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domenica 30 novembre 2014

Lettera segreta di Enrico Cuccia: su De Benedetti aveva capito tutto

Enrico Cuccia, quella lettera segreta a Carlo De Benedetti: "Valeva la pena rischiare i soldi degli altri?"




Un vecchio carteggio tra il banchiere più potente e misterioso d'Italia, ossia Enrico Cuccia, e l'imprenditore che all'epoca delle missive si identificava quasi esclusivamente con Olivetti, ossia Carlo De Benedetti. Una serie di lettere inedite che Paolo Bricco cita nel suo libro, L'Olivetti dell'Ingegnere, editore il Mulino, e di cui dà conto il Corriere della Sera. Si tratta di lettere in cui Cuccia non si esimeva da giudizi anche molto duri sull'operato dell'Ingegnere. Riavvolgiamo il nastro fino al 28 novembre 1996, quando CdB inviò a Cuccia la relazione alla Camera sullo stato disastroso del suo gruppo. L'oggi editore di Repubblica, si respira dalle righe, cercava una sorta di assoluzione dal più importante banchiere d'Italia, da uno degli uomini più potenti e riservati della prima Repubblica. De Benedetti scrive che "molta disinformazione è stata pubblicata sulla stampa italiana ed estera, e molti attacchi immeritati sono stati fatti all'azienda".

Quella frase... - La risposta di Cuccia arriva pochi giorni dopo, il 5 dicembre. E ad assolvere l'Ingegnere dei fiaschi non ci pensa neppure. Mister Mediobanca, l'uomo che veniva identificato con la finanza italiana tout-court, non riconosce a De Benedetti alcun merito, e anzi boccia sonoramente il suo tentativo di ricostruzione, mettendo nel mirino il primo salvataggio della Olivetti, dopo la morte di Adriano. Nelle lettere entra si parla anche di Bruno Visentini, l'uomo che con il placet dello stesso Cuccia accompagnò CdB nella sua ascesa ad Ivrea, e secondo Cuccia è "l'amico Visentini" ad avere il merito di quello che l'editore di Repubblica ha sempre rivendicato, ossia la prima macchina elettronica al mondo. Ma l'attacco più duro non è questo. L'attacco più duro sta tutto sta in una frase. L'Olivetti sta per implodere, e così Cuccia, allora 89enne, chiede "se valeva la pena assumere taluni rischi in cui sono stati profusi, e bruciati, ingenti capitali. Ella - si rivolge a De Benedetti - è proprio sicuro che il coraggio è sempre un buon consigliere, specialmente quando si rischiano, oltre ai propri, i soldi degli altri?".

Frecciate - Una sonora bocciatura, scritta con lo stile paludato e tagliente che di Cuccia fu il marchio di fabbrica. La storia di Cuccia e De Benedetti, d'altronde, s'intrecciava da anni. CdB, infatti, fu aiutato da Mediobanca, per poi smarcarsi dall'istituto e, successivamente, vedersi costretto a tornare a bussare mestamente all'istituto per provare a salvare il salvabile. E in quella frase di Cuccia, in quella lettera, il banchiere sembra proprio voler rinfacciare all'editore di Repubblica i suoi errori. De Benedetti, a sua volta, replica ricordando a Cuccia che le banche italiane, Mediobanca in primis, non avevano creduto all'informatica italiana. Un'altra stoccata, insomma. Una serie di frecciate che si aprono e si chiudono con "viva cordialità", che viene espressa in calce ad entrambe le lettere.

Berlusconi, l'ultima sfida alle toghe: "Torno in piazza, anche se sto rischiando"

No Tax Day, Silvio Berlusconi: "Rischio, ma torno in campo"




"C'è ancora tutta Forza Italia, mancavo io, eccomi qua". Silvio Berlusconi torna a parlare in piazza e lo fa nel No Tax Day, la manifestazione degli azzurri in piazza San Fedele. Il Cav vuol far sentire la sua voce e riprendersi saldamente in mano il partito. "Ho deciso di rischiare, non posso più astenermi a dire come stanno le cose e a tornare in piazza per dire la nostra verità che è la verità vera", ha affermato il Cav.  I cittadini, ha spiegato il presidente di Forza Italia, "si sono chiesti ’cosa possiamo fare con il leader al servizi sociali e con gli avvocati che gli impongono di non parlare pena gli arresti domiciliari e il non poter più nemmeno fare telefonate? Quindi - ha ribadito Berlusconi - da oggi torno in campo".

Attacco al governo - Berlusconi ha poi parlato dell'attuale governo che, come ha raccontato in questi giorni il Mattinale, si appoggia su una maggioranza con 148 "abusivi" eletti con il Porcellum che la Consulta ha definito incostituzionale: "Oggi abbiamo un governo non eletto dal popolo, il terzo dopo quello di Monti e Letta, frutto di brogli elettorali, con un premio di maggioranza frutto di una legge elettorale che la Corte Costituzionale ha giudicato essere incostituzionale". 

"Ritorno in campo" - "Forza Italia c’è ancora - ha proseguito Berlusconi - e c’è ancora tutta", riferendosi alle ultime elezioni ha voluto sottolineare che la gente non è andata a votare Forza Italia, non perchè abbia votato "un’altra fazione ma non sono andati a votare perchè in campo non c’era un certo Silvio Berlusconi. Dobbiamo andare al contatto umano mettendo in campo tutti i nostri elettori. Noi abbiamo in programma inciso sulla pietra e per noi la prima cosa è rispettare gli impegni presi con i nostri elettori". 

Il piano per la casa - Berlusconi, quindi, ha ribadito l’intenzione di votare "le riforme, ma diciamo che per tutto il resto siamo decisamente e responsabilmente all’opposizione in parlamento", e in particolare "non condividiamo le politiche economiche di questo governo". A questo punto il Cav ha lanciato la sua ricetta per rilanciare il mercato immobiliare: "Visto la crisi dell’edilizia che c’è in Italia se dovessi tornare a governare  lascerò che per sei mesi la compravendita delle case avvenga senza pagare tasse allo Stato. C’è bisogno di uno choc, questo è uno choc". 

Il nodo Salvini - Infine il Cav ha parlato anche di Matteo Salvini: "Non ho mai candidato Salvini alla guida del centrodestra. Salvini con quelle sue belle magliette, con il suo linguaggio estremamente sintetico ha fatto goal sull’Emilia Romagna e gli ho fatto i complimenti. Da lì tutti a dire ’ecco Salvini è il candidato del centrodestrà, ma io non ho mai detto questo è opera solo dei giornali che fanno disinformazione". 

Dopo le tangenti, spunta la laurea falsa Ecco chi è il dem nel mirino delle toghe

Pd, nuova accusa per Marco Di Stefano: "Ha comprato una laurea per 12mila euro"




L'inchiesta sulle presunte tangenti intascate dal dem Marco Di Stefano, di cui Libero vi ha raccontato in queste settimane, si allarga. Ora il deputato Pd è anche accusato di aver comprato la sua laurea. Una laurea in Scienze Giuridiche pagata 12 mila euro e comprata con i soldi della Regione Lazio. Il reato ipotizzato dai magistrati della procura di Roma coordinati dal procuratore aggiunto Nello Rossi è la corruzione. Ultima contestazione in un’inchiesta che ipotizza il pagamento di una tangente da quasi due milioni di euro da parte degli imprenditori Antonio e Daniele Pulcini per un affare immobiliare. E riguarda anche l’omicidio di Alfredo Guagnelli, che di Di Stefano era amico e collaboratore.

L'inchiesta - Dalle carte dell’inchiesta depositate nei giorni scorsi emerge l’inquietante ipotesi che di Stefano possa aver ricattato i politici del Pd dopo aver svolto attività di dossieraggio nei loro confronti. Infuriato per il risultato ottenuto alle primarie per le elezioni politiche nel febbraio 2013 minacciava al telefono di "scatenare la guerra nucleare", accusava Zingaretti, parlava di "maiali che hanno imbrogliato le primarie". Tanto che i pubblici ministeri, sollecitando la proroga delle intercettazioni, parlavano di "particolare condizione di inquietudine ravvisabile nell’ animus di Di Stefano il quale, ormai relegato ai margini dell’imminente competizione elettorale, starebbe raccogliendo, nell’ottica di inficiare la carriera politica di alcuni colleghi di partito, materiale cartaceo per essi compromettente". Ora a queste accuse si aggiunge anche quella di aver comprato una laurea. Ora toccherà a Di Stefano difendersi davanti ai magistrati. 

Renzi, riforme con l'esercito di abusivi Boschi, Picierno e...: onorevoli col trucco

Renzi vuol fare le riforme con 148 abusivi

di Paolo Emilio Russo 


Per il centrodestra è una questione di «legalità» e l’alternativa nientemeno che «il collasso democratico». L’allarme lanciato da Renato Brunetta e dal “suo” Mattinale si riferisce al rischio che Matteo Renzi approvi modifiche costituzionali a maggioranza e lo faccia col voto decisivo dei 148 deputati «abusivi». Quest’ultima definizione non è made in Forza Italia, ma deriva dalla sentenza della Corte costituzionale del 4 dicembre 2013. Gli ermellini avevano dichiarato «incostituzionale» il premio di maggioranza che consentì a Pd, Sel e Centro democratico di eleggere quasi centocinquanta onorevoli in più nonostante il misero 0,37% di vantaggio. «Prevale la continuità delle istituzioni, certo, ma a che prezzo?», scrive il foglio del gruppo Fi. Gli azzurri mettono le mani avanti: qualora gli «abusivi» dovessero essere decisivi considererebbero il gesto «una negazione del giudicato della Consulta» e, di conseguenza, potrebbero fare ricorso. Che farà ora il premier? A vedere la lista degli «abusivi» viene il sospetto che della sentenza se ne infischi: ha voluto al suo fianco molti di loro. Sono «illegittimi» il ministro Maria Elena Boschi, i sottosegretari Ivan Scalfarotto e Sandro Gozi, il guru economico Yoram Gutgeld...

La gola profonda (e anonima) della Nasa confessa in radio: "Vi racconto cosa ho visto su Marte..."

Alieni, la rivelazione dell'ex Nasa: "Ho visto due uomini correre su Marte"




Una ex dipendente della Nasa ha rivelato, in un'intervista radiofonica, di aver visto due esseri viventi camminare su Marte. La donna, che non ha svelato la propria identità (si fa chiamare Jackie), ha spiegato che i fatti sarebbero avvenuti nel 1979, in occasione dello sbarco del Lander Viking su Marte. Jackie ha affermato che anche gli altri colleghi avrebbero visto la scena.

I filmati - La scena è stata immortalata, e i filmati sono stati inviati sulla Terra: dalle immagini si possono vedere le due figure mentre indossano tute spaziali particolari, più leggere e meno ingombranti, in modo tale da permettere una migliore mobilità. Ma poco dopo le immagini sparirono, e la sala video fu chiusa ermeticamente con del nastro adesivo. Jackie ora chiede di riaprire il caso, ma la Nasa non ha ancora risposto.

Deliri, complotti, gaffe e figuracce: ecco chi sono i cinque vice di Grillo

Movimento Cinque Stelle, ecco chi sono i nuovi leader pentastellati




Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco, Carlo Sibilia. Sono loro i prescelti del capo che daranno vita al direttorio del Movimento Cinque Stelle. Sono loro che affiancheranno Beppe Grillo, che si è definito "un po' stanchino", nella guida del popolo pentastellato. "Queste persone - ha spiegato il Grillo - si incontreranno regolarmente con me per esaminare la situazione generale, condividere le decisioni più urgenti e costruire, con l’aiuto di tutti, il futuro del MoVimento 5 Stelle". Un futuro tutto in salita e non solo perché questa decisione, che fa il paio con le epurazioni, ha di fatto spaccato il movimento. Andando a vedere i profili dei giovani incaricati, come ha fatto Mattia Feltri sulla Stampa, appare evidente che sono tutti personaggi sopra le righe.

Poligamo - Sibilia, ad esempio, è un avellinese di 28 anni che prima di entrare alla Camera si offrì al dibattito politico con una proposta di legge che, oltre ai matrimoni gay, consentisse di "sposarsi in più di due persone" e "anche tra specie diverse purché consenzienti". Sibilla è lo stesso che il giorno del 45° anniversario della sbarco sulla Luna ha sostenuto che l'uomo non andò mai sulla Luna e che lo scorso ottobre dopo la sparatoria nel Parlamento canadese disse: "Opera di un pazzo o di qualcuno che ha ritrovato la ragione?".

Il culto del capo - Poi c'è il quarantenne napoletano Roberto Fico che sta interpretando in maniera innovativa il suo ruolo di presidente della Commissione di vigilanza Rai: ha partecipato all'occupazione della Rai con Grillo, non ha proferito parola quando il suo capo ha detto di evadere il canone, ha fatto interrogazioni sul direttore di Rainews che aveva partecipato alla riunione di Bilderberg, ha proposto la chiusura di Porta a Porta e ha un culto del capo che fa quasi paura. Grillo per Fico è infatti "patrimonio mondiale dell'umanità come le Dolomiti e la Costiera Amalfitana".

La moderata - L'unica donna del direttorio pentastellato è Carla Ruocco. La quarantunenne napoletana, fa notare la Stampa, è madre e donna moderata: ogni tanto si alza in aula e dice che Renato Brunetta è il gran capo del malaffare. Appena entrata a Montecitorio disse che suo desiderio era di favorire un'adeguata "redistribuzione della ricchezza" sostenendo pure che "le Borse calano e lo spread cresce per colpa della legge elettorale".

Eleganza e aplomb - Infine Di Battista e Di Maio, i più osannati dei grillini. Dibba, trentaseienne romano, è uno che ha l' aria di quello cui non la si dà a bere. Mattia Feltri ricorda quando disse: «Diamo fastidio. Prevedo attacchi sempre più mirati, magari a qualcuno di noi un po' più in vista. Ti mandano qualche ragazza consenziente che poi ti denuncia per stupro, ti nascondono una dose di cocaina nella giacca...". Quando gli chiesero "chi?" Dibba rispose: "Pezzi di Stato deviati. Il sistema fa questo". Del resto lui ha girato il mondo, è stato in Guatemala, in Congo, nel Nepal, conosce i narcos e sa che le decapitazioni dell'Isis sono figlie di Guantanamo come Guantanamo fu figlia dell'11 settembre e così via, fino ad Annibale. È stato sorpreso in aula mentre guardava una partita in streaming ma la sua passione non si discute: celebre il tentativo (poi si trattenne) di entrare in una Commissione abbattendone la porta col busto marmoreo di Giovanni Giolitti. Infine c'è Di Maio, vicepresidente della Camera. L'elegante ventottenne avellinese spicca perché, quando si sbilancia, dice: "Adesso vediamo". E qui, puntualizza Feltri, siamo a livelli di saggezza quasi democristiana. Ultima notazione: quattro su cinque vengono dalla Campania.

L'ultima frontiera della multa Vigile-007: ti becca in incognito

Multe, arriva il vigile in borghese: occhio alla contravvenzione

di Niccolò Petrali 


Qualcuno l'ha brillantemente definita «una vita a testa in giù». E in effetti ormai non riusciamo più a staccarci dai nostri smartphone e dai social network che hanno invaso ogni aspetto della nostra vita. Facebook, Twitter e WhatsApp, per citare solo le piattaforme più comuni, ci fanno compagnia mentre siamo a tavola, mentre andiamo al lavoro e persino quando siamo in bagno. Questa pseudo dipendenza in alcuni contesti, come ad esempio in metropolitana, non comporta problemi legati alla sicurezza ma in altri, pensiamo a quando camminiamo per strada o siamo al volante, può rivelarsi addirittura fatale. E i numeri confermano che gli incidenti causati dall'uso del telefonino alla guida stanno aumentando vertiginosamente con la diffusione dei social network.. Ecco perchè a Firenze, le autorità cittadine hanno deciso di combattere il fenomeno della guida distratta non più con i metodi tradizionali ma con una vera e propria task force di agenti in borghese. 

Dalla prossima settimana, infatti, un'auto della polizia municipale girerà per le vie del capoluogo toscano con l'obiettivo di pizzicare tutti coloro che mentre guidano parlano al telefono, scrivono messaggi, si scattano selfie o fanno su e giù per la bacheca di Facebook. Il problema, però, è che non sarà la classica pattuglia con i lampeggianti, quella per intenderci che appena uno la vede abbassa il telefono e dice all'interlocutore di aspettare un attimo in linea, ma una macchina qualsiasi. O magari no: forse gli agenti in incognito saranno a bordo di uno scooter o di una moto pronti in qualsiasi momento a far accostare l'automobilista indisciplinato e a fargli una bella multa. Ben 160 euro più 5 punti decurtati dalla patente. E da Palazzo Vecchio fanno sapere che non ci sarà modo di sfuggire alla sanzione: le contravvenzioni verranno contestate sul posto dopo aver colto il guidatore in flagranza di reato e dunque non ci sarà alcuna possibilità che vengano annullate. 

Inutile dire che questa operazione oltre a costituire un deterrente per i comportamenti che violano il codice della strada con l'obiettivo di ridurre il numero di incidenti, rappresenta anche un business non di poco conto sia per la polizia municipale che per il comune. Basti pensare che a Firenze in sette giorni di controlli normali vengono verbalizzate in media circa 60 multe, mentre con la nuova modalità, in una settimana di prova che è stata fatta lo scorso aprile, ne sono state staccate la bellezza di 2300. 

Eppure, fanno sapere le autorità, qualcosa si deve pur fare per provare a contrastare un fenomeno sempre più preoccupante. A quanto pare non bastano le campagne di sensibilizzazione che girano sul web. Nonostante varie associazioni abbiano diffuso dei video molto commoventi in cui venivano raccontate le storie di alcune vittime di questo diffuso malcostume, in molti sembrano pensare che il problema non li riguarderà mai in prima persona e continuano imperterriti a usare il cellulare al volante. 

I dati, però, non lasciano spazio alle interpretazioni. Negli ultimi 25 anni il numero degli incidenti stradali si è dimezzato ma sull’attuale totale uno su dieci avviene a causa dell'uso del cellulare. E la sensazione è che siano addirittura di più dato che non sempre è possibile accertarlo. In America, dove il fenomeno è ancora più diffuso, circa un quarto degli incidenti mortali sono collegati all'uso del telefonino, secondi solo a quelli per eccesso di velocità. E là esiste addirittura una legge che vieta di impostare il navigatore mentre si sta guidando. Un esempio che dovremmo seguire. La lotta alla guida distratta, dunque, potrebbe partire da Firenze e arrivare presto anche in altre zone d'Italia. Già c’era stato un precedente nel varesotto. E allora, in attesa di poter fare tutte le operazioni vocalmente, sarà bene munirsi di auricolari, bluetooth e quant'altro. Almeno alla guida è meglio non essere multitasking.