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martedì 28 giugno 2016

I genitori non pagano la retta scolastica, alunni vanno a piedi...

I genitori non pagano la retta scolastica. Mensa sì, ma gli alunni vanno a piedi



Genitori morosi e bambini esclusi dalla mensa scolastica. Questa la soluzione adottata in molti Comuni per costringere i genitori inadempienti a pagare le rate alla scuola. La sindaca leghista di Ello, in provincia di Lecco, ha trovato un altro modo. Il pranzo non sarà tagliato, ma rimarranno a piedi. “Ai bambini che non pagano continueremo a dar da mangiare, ma non potranno più salire sullo scuolabus - ha spiegato la prima cittadina Elena Zambetti, 61 anni - Nessun bambino sarà mai lasciato a digiuno, o discriminato impedendogli l’accesso alla mensa. Mangiare è un loro diritto e i bambini non hanno colpa né delle difficoltà, né dei comportamenti dei genitori. Però negheremo loro il pullmino scolastico, perché riteniamo che i genitori che non pagano debbano provvedere ad accompagnare i figli all’asilo con i propri mezzi”.

La misura, che ha ricevuto il plauso degli altri genitori, scatterà a settembre. Un tentativo per contrastare i “furbetti della mensa scolastica”. “Negli ultimi mesi alle famiglie inadempienti abbiamo scritto quattro lettere di sollecito. Risultato? Nessuna risposta - racconta la sindaca - Allora le abbiamo convocate in Comune e abbiamo proposto loro una rateizzazione. Hanno detto ancora no. Eppure sono genitori che lavorano regolarmente. Non versano quindi in situazioni di povertà. Tanto che sono famiglie sconosciute sia ai servizi sociali che alla Caritas. Semplicemente sono furbi, sanno di poterlo fare e lo fanno. Ma causano un ammanco nelle casse municipali e, soprattutto, un’ingiustizia verso coloro che pagano”.

La scuola materna di Ello, l’unico asilo pubblico della zona, ospita 50 bambini. Da mesi, il 10 per cento dei genitori degli alunni non versa la retta, senza fornire giustificazioni, nonostante le ripetute sollecitazioni. Siccome i morosi sono tutti figli di extracomunitari che non risiedono a Ello, per loro la tariffa di 100 euro al mese comprende, oltre al buono pasto, anche il servizio di scuolabus. La sindaca spera che il taglio del trasporto spinga i genitori morosi a rimettersi in regola. “È un ammonimento per frenare il diffondersi delle insolvenze, che purtroppo sono in crescita e non possiamo più tollerare” ha commentato Zambetti.

Brexit, la banca (italiana) rovinata Ecco l'istituto che rischia più di tutti

Brexit, la banca rovinata: l'istituto che rischia più di tutti



Dopo la Brexit e il tracollo sui mercati dello scorso venerdì, per Piazza Affari si delinea una nuova giornata di passione: dopo un avvio piatto, il listino è pesantemente tornato in negativo. Nel mirino, come è noto, il comparto bancario. Per il governo e per Bankitalia quella di oggi è una giornata decisiva: bisogna comprendere se sarà necessario intervenire e come prima che il sistema bancario venga destabilizzato o, peggio, compromesso.

E un piano per tentare di arginare l'emergenza ci sarebbe già. Il governo intenderebbe muoversi con risorse finanziarie proprie, dunque senza far ricorso allo strumento dello European Stability Mechanism, più prosaicamente detto il fondo salva-Stati (per ricorrervi, oltre a sottomettersi ad ulteriori condizioni-capestro imposte da Bruxelles, è necessario chiedere l'attivazione del programma). Un funzionario dell'Unione europea citato da Repubblica ha spiegato che "se le banche perdono un altro 20%, la situazione diventa pesante". E, dunque, si dovrà intervenire. Il timore è che il crollo del mercato azionario possa provocare dubbi sulla solidità del sistema. 

I vertici di Bankitalia, ministero dell'Economia e Consob si sono già incontrati la corsa settimana per stabilire una possibile modalità d'intervento. Dall'incontro sarebbe emerso anche l'identikit che, ora come ora, rischia più di tutti gli altri: si tratta del Monte dei Paschi di Siena. La banca, ancora tramortita dai recenti scandali, per gli effetti collaterali della Brexit potrebbe subire il proverbiale colpo di grazia. L'obiettivo del possibile intervento, dunque, è quello di sgravarne i bilanci dal peso dei crediti deteriorati, o rafforzarne il capitale con un intervento straordinario.

ADESSO CREDIAMOCI Un'Italia da leggenda: è il capolavoro di Conte

Italia ai quarti, il capolavoro di Conte: cosa ci insegna la vittoria sulla Spagna



Un'impresa, per chi non conosce Antonio Conte. Una partita perfetta, per chi lo conosce. L'Italia batte 2-0 la Spagna bicampione uscente e approda ai quarti degli Europei: sabato sotto con la Germania mondiale, nella seconda tappa di quella che si spera una lunga striscia di sfide difficilissime e affascinanti nella parte destra del tabellone, quella "infernale". Siamo arrivati agli ottavi da "mezza sorpresa", approdiamo ai quarti con una consapevolezza nuova. 

Perché dobbiamo crederci - Al 94' tutti gli azzurri - tutti - saltano e ballano, il coro è quello noto da 10 anni, il po-po-po, i sorrisi sono un po' meno increduli, la gioia inebriante ma per certi versi contenuta, già proiettata al prossimo avversario. Sotto questo punto di vista l'Italia di Conte ricorda di più quella di Lippi del 2006 che quella di Prandelli finalista a Euro 2012. Non significa ovviamente che arriveremo fino in fondo a questo Europeo, significa però che abbiamo dimostrato di possedere la forza interiore per giocarcela contro tutti, Germania, Inghilterra o Francia, senza temere di cedere di schianto sotto il peso dei nervi, come accaduto nella finale di Kiev, 4 anni fa proprio contro la Spagna

Intelligenza e sacrificio - A Saint-Denis va in scena una partita simile al debutto, bellissimo, contro il Belgio. Se possibile anche migliore, perché la Spagna ha esperienza infinitamente maggiore e storicamente, dal 2008 a oggi, ci ha sempre fatto male. Invece a fare male stavolta siamo noi, ogni volta che aggrediamo e puntiamo l'area presidiata da Piqué e Ramos. Il gol di Chiellini a metà primo tempo e la zampata finale di Pellè (quasi una fotocopia della rete contro i belgi) finiscono nel tabellino, le occasioni sprecate da Giaccherini ed Eder, l'intelligenza e il sacrificio degli attaccanti e dei centrocampisti, la sontuosa prestazione dei difensori e dei terzini no ma pesano forse di più. 

Conte perfetto - Conte ha studiato le mosse al centimetro, ingabbiando i cervelli noti di Del Bosque (Iniesta, Silva e Fabregas, pervenuti solo a sprazzi) e quelli occulti (Ramos e Piqué, i primi a impostare e sempre soffocati dai commoventi Pellè ed Eder). Quando mette Motta per De Rossi mezza Italia trema, ma l'ex Inter rimedia con la furbizia agli evidenti limiti fisici e dinamici. E Insigne, dentro per Eder, dà il cambio di velocità che serviva. Un applauso per Buffon, che ha salvato tre volte il risultato. L'ultima poco prima del gol di Pellè, un tuffo su Piqué che forse entrerà nella sua ventennale e ricchissima storia. Di sicuro entrerà nella storia, azzurra, questa partita, comunque andrà con i tedeschi. Oggi era una rivincita per noi, sabato saranno Neuer e compagni a volersi vendicare del 2012. Sarà una gara di nervi e di cuore, ne siamo i maestri indiscussi. Ma occhio, perché oltre a soffrire sappiamo anche giocare, e bene. 

Cinema in lutto, addio Bud Spencer Una leggenda tutta cazzotti e risate

Lutto nel cinema, è morto il mito Bud Spencer



È morto Bud Spencer, al secolo Carlo Pedersoli: uno degli attori più famosi e amati del cinema popolare italiano, aveva 86 anni. Tra anni Settanta e Ottanta aveva formato una mitica coppia comica con Terence Hill. "Papà è volato via serenamente - ha annunciato il figlio Giuseppe -, aveva tutti accanto, la sua ultima parola è stata grazie".

Trent'anni da mito - Napoletano, ex campione di nuoto (nel 1950 è il primo a scendere sotto il minuto nei 100 stile libero) partecipa alle Olimpiadi di Helsinki 1952 e ai Giochi di Melbourne 1956. Dopo lo sport, arriva il cinema: con il regista Giuseppe Colizzi è il protagonista del western Dio perdona… io no!. Cambia nome combinando quello della sua birra preferita, la Budweiser, e quello del divo di Hollywood Spencer Tracy. Praticamente infinita la lista dei suoi titoli memorabili: Lo chiamavano Trinità, Quattro mosche di velluto grigio (puntata "seria", con un regista come Dario Argento), ...più forte ragazzi!, Anche gli angeli mangiano fagioli. Poi la serie di Piedone, I due superpiedi quasi piatti, Lo chiamavano Bulldozer, Banana Joe, Bomber. Dagli anni '90 aveva diradato le apparizioni, comparendo in Fuochi d'artificio dell'amico Terence e dedicandosi soprattutto alla tv, da Detective extralarge a i Delitti del cuoco nel 2010, ultimo suo ruolo.

La politica - Ha sempre dichiarato di aver votato a destra, tanto da candidarsi con Storace alle regionali 2005 del Lazio, senza venir eletto (ma con 4.000 preferenze). Nel 2013 aveva sostenuto la candidatura della figlia Cristiana nel Pdl, alle comunali della Capitale.

L'avvocato Risponde: "Diritti dei coniugi, separazione e divorzio"

L'avvocato Mario Setola risponde a Luigi da Afragola


Avv. Mario Setola


La Domanda:

Egregio avvocato, mi chiamo Luigi e scrivo da Afragola. Due futuri sposi hanno stipulato, tramite scrittura privata, un accordo prematrimoniale con il quale hanno convenuto che in caso di separazione il futuro sposo, piu' ricco di lei, le avrebbe intestato la casa coniugale in cambio della rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa economica, compreso l'assegno di mantenimento. In seguito il marito decide di abbandonare il tetto coniugale avendo intrapreso una nuova storia sentimentale con un'altra donna e la moglie decide, allora, di chiedere la separazione con addebito  chiedendo non soltanto la corresponsione di un assegno di mantenimento parametrato al reddito del coniuge ed il risarcimento del danno per l'adulterio subìto, ma anche la liquidazione pro quota di strumenti finanziari giacenti su un apposito conto deposito titoli cointestato ad entrambi. Il marito puo' opporre l'infondatezza delle pretese della moglie facendo valere l'efficacia e la validità dell'accordo prematrimoniale?




La Risposta: 

In materia di validità ed efficacia degli accordi prematrimoniali in Italia, dobbiamo necessariamente fare riferimento alla recentissima sentenza della Corte di Cassazione civile, sez. I, del 23/12/2012 n° 23713. Nella generalità dei casi, poiché il nostro ordinamento giuridico non disciplina questo genere di convenzioni, gli accordi prematrimoniale in vista dell'eventuale separazione e del divorzio, sono nulli per illiceità della causa. Sono privi di effetti pertanto, gli accordi con cui gli interessati (coniugi) stabiliscono anticipatamente il regime giuridico da adottarsi alla cessazione degli effetti civili del matrimonio (separazione, divorzio). Diverso il caso in cui si configuri un contratto atipico con condizione sospensiva lecita(dove la condizione sospensiva è la separazione dei coniugi) e non un accordo prematrimoniale in vista della separazione e del divorzio.  Ipotizziamo il caso in cui un coniuge si impegna per iscritto, in caso di separazione o divorzio, a cedere al marito un immobile di sua proprietà, a titolo di indennizzo delle spese sostenute dallo stesso per la ristrutturazione.  In questo caso, la causa dell'accordo è quella di un contratto atipico con condizione sospensiva lecita, cioè la separazione dei coniugi. In questo caso, la Cassazione, nella sua recente sentenza, scrive quanto segue: "… valido l'impegno assunto dai nubendi in caso di fallimento del matrimonio, qualificandolo non come accordo prematrimoniale in vista del divorzio, ma come contratto atipico con condizione sospensiva lecita, espressione dell'autonomia negoziale dei coniugi diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell'art. 1322, secondo comma, del codice civile" . questa norma infatti recita testualmente:”Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare , purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico”. 

Nel tuo caso tuttavia, si tratta di un accordo prematrimoniale giuridicamente nullo ed inefficace e non di un contratto lecito sotto la condizione sospensiva della separazione. Nel tuo caso infatti, non c'è un sinallagma contrattuale lecito (ad esempio, poiché il coniuge ha ristrutturato l'immobile, l'altro coniuge si impegna a trasferirlo, in caso di avveramento della condizione “separazione”), ma uno scambio illecito, in quanto l'impegno a trasferire l'immobile vede come contropartita, la rinunzia al mantenimento da parte del coniuge economicamente debole, in violazione dell'articolo 156 del codice civile, il quale prevede che “Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.

L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato”. Il tuo caso inoltre, riguarda una separazione giudiziale con addebito della colpa al coniuge fedifrago; l'accordo prematrimoniale, quand'anche fosse valido, nulla dice a proposito dell'eventuale addebito della separazione ad un coniuge. 

Avv. Mario Setola – Esperto in Diritto di Famiglia 
Studio: Cardito (Na) Corso Cesare Battisti n. 145
Cell. 3382011387 Email: avvocato.mariosetola@libero.it

lunedì 27 giugno 2016

L'intervista - Di Battista svela il piano segreto M5s "Così ci libereremo di Renzi ed euro"

Di Battista svela il piano segreto M5s: "Così ci libereremo di Renzi ed euro"


intervista di Pietro Senaldi



«Non mettetemi per favore la solita foto con la sigaretta in bocca». Così Di Battista nell'intervista che rilascia a Pietro Senaldi pubblicata su Libero. 

Cambio di strategia comunicativa?

«No, è che ho smesso da due anni e mezzo».

Cambio di strategia politica in vista del governo alllora?

«Al governo ci andiamo, è il messaggio che viene dalle elezioni, il passaggio di M5S da voto di protesta a voto per farci governare l’hanno sottolineato perfino gli analisti. Noi siamo una forza di governo, lo stiamo dimostrando e continueremo a farlo amministrando le città ».

Con Di Maio premier?

«Di Maio lo stimo tantissimo, ci frequentiamo anche fuori dal lavoro. Ma parlare del candidato premier è prematuro. Sceglieranno i nostri iscritti».

Si candiderà anche lei?

«È prematuro parlarne».

Ma chi comanda ora in Cinquestelle, non si è mai capito bene?

«I sindaci sono autonomi, basta che rispettino il regolamento del Movimento. Adesso hanno al loro fianco anche un gruppo di coordindamento di cui fa parte come responsabile degli Enti Locali anche Di Maio, ma questo non intacca la loro autonomia. Gli europarlamentari viaggiano da soli e qui in Parlamento c’è il famoso direttorio a cinque, di cui faccio parte anch’io, che non è altro che un organo di coordinamento del lavoro di tutti».

Un modello di leadership diffusa, In antitesi al personalismo di Renzi e Berlusconi?

«Per noi arrivano prima i programmi. Il leaderismo è uno dei problemi dell’Italia, ed è uno dei motivi per cui il M5S è nato. Partite dai cittadini significa coinvolgere tutti, cosa che non hanno fatto né destra né sinistra».

Grillo ha fatto il passo indietro?

«Lui è sempre stato solo il nostro garante, visto che non può candidarsi, non si occupa della macchina del Movimento. Io stesso la prima volta l’ho incontrato solo tre anni fa sul palco di San Giovanni a fine campagna elettorale. Di fatto sono diventato parlamentare senza conoscerlo».

C’è chi dice che siete cresciuti come classe dirigente dopo la scomparsa di Casaleggio…

«Lui è uno degli uomini che ho più stimato in vita mia. Aveva la visione, è stato l’ideologo, ma la classe dirigente non si è formata negli ultimi due mesi. Raggi e Appendino sono al secondo mandato, hanno fatto la gavetta».

Però avete questa maledizione del secondo mandato oltre il quale non potete più candidarvi…

«Questa benedizione, vorrà dire. Mi creda, dieci anni non sono pochi, bastano per lasciare il segno e in più ti consentono di restare consapevole che la tua esperienza è a termine. Siamo qui a tempo per lavorare per i cittadini, non per inciuciare allo scopo di perpetuare al massimo la nostra permanenza in Parlamento».

Lei cosa farà dopo?

«È presto per chiederselo. Se sarò rieletto, ho ancora sette anni davanti in Parlamento. E poi non c’è bisogno di essere nelle istituzioni per continuare a fare politica. Mi piace scrivere, nel 2012 ho scritto un libro, “Sicari a 5 euro, vita e morte in America Latina”; in Guatemala, dove ho lavorato un anno come cooperante,era il prezzo per assoldare un killer».

Quanto guadagnava prima di essere eletto?

«Da cooperante, 1.450 euro».

Era preoccupato per il futuro?

«Preoccupatissimo, come quasi tutti quelli della mia generazione».

Per questo ha fatto politica?

«Faccio politica per togliere questo Paese dalle mani di chi l’ha distrutto facendo i propri interessi».

E adesso quanto guadagna?

«Un parlamentare porta a casa 12-13mila euro netti al mese, non lo so neanche. Io ne tengo per me 3100. In questi tre anni ho restituito allo Stato oltre 170mila euro. Avrei potuto comprarmi una casa, invece vivo in affitto. È la prova che non faccio politica per interesse».

Siete dei moralisti…

«Siamo persone che sanno quello che conta per i normali cittadini. Guadagnare quanto loro, anche se in verità guadagno ben più della media, mi fa pensare come loro e mi mantiene in contatto con la realtà. Non è moralismo. La gente vuole fatti, la nostra rinuncia economica è un fatto e, per restare in tema, paga».

Per le casse dello Stato 170mila euro sono una goccia nel deserto. Non è un sacrificio inutile?

«No. È quello che mi consente di far politica a testa alta e guardare la gente negli occhi. Noi di M5S siamo credibili, perché siamo gli unici che fanno quel che dicono. Se sei un politico, devi essere il primo a sacrificarti».

Il segreto del vostro successo?
«Che di colpo abbiamo fatto sembrare vecchi tutti gli altri. Renzi anagraficamente è giovane ma fa politica come Martinazzoli. Non c’è differenza tra lui e il suo rottamato D’Alema».

In che senso? 

«Promette, fa storytelling ma alla prova dei fatti pensa solo al potere. Sotto elezioni promette una pizza in più, lo zainetto, ti fa telefonare dalla Boschi che si finge centralinista. Ma qualcuno ha mai visto la Boschi telefonare a un truffato di Banca Etruria?».

Gli 80 euro però erano veri…

«Infatti promettendoli ci ha vinto le elezioni Europee nel 2014. Poi però gli italiani hanno scoperto che gli 80 euro in tasca non c’erano, perché evidentemente Renzi li ha dati con la mano sinistra e subito se li è ripresi con la destra. E allora non lo votano più».

Il nemico è il Pd?

«Assolutamente sì».

Perché vi odiano così tanto?

«Perché hanno capito che li mandiamo a casa. Abbiamo iniziato a Torino e Roma, l’anno prossimo arriverranno altre città. E il governo».

Cos’avete che loro non hanno?

«Serietà e coerenza. Il Pd è un partito di ipocriti. Vent’anni a far la lotta a Berlusconi e poi il Nazareno, e quando questo fallisce governa coi voti di Alfano e Verdini. Fa politica con gli inciuci, da professionista del Palazzo».

Voi invece…

«Facciamo, e bene, quello che il Pd dice ma non fa. Siamo coerenti con le nostre idee e la nostra identità e non veniamo a compromessi per governare, ci presentiamo soli».

Però i ballottaggi li vincete sempre con i voti del centrodestra...

«Io combatto i partiti, non i loro elettori. Certo che mi fa piacere se riesco a convincere un elettore di centrodestra a votare M5S, ma non parliamo con i segretari di partito».

Peggio Renzi o Berlusconi per un elettore di Cinquestelle?

«Sbagliato paragonarli. Renzi è più ipocrita, finge di essere Berlinguer e poi fa macelleria sociale, non ha mai lavorato un giorno in vita sua. Berlusconi pensava ai suoi interessi ma non fingeva di essere qualcosa di diveso. Infine Renzi, a differenza di Berlusconi, ha una boria infinita».

Lei però ha votato a sinistra?

«Il primo voto è stato ai Verdi, poi il Pd. Ma prima di conoscerlo».

Avrà fallito se...?

«Se non riesco a mantenermi diverso dai mestieranti della politica».

Cosa le piace del suo lavoro?

«Andare in mezzo alla gente e riceverne il sostegno».

La notorietà?

«Non ha valore per me. Mi ha fatto effetto all’inizio ma ora mi interessa solo il contatto, mi inorgogliscono gli incoraggiamenti ad andare avanti. Questo fine settimana l’ho passato facendo comizi a Matera e Taranto. Città dove non si vota. Noi ci siamo anche e quando non c’è da incassare».

Andrete al governo se...?

«Se resteremo fedeli a noi stessi e agli elettori. E se andrà bene Roma, quella è la partita decisiva, sarebbe un biglietto da visita vincente davanti all’opinione pubblica mondiale».

Bastano la moralità e l’anticasta per governare bene?

«Non bastano ma sono un buon inizio. Il sindaco di Pomezia ha preso il Comune in rosso e l’ha risanato in due anni. Quando gli ho chiesto come ha fatto, mi ha risposto solo che non aveva rubato».

Io però non vi voto…

«E perché?»

Con questa ossessione dei tagli in qualche modo finirebbe tagliato pure il mio stipendio. E questo ragionamento lo fanno in molti.

«Perché mi scusi, lei è un dipendente pubblico? Noi siamo solo contro gli stipendi pubblici da centinaia di migliaia di euro per occupare poltrone lottizzate, contro i vitalizi non coperti dai contributi, contro le posizioni di rendita. Cinquestelle non è contro la ricchezza».

E la decrescita felice?

«Noi siamo per il taglio dell’Irap: i 170mila euro a cui ho rinunciato sono andati alle imprese».

Mi dica un merito di M5S?

«Merito nostro se e in Italia non ci sono state ancora derive estremiste».

Non le pare un po’ grossa? 

«No, incanaliamo l’odio sociale dando una risposta di speranza».

Ma vede allora che siete il partito di chi non ha nulla da perdere?

«Ci sono molti imprenditori con noi. I nuovi sindaci sono quasi tutti professionisti. La stampa anti-M5S vedo che riesce a suggestionare pure i professionisti dell’informazione».

E questa storia del reddito minimo? Siete dei pauperisti…

«Le statistiche dicono che per una vita dignitosa oggi occorrono minimo 780 euro. Noi vogliamo portare le pensioni minime a quella cifra e darla a chi cerca o perde lavoro, sempre che segua dei corsi di riqualificazione».

E dove trovate i soldi?

«L’operazione costa 17 miliardi. Gli 80 euro, dati a gente con già un lavoro, costano 10, il Jobs Act, che non ha sconfitto la disoccupazione, ne è costato 12 e 1,5 lo spendiamo per garanzia giovani, che è un flop. I soldi ci sono, è questione di scelte».

La vostra partita di governo si gioca nel convincere i moderati: per molti non siete rassicuranti…

«La Gruber mi ha detto che siamo andati bene alle elezioni perché ci siamo normalizzati. A me sembra che da sempre gli unici normali siamo noi. Credo che tutti ambiscano a vivere in un’Italia con una maggiore giustizia sociale, anche i ricchi».

Il Pd vuole cambiare la legge elettorale perché hanno capito che così vincete voi. Gioco sporco?

«Lo faccia. Essere soli è la nostra forza. Abbiamo conquistato Comuni in cui contro di noi si presentavano sessanta liste. I colpi bassi ci fortificano, guardi Roma».

Cos’è successo?

«Il Pd ha montato la storia delle consulenze della Raggi 48 ore prima del voto. Che autogol: gli elettori hanno pensato che se la attaccavano così pretestuosamente significava che faceva molta paura, e così si sono ribellati. Involontariamente ha dato una motivazione in più per andare alle urne e votare contro Giachetti».

È felice della Brexit?

«Sono ammirato della democrazia inglese, che ha concesso agli elettori un referendum per decidere se stare dentro o fuori dall’Europa».

Volete stare dentro o fuori, ultimamente c’è stata confusione?

«Noi vogliamo che decidano gli elettori, è democrazia dal basso».

Ma un’idea personale dell’Europa ce l’avrà?

«L’Europa è un’opportunità importantissima che è stata rovinata da burocrati e banche. Un’Europa dei popoli sarebbe una risorsa preziosa per tutti, questa di oggi non lo è; va cambiata e lo faremo da dentro le istituzioni».

«Libero» sta facendo una raccolta di firme per poter votare anche in Italia un referendum per uscire dall’Europa. Ci dà la sua?

«Il nostro obiettivo è un referendum sull’euro. Un referendum sull’uscita dalla Ue non è mai stata una nostra proposta. Se però dovesse esserci in Italia, in ogni caso sarebbe un’espressione di democrazia».

Apre al Policlinico ‘A. Gemelli’ il primo Centro per il linfedema

Apre al Policlinico ‘A. Gemelli’ il primo centro per il linfedema


di Eugenia Sermonti



Apre presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma un centro unico in Italia per la cura del linfedema, una malattia sempre più diffusa che colpisce i vasi linfatici degli arti ed è caratterizzata da gonfiore. Diretto dalla professoressa Marzia Salgarello, direttore UOC Chirurgia Plastica e Ricostruttiva e responsabile del Centro per il Trattamento Chirurgico del Linfedema del Gemelli, si tratta della prima struttura dedicata al trattamento dell’invalidante patologia con un approccio microchirurgico di ultimissima generazione, caratterizzato da metodiche cosiddette ‘fisiologiche’, ovvero che agiscono nel pieno rispetto di anatomia e fisiologia del sistema linfatico. Il Centro è stato concepito con l’obiettivo di rivolgersi all’enorme numero di pazienti affetti da questa condizione (sono 40 mila l’anno i nuovi casi di linfedema, gli stessi numeri del cancro della mammella) che fino a oggi sono rimasti, di fatto, ‘orfani di cura’. L’inaugurazione si è svolta alla presenza dell’ingegner Enrico Zampedri, direttore generale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli e del professor Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, insieme con il professor Giovanni Scambia, direttore del 'Polo per la Tutela della Salute della Donna e del Bambino' al cui interno il Centro per il Linfedema è collocato. Nella giornata inaugurale si è tenuta anche la lectio ‘La supermicrochirurgia nel trattamento del Linfedema’ del professor Isao Koshima dell’Università di Tokyo, tra i massimi esperti mondiali sulla patologia del sistema linfatico. “Il Centro - spiega la professoressa Salgarello - completa la carta dei servizi del Policlinico Universitario A. Gemelli in campo oncologico offrendo risposte anche finalizzate al miglioramento della qualità della vita dei pazienti colpiti da tumore che troppo spesso vivono il paradosso terapeutico secondo cui guariscono dal cancro, ma al costo di dovere affrontare una patologia benigna, ma cronica e invalidante, qual è il linfedema”.

La malattia - Il linfedema periferico è una patologia cronica, progressiva, debilitante causata dall’accumulo patologico di liquido (linfa) nei tessuti (linfostasi) degli arti superiori o inferiori. Le principali forme di linfedema che si osservano sono: ‘primarie’, dovute a malformazioni dei vasi del sistema linfatico, e ‘secondarie’, dovute a eventi avversi esterni che alterano la normale funzione del sistema linfatico. La chirurgia oncologica è tra la cause più frequenti di linfedemi secondari. In Italia si registrano circa 40 mila nuovi casi all’anno di linfedema, tra forme primarie e secondarie. Tra il 5 e il 41% delle donne con tumore della mammella, dal 2,4 al 41% delle donne con tumore della cervice, dell’utero e delle ovaie, e tra il 25 e il 67% delle donne con tumore della vulva sviluppano linfedema dopo trattamenti oncologici. Un impatto notevole di questa patologia si osserva anche dopo trattamenti oncologici per tumori prostatici, melanomi e sarcomi. Il linfedema riduce la funzionalità dell’arto interessato; può associarsi a dolore, a infezioni ricorrenti e alterazioni cutanee; può rendere molto difficile la vita sociale e di relazione, impattando sulla qualità di vita; raramente può evolvere in una patologia maligna, il linfoangiosarcoma. Il linfedema normalmente si osserva a distanza di 1-4 anni dopo la chirurgia oncologica. Spesso sottovalutati, i pazienti arrivano a diagnosi di linfedema quando il ‘gonfiore’ è stabile e persistente, e quindi in uno stadio clinico intermedio o avanzato.

A chi si rivolge il nuovo Centro - Tutti i pazienti affetti da linfedema sia primario che secondario possono far riferimento a questo centro per conoscere le possibilità e le diverse opzioni terapeutiche. Per i pazienti con fattori di rischio per linfedema si consiglia di effettuare una visita di controllo ambulatoriale entro l’anno dalla conclusione delle terapie oncologiche, indipendentemente dai sintomi. In questo modo diviene possibile effettuare la diagnosi precoce di linfedema, anche grazie all’ausilio di una metodica diagnostica di ultimissima generazione, minimamente invasiva e ambulatoriale quale 'la linfografia a fluorescenza con verde di indocianina'. La diagnosi precoce della malattia è importante perché consente di evitare la progressione del linfedema. Inoltre, le possibilità di successo della microchirurgia aumentano quanto più precoce è lo stadio della malattia.

Le cure - Fino a oggi il linfedema è stata considerata una malattia trattabile solo da un punto di vista sintomatico, utilizzando la terapia fisica combinata. Questa prevede un impegno a vita da parte del paziente il quale, oltre alla fisioterapia decongestionante, deve indossare a vita indumenti elasto-compressivi e attenersi scrupolosamente e quotidianamente ad alcune ‘regole’ per evitare la progressione della malattia e le possibili infezioni (‘skin care’ quotidiano, attenzione agli sforzi di ogni tipo, utilizzo di repellenti soprattutto in estate per limitare al massimo le punture di insetto, attenzione anche a piccoli traumatismi, cautela nell’esposizione solare diretta. Tutte queste attenzioni servono a evitare di incorrere in una linfangite, malattia intercorrente che farebbe aggravare il linfedema e comporterebbe  un peggioramento ulteriore).. Presso il nuovo centro del Policlinico il linfedema si può curare grazie a due metodiche microchirurgiche fisiologiche:

Le anastomosi linfatico-venose (LVA) con tecnica supermicrochirurgica - L’intervento consiste nel deviare (bypassare) i collettori linfatici a delle piccole venule sotto pelle di dimensioni di circa 0.2-0.5 millimetri allo scopo di 'scaricare' i vasi linfatici che risultano ostruiti. L’intervento si effettua con l’utilizzo del microscopio intraoperatorio e con tecniche di supermicrochirurgia. L’intervento chirurgico si effettua attraverso delle incisioni di circa 2-3 cm, ed è quindi poco invasivo.

Trapianto autologo di linfonodi/tessuto linfatico - L’intervento consiste nel prelevare in modo selettivo del tessuto linfatico/ linfonodi con i loro vasi trofici, da una zona del corpo (ad esempio inguine, collo, ascella) per trasferirli a livello dell’arto che è interessato dal linfedema, ricollegando i vasi dei linfonodi a dei piccoli vasi locali con l’utilizzo del microscopio. L’obiettivo dell’intervento è riportare dei linfonodi/tessuto linfatico nell’arto malato per migliorare il drenaggio linfatico.

La zona di prelievo dei linfonodi viene studiata preoperatoriamente anche utilizzando la metodica del 'reverse mapping', che permette di selezionare in modo specifico linfonodi che non andranno a disturbare il normale drenaggio linfatico della zona di prelievo. Con la terapia microchirurgica il 91,2% dei pazienti ha riportato miglioramenti soggettivi, con riduzione della circonferenza dell’arto affetto fino al 70%, fino al 78% dei casi ha interrotto l’utilizzo di indumenti elasto-compressivi, e fino al 100% dei casi non hanno più riportato episodi di infezione. Il centro del trattamento chirurgico del linfedema - spiega la professoressa Marzia Salgarello - offre un team di esperti che si prende cura del paziente in un sistema integrato, in cui i fisioterapisti collaborano con i chirurghi nel trattamento e nella preparazione del paziente alla chirurgia, e poi lo seguono nella fase successiva. La nuova terapia chirurgica del linfedema vuole proporsi come il momento più incisivo nella cura della malattia, con l’obiettivo di migliorare i sintomi della malattia stessa (le dimensioni dell’arto, il numero o la frequenza delle infezioni) e quelli soggettivi che si riflettono sull’immagine di sé, sulle attività quotidiane e sulla vita sociale, con rilevanti ripercussioni sulla qualità della vita. “È questo un progetto avveniristico - conclude la professoressa Salgarello - che ha come primo momento la divulgazione a tutti i pazienti di queste nuove possibilità terapeutiche: fare arrivare a loro, i pazienti, la conoscenza di questa novità di cura è il nostro primo passo, che getta le basi per la cura di domani”. 

Rivolgendosi al CUP (SSN - 0688805560) o all’ALPI (800-262272) si può prenotare una visita ambulatoriale di Chirurgia Plastica per ottenere una prima valutazione