completamente nuovo alle cronache politiche. Per esempio si candidò con il partito di destra ceco Free Citizenz alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, ma rimase fuori dalle istituzioni continentali: il suo movimento ottenne un seggio, ma lui era soltanto al quarto posto in lista. Dunque, dopo il "fallimento europeo", ha pensato di mettersi in proprio. Di creare il suo Stato "tax-free". E a chi lo accusa di essere un utopico sognatore risponde: "Ogni Stato è stato fondato in terra di nessuno, e come la mente umana non ha limiti, non ce ne sono neppure al numero di persone che potrebbero vivere qui. Tutto dipende da quanto riusciremo a costruire in altezza".

La Costituzione - Una "terra di nessuno", dunque, pronta a diventare lo Stato più liberal del globo terracqueo. E per chi ne vuole sapere di più basta cliccare qui, per accedere al sito ufficiale del Liberland, con tanto di Costituzione e modulo per richiedere la cittadinanza. Inoltre, per chi decidesse di trasferirsi, verranno garantiti il diritto alla proprietà e, come detto, la possibilità di modulare autonomamente il proprio carico fiscale: ognuno paga quanto vuole, e se vuole. "Vivi e lascia vivere", appunto. Tanto che Jedlicka ha spiegato a Fox News, senza peli sulla lingua: "L'Europa ha bisogno di un nuovo paradiso fiscale. Ci serve un luogo in cui le persone possano vivere in pace e prosperare. La nostra convinzione è di poter creare lo Stato definitivo del pianeta. Mettiamo insieme le migliori parti della Rivoluzione americana e della Costituzione Usa. E le applichiamo". Ma non tutto è in discesa: per esempio, la vicina Croazia, ad esempio ha già detto di non essere intenzionata a riconoscere lo Stato di Jedlicka.

Il banchiere che terrorizza Renzi: così può farlo cadere quando vuole

Matteo Renzi terrorizzato da Mario Draghi: mister Bce è l'unico uomo che può far crollare il governo (premendo un pulsante...)





Proclama, promesse, riforme, cifre. Ottimismo. L'ottimismo di Matteo Renzi. Ma anche il premier ha una grande preoccupazione. No, non si tratta della minoranza del Pd che gli fa la guerra (o meglio, non solo). La sua preoccupazione, nonostante i "buoni rapporti" di facciata, ha un nome e un cognome. Il nome e il cognome dell'uomo, insieme ad Angela Merkel, più potente d'europa: Mario Draghi. Già, che farà Mario Draghi? E' la domanda che si pone il direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, in un editoriale che si interroga su quale possa essere il futuro dell'esecutivo. E se le riforme poi non funzionassero? E se il Paese non crescesse al ritmo minimo che mister Bce ritiene inderogabile?

Qui Pil - Le cifre, in verità, non autorizzano gli ottimismi dell'uomo da Rignano sull'Arno. Per Renzi l'Italia crescerà di due punti di Pil nei prossimi due anni, ma la verità è che l'1,6% di questa crescita stimata è diretta conseguenza del quantitative easing, la "siringata" di liquidità sui mercati europei orchestrata dal dominus Draghi. E se a quel 2%, poi, non si arrivasse? Se le aspettative della Bce non venissero rispettate, come potrebbe proseguire il suo percorso a Palazzo Chigi, mister Renzi? Draghi, è noto, è persona diretta, concreta, che si farebbe ben pochi scrupoli a bocciare l'Italia nel caso in cui il piano-Renzi non funzionasse. E a ben vedere dal super-Mario nazionale una stroncatura a Matteo, nel Rapporto annuale sul 2014 della Bce, è già arrivata: Draghi definì "piuttosto deludente" l'azione riformista dell'esecutivo tricolore.

"Una parola di Draghi..." - E poiché, come ricorda Cerasa, "una parola di Draghi può essere all'occorrenza benzina per i motori del governo", la stessa parola può anche essere "una mazza ferrata da consegnare agilmente agli oppositori del presidente del Consiglio di turno" (si pensi, per esempio, all'effetto che ebbero le valutazioni della Bce pre-Draghi nel 2011, quando fu de facto praticata l'eutanasia - a colpi di spread - al governo Berlusconi). Le preoccupazioni, insomma, per Renzi esistono. Esistono eccome, nonostante la (presunta) armonia con mister Draghi. Ed è a questo punto del discorso che le preoccupazioni del premier sul fronte-Draghi si legano a doppio filo alle preoccupazioni che gli crea la minoranza del Pd, quella minoranza che ha due esponenti di spicco: Romano Prodi ed Enrico Letta. Putacaso entrambi molto vicini a mister Draghi, entrambi con solide radici nel tessuto delle istituzioni europee.

Il Pdar - Cerasa ribattezza Pdar (Partito dell'alternativa al renzismo) il "correntone" di Prodi e Letta. Poi il direttore de Il Foglio spiega che se un domani le cose, per Renzi, non andassero bene, il neonato Pdar potrebbe anche riuscire ad attivare, proprio grazie a Draghi, il "pulsante finish dell'entusiasmo renziano". Certo, per ora si tratta soltanto di ipotesi, di voci, di sospetti. Ma un giorno, Renzi, i conti li dovrà pur fare. Non tanto con il Parlamento, ma piuttosto - e qui si torna al principio - con Draghi, con l'uomo più potente - e influente - d'Europa. Emblematica e sibillina la chiusa dell'editoriale di Cerasa: "Il capo del governo e il capo della Bce sono due uomini soli al comando. Ma, incidentalmente, uno tra i due comanda più dell'altro e di quell'uno diciamo che il fiorentino è una lingua che non conosce". Chiaro, no?