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domenica 29 gennaio 2017

Renzi ordina e Gentiloni ubbidisce: giù la testa, quando e come lascerà

Gentiloni, giù la testa: obbedisce a Renzi, quando e come si dimetterà


di Elisa Calessi



Non si ripeterà lo schema Renzi-Letta. Non ci sarà un altro «stai sereno», cui seguirà, in diretta streaming dal Nazareno, il benservito al presidente del Consiglio. Questo perché Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, nonostante le differenze di carattere, politicamente la pensano allo stesso modo. Hanno condiviso ogni passo fin qui, ripetono gli amici dell' uno e dell' altro, e continueranno a farlo.

Dice Michele Anzaldi, deputato del Pd e vicino a entrambi: «I due - e tutti nel Pd - faranno quello che conviene di più agli italiani. Deciso quello, essendo tutti dello stesso partito ed essendo molto legati tra loro, lo faranno e lo faremo nel migliore dei modi possibili, ovviamente mantenendo ciascuno la libertà di parola». Finora la sola «increspatura», nel rapporto tra segretario del Pd e premier, è stata la vicenda dell' Agcom, dove il primo ha fatto saltare l'accordo, approvato dal secondo, che prevedeva l'elezione di un uomo vicino a Fi. Ma, si dice nel Pd, per «gestione sbagliata» di Luigi Zanda, capogruppo del Senato.

E allora come avverrà l uscita di scena di Gentiloni? Sempre che si vada al voto anticipato. Ieri, per dire, Piero Grasso, presidente del Senato, frenava: l'intesa tra i partiti sulla legge elettorale, ha detto, non solo è possibile, «ma deve esserci», il Parlamento «si deve pronunciare». Renzi, però, non la pensa così. E anche ieri, facendo il punto con Orfini, Guerini e Rosato al Nazareno, ha confermato la linea: proviamo a vedere chi ci sta sul Mattarellum, poi, se non emerge un' intesa, si vota. Sì ma come farà, il segretario del Pd, a convincere il premier a fare gli scatoloni?

Rispondono al Nazareno: «Non lo deve convincere, perché è nella natura di questo governo il fatto che l' orizzonte non sia molto ampio. Lo stesso programma di governo aveva come obiettivo di completare alcune leggi avviate durante il governo Renzi, a cui, certo, si aggiunge la gestione delle emergenze». Premier e segretario «hanno bisogno l'uno dell'altro. Paolo non può andare contro il segretario del suo partito e Matteo non può andare alle elezioni rompendo con un premier così vicino politicamente a lui».E quindi come si staccherà la spina? «Non ci sarà una spina da staccare», dice Matteo Richetti, «perché Paolo è uno dei pochi galantuomini qui dentro. Sarà leale con Matteo».

Quello che tutti escludono è un voto di sfiducia del Parlamento. L'ipotesi più probabile è che il premier si dimetta, d'accordo con Renzi, con la motivazione che, riconsegnata al Paese una legge elettorale utilizzabile, è esaurito il compito del governo. Altrimenti, se dovesse impuntarsi, cosa che tutti escludono, il segretario del Pd potrebbe contare su cinque ministri pronti a dimettersi (Boschi, Lotti, Poletti, Madia, Calenda). Se nemmeno questo andasse a buon fine, ci sarebbe la strada della direzione: Renzi la riunisce e fa votare sul fatto che il compito del governo è concluso. «Ma sarebbe condivisa e concordata con Gentiloni, che voterebbe assieme agli altri componenti del Pd», si dice.

Del resto, se la sintonia tra «Matteo» e «Paolo» regge a questa prova, potrebbe durare anche dopo. Si dice che Renzi pensi a Gentiloni come presidente del Senato nella prossima legislatura. Uno scranno da cui, come dice un deputato dem, «si guarda molto bene al Colle». Nel senso che il Quirinale potrebbe essere il successivo approdo di Gentiloni. Le scadenze, peraltro, coinciderebbero: il mandato di Sergio Mattarella scade nel 2022, proprio quando andrebbe a scadenza la legislatura, se si votasse quest' anno (se si vota nel 2018, Mattarella concluderebbe l' anno prima della fine della legislatura). Dunque, non sarebbe impossibile una staffetta presidenza del Senato-Quirinale.

Certo, parliamo di scenari appesi a mille incognite. A partire dal fatto che, per esprimere il presidente del Senato, il Pd deve vincere le elezioni o comunque formare un governo. In un sistema proporzionale, poi, le alte cariche vanno divise tra alleati. «Per il Quirinale la strada è lunga», dice ancora Anzaldi, «quando sarà, se ne parlerà. Ma, certo, Gentiloni è entrato fra i padri della patria».

Intanto farà di tutto per andare sabato a Rimini, all'assemblea con gli amministratori locali. Prima iniziativa lanciata da Renzi dopo il referendum. E se ci va, parlerà. A prova che tra lui e il segretario dem il patto regge. Anche dopo la sentenza della Consulta.

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