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giovedì 18 dicembre 2014

Caso Marò, da Monti, Letta e Renzi: solo parole. Ne è rimasta una: vergogna

Caso Marò, da Monti, Letta e Renzi: solo parole. Ne è rimasta una: vergogna


di Maurizio Belpietro 



«Il premier indiano Manmohan Singh mi ha assicurato che si occuperà personalmente dell’obiettivo di trovare una soluzione amichevole del caso dei due marò». (26 marzo 2012, il presidente del Consiglio Mario Monti a margine del summit nucleare a Seul). «Il nostro team legale sta proseguendo la sua azione, segno che vi sono delle questioni procedurali che sono valutate molto attentamente. È comunque importante l’incontro tra il premier Monti e l’indiano Singh perché conferma la volontà di collaborazione delle autorità indiane alla soluzione di questo caso». (27 marzo 2012, il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata sul trasferimento del processo all’Alta Corte del Kerala). «L’Italia intende agire secondo le norme del diritto internazionale e in nome del rispetto di queste regole continuerà ad esigere con fermezza e determinazione che l’India si uniformi ad esse. È la linea che perseguiamo, mossi non da prudenza né da audacia, ma dalla certezza di essere dalla parte della ragione e dall’obiettivo di riportare a casa i nostri due ragazzi». (14 agosto 2012, il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata rispondendo a un’interrogazione parlamentare).

«I marò torneranno a casa. È un impegno del governo, del Parlamento e di coloro che positivamente, costantemente, offrono il loro contributo di lavoro, di sostegno, e di coesione nazionale. L’attenzione è costante e non c’è tregua, né bisogno di mettere foto sulla scrivania, perché l’attenzione dello stato è quotidiana». (2 settembre 2012, il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata rispondendo a una lettera dell’assessore regionale veneto Elena Donazzan). «Confidiamo che la Corte riconoscerà le ragioni del diritto. In caso contrario intraprenderemo tutte le opportune iniziative, sia sul piano bilaterale che europeo e multilaterale» (7 dicembre 2012, il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata in un’intervista al sito online Linkiesta). «I nostri marò sono tornati a casa. Grande emozione nel riabbracciare Massimiliano e Salvatore, valorosi servitori dello Stato». (22 dicembre 2012, il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata accogliendo i due militari in Italia ma con l’impegno di ritornare in India).

«Mi dimetto perché per 40 anni ho ritenuto e ritengo oggi in maniera ancora più forte che vada salvaguardata l’onorabilità del Paese, delle forze armate e della diplomazia italiana. Mi dimetto perché solidale con i nostri due marò e con le loro famiglie. Ero contrario al loro ritorno in India, ma la mia voce è stata inascoltata. Ho aspettato a presentare le mie dimissioni qui in Parlamento per esprimere pubblicamente la mia posizione: non posso più far parte di questo governo». (26 marzo 2013, il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata alla Camera dopo che il governo Monti aveva preso la decisione di rispedire in India i due marò). «Massimiliano e Salvatore mi hanno chiesto “non abbandonateci”. Sarebbe facile ora lasciare, ma per rispetto delle istituzioni e delle scelte fatte non abbandonerò la nave in difficoltà fino all’ultimo giorno di governo. Ho sempre agito solo per il bene dei due fucilieri e dell’Italia. Se non ci sono riuscito me ne scuso con tutti e prima con loro due». (26 marzo 2013, il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, rispondendo alla Camera alle dimissioni del ministro degli Esteri). «Una strategia di contrapposizione frontale non avrebbe portato a risultati diversi perché i due fucilieri si trovavano in India, il governo ha avviato un dialogo difficile e costante con l’esecutivo indiano, ma sul caso dei due marò il mio impegno e quello del governo sono stati assoluti». (27 marzo 2013, il presidente del Consiglio Mario Monti, rispondendo alla Camera dopo le dimissioni del ministro degli Esteri).

«Il presidente del Consiglio Mario Monti ha oggi avuto una lunga conversazione con il primo ministro indiano Manmohan Singh sul caso dei Fucilieri di Marina Latorre e Girone. Il primo ministro Singh ha apprezzato la decisione presa dal governo italiano e dai due Marò - dopo le assicurazioni fornite dalle autorità indiane - di rispettare l’impegno al rientro in India al termine della licenza per le elezioni. Nel colloquio telefonico si è quindi convenuto, al più alto livello politico, che tale responsabile decisione da parte italiana contribuirà a rendere più sollecita una positiva soluzione del caso». (9 aprile 2013, comunicato di Palazzo Chigi). «Lavoreremo per trovare una soluzione equa e rapida alla dolorosa vicenda dei due fucilieri di Marina trattenuti in India, che ne consenta il legittimo rientro in Italia nel più breve tempo possibile». (29 aprile 2013, Enrico Letta, presentando il suo governo alla Camera). «L’ho detto nel discorso programmatico, il rientro in patria è un impegno del nostro governo. Ho formato subito un comitato di ministri, in cui abbiamo nominato Staffan De Mistura inviato della presidenza del Consiglio in India. De Mistura si è recato in India tre volte in 70 giorni. Il nostro obiettivo resta risolvere la questione in modo equo». (10 luglio 2013, Enrico Letta, rispondendo a Giorgia Meloni durante un question time alla Camera).

«Sono molto fiduciosa che i due marò trattenuti in India possano tornare in Italia entro Natale». (18 luglio 2013, il ministro degli Esteri Emma Bonino). «In attesa di sviluppi, chiederemo alla Corte Suprema indiana di far rientrare in Italia i due fucilieri. Per difendere i due marò siamo pronti a bloccare gli accordi tra Ue e India». (17 gennaio 2014, il ministro degli Esteri Emma Bonino). «Il capo dello Stato proseguirà e intensificherà i contatti già stabiliti sul tema con i capi di Stato di Paesi amici, presso i quali ha già incontrato attenzione e comprensione per questo caso doloroso». (31 gennaio 2014, nota del Quirinale diffusa al termine dell’incontro tra Giorgio Napolitano e la delegazione parlamentare ritornata da una missione in India). «Tornerete con onore» (Giorgio Napolitano ai due marò in una telefonata del 31 gennaio 2014). «La ministro Emma Bonino a Davos dove partecipa al “World Economic Forum”, dopo colloqui con i ministri delle Finanze e del Commercio indiani, ha detto che hanno assicurato l’impegno a far sì che il loro governo decida sui marò il 3 febbraio». (24 gennaio 2014, comunicato del ministero degli Esteri italiano). «Dopo la pronuncia di oggi della Corte Suprema indiana che ha stabilito un termine perentorio di sette giorni per la formulazione da parte del giudice di una posizione definitiva nei confronti dei Fucilieri di Marina Latorre e Girone, il governo proseguirà il suo impegno caparbio in tutte le sedi europee e internazionali per una soluzione più favorevole rapida del caso». (3 febbraio 2014, il ministro degli Esteri Emma Bonino). «La mia visita a Nuova Delhi è un monito per ricordare che il governo italiano reputa inaccettabile, illogico e fortemente contraddittorio, fare ricorso a una legislazione antiterrorismo e antipirateria per inserire in un quadro di giudizio due persone che si battevano contro il terrorismo e la pirateria». (10 febbraio 2014, il ministro della Difesa Mario Mauro dopo che la Procura generale indiana ha deciso di accusare i due marò di pirateria).

«Oggi voglio ribadire i miei sentimenti di vicinanza a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre e alle loro famiglie. Sono certo che l’impegno delle istituzioni italiane e dell’Italia intera continuerà con determinazione fino alla soluzione della vicenda». (10 febbraio 2014, Enrico Letta al termine di una riunione interministeriale sul caso dei due marò). «Nel loro primo giorno da ministri degli Esteri e della Difesa, l’on. Federica Mogherini e la sen. Roberta Pinotti hanno telefonato ai due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. “Siete il mio primo pensiero e il primo del nuovo governo”, ha dichiarato con parole affettuose il ministro Pinotti». (22 febbraio 2014, Ansa). «Ieri ho scelto di fare alcune telefonate simboliche ma non solo simboliche, ho chiamato i marò in India, coinvolti in un’assurda e allucinante vicenda per la quale garantisco un assoluto impegno del governo». (24 febbraio 2014, Matteo Renzi nel corso del suo intervento in aula al Senato, dove sarà votata la fiducia al nuovo esecutivo). «Con l’invio dell’ultima nota verbale a Nuova Delhi, il 18 aprile scorso è stato avviato un percorso di procedura internazionale e si apre una fase nuova, che esaurisce quella avviata dall’inviato Staffan De Mistura». (4 luglio 2014, il ministro degli Esteri Federica Mogherini al Parlamento).

«Credo che rispetto al passato ci sia stato un significativo cambio di passo e che entrambi i Paesi vogliano risolvere rapidamente il caso nell’ambito del profondo rapporto di amicizia che li lega». (1 novembre 2014, il ministro degli esteri Paolo Gentiloni nel corso dell’audizione alle Commissioni esteri di Camera e Senato). «Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, fortemente contrariato dalle notizie giunte da Nuova Delhi circa gli ultimi negativi sviluppi della vicenda dei marò, resterà in stretto contatto con il governo e seguirà con attenzione gli orientamenti che si determineranno in Parlamento». (16 dicembre 2014, comunicato del Quirinale dopo che la Corte Suprema indiana ha respinto le istanze dei due fucilieri di Marina). Un capo dello Stato, tre presidenti del Consiglio, quattro ministri degli Esteri e tre ministri della Difesa per lasciarli a marcire laggiù. Non ci sono parole, solo vergogna. 

mercoledì 17 dicembre 2014

Ecco tutti i "miti" di Mafia Capitale Er Monnezza, Belen e pure Bombolo...

I miti di Mafia Capitale? Er Monnezza, Belen e Bombolo

di Franco Bechis 


Massimo Carminati, il Nero (o il Cècato) di Mafia Capitale veniva preso in giro dai suoi amici per il fare un po’ troppo intellettuale. Si svegliava al mattino alle 6 e subito- dice lui in una intercettazione- “scarico dall’Ipad il Corriere della Sera”. L’amico tuttofare Riccardo Brugia replica: “Ma tu mai il Corriere dello Sport?”. Nel giro infatti erano altre le letture, come quelle che allo stesso Brugia consiglia il commerciante d’auto Luigi Seccaroni: “Ma comprate Novella 2000! Fai uscì qualcuno… vattelo a comprà”. Il povero Brugia si preoccupa che sia uscito qualche scoop su Carminati: “eh… c’è stà l’amico nostro?”. Ma è fuori bersaglio. “Tu non ti preoccupà”, replica Seccaroni, “và a vedè… c’è ‘na sorca… c’è Belen con…’na fregna…”. Sospiro di sollievo del braccio destro di Carminati: “sei un grande, Luì… non c’è niente da fà”. E l’altro, continuando lo spot per Novella 2000: “che fregna Belen, ahò… tutta nu… mezza nuda, che sorca…”. Sempre Brugia viene intercettato con un altro amico della congrega di Carminati, Roberto Lacopo. Ed è l’occasione per un po’ di critica cinematografica. Roberto: “Ieri me sò visto il film con Bombolo…” Riccardo: “pure io, quello con Tomas Milan, pure io…”. Grandi risate fra i due. Riccardo: “pure io Er Monnezza, li stanno a rifà e li stò a vedè pure io…”. “Che belli, che belli!”, “Che grande che è…”

"Maiale". "Taci sei un comunista di..." La Russa sbrocca col grillino: ecco perché

Rissa alla Camera tra La Russa e il grillino Zaccagnini




Rissa sfiorata in Transatlantico alla Camera tra i deputati di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa e Fabio Rampelli e il deputato di Sel Adriano Zaccagnini. A far scoppiare la scintilla è stata la tesi dell’ex ministro della Difesa, che ha sostenuto come Tommaso Curro’, che oggi ha annunciato l’addio ai 5 stelle, debba dimettersi da deputato. Zaccagnini, che al movimento di Beppe Grillo con cui è stato eletto ha detto addio più di un anno fa, ha apostrofato La Russa con un sonoro “maiale”, “come i maiali della Fattoria degli animali di George Orwell”. Rampelli è intervenuto a difesa del collega di partito, osservando in romanesco che “come i maiali ce magni te co’ ‘e cooperative rosse”. “Te - è stata la replica di Zaccagnini - stavi in piazza co’ quella gente per far cadere Marino che con Buzzi non c’entra niente”. E La Russa: “Lascialo stare poverino è di Sel”. Intorno ai due, oltre a un capannello di giornalisti, si sono posizionati anche diversi commessi per evitare che la situazione degenerasse. Alla stampa La Russa ha ricordato di aver presentato un ddl per modificare l’articolo 67 della Costituzione e impedire cambi di casacca. “La Russa – ha commentato prontamente Zaccagnini - non riconosce la liberta’ dei parlamentari. C’è una saldatura tra Fratelli d’Italia e M5S, un partito padronale. Praticamente i fascio-grillini”

Notav, le toghe assolvono gli antagonisti Il verdetto: "Non sono dei terroristi"

Notav, cade l'accusa di terrorismo. Chiara, Claudio, Niccolò, Mattia condannati a 3 anni per danneggiamento




La corte d’assise di Torino ha assolto dall’accusa di aver agito con finalità di terrorismo i quattro attivisti No Tav di area anarchica a processo per l’assalto al cantiere della Torino-Lione del maggio 2013. Claudio Alberto, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi, sono invece stati condannati a tre anni e mezzo di carcere ciascuno per danneggiamento e incendio di un compressore e per violenza a pubblico ufficiale. La corte ha ritenuto di assolvere i quattro imputati dall’accusa di aver agito con finalità terroristiche con la formula "perché il fatto non sussiste". Disposta anche una multa di cinquemila euro ciascuno e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Urla "libertà libertà" hanno accolto dal pubblico nell’aula bunker del carcere di Torino la lettura del dispositivo. I compagni hanno anche scandito altri cori come "buffoni", "buffoni".  I pm Rinaudo e Padalino avevano chiesto 9 anni e mezzo di reclusione. Abbracci tra il pubblico e anche tra gli imputati in carcere dal 9 dicembre 2013. Alle 17.30 è previsto un presidio in Val di Susa.

I fatti - I fatti risalgono alla notte tra il 13 e il 14 maggio 2013, quando una trentina di persona, divisi in gruppi, attacca il cantiere dell’alta velocità con un fitto lancio di bottiglie incendiarie, bombe carte e petardi, provocando il danneggiamento di un compressore. Il 9 dicembre dello stesso anno, la Digos arresta i quattro militanti, tutti di area anarchica, e la Procura di Torino ipotizza per loro il reato di "attentato con finalità terroristiche". Un’accusa pesante, che solleva grandi proteste nel movimento No Tav, sfociate in alcune manifestazioni pubbliche. Nel maggio 2014 gli avvocati della difesa ricorrono in Cassazione contro la custodia cautelare dei quattro arrestati e i giudici della Corte suprema, pur confermando la detenzione, sollevano perplessità sull’applicazione del reato di terrorismo, escludendo di fatto il grave danno allo Stato. Poco dopo ha inizio il processo nell’aula bunker del carcere di Torino e nell’udienza di settembre gli imputati ammettono di aver partecipato all’assalto, escludendo però finalità terroristiche. A novembre, i pm Rinaudo e Padalino chiedono 9 anni e mezzo di reclusione, confermando la matrice terroristica dell’assalto.Si arriva così alla sentenza di stamattina, che se da un lato conferma i reati di danneggiamento, fabbricazione, trasporto di armi e resistenza a pubblico ufficiale, dall’altro esclude l’attentato terroristico. A fine pronunciamento fra il pubblico presente in aula si alzano urla di gioia, mentre gli imputati, confinati nella stessa gabbia, si abbracciano e salutano amici e parenti.

Ricatto della Merkel a Draghi: vuole 150 mld per aiutare l'Italia

Bce, così Angela Merkel può farsi dare 150 miliardi di euro da Mario Draghi: il "ricatto" al governatore




All'ordine del giorno nella prossima riunione del board della Bce, il 22 gennaio, potrebbe esserci il cosiddetto quantitative easing, l'immissione di liquidità in un'Eurozona stagnante, che in buona sostanza si tradurrebbe nell'acquisto dei titoli di Stato dei Paesi in difficoltà da parte dell'istituto presieduto da Mario Draghi. Un'ipotesi, quella dell'acquisto di bond, che fa storcere il naso alla Germania, che per voce di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, ha seccamente annunciato il "no" di Berlino, e curiosamente lo ha fatto in un'intervista a Repubblica, uno dei quoitidiani che più sostiene l'operato del governatore Draghi.

Il piano - Quello a cui mira la Bce - o meglio, la parte della Bce che segue Draghi - è imitare il modello della Fed americana, nel dettaglio con mille miliardi di euro da destinare all'acquisto di titoli di Stato dei 18 Paesi di Eurolandia. Un'operazione che, però, rischia di non incidere. Questo almeno è quanto sostiene Wolfgang Munchau sul Financial Times, secondo il quale il quantitative easing di Draghi è una debole imitazione di quello a stelle e strisce (nel 2008 la Fed pompò negli States la bellezza di 2mila miliardi di dollari, e i risultati, oggi, si vedono). Ma non è tutto, perché i 1.000 miliardi ipotizzati dalla Bce esistono soltanto in linea teorica: l'ipotesi più concreta, infatti, è quella di un aiuto pari a 500 miliardi, ossia il 5,5% del debito pubblico totale dell'Eurozona (per farsi un'idea basti pensare che, sempre la Fed, acquisto una fetta pari al 15% dei titoli di Stato).

Il duello - Da un lato Draghi, dunque, favorevole all'iniezione di liquidità, e dall'altra Weidmann, che da buon soldatino del rigore agli ordini del generale Angela Merkel si oppone un netto "nein". Eppure, ricorda Italia Oggi, c'è chi sostiene che la querelle tra governatori sia soltanto di facciata, e destinata a risolversi con un cedimento (già deciso, da tempo) della Germania. E perché mai Berlino dovrebbe cedere? Semplice, otterrebbe un'altra - roboante - vittoria (economica). Infatti, ad oggi, si considerano due possibili strade su come ripartire i 500 miliardi di euro di acquisti. La prima prevede acquisti "a piacimento", plausibilmente concentrati sui Paesi più in difficoltà. La seconda, invece, prevede che gli acquisti rispettino un rigido criterio, ossia che siano modulati in base all'andamento del Pil dei 18 paesi di Eurolandia.

Il bivio - Il criterio che sembra riscuotere maggiori consensi (in particolare nel - potente - fronte rigorista e in una certa cerchia di potere) sarebbe quello legato al Pil (tra le ipotesi anche quella di legare l'aiuto alla quota di bilancio detenuta dai Paesi all'interno della Bce). Ancorando l'operazione al Pil, però, l'operazione di Draghi si risolverebbe in un generosissimo prestito proprio alla Germania, che ha un Pil pari al 29% di quello dell'Eurozona, 12 punti sopra all'Italia. Con questo criterio, dunque, 150 dei 500 miliardi finirebbero proprio nelle casse di Berlino, 85 all'Italia (una cifra irrisoria rispetto alla quota stratosferica raggiunta dal nostro debito) e soltanto spicci, per esempio, alla "malatissima" Grecia. Dunque - sostiene un analista finanziario dell'istituto Bruegel - più che in un rilancio dell'economia il quantitative easing si risolverebbe in un salvataggio delle banche tedesche, che al contrario di quanto si possa pensare risultano piuttosto esposte, soprattutto nei confronti della Grecia e di altri Paesi della periferia dell'area euro.

Il rischio - Inondando con miliardi di euro le casse degli istituti tedeschi, questi avrebbero liquidità sufficiente per evitare l'acquisto di bond dei loro Paesi. Ma non solo: con i soldi incassati per esempio dagli istituti di Italia e Grecia, questi ultimi potrebbero garantire con certezza il rimborso dei prestiti ottenuti proprio dalle banche tedesche. Si tratterebbe, insomma, di una forma di solidarietà a senso unico, il senso che conduce dritti dritti in Germania. Una circostanza che Draghi dovrebbe tenere in considerazione prima di avallare una forma di finanziamento che non risolverebbe i cornici problemi del Vecchio Continente ma, anzi, finirebbe col renderebbe ancor più potente quella Germania che, in Europa, già si muove come un player egemone.

Maria Elena Boschi in versione Madonna: cosa ha combinato da Vespa... / Foto

Maria Elena Boschi in versione Madonna: Bruno Vespa la infila nel presepe




Sorpresa nella puntata di lunedì sera di Porta a Porta, la trasmissione condotta da Bruno Vespa, che ha visto come ospite in studio il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. Durante la trasmissione, Vespa ha mostrato un presepe prodotto da Ferrigno, leader dei maestri del presepe di Napoli, in cui sono presenti diversi personaggi dell'attualità, da Berlusconi a Renzi. E la Madonna era impersonata proprio da Maria Elena Boschi: sui social si sono scatenati gli utenti, in commenti sarcastici contro la presenza dell'affascinante ministro per le Riforme nel simbolo per eccellenza del Natale.

Lilli Gruber parla della sua malattia (e dà un consiglio a tutte le donne...)

La Gruber parla per la prima volta della malattia che l'ha tenuta lontana dal video e dà un consiglio a tutte le donne




Lilli Gruber parla per la prima volta della sua malattia, che tante congetture ha alimentato, con il settimanale Oggi in edicola. "Per la mia educazione, sono abituata ad andare avanti con la forza di volontà e ad essere molto disciplinata. Il mio lavoro mi appassiona tanto e capita che esageri. Questa volta mi ha portato qualche giorno in ospedale e poi... a casa. La casa della mia famiglia in Sudtirolo, in mezzo ai vigneti, su una collina".

Il consiglio di Lilli - E ancora: "In famiglia mi hanno coccolato e mia sorella Micki un po' mi ha sgridato: "Lo sai che non devi esagerare". Non avevo fatto vacanze per scrivere il libro Tempesta, poi è ricominciato Otto e mezzo e alla fine....  Lilli confessa che le è servito da lezione e ora ha imparato ad ascoltare i segnali del proprio corpo: "Lo dico a tutte le donne che fanno il triplo, quadruplo lavoro: ascoltatevi e delegate un po' di più, soprattutto ai vostri uomini. Noi abbiamo un dovere nei confronti del nostro corpo, dobbiamo rispettarlo e non pensare che possiamo abusare della nostra forza fisica senza conseguenze". 

Furto dell'auto e schianto contro il muro Momento nero: che è successo a De Rossi

Daniele De Rossi, momento nero: gli rubano l'auto e si vanno a schiantare




Un periodo davvero negativo per Daniele De Rossi: dopo l'arresto dell'ex moglie Tamara Pisnoli, le intercettazioni che lo vedono coinvolto nel caso Mafia Capitale e l'espulsione nella partita di campionato contro il Sassuolo, nella notte il centrocampista della Roma è stato vittima di un furto. Un 43enne ha infatti rubato la Smart del giocatore, parcheggiata in strada in Corso Vittorio Emanuele, in pieno centro, a pochi passi dalla casa dove "capitan futuro" vive con la compagna Sarah Felberbaum e le figlie.

L'epilogo - Il ladro, poco dopo, si è schiantato contro un muro di contenimento dell'arteria stradale che collega il Lungotevere alla zona di Termini, del Nomentano e della Tiburtina, lungo via del Muro Torto. Il 43enne romano ha provato a fuggire a piedi, ma è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Trionfale, che stavano perlustrando la zona proprio per le segnalazioni sui furti.

Così ci spiano al supermercato: tutti i dati che raccolgono su di noi

Supermercato, così ci spiano: cosa vogliono scoprire (non chi ruba...)




Gli Stati Uniti, si sa, anticipano l'Europa. Ciò che accade al di là dell'Oceano Atlantico, giusto la pazienza di far passare qualche anno, poi si verifica puntualmente anche da noi, nel Vecchio Continente. E nell'epoca dell'umanità in rete, nel tempo in cui tutti (o quasi) sanno tutto (o quasi) di tutti, al tempo del web insomma, l'ultimo controllo esercitato negli Stati Uniti è quello al supermercato, o al museo. Si parla di telecamere e sensori, che raccolgono una miriade di dati sul comportamento dei visitatori: obiettivo, decifrarne gli interessi e offrire un prodotto sempre più appetibile e remunerativo. Telecamere e sensori che presto arriveranno anche da noi.

Al museo - Come spiega il Corriere della Sera, il paradigma, oggi si applica anche ai musei. Qualche esempio: se una scultura attira più attenzione delle altre, si può decidere di trasferirla in uno spazio più ampio. E ancora alcune strutture (come la Fine Arts di Boston e la Nelson Atkins di Kansas City) non si limitano alla telecamera, ma offrono ai visitatori smartphone e tablet tramite quali chiedere pareri e opinioni in tempo reale (in cambio, magari, del parcheggio gratuito e di uno sconto sul prossimo biglietto). Chi difende la privacy storce il naso: si pensava che almeno davanti all'arte la privacy fosse sacra, ma così non è più.

Al supermarket - Dove, invece, la privacy viene sistematicamente violata è al supermercato, un luogo dove tutti, con pochissime eccezioni, prima o poi capitano nel corso della loro settimana. Non si tratta soltanto dell'occhio vigile di una telecamera pronto a sorprendere i taccheggiatori, ma di un occhio vigile che ha precise strategie di marketing. Negli Usa, infatti, le grandi catene della distribuzione commerciale, con telecamere e sensori piazzati davanti agli scaffali, cercano di comprendere la abitudini dei clienti: cosa comprano e perché. E non è tutto: dalle immagini si studia anche il volto degli acquirenti per comprenderne lo stato d'animo: se un prodotto non è stato comprato, non è stato comprato perché costa troppo o perché non piace?

"Osservati speciali" - Tecnologie di questo tipo sono già utilizzate da tutti i "big" del settore, da Macy's e fino a Wal-Mart. Lo stesso "occhio" che ti spia nei negozi, nelle banche, negli stadi e negli ascensori, ora ti spia anche in un supermercato e in un museo. Una "spiata" che però a ben poco a che spartire con ragioni di sicurezza: veniamo spiati per puro business. Nell'era digitale, insomma, siamo tutti "osservati speciali". Basti pensare a un dato, snocciolato sempre dal Corsera e relativo al celebre Moma di New York: ogni anno riceve in media 6 milioni di visitatori, e ogni anno, dunque, vengono vivisezionate le abitudini di 6 milioni di persone a una mostra (e questo soltanto in quel museo).

Marò, la sfida del ministro Pinotti: "Latorre non torna, si deve curare qui"

Marò, Roberta Pinotti sfida l'India: "Massimiliano Latorre si deve curare qui in Italia"




L'ultimo schiaffo ai nostri marò: a pochi giorni da Natale, la Corte suprema indiana ha respinto l'istanza con cui veniva chiesta l'attenuazione delle condizioni di libertà provvisoria. Insomma Salvatore Girone resta in India e Massimiliano Latorre, invece, dovrebbe lasciare l'Italia. Si tratta soltanto dell'ultimo capitombolo diplomatico del Belpaese, impantanato sulla vicenda ormai dal 19 febbraio del 2012. Lo schiaffo, però, ha innescato la reazione dei nostri politici. A scendere in campo il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che nel corso della registrazione di Porta a Porta ha spiegato: "Massimiliano Latorre si deve curare qui in Italia, ce lo stanno dicendo i medici, e non vedo quindi come possa tornare in India. Noi non ci muoviamo da questa posizione". Latorre si trova in patria dopo l'attacco ischemico che lo colpì lo scorso settembre. La Pinotti ha comunque assicurato che il governo italiano darà al più presto una risposta all'India: "Oggi per noi è una giornata difficile", ha chiosato. Sul tema ha detto la sua anche Giorgio Napolitano, che nel corso del saluto alle alte cariche dello Stato ha espresso "forte contrarietà" all'ipotesi che Latorre torni in India. Girone, da par suo, resta prigioniero a migliaia di chilometri da casa, in attesa che le istituzioni italiane riescano a fare qualcosa (di serio) anche per lui.

Il "balletto" di Napolitano è (quasi) finito: il presidente annuncia la data delle dimissioni

Giorgio Napolitano e il quasi-annuncio: ora c'è la data del passo indietro




Per Giorgio Napolitano, con tutta probabilità, si è trattato dell'ultimo saluto alle alte cariche dello Stato da presidente della Repubblica. Nel suo discorso l'inquilino (uscente) del Colle ha poi fornito quello che pare essere il definitivo indizio sulla data delle sue dimissioni. Un indizio che sta in una frase: "Si concluderà il 13 gennaio il semestre italiano di presidenza europea, e io mi ero impegnato fino al termine del semestre europeo". Se ne deduce, dunque, che il giorno del passo indietro sia da fissare per quello successivo, mercoledì 15 gennaio.

Sostegno al premier - Nel suo intervento il Capo dello Stato si è speso in favore di Matteo Renzi, con veri e propri endorsement a sostegno del premier in quello che, forse, è il suo momento più difficile. "Il governo italiano - ha spiegato -, partendo dall'accurato lavoro preparatorio del governo precedente, ha potuto operare validamente e con maggior sicurezza per un nuovo corso delle politiche finanziarie e di bilancio dei 28, oltre i limiti divenuti soffocanti e controproducenti dell'austerità".

Appello ai sindacati - Nel suo intervento di 26 minuti, Napolitano ha sottolineato come "tutto richiede continuità istituzionale, quella che mi sono personalmente impegnato a garantire ancora una volta per tutto lo speciale periodo del semestre di presidenza europea". E dunque, ancora in soccorso di Renzi, Napolitano ha bollato come "improvvidi" i contrasti sull'articolo 18 e ha invitato i sindacati a "rispettare le prerogative del governo". Re Giorgio, comunque, ha avvertito: "Serve più dialogo".

Frustata ai dissidenti - In tema di riforme, l'inquilino del Colle ha spiegato che "superare il bicameralismo non è un tic da rottamatori. Non si dica che c'è precipitazione, che si procede troppo in fretta, si è indugiato per mesi, con audizioni e approfondimenti, su questioni di cui si è dibattuto per decenni". Infine anche un appello al Pd a rischio spaccatura: "Parlare di voto e scissioni porta all'instabilità". E ancora, rivolto ai dissidenti democratici, ha aggiunto: "Chi dissente dalle riforme non deve farlo con spregiudicate tattiche emendative".

martedì 16 dicembre 2014

Renzi ha rotto tutti: parla d'Europa nessuno l'ascolta / Foto clamorosa

Renzi: o cambiamo direzione all'Europa o la perdiamo




Nessuno lo ascolta più. Sarà perché parla di Europa o perché fa l'ennesima autocelebrazione, ma Matteo Renzi, a Montecitorio, è solo. Molti i banchi vuoti, questa mattina, per l'intervento del premier che riferisce sul Consiglio europeo del prossimo 18 dicembre. A sentire cosa dice ci sono meno di cento deputati. Presenti solo i rappresentanti del governo: il ministro dell'Interno Angelino Alfano, quello delle Riforme, Maria Elena Boschi e Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, più uno stuolo di sottosegretari. 

Nuova Europa - Prima Renzi, completo blu e camicia bianca, si è fermato alla buvette per un cappuccino con la Boschi, Poletti e il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi. Poi il discorso, a nessuno. "Siamo in una fase in cui l'Europa è a un bivio", ha detto Renzi citando una frase pronunciata da Luigi Einaudi nel 1947: "Se non sapremo farci portatori di un ideale umano noi siamo perduti". "Possiamo vivere la fase che si è aperta con il rinnovo delle elezioni e con il semestre di presidenza italiana come un'occasione per dire che o torniamo all'ideale o rischiamo tutti noi di aver perduto l'Europa". Per questo la politica "deve fare il suo mestiere e non lasciare l'Europa ai tecnocrati". E sarà il 2015 a dirci se la politica economica dell'Europa unita sarà finalmente centrata sulla crescita o continuerà ad essere una via di mezzo spuria. Credo e spero che con l'aiuto di tutti, anche con quello dei parlamentari italiani, si torni a guardare verso l'Europa della crescita e non solo verso l'Europa dell'austerity».

Pentastellati - Renzi si è anche appellato al Movimento 5 stelle: "Abbiamo bisogno anche di voi. Questo Parlamento non può vedere buttata via l'occasione di una forza politica importante in una discussione tutta interna e sterile". Altrimenti, ha concluso, "continuerete a perdere deputati e senatori e a fare liste di proscrizione. Non andrete da nessuna parte".

Olimpiadi - "Sentirsi dire che l'Italia non può fare le Olimpiadi, frustra le speranze dei nostri concittadini", ha sottolineato il presidente del Consiglio. "Se c'è chi ruba va in galera, si persegue e si va avanti senza ricorrere alla rinuncia. Se c'è chi ruba, bisogna avere il coraggio di mandarlo in galera e di alzare le pene per evitare i patteggiamenti e di insistere su una idea che chi fa politica prova a proporre un sogno per il Paese". E le Olimpiadi in Italia, ha concluso, "sono un sogno, un progetto che deve essere rigoroso, tenace e di alta qualità". 

Pane, pasta, uova, pesce e carne Guida pratica per comprare il cibo

Made in Italy sotto attacco: una guida per scegliere il cibo nell'era delle etichette "mute"

di Attilio Barbieri 


Le etichette dei prodotti alimentari, quelle con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, sono per lo più reticenti. Raccontano tanto per dire nulla. Spesso nascondono informazioni che i consumatori gradirebbero conoscere. A cominciare dalla provenienza dei cibi. Ora l’attuale generazione di etichette «reticenti» si appresta a lasciare il passo a una nuova versione: le etichette mute. Dal 13 dicembre è in vigore un regolamento europeo che consente di omettere l’indicazione dello stabilimento di produzione o trasformazione. Così, se si escludono Dop e Igp, i prodotti a denominazione d’origine, tutto il resto potrà essere prodotto e confezionato all’estero, importato e messo in vendita come made in Italy. Col permesso della legge. 

Così, in base a una norma che pare studiata per agevolare i delocalizzatori, perderemo uno degli legami residui che collegano il made in Italy all’Italia: la fabbrica dove avviene l’ultima trasformazione. Può valere per tutti l’esempio della pasta: i pastai potranno produrla in qualunque parte del mondo, utilizzando – cosa che già fanno ampiamente – farina di grano duro canadese, americana o ucraina. Poi, una volta essiccati e confezionati, spaghetti, maccheroni e penne potranno essere importati in Italia a messi in vendita. E sulla confezione non ci sarà traccia di quanto accaduto: nulla sull’origine della materia prima né sullo stabilimento di trasformazione. Sarà sufficiente che sulla confezione venga indicata l’azienda responsabile delle informazioni contenute in etichetta. Che, guardacaso, avrà sede in Italia. E se finora hanno sofferto soprattutto i produttori di materie prime, allevatori e agricoltori, ora la delocalizzazione alimentare è destinata a colpire la fase della trasformazione. Nulla trattiene più le industrie dallo spostare nei Paesi a basso costo di manodopera e con una burocrazia leggera quel che resta del made in Italy. E i consumatori non lo verranno mai a sapere. Ma cosa cambierà in termini di tracciabilità e trasparenza? Riusciremo a capire la provenienza degli alimenti? Ecco una breve guida all’acquisto.

PANE. Non è prevista alcuna tracciabilità, se si eccettuano alcuni casi con accordi fra produttori agricoli locali e fornai (valga per tutti l’esempio del pane piacentino). Probabilmente sono destinate a crescere le importazioni di pani surgelati destinati alla cottura rapida in arrivo dall’Europa orientale.

SALUMI. Ad esclusione delle Dop (Denominazione di origine protetta) e delle Igp (Indicazione d’origine protetta) prosciutti, coppe, pancette e salami potrebbero arrivare da ogni parte d’Europa. I casi di salumi a filiera trasparente sono rarissimi. Occhio all’etichetta!

SOTTACETI. Non c’è alcun vincolo a dichiarare l’origine delle verdure utilizzate. Alcuni produttori lo fanno spontaneamente. Non lasciatevi trarre in inganno dalle marche di fantasia. Un caso clamoroso: i peperoncini Montalbano, che con il celebre commissario e con la Sicilia non hanno nulla a che vedere, visto che provengono dall’Indonesia.

PASTA. L’emblema della dieta tricolore potrebbe essere prodotto a migliaia di chilometri dal Belpaese. La materia prima spesso arriva da Ucraina, Canada o Stati Uniti. Fortunatamente molti brand di nome, come Voiello (Barilla), alcune catene della grande distribuzione, come Coop e Finiper, e storici marchi del settore (Granoro e Ghigi) hanno messo in commercio linee fatte a partire da materia prima nazionale.

RISO. Identico discorso della pasta: la marca italiana non è sinonimo di prodotto italiano.

SUGHI E PASSATE. Per i primi non c’è alcuna certezza sull’origine della materia prima. Le passate, invece, devono indicarla chiaramente in etichetta. Basta uno zero virgola, ad esempio di basilico, per trasformare una passata in un sugo di pomodoro e affrancarla dall’obbligo di dichiarare la provenienza. Non mancano le eccezioni che segnalano con buona evidenza l’italianità e la tracciabilità.

BURRO. Non esistono prescrizioni vincolanti. Solita regola: in assenza di indicazioni sull’origine c’è una probabilità elevata che il prodotto non sia italiano.

OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA. È una delle rare merceologie per le quali i produttori sono vincolati a indicare il Paese di provenienza delle olive o dell’olio. Purtroppo fatta la legge (italiana) è arrivato il regolamento (europeo) a limitarne gli effetti: Bruxelles ha consentito di poter scrivere la dicitura generica “olio extravergine comunitario”. Negli ultimi tre anni però anche produttori tradizionalmente poco attenti all’origine hanno messo in vendita degli extravergine a filiera trasparente. Mai dare per scontato che l’olio acquistato per decenni sia italiano: basta ruotare la bottiglia e leggere fra le scritte stampate in carattere piccolo. Lì c’è la verità.

FORMAGGI. Tolte le Dop, per il resto c’è poco da stare allegri. Quelli a pasta molle, in particolare, possono essere ottenuti con latte o cagliate (talvolta surgelate) provenienti magari dai Paesi baltici. Se si escludono le denominazioni d’origine, non esiste alcun obbligo per il produttore. Quindi dalla lettura dell’etichetta si ricava poco o nulla. Fanno eccezione alcuni stracchini che puntano sull’italianità del latte.

CARNI. Su quella bovina e sul pollo è obbligatorio indicare il Paese in cui in capo è nato ed è stato allevato - una trasparenza che dobbiamo, rispettivamente, al morbo della mucca pazza e all’aviaria. Per le carni suine, invece, non c’è certezza né obbligo alcuno. Sugli scaffali refrigerati dei supermercati, i tagli italiani sono spesso mischiati a quelli d’importazione. Un’occhiata in più all’etichetta non fa mai male.

PESCE. In teoria la filiera dovrebbe essere tracciabile. In pratica le indicazioni non consentono di identificare sempre e con facilità la zona di pesca. La stessa specie, poi, può arrivare dall’Adriatico o dall’Oceano Pacifico.

UOVA. Fortunatamente ne importiamo ancora poche, perché accade anche che per verificarne la provenienza si debba aprire la confezione.

LATTE. L’obbligo di dichiarare l’origine vale solo per quello fresco. Gli altri sono quasi sempre d’importazione.

CIOCCOLATO, GELATI, MERENDINE E BISCOTTI. Quello dei dolci è uno dei comparti merceologici meno trasparenti. Le eccezioni sono legate quasi esclusivamente a prodotti del territorio. Pure in questo caso occhio a coccarde, nastri e bandierine tricolori: possono non significare nulla.

ORTOFRUTTA. Vige l’obbligo della massima trasparenza. Anche per i prodotti sfusi a bancone c’è il vincolo di scrivere il Paese di provenienza.

SURGELATI. Hic sunt leones. Una specie di terra di nessuno. Ho incontrato spesso confezioni con richiami espliciti allo Stivale, nomi che evocano zone ben precise o marchi a forte connotazione localistica, ma che con la nostra terra non c’entrano nulla.

CODICE A BARRE. Non diceva nulla prima, ora racconta ancor meno. Finora la decodifica portava al proprietario (italiano) del marchio. Col nuovo regolamento europeo la lettura del codice “svelerà” il responsabile delle informazioni scritte sulla confezione. Meno di così…

Canone Rai, 730, riscaldamento: Ecco tutte le novità fiscali del 2015

Fisco, tutte le novità del 2015




Gli emendamenti del governo alla legge di stabilità 2015, attualmente in discussione al senato, contengono diverse novità dal punto di vista fiscale. A cominciare dai rimborsi pesanti del modello 730. I contribuenti che risultano a credito per oltre 4 mila euro, anticipa Italia Oggi, riceveranno il pagamento dall'Agenzia delle entrate entro sette mesi dal termine di presentazione della dichiarazione, quindi al massimo entro il 7 febbraio dell'anno successivo a quello di trasmissione del modello. Altra novità è quella della tax credit per chi fa pace: in pratica alle parti che corrispondono il compenso agli avvocati che portano a termine con successo la negoziazione assistita o l'arbitrato sarà riconosciuto un credito d'imposta fino a 500 euro. L'agevolazione potrà essere fruita nelle dichiarazioni presentate nel 2016, riferite ai redditi prodotti nel 2015.

Ravvedimento - Si amplia inoltre la possibilità per i contribuenti di ricorrere al ravvedimento operoso. La regolarizzazione degli errori o delle omissioni fiscali, spiega Italia Oggi, potrà avvenire anche dopo la consegna del processo verbale di constatazione da parte della Gdf, con pagamento della sanzione pari a un quinto del minimo. In ogni caso il pagamento non precluderà l'inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni o ulteriori controlli da parte dei verificatori. Un'altra proposta del governo potenzia la persuasività delle informazioni preventive che l'Agenzia delle entrate comunicherà ai contribuenti, con l'obiettivo di spingere questi ultimi ad aumentare la base imponibile dichiarata. Le informazioni saranno trasmesse contestualmente anche alla Gdf.

Stangata retroattiva - Nella legge di stabilità 2015 viene confermata la stangata retroattiva su fondazioni e trust. A far data dal periodo d'imposta 2014 la quota esente dei dividendi percepiti scenderà dall'attuale 95 al 22,26%, allineandosi così al livello di prelievo vigente per le persone fisiche. Tuttavia, per il solo 2014 arriverà un credito d'imposta commisurato all'aggravio subito dai soggetti passivi, fruibile in tre anni. L'agevolazione costerà all'erario 255 milioni di euro totali tra il 2016 e il 2018. E ancora: A partire dal 2015 sarà alleggerita alleggerita la normativa sulle società controllate estere. In pratica viene innalzata dal 30 al 50% la soglia minima di "distanza" dal livello di tassazione italiana richiesta per far scattare la tassazione escludendo di fatto le controllate estere localizzate in paesi a fiscalità privilegiata meno "aggressiva".

Canone e pellet - Le novità fiscali del 2015 riguardano anche il canone Rai, che resterà fissato a 113.50 euro. Subirà invece un aumento l'aliquota Iva applicabile alle cessioni di pellet di legno salirà dall'attuale 10 al 22%: il governo stima che in questo modo entreranno nelle casse dello Stato 96 milioni di euro all'anno.

Sport - Un capitolo è dedicato allo sport: viene innalzato da 516 a 1000 euro il limite entro il quale le associazioni sportive dilettantiche possono eseguire e accettare pagamenti in contanti. E poi: alle società di Lega Pro che mettono sotto contratto giovani calciatori tra i 14 e i 19 anni viene ricnosciuto uno sgravio contributivo fino a 5.165 euro l'anno, nonché un credito d'imposta pari al 50% del reddito corrisposto. Un altro emendamento prevede l'estensione dell'Iva agevolata al 10% per i pernottamenti in barca nei porti turistici anche per tutto il 2015. Senza proroga la misura sarebbe in scadenza a fine anno, con il ripristino dell'aliquota ordinaria del 22%.

Il sondaggio di Mentana: Renzi e il Pd in caduta libera

Il sondaggio di Mentana: il Pd scende, la Lega primo partito del centrodestra




L'effetto Renzi è già finito. Nemmeno un anno di governo e il premier comincia già subire i colpi dell'elettorato che boccia il suo programma e soprattutto le mancate promesse sulla riduzione della pressione fiscale. Così il premier paga un conto salato nei sondaggi. Il Pd infatti viene dato in costante calo da tutti gli istituti di sondaggi. Di fatto quel 40 per cento delle europee è un ricordo sbiadito. I dem ora, piegati anche dai dissidi interni e dallo scandalo di Mafia Cpaitale, scendono al 36,1 per cento come raccontato i dati del sondaggio Emg per Tg La7. Il Pd ha perso in sette giorni lo 0,6 per cento. Anche Sel di Nichi Vendola perde qualcosa per strada e scende al 3,5 per cento. 

Boom della Lega - Se Renzi piange, Matteo Salvini esulta. La Lega Nord è al 14,4 per cento e si attesta come primo partito del centrodestra. Dietro c'è Forza Italia con il 14,1 per cento. Stabile Ncd al 3,7 per cento. Cresce invece Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni che si piazza al 3,2 per cento, guadagnando lo 0,2 per cento in sette giorni. Torna a crescere invece il Movimento Cinque Stelle che guadagna un punto percentuale sulla scorsa settimana e va al 20 per cento.  

La predica di "Don" Roberto Benigni: "Dio esiste, vi spiego perché..."

Rai, Roberto Benigni fa il prete e spiega i dieci comandamenti




"Abbiamo fatto fatica a radunare così tanti incensurati in tutta Roma". Così Roberto Benigni ha aperto il suo show, indicando il pubblico, su Rai Uno "I dieci comandamenti". Il comico toscano mette nel mirino lo scandalo di Mafia Capitale e soprattutto il Pd. Prima di parlare dei dieci comandamenti, il vero tema dello spettacolo, Benigni sgancia qualche battuta sulla bufera scoppiata in Campidoglio e ricorda "quelle luci usate sulle auto (della polizia, ndr) per illuminare la città accompagnate da un suono come fosse quello di una sirena...". Poi arriva ad una conclusione: "Ho capito dopo questi giorni che la Bibbia è meglio di Rebibbia". 

La predica - Dopo aver pagato pegno alla satira politica passa a parlare dei dieci comandamenti. Benigni indossa i panni di un predicatore: "Questa sera vi dirò se Dio esiste. C'è chi dice che non riesce a comprenderlo. Bene, il fatto stesso che non si riesca a comprenderlo è la prova stessa che Dio esiste". E così comincia un lunghissimo monologo su Dio e sulla fede. I toni sono quelli di un prete. Una sorta di "Don Benigni" che spiega ai fedeli la Bibbia. A tratti lo show appare pesante. Benigni parla della fuga d'Egitto degli ebrei e di Mosè. Di fatto dà vita ad una maxi predica domenicale in prima serata. Va detto però che il suo monologo sulla fede è molto meglio della satira, spesso di parte, a cui abbiamo assistito in passato. 

Una soffiata all'Agenzia delle Entrate E-mail anonima per delazioni: chi rischia Ingorgo di tasse: multe per chi non paga

L'Agenzia delle Entrate e la delazione: apre una e-mail anonima per le segnalazioni




Un piano anti-corruzione messo a punto dall'Agenzia delle Entrate. Un piano che ha il suo "jolly" in una e-mail per raccogliere le denunce interne dei dipendenti sui colleghi corrotti. L'iniziativa è stata presentata dal direttore dell'Agenzia, Rossella Orlandi, che ha spiegato: "Il fenomeno è limitato ma lo faremo scomparire". Quindi l'invito a denunciare "con coraggio" perché chi lo farà "sarà tutelato". L'e-mail, insomma, raccoglierà le delazioni relative a chi si fa corrompere nell'ente pubblico. Il presidente dell'anti-corruzione, Raffaele Cantone, ha sottolineato che per prevenire la corruzione "bisogna attuare le norme per il wistleblower previsto dal testo unico dei dipendenti pubblici, che consentano a chi vuole denunciare illeciti di farlo in modo tutelato". Cantone ha aggiunto: "Non è delazione, ma assunzione di responsabilità".

Il "centro di ascolto" - Ancora la Orlandi ha proseguito: "Stiamo lavorando ad un piano nazionale contro la corruzione. Nei prossimi giorni metteremo a disposizione dei 40mila dipendenti una mail per denunciare i casi di corruzione, in completa privacy e tutela. Ci saranno garanzie e per questo ho previsto che non ci si limiti alla mail ma che ci sia un vero e proprio centro di ascolto, con persone che raccolgano le denunce e che ascoltino". Il direttore ha poi ribadito l'invito a denunciare i casi di corruzione: "Non è una delazione - ha sottolineato -, ma se siamo in un ufficio sappiamo se qualcosa non va. E il vero male, come dice Don Mazzi, è in chi guarda e lascia passare".

"Presto i vostri conti correnti bloccati": effetto-domino, allarme rosso in Europa

Grecia, Goldman Sachs: "Si rischia che le banche blocchino i conti correnti"




La Grecia torna a far tremare l'Europa. E ad Atene rischiano di far la fine di Cipro. Uno studio della Goldman Sachs parla di una probabile interruzione dei flussi di denaro dalla Bce alle banche locali greche. Una misura estrema dettata dalle pressione dei creditori internazionali che spingerebbe le banche greche a impedire ai correntisti di accedere ai propri conti.

Blocco dei conti correnti - Nel 2015 la Grecia avrà bisogno un extra gettito compreso tra i 6 e i 15 miliardi di euro. Se la Bce di Mario Draghi dovesse bloccare i finanziamenti alle banche locali, la situazione preciterebbe facendo rivivere l'incubo cipriota del 2013, quando i bancomat rimasero per giorni senza contante. In quell'occasione la Troika aveva erogato un prestito alla Laikì Bank con un aereo proveniente dalla Germania carico di denaro. Ora Bruxelles potrebbe mollare Atene al suo destino. Per evitarlo il governo greco, che sta andando a elezioni anticipate, dovrà mettere a punto altri tagli a stipendi, pensioni e varare nuove riforme su pensioni, salute e welfare.

Gli errori - "Il Fmi avrebbe dovuto insistere immediatamente, a partire dall’estate del 2010, per negoziare con tutti i creditori una cancellazione del debito", commenta l’ex direttore del dipartimento Ue del Fondo Monetario Internazionale, Susan Sandler, che, in una intervista al quotidiano austriaco Kourir, accusa l'istituto di Washington di aver "ceduto nel 2010 a pressioni politiche" e, per questo, "è stato trascinato in un programma di assistenza, abbandonando le regole, quando tutti sapevano che le previsioni per la Grecia sono state troppo ottimistiche". Ora a quanto pare per Atene c'è il rischio di un 2015 con le tasche vuote..

La partita per il Colle? Già chiusa Una voce dall'Europa: chi ci salirà

Financial Times: "Draghi potrebbe lasciare la Bce e andare al Colle"




Le grandi manovre per il Quirinale e per il dopo-Napolitano sono cominciate. Un nome su tutti sarebbe in pole position nelle ultime settimane, ed è quello del presidente della Bce, Mario Draghi. A fare il nome di Draghi per il Colle sono diverse teste internazionali tra cui il tedesco Die Zeit, e il Finacial Times. Proprio Ft si chiede cosa  succederebbe alle prospettive di ripresa e al futuro dell'area euro se Mario Draghi lascerà il posto di presidente della Bce. Con ogni probabilità i piani per implementare le ambiziose ed eterodosse misure di allentamento monetario verranno rimandati dai falchi dell'inflazione tedeschi e le politiche di austerity continueranno a minacciare i paesi meno virtuosi. 

Le indiscrezioni - Secondo le indiscrezioni raccontate anche dal Financial Times, Draghi potrebbe lasciare la Bce già a gennaio 2015. Ovviamente dipenderà da tutta una serie di circostanze, come ricorda anche Wall Sreet Italia, e da sviluppi a Francoforte e anche a Roma, dove Giorgio Napolitano si appresta a fare un passo indietro. "Draghi vuole andarsene, è stanco e non ne può più di essere intralciato da Berlino", afferma una fonte di Francoforte. E ancora: "Sto ascoltando diverse fonti ufficiali dire che il banchiere è completamente stanco delle politiche monetarie con cui deve fare i conti" giorno dopo giorno.

Gli analisti - In Italia sono numerosi gli osservatori che riconoscono come Draghi pensi di aver fatto tutto il possibile come presidente della Bce. Allo stesso tempo altri analisti e politologi ritengono che "l'Italia abbia bisogno di un presidente in grado di rassicurare l'Europa sulla direzione che le politiche e riforme strutturali hanno preso nel paese". 

Ostacolo Renzi - Da parte sua Draghi smentisce di avere ambizioni di tale sorta in patria e di voler fare le valigie da Francoforte. Ma per le fonti citate dai media internazionali, tali argomenti hanno credibilità pari a zero. Quando Draghi ha fatto un intervento sulle politiche della Bce a un'università di Roma, molti lo hanno interpretato come un primo piccolo passo verso la sua candidatura ufficiale alla Presidenza. Insomma, come ricorda Wsi, ci sono diversi indizi che potrebbero condurre Draghi sulla poltrona del Colle. C'è però un piccolo ostacolo: Matteo Renzi. Il premier al Colle non vorrebbe una presenza della statura internazionale di Draghi a Roma. Inoltre l'ex sindaco di Firenze pensa che il banchiere sia più utile a Francoforte che a Roma. 

Scatta la rivoluzione su strada In arrivo nuove regole per chi circola

Governo: "Dal 2019 non potranno più circolare le euro 0"




Stop a tutti i veicoli euro zero. Il governo ha deciso di mettere "fuorilegge" a partire dall'1 gennaio 2019 tutti i veicoli immatricolati prima del 31/12/1992 (data dopo la quale è diventata obbligatoria l’omologazione alla classe Euro 1). Stop anche a pullman e autobus inquinanti entro quattro anni e via a un maxi piano di rinnovo della flotta del trasporto pubblico locale. Con un emendamento presentato in legge stabilità il governo metterà fuorigioco i veicoli per il trasporto persone Euro 0 inserendo "in contemporanea un piano di risorse per rinnovare i mezzi delle aziende comunali" come ha spiegato il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi.

Cosa cambia - I fondi sono pari a circa 500 milioni in tre anni già previsti dalla legge di Stabilità del 2013 e vengono destinati, secondo l’emendamento, solo all’acquisto dei mezzi su gomma. Il motivo principale per cui si è deciso di inserire questa norma nella manovra è che "abbiamo il parco macchine pubbliche - ha spiegato Lupi - più obsolete d’Europa. Che circolino ancora euro zero in Italia vuol dire che i pullman che portano la gente hanno quasi 30 anni". Il divieto entrerà in vigore da gennaio 2019 e quindi nei quattro anni che mancano "credo - ha concluso - che si possa ottenere il rinnovamento con un vantaggio di ambiente, di sicurezza e di filiera industriale".

Arrestato Giulietto Chiesa: era in Estonia per un convegno, poi è finito in cella... Cosa è successo

Tallin, arrestato Giulietto Chiesa




Giulietto Chiesa è stato arrestato dalle autorità estoni al suo arrivo a Tallinn. Il giornalista ed ex deputato europeo era nella capitale estone per partecipare a una conferenza. Secondo la moglie, la giornalista Fiammetta Cucurnia, che ha dato notizia all' agenzia di stampa Agi, si tratta di un fermo di 48 ore che anticipa l'espulsione dal Paese baltico. Alla domanda fatta ai poliziotti se avessero un mandato, a Chiesa - ha raccontato ancora la moglie - è stato risposto: "no, potrà sapere qualcosa una volta arrivati al Commissariato". Strada facendo l’ex europarlamentare è venuto a sapere dagli agenti che lo accompagnavano al Commissariato che nei suoi confronti esiste un mandato di espulsione al ministero degli Esteri estone. Al momento Giulietto Chiesa si trova al Commissariato di polizia di Tallinn.

domenica 14 dicembre 2014

Etichette, la rivoluzione sullo scaffale: cosa cambia (occhio a una fregatura)

Etichette, la rivoluzione sulla confezione dei cibi: cosa cambia (e occhi a un trucco)




Entra in vigore in tutti i Paesi dell'Unione Europea il Regolamento Comunitario 1169/2011, che prevede l'unificazione dell'etichettatura degli alimenti. La parola d'ordine sarà chiarezza e trasparenza, l'obiettivo è di rendere comprensibili a tutti le etichette dei cibi, così ad esempio il sodio verrà segnalato direttamente come "sale". Al fine di non causare alcun danno economico alle varie imprese si dà loro il tempo di smaltire le scorte con le vecchie etichette, che dovranno essere completamente ristampate e posizionate in modo da essere più visibili. Bisognerà, inoltre, indicare a caratteri grandi e leggibili gli ingredienti e le sostanze a cui i consumatori possono essere allergici, come glutine, proteina del latte, uova e altri. La rivoluzione, specie per la questione degli allergeni riguarderà non solo i prodotti confezionati ma anche quelli sfusi; ergo pure i menù di ristoranti, compagnie aeree e ferroviarie, mense, ospedali, bar, gelaterie, pasticcerie, bancarelle di fiere, dovranno essere aggiornati. In questo caso però i regolamenti variano da Paese a Paese, infatti l'Olanda ha deciso di non applicarli alla ristorazione.

Arma a doppio taglio -Tra le 46 pagine del documento ci sono molti articoli che effettivamente potrebbero aiutare ed informare meglio il consumatore. Ce ne sono altri che invece rappresentano un vero controsenso al fine ultimo del regolamento: la chiarezza. Esso infatti tra le altre cose toglie l'obbligo di indicare sulle confezioni lo stabilimento di lavorazione degli alimenti. Sarà ancora obbligatorio segnalarlo solo per carne e latticini ma adesso basterà anche solo riportarne il numero rappresentativo, che per i non addetti al settore significherà poco e nulla. "È un regalo alle multinazionali, che potranno così spostare le produzioni in Paesi dove la manodopera costa meno senza che il consumatore se ne accorga", sostiene Dario Dongo, avvocato esperto di diritto alimentare. Insomma la norma non si presenta chiara a 360° e il made in Italy e l'artigianato potrebbe risentirne particolarmente.

Sputtana la Celentano e famiglia: "Ecco perchè è finita tra me e Rosalinda. E i suoi genitori...". Cosa c'entra l'alcol...

La rivelazione di Simona Borioni: "Con Rosalinda Celentano è finita per colpa dell'alcol"




E' stata Rosalinda Celentano attraverso un comunicato stampa a dichiarare la fine della relazione con Simona Borioni, che tuttavia a distanza di poche settimane rilascia la sua versione a "Verissimo". 

Le dichiarazioni choc - "Il problema della dipendenza dall'alcol è uno dei motivi che hanno portato alla separazione. Quando le problematiche di Rosalinda sono riaffiorate, io non ho più tenuto botta, non ce l'ho più fatta", ha detto l'attrice, ospite il 13 dicembre alle 16.30 su Canale 5 a "Verissimo". Nell'intervista, prosegue raccontando: "Sono stati 4 anni non semplicissimi. Io non ho mai conosciuto la famiglia Celentano. Credo che se io e la sua famiglie ci fossimo tenuti per mano, saremmo riusciti meglio a fare da cuscinetto e da rete ai disagi e alle problematiche di Rosalinda. Separati non si possono ottenere gli stessi risultati. Io, per 4 anni, Rosalinda me la sono vissuta completamente da sola".

Sul comunicato - In merito al comunicato Ansa con il quale la figlia di Adriano ha annunciato la fine della storia d'amore, Simona sottolinea: "Non ne ero al corrente. Una doccia fredda. Dopo il comunicato ci siamo sentite. Lei tenta ancora, a suo modo, di farmi capire quanto mi ama e quanto ancora è legata a me".

Quel pezzo grosso della politica cacciato in mezzo alla strada: beccato dalla sua donna, cornuta con una conduttrice Rai...

Quel pezzo grosso della politica cacciato in mezzo alla strada: beccato dalla sua donna, cornuta con una conduttrice Rai...




Un'indiscrezione. Una soffiata. Una storia di amori, politica e tradimenti. Una storia al solito raccolta e rilanciata da Dagospia, a cui nulla sfugge, soprattutto quando di mezzo ci sono dei potenti. La storia di cui si parla viene brutalmente sintetizzata in poche righe. Titolo: "Roma galeotta". Lo svolgimento è curioso, e narra la storia di un politico del nord che "sarebbe finito in mezzo a una strada". La ragione? Il tradimento, appunto, scoperto dalla sua compagna: cornuta, per giunta per una tresca con una conduttrice della Rai, in quella che Dago definisce una "liason pericolosa". I nomi, per ora, restano nell'anonimato.

Pd, resa dei conti: verso la scissione Civati e dissidenti, ultimatum a Renzi

Pd, rischio scissione. Pippo Civati: "Alle elezioni non andremo con Renzi"




Il D-Day del Partito democratico è arrivato. Dopo mesi di schermagli, accuse, controaccuse, insulti e marce indietro, la scissione del partito leader della politica italiana in due tronconi è stata oggi nei fatti annunciata da uno dei leader della sinistra Pd, Pippo Civati, il quale ha detto papale papale che "se Renzi si presenta con il Jobs Act e con le cose che sta dicendo, elle elezioni di marzo noi non saremo candidati con Renzi".

Un affondo che, qualche minuto prima, era stato preceduto dalla decisione della minoranza Pd in commissione Affari istituzionali di non partecipare al voto sull’articolo 3 del disegno di legge che riforma il bicameralismo perfetto. I temi del dibattito riguardano comunque non solo le disposizioni sulla possibilità che il presidente della Repubblica nomini nel nuovo Senato dei senatori a vita, ma riguarda anche il giudizio di costituzionalità preventivo sulla legge elettorale, in discussione al Senato, in commissione Affari costituzionali e anche il tema del quorum per l’elezione del capo dello Stato che è stato innalzato. Non è stata comunque avanzata richiesta di sostituzione degli otto deputati che hanno fatto questa scelta. Che tuttavia è stato annunciato che scatterà se non ci sarà la volontà di dialogo sulla nuova legge elettorale sui due punti in questione.

Civati ha parlato anche di "un patto non del Nazareno. Se la legislatura proseguirà, noi abbiamo un  programma e un progetto, ci si rivolge alle forze parlamentari senza  guardare alla loro provenienza, chi è d’accordo sottoscrive il patto e si vota di conseguenza in Parlamento". In particolare, sottolinea Civati, «quando si tratta di Costituzione,  non c’è una disciplina di partito. Non c’è neanche un programma  elettorale né un programma di governo  perché Renzi  non ha mai scritto nulla, quindi ci sentiamo responsabilmente liberi". E in caso di elezioni anticipate: "Se il  programma elettorale questa volta lo scriviamo e non sono considerate le nostre ragioni, è più serio dire 'andate avanti voi da un’altra parte, noi faremo qualcosa di diverso'. Non è una  scissione -ha concluso- è una presa d’atto di una differenza".

Per il leader della minoranza del Pd l’assemblea di domani del partito "è un thriller, Renzi decide di notte....". A Bologna, dove Civati si è presentato a un incontro dell’associazione "È possibile" per discutere  patto del Non Nazareno, annuncia: "Io sto sereno, come consiglia di fare lui da tempo: non ho niente da perdere, qualcun altro ci perse Palazzo Chigi".

Allarme rosso: la tredicesima non arriva Chi rischia di restare al verde a Natale

La tredicesima non arriva: un lavoratore su quattro a rischio, ecco quali categorie




Buon Natale? Forse no. Un allarme (inquietante) arriva de Federconsumatori: "Gran parte delle tredicesime verrà consumata per pagare le tasse, ma la cosa più preoccupante è che in molte piccole e medie aziende la famosa mensilità natalizia potrebbe addirittura slittare a gennaio o a marzo". Un nutrito gruppo di italiani, dunque, rischia di non percepire la tredicesima, quell'assegno che per la stragrande maggioranza degli italiani è ossigeno puro in un periodo di Tari, Tasi, assicurazione, bollo e regali natalizi. L'allarme viene lanciato in un'intervista all'Agi di Rosario Trafiletti, numero uno di Federconsumatori. Dati alla mano, spiega, il quadro economico del Paese è in continuo peggioramento, e dunque almeno una impresa su quattro troverà grossi problemi nel reperire i fondi per le tredicesime.

Segnali di crisi - Elio Lannutti, presidente di Adusbef, spiega: "Ci arrivano segnali in questa direzione. Piccole e medie aziende con le casse vuote di cash potrebbero decidere di far slittare di due o tre mesi le tredicesime", che dunque verrebbero percepite nella primavera del 2015. Trafiletti, poi, riprende: "La disoccupazione è intorno al 13,2%, e quella giovanile oltre il 44%, ossia una cifra record. Logico, dunque, che ci sia una drastica contrazione della spesa che sarà per certi versi sorprendente". Tra i segnali di crisi, il fatto che a Natale 2014 anche il settore di libri, dischi e audiovisivi sarà in passivo: così non fu un anno fa, e l'indicatore dà la cifra del momento che il Paese sta attraversando. Un Natale mesto, dunque, in cui, riprende trafiletti "si spenderà poco, solo in giocattoli e beni alimentari, ma i tre quarti della tredicesima degli italiani sono stati già destinati al pagamento delle tasse". Almeno per chi la tredicesima la riceverà.

Ignazio Marino peggio di una barzelletta: Panda rossa ancora in divieto di sosta Ci è ricascato: guarda le fotografie

Ignazio Marino peggio di una barzelletta: ci ricasca, Panda rossa ancora in divieto di sosta




Incredibile, ma tutto vero. Ignazio Marino ci ricasca. Ancora la Panda rossa, di nuovo in divieto di sosta, dopo tutte le multe prese, prima non pagate, e poi pagate "anche se non dovevo". Sembra una barzelletta, quella di cui è protagonista il sindaco di Roma, una barzelletta che è stata immortalata con tanto di foto dal sito Romafaschifo. L'auto rossa di Marino è stata pizzicata in via Santa Chiara, solo qualche metro prima di dove fu fotografata giusto un mese fa, quando impazzava lo scandalo-multe (e ben prima che la Capitale venisse travolta dal terremoto dell'inchiesta su Carminati & Co e che lambisce anche la giunta del sindaco). Romafaschifo, noto portale capitolino, fa notare in calce alla fotografia pubblicata su Facebook e Twitter: "Errare è umano, ma perseverare... Oggi pomeriggio (sabato 13 dicembre, ndr) dopo pranzo la vettura del sindaco in pieno divieto di sosta a Via Santa Chiara. Mah". In pochi minuti il post su Facebook ha raggiunto oltre duecento condivisioni, e il tassametro corre...