Pubblica amministrazione: ""Assumeremo altri 60mila statali"
di Antonio Castro
«I nuovi ingressi saranno 60mila nei prossimi tre anni». Miracoli dell’Italia dell’era renziana: inizialmente le nuove assunzioni per gli statali, se sfogliamo la prima bozza dei decreti e ddl di riforma della Pubblica amministrazione, erano 10mila. Poi Matteo Renzi - in diretta tv e a favore delle telecamere dei tg - annunciava 15mila assunzioni. O meglio: all’interno della riforma ci sono «norme su ricambio generazionale, che permettono di creare 15mila posti con la modifica dell’istituto del trattenimento in servizio».
Martedì mattina il sottosegretario Angelo Rughetti (che abbiamo provato ad intervistare ma era “impantanato” in commissioni parlamentari fino a sera), ha confidato a «Repubblica» che «i nuovi ingressi saranno 60mila nei prossimi tre anni». Chissà cosa ne penserà il commissario straordinario alla spending review, Carlo Cottarelli, che proprio oggi deve intervenire in commissione Affari costituzionali della Camera (audizione prevista per le ore 14), e che giusto a marzo aveva ipotizzato 85mila esuberi tra il personale della macchina statale. Certo, i travet ministeriali (ma ci sono anche i dipendenti di enti locali, scuola e sanità), dovranno andare in pensione, e poi - vista l’età media (la metà del personale ha oltre 50 anni, dati Aran; giugno 2013) - un cambio generazionale appare necessario. Se non fosse per quegli odiosi vincoli imposti dalla riforma delle pensioni (legge Fornero), che trattiene in servizio il personale pubblico e privato, salvo scappare anticipatamente e rimetterci però fino all’8% della pensione (anticipo con penalità del 2% annuo).
Tra ministeri, ospedali, scuole, tribunali, caserme, enti locali e enti di ricerca lo Stato italiano è il più imponente datore di lavoro d’Italia: oltre 3.238.474 dipendenti a tempo indeterminato (Conto annuale del Tesoro 2012). Poi c’è la marea multiforme dei contratti a tempo, dei contratti atipici, dei precari insomma (altri 300mila persone), che rischiano di maturare la pensione (?), saltando da un contratto all’altro in attesa della promessa stabilizzazione. Se è vero che lo Stato datore di lavoro non paga molto - in media 34mila euro lordi, secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato - c’è almeno la certezza della stabilità: insomma, il famoso posto a vita che tutti gli altri lavoratori si sognano (soprattutto di questi tempi).
Guadagneranno mediamente poco, ma tirando la somme si tratta di uscite fisse per 161 miliardi (circa il 10% del Prodotto interno lordo), e solo per gli stipendi. Il problema non è tanto quanto incassano, ma il numero. Tre milioni e mezzo di dipendenti ai quali aggiungere una marea di consulenti. Alcuni sono professoroni che concedono il proprio sapere a ministri e ministeri, enti locali e Asl, ma tanti, tantissimi sono “partite Iva”, precettate direttamente dai dirigenti per affrontare un problema, stendere un rapporto o per funzioni e competenze che nel “perimetro” della pubblica amministrazione non è possibile svolgere in altro modo che cercando professionisti esterni.
La famosa mobilità («entro i 50 chilometri»), che in teoria dovrebbe risolvere il problema dei vuoti d’organico in alcune amministrazioni travasando da quelle strapiene di personale quello eccesso/esubero, è come un’aspirina per un malato intubato.
La storia poi delle assunzioni che lievitano a seconda di chi ne parla, sembra aver fatto infuriare pure i solitamente placidi sindacalisti della Uil che per sono quelli più rappresentativi proprio nel pubblico impiego (insieme alla Cisl).
A quasi due settimane dalla presentazione delle norme un po’ vaghe e confuse, tanto da aver fatto arricciare più di qualche naso anche al Quirinale, i sindacalisti (poco coinvolti nella riscrittura), ora cominciano ad averne abbastanza: «Le illusioni continuano», attacca a muso duro il segretario confederale della Uil, Antonio Foccillo, «infatti, il sottosegretario alla funzione pubblica sostiene, che ci saranno nuove assunzioni per 60.000 giovani in tre anni. Ogni giorno che passa si aumenta il numero: da 10.000 nel testo iniziale a 15.000 nella conferenza stampa, ai 60.000 di Rughetti». Foccillo, una vita passata nel mondo sindacale, non ne può veramente più: «Ma veramente qualcuno può immaginare che qualche anziano che va via o che l’esonero non concesso, o la mobilità possano cambiare la macchina amministrativa e favorire l’occupazione? Certamente è la fiera dei sogni. Hanno il coraggio di chiamarla riforma della Pa», ironizza il dirigente dell Uil: «Ma riforma di cosa? Se sono vere le anticipazioni dei mass media è un semplice affastellamento di norme inconciliabili fra di loro e di nessuna organicità». Certo i sindacati sono infuriati per non essere stati coinvolti, però ora a 2 settimane dall’annuncio televisivo servirebbe almeno un testo “vero” sul quale discutere, litigare, magari scannarsi. E invece no. «Qualcuno, ancora», prosegue Foccilo, «dovrebbe spiegare qual è il carattere d’urgenza di questo provvedimento». Che teme un voto di fiducia per far passare una riforma “affastellata”. «Magari», ipotizza malizioso il sindacalista, «forse per limitare ancora di più, anche in Parlamento, la discussione, si approverà il decreto con un voto di fiducia». E un sospetto, che le lungaggini nel partorire un testo pubblico siano dovute alle resistenze (e all’attività di riscrittura) per far contenti i papaveri ministeriali. Ma Renzi non doveva fare fuori i potenti mandarini padroni della macchina pubblica?
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