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giovedì 2 luglio 2015

Cosa succede dopo il referendum: le ipotesi (da incubo) per l'Europa

Crisi Grecia, cosa cambia dopo il referendum: default, terremoti politici, crac dell'Eurozona




"Il referendum non è sull'uscita della Grecia dall'euro", ha assicurato il premier Alexis Tsipras. Il suo braccio destro Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze di Atene, si dimostra ancora più ottimista, sostenendo che l'Eurogruppo considera "nella giusta direzione" le ultime proposte negoziali del governo ellenico, prevedendo un approdo alla "sostenibilità del debito". Peccato che Angela Merkel, che conta più dell'Eurogruppo, abbia ribadito che da qui a domenica, giorno della consultazione in Grecia, non ci saranno novità né tanto meno accordi, e lo stesso presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker abbia confermato la "quarantena" tra Atene e Bruxelles: "Stop ai contatti con Atene fino a lunedì". 

Le due strategie - La strategia dei contendenti è chiara: Tsipras e Varoufakis "minimizzano" la portata del referendum, ma al tempo stesso tifano per il no sperando di mettere l'Ue spalle al muro: o ascoltate la voce del popolo greco e ci salvate, oppure con noi crolla tutta l'Eurozona. Merkel e falchi europei fanno lo stesso ragionamento, al contrario: vediamo se Atene ha il coraggio di rischiare di uscire dall'euro. Di sicuro, come detto da molti, la scelta del referendum contro l'austerità unito al mancato pagamento dei creditori da parte di Atene ha condotto l'Europa in territori inesplorati e pericolosissimi. Ecco i possibili scenari dopo domenica.

Se vince il sì - Il popolo greco sceglie l'austerità per garantirsi altri miliardi dall'Fmi (7,2 miliardi), lo sblocco degli aiuti alle banche da parte della Bce (11 miliardi) e l'ombrello dell'euro per paura di un crac definitivo con il ritorno alla dracma. Di fatto, sarebbe il licenziamento in diretta di Tsipras, che sarebbe obbligato a dimettersi e lasciare spazio a un governo di solidarietà nazionale, una grande coalizione con dentro socialisti e centristi saldamente europeisti. Il trionfo del rigore merkeliano, con l'inquietante prospettiva che una Grecia soffocata dai tagli si ritrovi senza soldi tra qualche mese. Un circolo vizioso rassicurante per noi, almeno per ora, e potenzialmente devastante per i greci.

Se vince il no - Prima opzione, scontata. Tsipras dirà no alle ultime proposte dell'Eurogruppo, cercando un rilancio favorevole che non preveda misure drastiche su pensioni e Iva. A quel punto la ex Troika può chinare il capo per blindare l'euro oppure tenere duro (scelta probabile), chiudere i rubinetti ad Atene con conseguenze tragiche. Occhio, però, perché a scompaginare tutto (soprattutto in chiave interna) ci potrebbero essere le dimissioni del presidente della Repubblica Prokopis Pavlopoulos, convinto europeista. A quel punto con le elezioni inevitabili, potrebbero polarizzarsi ulteriormente i due fronti: anti-Ue (da Syriza ad Alba Dorata) contro europeisti, in un remake ancora più disperato di quanto accaduto negli ultimi mesi.

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