La ‘bufala’ delle diete dimagranti colpa delle intolleranze alimentari
L’epidemia planetaria di obesità, ma soprattutto la difficoltà di perdere peso e di mantenere una condizione di normopeso nel lungo termine hanno suscitato nel corso degli anni un sempre maggior interesse nell’opinione pubblica accompagnato purtroppo dalla moltiplicazione di approcci terapeutici proposti da figure professionali disparate per formazione e competenza. A queste si è andato affiancando un vasto e remunerativo mercato per la produzione di prodotti, strumenti, metodi e programmi finalizzati alla perdita di peso, la cosiddetta diet-industry. In molti casi, la diet-industry ha finalità meramente economiche poiché fa leva sull’esigenza delle persone che vogliono o devono perdere peso e sulla loro insufficiente conoscenza dei prodotti o delle procedure proposte. Per queste ragioni, il mercato dei prodotti ‘dietetici’ che promettono consistenti perdite di peso si è popolato di prodotti di dubbia efficacia e di diete prive di solide basi scientifiche.
In questo contesto è germogliato il cosiddetto fenomeno delle popular diet, o ‘diete alla moda’, che godono di un successo mediatico e di pubblico, in genere del tutto effimero e passeggero, e che promettono benefici poco credibili, supportati dalla testimonianza di personaggi del mondo dello spettacolo o dello sport. A rendere ancora più complesso e preoccupante il quadro è la diffusa idea che il sovrappeso e l’obesità siano conseguenza di una presunta condizione di allergia o intolleranza alimentare. Negli ultimi anni vi è stata una vera e propria esplosione, soprattutto sul web e sui social network, di regimi alimentari restrittivi, basati su test diagnostici di ‘intolleranza alimentare’ eseguiti su vari campioni biologici (sangue, saliva, capelli) e proposti come in grado di individuare le cause del sovrappeso. La maggior parte di queste informazioni derivano da siti internet dedicati alle cosiddette medicine non convenzionali, ma non esistono rigorose evidenze scientifiche che supportino l’utilizzo di questi test per diagnosticare reazioni avverse agli alimenti o per predire eventuali future reazioni.
Muovendo da questo panorama, la Società Italiana di Diabetologia (SID) insieme con l’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI), l’Associazione Medici Diabetologi (AMD), l’Associazione Nazionale Dietisti (ANDID), la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), la Società Italiana di Nutrizione Pediatrica (SINUPE) e la Società Italiana dell’Obesità (SIO) ha realizzato un documento che analizza il rapporto tra allergie/intolleranze alimentari ed obesità. Scopo del documento è quello di fornire al mondo scientifico e professionale un utile riferimento per garantire una corretta comunicazione con i cittadini. Un documento che mira a fornire risposte chiare e scientificamente solide, per contrastare il rischio di informazioni parziali e spesso mosse solo da interessi di mercato
Alla domanda se esista un legame tra intolleranza alimentare e sovrappeso/obesità gli esperti di questo position paper rispondono con un NO deciso
“Non esiste alcune legame - afferma la dottoressa Rosalba Giacco, redattrice del documento per la SID ed esperta di nutrizione - tra eventuali allergie alimentari e sovrappeso e non esistono prove scientifiche in grado di validare gli strumenti di ‘diagnosi’ spesso utilizzati per sostenere il nesso tra intolleranze e obesità. Tali metodologie diagnostiche, come ad esempio il dosaggio degli anticorpi IgG4 ‘alimento specifici’ - prosegue Rosalba Giacco – non sono infatti riconosciute dalla letteratura scientifica. La positività di questo test non indica infatti una condizione di allergia o intolleranza alimentare, ma una semplice risposta fisiologica del sistema immunitario all’esposizione ai componenti presenti negli alimenti”.
Nel mirino degli esperti anche alcuni test quali quelli elettrodermici, la variazione della frequenza cardiaca, l’iridologia, solo per citarne alcuni, che non solo non sono specifici per la diagnosi di allergia e intolleranza alimentare, ma neppure per altri scopi diagnostici. “Per contrastare il sovrappeso - afferma il professor Giorgio Sesti, presidente della SID - c'è un solo modo: incrementare l’attività fisica e ridurre la quantità di calorie assunte con la dieta. La composizione in macronutrienti della dieta ha un minore impatto sul calo ponderale ma è fondamentale per l’adesione nel lungo termine e, tra l’altro, contribuisce a rendere più salutare il modello alimentare. I risultati migliori si ottengono utilizzando modelli alimentari che hanno radici culturali/tradizionali nella dieta mediterranea, ovviamente tenendo conto delle necessità individuali”.
Alla terapia nutrizionale per la perdita di peso deve essere associato un cambiamento dello stile di vita, che includa anche un’attività fisica regolare di moderata intensità, della durata di almeno 30 minuti per cinque giorni a settimana. Per aiutare i bambini in sovrappeso, invece, è necessario che il cambiamento comportamentale coinvolga l’intera famiglia. In sintesi, creare un legame tra allergie/intolleranze alimentari e obesità rischia solo di essere un alibi pericoloso per la salute dei cittadini e un business per alcuni portatori di interesse. La sana e tradizionale dieta mediterranea resta sempre la risposta giusta e la migliore per uno stile di vita salutare.
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