Il ritratto di Giorgia Iafrate, il poliziotto donna che ha messo ko Ilda
di Chiara Pellegrini
Giorgia Iafrate |
«Ti sei rovinato la vita per colpa delle donne», gli hanno continuato a dire gli amici in questi anni. Ed invece è stata proprio una donna la chiave di volta del processo Ruby, che ieri si è risolto con l’assoluzione in appello di Silvio Berlusconi da tutte le accuse. Giorgia Iafrate, classe 1980, di Frosinone, laureata in giurisprudenza e un master in scienze forensi, è lei che, con la sua testimonianza, ha incrinato il castello di carte del procuratore aggiunto Ilda Boccassini. «Inesperta sì, ma sprovveduta no!», tuonò la Iafrate, interrogata come teste. Era il 20 aprile del 2012 e Ilda “la rossa” voleva sapere tutto sulla quella ormai arcinota notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando Karima El Mahroug, cittadina egiziana, in arte “Ruby rubacuori”, accusata di furto venne trattenuta dalla questura di Milano. Il commissario Iafrate raccontando i fatti, abbatte il teorema della Boccassini. «Ho agito nell’interesse della minore», disse giustificando l’affido di Ruby alla consigliera regionale Nicole Minetti. «Perché non ha eseguito gli ordini del pm minorile Annamaria Fiorillo», chiese la Boccassini domandandole perché non avesse trattenuto Ruby. «Non ho disatteso gli ordini del pm perché erano cambiati». Fino ad affermare che forse è proprio Fiorillo che «ricorda male. Io invece ricordo benissimo e non cambio una virgola di quanto ho già detto» e che gli accertamenti erano stati «fin troppo scrupolosi». Quanto alla storia delle parentele con Mubarak raccontò: «Mi disse che tavolta si spacciava come nipote ma in realtà non lo era».
Quando lo tsunami Ruby piomba sulla Iafrate, è un dirigente supervisore da pochi giorni a Milano alla direzione volanti. Passano venti giorni dall’incarico e Iafrate si trova ad dover affrontare il più grande caos della sua carriera, probabilmente. Una notte in cui deve rispondere alle continue telefonate del capo di gabinetto Piero Ostuni, che aveva ricevuto la chiamata del premier, con cui si segnalava che era stata portata in questura una ragazza egiziana e che era stata indicata come la nipote di Mubarak: «Ostuni mi disse di accellerare le procedure, ma sempre nel rispetto della prassi». Seguita dall’avvocato Luca Gentilini il commissario Iafrate non si è mai costituita parte civile.
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