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La Scuola Media Raffaele Viviani. |
Il bar Carolina è un porto di mare, rifugio e covo, slot-machine e illusioni. All’ingresso del rione, su un muro, i guaglioni hanno scritto minacciosi: «Qui è vietato l’accesso ai pentiti». La 'pattuglia' prende in carico i visitatori: sono in due sul motorino, senza casco, educati. Quasi un mezzo benvenuto. E sorvegliano con discrezione: muti, distanti, attenti. Niente foto. Domandare è lecito, ma senza esagerare. Se no, ci si ritrova i due che fanno zig zag col motorino davanti all’automobile. Allora uno capisce. E sloggia senza fare storie.
SOPRAVVIVERE CON LA BOCCA CHIUSA. Nelle aiuole, nascoste sotto le zolle di terra infiorata, la preside Eugenia Carfora e i collaboratori hanno trovato pistole di vario calibro già pronte all’uso. Le telecamere della videosorveglianza, perfettamente funzionanti, erano orientate verso le stradine laterali perché - hanno spiegato gli inquirenti - «servivano a tenere sotto controllo le aree di quotidiano spaccio». I bulli di Parco Verde, cioè gli alunni della scuola, conoscevano i segreti del giardino ma tenevano la bocca cucita perché qui è tacendo che si sopravvive.
GIOVENTÙ MALEDETTA. Racconta a Lettera43.it A. R., un insegnante che alla Viviani ha operato ma poi ha preferito cambiare scuola: «Non credo più nella possibilità di recupero. A 12-13 anni, molti fra i ragazzi del rione sono già rapinatori, spacciatori, potenziali killer. Uno su due non frequenta le lezioni e sa che non avrà mai un vero lavoro. È triste ammetterlo ma in troppi si portano la maledizione addosso».
Giosuè, 16 anni, nove fratelli, il papà in carcere: «Vengo a scuola ma mi sento in colpa». Giovanni, 15 anni, in tasca una busta piena di proiettili calibro 9 che consegna rassegnato: «Preside, è meglio che ‘sta roba ve la tenete voi». E Ciro-Carmine, 14 anni, che a ogni scoppio di petardi nel rione sa riferire in onore di quale boss appena scarcerato vengono sparati. Giuseppe, 11 anni, incarna l’eccezione: «Da grande vorrei fare il preside».
Un Quartiere di 250 mila metri quadri dove il 30% degli abitanti è pregiudicato
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Il Rione Parco Verde Caivano (Na) |
Il Parco Verde è un alveare di vialoni senza numero civico, 250 mila metri quadri di casermoni color pisello. Il 30% dei 5 mila abitanti è pregiudicato. Qui anche le donne fanno camorra, le bambine diventano mamme a 12 anni, i maschietti - assicurano i medici della Asl - se non vengono ammazzati prima, vivono in media due anni meno dei coetanei di Posillipo e dei quartieri tranquilli. «È un popolo da dopo-terremoto», spiega l’insegnante che si è arreso, «qui sopravvivono i figli della legge 219, cioè la mamma di tutti i ghetti che circondano Napoli».
Lucia, 58 anni, casalinga, confessa aLettera43.it: «Ho paura. Vivo blindata, chiusa a chiave con i miei figli. Ma la casa è grande, luminosa si paga poco di affitto e posso fare i letti per cinque ospiti. Altro che il posto in cui soffocavo al rione Forcella».
In una scuola ai margini del Parco Verde i bidelli hanno affisso un avviso che ammonisce: «È vietato sputare in faccia ai professori».
RIFIUTI TOSSICI IN CANTINA. I guaglioni più esperti spiegano che, se si vuol individuare quali e quanti fra i casermoni siano stati edificati sopra le discariche di rifiuti tossici, bisogna prestare attenzione ad alcuni dettagli architettonici: le cantine non accessibili, le fondamenta sigillate, i garage al piano terra, gli appartamenti che cominciano dal primo piano sono indizi che confermano i sospetti. «Spesso», spiegano a mezza voce nei cantieri della zona, «il vero business non è l’edificio da costruire, ma i rifiuti tossici da tombarci sotto».
IL WELFARE DELLA MALAVITA. Parco Verde è un bunker. Per circondarlo, c’è bisogno di almeno 500 carabinieri e due squadriglie di elicotteri. Comandano clan Moccia, clan Montagna, i soliti rivali. Per molti, però, il rione è «piazza dei carcerati»: gli incassi derivanti dalla vendita di cocaina, eroina, hashish, kobrett e speedy bull verrebbero infatti devoluti a favore delle famiglie dei carcerati, grazie a un tacito e rispettatissimo accordo stipulato fra i clan di camorra, locali e non, che rinunciano a pretendere le rispettive percentuali. Vera o verosimile che sia, tale specificità rende il Parco Verde un’esperienza criminale unica in Europa, un modello di impeccabile welfare alternativo: garantito, efficiente, consolidato, moderno. Il sistema di aiuto coinvolge tutti: mamme, nonne, adolescenti e bambini vengono reclutati per mantenere vivo il quotidiano business.
Emanuele, ucciso a 15 anni dai Carabinieri durante una rapina
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I funerali di Emanuele Petroso ucciso a 15 anni
dai Carabinieri durante una rapina. |
C’è chi provvede ad addestrare i guaglioni allo spaccio, a inventare i nascondigli, a preparare le dosi. «Prima regola: evitare le statue di padre Pio, ormai troppo scontate».
In tanti ricordano Emanuele Petroso, 15 anni, che abitava al lotto C2: garzone di bar per 100 euro a settimana, malavitoso nei week end. È stato ucciso nel 2005 dai carabinieri mentre, durante una rapina, faceva finta di sparare con un’arma giocattolo. Don Maurizio Patriciello, il parroco della chiesa di san Paolo, ai funerali urlò avvilito agli amici avvinghiati alla bara ricoperta di modellini di moto e ninnoli colorati: «Sappiate che Emanuele non era un eroe. Ma so che il padreterno terrà contro che a sbagliare è stato un ragazzo di 15 anni».
Per impedire l’abbattimento della cappella votiva edificata abusivamente dagli amici in onore di Emanuele, una sera nel rione divampò una vera rivolta: in 200 - giovanissimi e aiutati dagli abitanti - si scagliarono contro i poliziotti. L’automobile del sindaco venne data alle fiamme.
NESSUNA ALTERNATIVA ALLA CAMORRA. Al Parco Verde c’è un auditorium da 800 posti e strutture sportive d’avanguardia. Ma non ci va quasi nessuno, perché «il biglietto d’ingresso costa troppo». Le baby gang preferiscono trasferirsi a Napoli per tirar sassi contro gli autobus che trasportano i turisti nel quotidiano tour a bordo dei City sightseeing scoperti. «Certo, si tratta di delinquenti», fa osservare chi conosce il rione, «ma è indiscutibile che a questi disperati nessuno offra alternative alla quotidiana proposta di camorra». Chi prova a salvarsi, spesso finisce peggio. Come Ciro Leonardo, 17 anni, manovale per 30 euro a giornata: è precipitato dal settimo piano di un edificio pubblico in costruzione. Non indossava casco né imbracatura. Incensurato, il suo sogno era comprare un paio di scarpe Nike. Per vantarsi con gli amici, al bar Carolina.
Fonte: Lettera 43.