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giovedì 2 luglio 2015

Ci svuotano il conto corrente: banche e crisi, cosa succederà

Conti correnti, dal 1 gennaio 2016 scatta il bail in per salvare le banche: se in crisi useranno i soldi dei clienti




L'ultima iniziativa che sta per cadere sulle teste degli italiani potrebbe far rimpiangere la notte tra il 9 e il 10 luglio 1992. Sono passati 23 anni, ma i correntisti italiani hanno ancora gli incubi per l'iniziativa del governo di Giuliano Amato che con un decreto d'emergenza prelevò il sei per mille da tutti i conti correnti italiani. Quella terribile sensazione di qualcuno che vi fruga nelle tasche ora sta per diventare una legge a tutti gli effetti, visto che da oggi alla Camera, dopo esser passata già al Senato, si dovrà votare sulla direttiva europea 2014/59/UE sulla nuova gestione delle crisi bancarie in vigore dal 1 gennaio 2016.

Come funziona - Chiunque possegga almeno 100 mila su un conto corrente in un istituto bancario, con strumenti diversi da depositi e titoli garantiti, dovrà contribuire alla salvezza del proprio istituto nel caso questo entri in crisi. Tecnicamente il meccanismo è definito bail in, è stato lo stesso utilizzato nel corso della crisi di pochi anni fa a Cipro, dove furono rastrellati i conti correnti per evitare il tracollo del sistema bancario.

Le reazioni - La direttiva non dovrebbe incontrare le resistenze dei partiti di governo, mentre tra le forze di opposizione c'è già chi annuncia battaglia, come il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta: "È un vero e proprio prelievo forzoso contro le famiglie, contro le imprese e solo nell'interesse delle grandi banche". "I soldi dei depositanti - ha detto in aula il deputato forzista Roberto Occhiuto - non sono delle banche né dello Stato, che non possono utilizzarli come se fossero propri in caso di crisi. I depositanti, infatti, sono soltanto clienti e non si capisce perché l'Europa voglia che si facciano carico dei problemi della loro banca".Sulla stessa linea anche il Movimento 5 stelle, visto che sul blog di Beppe Grillo pochi giorni fa veniva anticipato l'arrivo del voto a Montecitorio: "Diventeremo tutti soci delle banche, ma sia chiaro, sempre con le consuete regole regole contrattuali: se le perdite saranno di tutti, i profitti restano i loro".

Cosa succede dopo il referendum: le ipotesi (da incubo) per l'Europa

Crisi Grecia, cosa cambia dopo il referendum: default, terremoti politici, crac dell'Eurozona




"Il referendum non è sull'uscita della Grecia dall'euro", ha assicurato il premier Alexis Tsipras. Il suo braccio destro Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze di Atene, si dimostra ancora più ottimista, sostenendo che l'Eurogruppo considera "nella giusta direzione" le ultime proposte negoziali del governo ellenico, prevedendo un approdo alla "sostenibilità del debito". Peccato che Angela Merkel, che conta più dell'Eurogruppo, abbia ribadito che da qui a domenica, giorno della consultazione in Grecia, non ci saranno novità né tanto meno accordi, e lo stesso presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker abbia confermato la "quarantena" tra Atene e Bruxelles: "Stop ai contatti con Atene fino a lunedì". 

Le due strategie - La strategia dei contendenti è chiara: Tsipras e Varoufakis "minimizzano" la portata del referendum, ma al tempo stesso tifano per il no sperando di mettere l'Ue spalle al muro: o ascoltate la voce del popolo greco e ci salvate, oppure con noi crolla tutta l'Eurozona. Merkel e falchi europei fanno lo stesso ragionamento, al contrario: vediamo se Atene ha il coraggio di rischiare di uscire dall'euro. Di sicuro, come detto da molti, la scelta del referendum contro l'austerità unito al mancato pagamento dei creditori da parte di Atene ha condotto l'Europa in territori inesplorati e pericolosissimi. Ecco i possibili scenari dopo domenica.

Se vince il sì - Il popolo greco sceglie l'austerità per garantirsi altri miliardi dall'Fmi (7,2 miliardi), lo sblocco degli aiuti alle banche da parte della Bce (11 miliardi) e l'ombrello dell'euro per paura di un crac definitivo con il ritorno alla dracma. Di fatto, sarebbe il licenziamento in diretta di Tsipras, che sarebbe obbligato a dimettersi e lasciare spazio a un governo di solidarietà nazionale, una grande coalizione con dentro socialisti e centristi saldamente europeisti. Il trionfo del rigore merkeliano, con l'inquietante prospettiva che una Grecia soffocata dai tagli si ritrovi senza soldi tra qualche mese. Un circolo vizioso rassicurante per noi, almeno per ora, e potenzialmente devastante per i greci.

Se vince il no - Prima opzione, scontata. Tsipras dirà no alle ultime proposte dell'Eurogruppo, cercando un rilancio favorevole che non preveda misure drastiche su pensioni e Iva. A quel punto la ex Troika può chinare il capo per blindare l'euro oppure tenere duro (scelta probabile), chiudere i rubinetti ad Atene con conseguenze tragiche. Occhio, però, perché a scompaginare tutto (soprattutto in chiave interna) ci potrebbero essere le dimissioni del presidente della Repubblica Prokopis Pavlopoulos, convinto europeista. A quel punto con le elezioni inevitabili, potrebbero polarizzarsi ulteriormente i due fronti: anti-Ue (da Syriza ad Alba Dorata) contro europeisti, in un remake ancora più disperato di quanto accaduto negli ultimi mesi.

mercoledì 1 luglio 2015

Caivano (Na): Intervista all'Amministratore del blog, Gaetano Daniele

Caivano (Na): Intervista all'Amministratore del blog, Gaetano Daniele 



di Angela Bechis 



Gaetano Daniele
Amministratore il Notiziario

A Caivano ha vinto Monopoli. E' sindaco dal 17 Giugno scorso. A due settimane dalla vittoria, Monopoli non presenta ancora la Giunta, secondo lei perchè? 

Per Monopoli non è semplice. Tra il dire e il fare c'è di mezzo l'esperienza politica. Sembrava facile, infatti, come ricordava lei nella domanda, a due settimane dalla vittoria, dalla vittoria preannunciata, dalla vittoria facile, dalla Giunta quasi pronta dietro l'angolo, Monopoli ancora oggi deve fare i conti con esponenti politici giovani. 

Cosa intende per giovani?

Secondo me, Monopoli sta sbagliando tutto. Guardando le ultime indiscrezioni lanciate anche da me nei giorni scorsi, Monopoli si sta affidando a ragazzi alle prime armi. Questo è un bumerang. 

Perchè?.

Caivano è una piazza difficilissima, molto complessa da amministrare e, per far uscire il Paese da questo impasse serviva una Giunta tecnica, fatta di veri professionisti che conoscono bene il territorio, non di ragazzi alle prime armi, seppur volenterosi. Con lo scorrimento, Monopoli rischia di dover ricomporre la Giunta ogni settimana. Ovviamente, questa mia considerazione non vuole essere una critica ai primi dei non eletti delle varie liste, anzi, sono tutte persone perbene, che conosco, ma la gestione politica è altra cosa, e Caivano, dopo l'esperienza negativa Falco, doveva puntare su questo. 

Quindi secondo lei, quando presenterà la Giunta? 

Monopoli deve ancora sciogliere il nodo presidenza del consiglio, dopo che fu nominato il neo Consigliere comunale, Giuseppe Mellone, forse anche a sua insaputa, e dopo averlo escluso, da indiscrezioni, sempre a sua insaputa, giustamente, Mellone che, ha sempre operato nella direzione giusta, cioè nell'esclusivo interesse della frazione di Pascarola e di Caivano, ora pretende che il suo nome venga portato avanti, sostenuto anche dal suo partito. Non si può, indirettamente, solo perchè si può contare su quella persona, bruciare un nome così. Insomma, poi dobbiamo anche vedere i Socialisti di Giamante Alibrico, a cui Monopoli si è rivolto ed affidato per assicurarsi la vittoria al ballottaggio, cosa dicono. Non è facile. Credo che a Monopoli servono più giorni, forse il tutto slitterà alla settimana prossima.  

Blitz antiterrorismo: arrestati convertiti L'italiana che voleva combattere con l'Is

Milano, dieci arresti dell'antiterrorismo italiano: preparavano viaggio per combattere in Siria




Gli agenti della Digos hanno smantellato una cellula terroristica tutta incentrata su una donna italiana convertita all'Islam. In 10 sono stati arrestati copn l'accusa a vario titolo di associazione con finalità di terrorismo e di organizzazione del viaggio per finalità di terrorismo. Al centro del blitz c'è Maria Giulia Sergio, 28enne di Torre del Greco, in provincia di Napoli, convertita all'Islam nel 2009 sposandosi con un giovane marocchino, da quando ha preso il nome di Fatima.

A Milano - Da tre anni Fatima si era trasferita con la famiglia a Inzago, in provincia di Milano. Qui si è risposata, stavolta con un ragazzo albanese che l'ha introdotta in ambienti radicali, con i quali ha legato di più quando si è spostata a Grosseto, dove viveva la famiglia del marito. Proprio in quel periodo, secondo gli inquirenti, in Toscana erano stati ospitati da gruppi fiancheggiatori dell'Isis due personaggi molto attivi nel reclutamento di nuovi militanti. Uno è Bilal Bosnic, ispiratore e facilitatore del viaggio di Isma Mesimovic, l'imbianchino di Longarone morto mentre combatteva in Siria per l'esercito dello Stato islamico.

Gli arresti - Gli ultimi dieci arresti riguardano 4 italiani, 5 albanesi e 1 un canadese, per buona parte familiari di Fatima Sergio. Secondo l'antiterrorismo italiano, il gruppo era composto da due nuclei familiari, uno formato da italiani convertiti da poco all'Islam e determinati a partire per la Siria.

Pensione anticipata, si può Il governo ha pronto il piano

Pensioni anticipate, il governo ha pronto il piano




Il presidente dell' Inps ha presentato ieri, 30 giugno,  in un incontro al Tesoro, il suo piano per la riforma delle pensioni. Lo aveva già fatto con Matteo Renzi la scorsa settimana. Pare che sia il premier che i ministri dell'economia Pier Carlo Padoan, e del Lavoro Giuliano Poletti sono d'accordo ad introdurre nella prossima legge di stabilità la possibilità di andare in pensione prima rispetto alla legge Fornero. In cambio di un assegno più basso. Per quanto riguarda le coperture le ipotesi sono diverse: e tutte hanno ovviamente un "costo". Sarebbe questo il motivo per cui Renzi, per ridurre l'impatto politico di scelte impopolari starebbe secondo i rumors, pensando di trasformare la carica di Boeri da commissario a presidente dell'Inps. 

L'incredibile rivelazione della black bloc: "Lancio pietre contro la polizia ma..."

No tav, la black bloc che lancia pietre contro la polizia ma non sa perché




Si chiama Mara. Ha 19 anni. E' una No Tav ma non sa perché, lancia pietre contro la polizia e non sa perché. Il Corriere della Sera intervista questa giovane donna che, rimasta senza padre e senza madre, ha preso un treno da Palermo ed è arrivata a Roma. Qui è entrata in un centro sociale ed è stata accolta. "Faccio quello che mi dicono loro. Sabato due che conosco mi hanno chiesto se mi andava di venire qui in Piemonte. Ho detto di sì anche se non ho capito bene a fare cosa della Tav io non so niente.

La confessione - Siamo partiti in pullman e mi hanno detto che bisognava attaccare la polizia. Che dovevo lanciare pietre, non i petardi perché non ne sono capace. La prossima volta lo farò anche io". Sembra incredibile, ma dice proprio così. E aggiunge: "Mi hanno detto che è giusto fare così, per aiutare chi vive qui. Con il cantiere distruggono quello che c'è". Mara non chiede perché né lo chiede a se stessa. Lei fa quello che le dicono, anche lanciare pietre contro la polizia per una causa che non sa neanche qual è. 

All'aeroporto di Londra fermo per 24 ore Prigioniero di Easyjet: cosa è successo

All'aeroporto di Londra per 24 ore, prigioniero di Easyjet


di Maurizio Belpietro


Devo questo articolo alle centinaia di persone che domenica notte hanno bivaccato all'aeroporto di Gatwick a causa di un black out e dell'inefficienza di alcune compagnie, la più nota tra le quali è EasyJet. Viaggio molto, in Italia e all'estero. Direi che posso essere considerato un frequent flyer, con circa 2000 ore di volo all'attivo, quasi come un pilota professionista. Ciò nonostante non mi è mai capitato di imbattermi in un misto di incapacità, arroganza e impreparazione come mi è toccato a Londra.

Il problema ovviamente non è il guasto tecnico che ha messo fuori uso una ventina di gate, lasciando parte del secondo aeroporto della capitale inglese al buio e impedendo gli imbarchi. L'avaria è sempre possibile e quando si viaggia si deve mettere in conto. Il problema non è neppure la lentezza con cui si è cercato di risolvere il black out: la domenica il personale delle squadre di pronto intervento non è al completo, anche se in un aeroporto da cui partono migliaia di persone forse sarebbe meglio che lo fosse. Il problema sta nel modo in cui sia la società di gestione dell' aeroporto e alcune compagnie aeree - in particolare EasyJet - hanno gestito l' emergenza, cioè nella totale impreparazione. Nessun annuncio, nessuna spiegazione, se non un messaggio registrato per dire che le squadre di pronto intervento stavano lavorando alacremente. Nessun aiuto, alle famiglie, alle persone anziane, a chi se la cavava male con l' inglese. Soprattutto nessun rappresentante della EasyJet. Per vederne uno è stato necessario attendere alcune ore, dopo averle trascorse di fronte ai video muti delle partenze, inseguendo segnali contraddittori, con conseguente transumanza dalla sala imbarchi ai gate nella speranza che questi venissero aperti.

Ore d' attesa. In piedi. Senza notizie se non la scritta della compagnia e l'indicazione del volo. Il Flight tracker, cioè l' applicazione online della compagnia, spostava di venti minuti in venti minuti la partenza, parlando di generiche difficoltà di traffico. Alla fine, mentre altri voli ritardati partivano e altri venivano cancellati, dal video del gate è scomparso anche il nome della compagnia e del volo. Al suo posto è comparso solo l'invito a presentarsi al desk della compagnia. Che ovviamente era sprovvisto di personale.

L' unica assistente con indosso una divisa della EasyJet è comparsa dopo ore, dotata di arroganza più che di buon senso. Ordine perentorio di uscire dall' area imbarchi, superare i controlli doganali e recarsi al banco Customer Service di EasyJet, per affrontare l'ennesima prova. Una fila lunga di ore per poter parlare con un assistente di terra, ricevere un' informazione scarna sul prossimo volo, un' indicazione vaga di un albergo nelle vicinanze per trascorrere la notte, un voucher da 12 pounds per riparare alla cena saltata. Nessun trasfert per l' hotel, nessuna carta d' imbarco, ancora nessuna spiegazione. E dunque altre code per i taxi, altre code per gli alberghi, a volte per sentirsi dire che la stanza non c' era. Camere odorose di muffa con servizi sporchi.

Centinaia di persone (mille, forse più) lasciate così. Non a Zanzibar, da un vettore sconosciuto. A Londra, da un vettore conosciuto che vanta di appartenere alla nuova generazione del traffico aereo. E che il giorno dopo, con il volo di riparazione è riuscito ad accumulare altri 40 minuti di ritardo.

In un caso del genere, di fronte a un tale disservizio e alla maldestra improvvisazione, viene voglia di rivalutare l'
Italia e perfino l' Alitalia. Se quello è il secondo aeroporto inglese, quasi quasi è meglio tenersi l'ultimo del nostro Paese.