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venerdì 5 maggio 2017

Arriva in Italia un nuovo farmaco per curare lo scompenso cardiaco

Arriva in Italia un nuovo farmaco per curare lo scompenso cardiaco


di Eugenia Sermonti



Arriva anche per i pazienti italiani la rimborsabilità per Entresto, farmaco innovativo composto da sacubitril/valsartan, che ha dimostrato di ridurre la mortalità per cause cardiovascolari del 20 per cento rispetto alla terapia di riferimento, determinando un prolungamento della sopravvivenza di un anno e mezzo, con punte fino a 2 anni, nei pazienti più giovani con scompenso cardiaco cronico con frazione d’eiezione ridotta. Il farmaco è il primo di una nuova classe terapeutica, gli antagonisti del recettore della neprilisina e del recettore dell’angiotensina (Arni) e rappresenta la prima grande innovazione terapeutica nel campo dello scompenso cardiaco cronico da almeno 15 anni a questa parte.

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Che cos’è lo scompenso cardiaco. Per scompenso cardiaco si intende una condizione nella quale il cuore non è capace di distribuire il sangue in misura adeguata alle richieste metaboliche dei tessuti. Le cause più comuni di questa patologia sono la malattia delle arterie coronarie (cardiopatia ischemica) e l’ipertensione arteriosa, ma vanno ricordate anche le alterazioni delle valvole cardiache, la cardiomiopatia dilatativa e le miocarditi. Lo scompenso cardiaco si manifesta con una serie di sintomi, quali la comparsa di edema ai piedi e alle gambe, profondo senso di stanchezza e mancanza di energia, dispnea prima da sforzi importanti e perdita di appetito. Nelle forme più gravi può comparire anche l’edema polmonare, che si manifesta con una grave fame d’aria e comparsa di espettorato schiumoso.

Una nuova filosofia di trattamento. Fino ad oggi la terapia dello scompenso cardiaco si basava sull’inibizione neuro-ormonale del sistema renina-angiotensina e del sistema nervoso simpatico. Sacubitril/valsartan ha un meccanismo d’azione innovativo che consente, per la prima volta, di potenziare gli effetti del sistema dei peptidi natriuretici mantenendo contemporaneamente l’inibizione del sistema renina-angiotensina. “Siamo di fronte a un cambiamento radicale del nostro approccio al paziente con scompenso cardiaco - afferma Michele Senni, direttore della Cardiologia 1 dell’Ospedale ‘Papa Giovanni XXIII’ di Bergamo - con il passaggio da un’inibizione a una modulazione neuro-ormonale”. Una strategia di successo, come dimostrano anche i risultati di PARADIGM-HF, il più grande studio clinico mai condotto fino ad ora nello scompenso cardiaco cronico a frazione di eiezione ridotta, che ha coinvolto 8.400 pazienti nel mondo. “In questo trial - spiega Senni, coordinatore per lo studio in Italia - sacubitril/valsartan è stato confrontato con enalapril, l’ACE-inibitore che rappresenta lo standard di terapia nello scompenso cardiaco. I risultati ottenuti rispetto a enalapril sono stati molto positivi sia in termini di riduzione della mortalità cardiovascolare del 20 per cento, che dell’ospedalizzazione per scompenso cardiaco, ridotta del 21 per cento, ma anche per la riduzione del 16 per cento della mortalità per tutte le cause”. Risultati questi che nella pratica clinica si traducono non solo in un allungamento dell’aspettativa di vita, ma anche in un miglioramento della sua qualità; la fame d’aria e la grave stanchezza tipiche dello scompenso, infatti, si riducono sensibilmente e il paziente può tornare gradualmente ad una vita più attiva.

La svolta nel trattamento dello scompenso cardiaco. “Nell’approccio diagnostico terapeutico al paziente con scompenso cardiaco - afferma Claudio Rapezzi, professore associato confermato presso Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale - DIMES, Università di Bologna e direttore dell'U.O. di Cardiologia, Policlinico Sant'Orsola Malpighi di Bologna - è necessario fare una diagnosi precisa e, se possibile, individuare e rimuovere la causa dello scompenso. Il paziente deve seguire una dieta alimentare corretta e attenersi alla terapia che gli viene prescritta. Questa è fatta di un cocktail di farmaci già ben definiti, ai quali oggi si è aggiunta la nuova classe degli Arni, che rappresenta una novità importante per la terapia dello scompenso. Sacubitril/valsartan potrebbe essere indicato per circa un terzo di tutti i pazienti con scompenso cardiaco cronico”. La vera innovazione della nuova opzione terapeutica per lo scompenso, è dunque quella di avere dentro di sè due farmaci da cui deriva un risultato finale in grado di aumentare la disponibilità dei peptidi natriuretici; tali peptidi sono in genere ormoni buoni che l’organismo secerne quando avviene lo scompenso, per averne un vantaggio, come l’aumento della diuresi, la riduzione di acqua e di sodio nell’organismo, l’abbassamento delle resistenze periferiche delle arterie. Lo specifico vantaggio, dunque, è proprio la possibilità di poter aumentare farmacologicamente tali peptidi, senza provocare contemporaneamente un’inibizione di altre sostanze.

Il futuro della ricerca Novartis nel campo dello scompenso cardiaco. Sacubitril/valsartan ha dunque tutti i numeri per diventare la terapia di riferimento dello scompenso cardiaco a frazione d’eiezione ridotta, ma la ricerca Novartis guarda già oltre, con un importante programma, il FortiHFy, comprendente oltre 40 studi clinici, già in corso o pianificati, ai quali parteciperanno ricercatori e pazienti di oltre 50 Paesi per una durata di oltre 5 anni indirizzati alla ricerca di nuove indicazioni per questo farmaco. Frutto della ricerca Novartis, Entresto viene prodotto in Italia, presso lo stabilimento di Torre Annunziata (Napoli), per tutto il mercato mondiale, con la sola eccezione degli USA. Quello di Torre Annunziata è, infatti, uno dei più importanti poli industriali del Gruppo Novartis e tra i maggiori insediamenti farmaceutici del Mezzogiorno, con circa 500 dipendenti e un indotto diretto di un altro centinaio di persone. Nel 2016 il sito ha prodotto complessivamente 89 milioni di confezioni di farmaci in forma solida (compresse), destinate ad oltre 100 paesi, e si prevede che entro il 2020 produrrà 35 milioni di confezioni di Entresto per il trattamento di 25 milioni di pazienti di 112 paesi nel mondo (con la sola esclusione degli Stati Uniti), andando così a coprire oltre il 50 per cento della domanda totale. “L’Italia offre da sempre un contributo importante alla Ricerca e Sviluppo internazionale, mettendo a disposizione risorse professionali qualificate e una solida rete di collaborazioni con le più autorevoli realtà nazionali della ricerca medica” - ricorda Giuseppe Maiocchi, responsabile medico area Cardio Metabolica di Novartis in Italia - “Ma il nostro Paese riveste anche un ruolo di primo piano nella produzione industriale in ambito cardio metabolico grazie alla presenza del nostro centro di Torre Annunziata, un’ eccellenza italiana in questo settore, oltre che un polo di rilievo per l’economia nazionale”.

Pensioni d'oro dei sindacalisti Vegogna, gonfiano gli assegni Il trucchetto (coi nostri soldi)

Inps, Boeri vuole bloccare le pensioni d'oro dei sindacalisti: Poletti non fa pa..



Più la poltrona dal presidente dell'Inps traballa e più Tito Boeri rincara la dose dei suoi attacchi. L'ultimo bersaglio colpito è stato il mondo blindato dei sindacati e quella grande vergogna delle pensioni d'oro riservate ai lavoratori in aspettativa sindacale. Da tempo Boeri avrebbe redatto il testo di una circolare - che dovrebbe diffondere il ministero del Lavoro - con la quale bloccare per sempre i privilegi che gonfiano gli assegni dei sindacalisti diretti alla pensione. Con non poca stizza, il ministro Giuliano Poletti gli ha risposto che quella circolare è al vaglio dell'ufficio legislativo.

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Per Boeri l'attacco ai sindacati potrebbe diventare letale. Già sulla sua testa da tempo pende la riforma della governance dell'istituto di previdenza, dopo la quale i suoi detrattori sono sicuri che sarà costretto a fare i bagagli. Il problema delle pensioni d'oro tra quelli che una volta difendevano i lavoratori è ben noto a tutti. Per prassi, riporta il Giorno, le organizzazioni sindacali versano contributi aggiuntivi, rispetto a quelli figurativi, a favore di chi è in aspettativa o sono in distacco sindacale e hanno finito la loro carriera. In questo modo l'importo della pensione si gonfia più o meno del 27% in più rispetto a qualsiasi altro normale lavoratore.

Boeri nello stesso giorno si è preso anche la briga di attaccare il presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano, e la deputata del Pd maria Luisa Gnecchi, colpevoli di aver preteso trasparenza nei dati, per esempio sulle stime che non corrispondono alla realtà per la salvaguardia degli esodati. Secondo Boeri però è tutta una macchinazione per "volta sistematicamente a gettare discredito sull'Istituto che gestisce la protezione sociale in Italia e sulle statistiche che produce. Se così fgosse sarebbe un gioco pericoloso". Vero, ma nell'immediato chi sembra più a rischio di perdere il posto sembra proprio Boeri.

Igor, la scoperta in quella tana "Ecco dove si è...": che errore Il dettaglio che l'ha incastrato

Igor, la scoperta. Il biglietto che lo ha fregato: cosa c'è scritto (e che ci ha fatto)


di Alessandro Dell'Orto



Una catasta di legna secca. Ramoscelli tagliati anni fa e abbandonati, ammassati l'uno sull'altro - una montagnetta di tre metri di larghezza - con foglie e sterpaglie. Li guardi attentamente e mai penseresti che lì sotto possa essersi nascosto qualcuno, figuriamoci un uomo robusto, un Rambo muscoloso e alto un metro e 75. Già, invece potrebbe essere proprio così. Perché sotto quella catasta di legna secca scoperta nell'angolo di un giardino ad Argenta (provincia di Ferrara) - sostengono con certezza gli inquirenti - si sarebbe rifugiato, a Pasqua, Norbert Feher, 40 anni, meglio conosciuto come Igor il russo: il killer accusato degli omicidi di Budrio e Portomaggiore e ricercato da un mese nelle campagne emiliane, groviglio di boschi, canali e acquitrini a cavallo tra le province di Bologna e Ferrara.

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«Sono passato a tagliare l'erba con il decespugliatore, era tutto in ordine, poi ho trovato quel pertugio», ha spiegato Mauro Calzolari, il proprietario del giardino, al quotidiano il Resto del Carlino. Sì, un pertugio. Una fessura alla base del mucchietto di legni che dà accesso all'interno di una tana scavata nel terreno.

Un perfetto nascondiglio per chi si sente braccato e ha bisogno di qualche ora di riposo, un riparo di emergenza che Igor - facile immaginarlo rannicchiato e infreddolito, al silenzio con il solo tum tum del cuore a scandire il tempo - potrebbe aver sfruttato in attesa di uno spostamento notturno o di trovare un giaciglio più grande. I carabinieri sono certi che sia andata proprio così.

«Hanno portato due cani molecolari - ha spiegato ancora Calzolari - ed entrambi hanno fiutato tracce del fuggitivo, continuavano a stare qui. Poi si sono spostati lungo l'argine e hanno fiutato un'altra tana proprio accanto al fiume, in mezzo al canneto, duecento metri da qui. Lì è stato trovato il secondo luogo, considerato una sorta di letto».

Scenari da film, ipotesi fantasiose di un uomo in fuga che secondo molti sarebbe già lontanissimo (in qualche città del nord o addirittura all'estero), ma che secondo le forze dell'ordine, invece, sarebbe ancora in zona. Teoria, quest'ultima, basata proprio sul ritrovamento dei rifugi. Questo nel giardino della villa tra i rami secchi, ma anche quello scoperto pochi giorni fa: un covo costruito impastando fango e vegetazione su un buco già esistente e mimetizzato con rami e foglie, ma soprattutto collocato in un punto elevato per avere la visuale libera dei campi attorno e accorgersi di possibili intrusi. Costruzioni e ricostruzioni, suggestioni. E testimonianze.

Tante. Che ci portano a ipotizzare un Igor diverso da come ce l'hanno sempre dipinto. Sì, le immagini del guerriero dagli occhi di ghiaccio delle foto segnaletiche e del manager con il pizzetto ritratto su Facebook devono lasciare spazio all'idea di una persona stanca. Sofferente. Forse ferita. E, ovviamente, con un aspetto totalmente diverso da quello conosciuto, magari con barba e capelli lunghi. Un po' come hanno raccontato prima un pakistano a Consandolo (dice di essere stato avvicinato da un uomo con la barba lunga, smagrito e febbricitante che voleva rubargli la bici) e ora un marocchino a Bando (altro paesino ferrarese della zona): «Ero davanti al giardino di casa, verso le 20.30 e giocavo con il cane, quando ho visto un uomo sulla strada. Ci siamo guardati e l'ho riconosciuto, era quello della foto sui giornali.

Non ho dubbi. Era vestito di scuro, con la barba e i capelli lunghi e uno zaino sulle spalle. Quando mi ha visto si è subito allontanato di corsa. Io ho chiamato la polizia, che mi ha passato i carabinieri e dopo pochi minuti sono arrivati, ma l'uomo era già sparito».

Un altro avvistamento è stato segnalato alcune notti fa, sempre nella zona di Consandolo. Un "cacciatore" dei reparti speciali dei carabinieri sostiene di aver inquadrato un uomo nel mirino a infrarossi del fucile a circa un chilometro e trecento metri di distanza. Il militare non ha sparato per ovvi motivi (poteva essere chiunque) e poi, sul posto, non è stata trovata traccia di Igor. Vicino al passaggio, però, sono stati raccolti uno scontrino della spesa del supermercato Lidl di via Celletta ad Argenta (gli acquisti erano: Coca Cola, cioccolata, carne e shampoo), accartocciato vicino alle radici di un albero, e il contorno di plastica di una tessera telefonica marcata Vodafone infilato nella terra fresca. Difficile che possano essere tracce lasciate dal killer, ma il tutto è stato comunque consegnato ai Ris.

Legittima difesa, Feltri fa a pezzi il governo "Sono vigliacchi che ci

Vittorio Feltri: i progressisti sono dei vigliacchi



Nuova legge sulla legittima difesa sulla spinta degli ultimi fatti di cronaca: gente che è stata uccisa dal bandito (il famoso o famigerato Igor, ricercato invano da 1200 carabinieri) e gente che ha sparato al malvivente e si è inguaiata dal punto di vista giudiziario. Ma che razza di precetto sarà mai quello fresco? Un brodino o un pasticcio.

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Come al solito, il Partito Democratico si rivela inadatto a risolvere il problema. Non ha avuto il coraggio di comportarsi secondo logica e dà un colpo al cerchio e uno alla botte. Cosicché la opposizione, da Forza Italia alla Lega, si è incavolata e voterà contro. Giustamente. La regola imposta dai dem, mollaccioni e sprovveduti, è questa.

So già che il lettore leggendola riderà o bestemmierà. Udite. Se un farabutto entra in casa tua forzando la serratura, tu aggredito puoi sparargli o dargli una botta in testa come merita. Ma a una condizione: che sia notte. Se invece il Sole è alto, o siamo all'imbrunire, allora devi riflettere anche se in certi momenti non hai voglia né la opportunità di farlo. Insomma, sei obbligato a trattare col figlio di puttana che si è intrufolato nelle tue stanze. Vietato premere il grilletto. Una idiozia del genere non si comprende da quale zona del cervello dei democratici sia scaturita. Sta di fatto che, all'ingrosso, la norma è quella descritta.

Non c'è verso di far capire ai pirlacchioni progressisti che la violazione del domicilio, con le tenebre o la luce splendente di mezzogiorno, è una forma di violenza intollerabile da respingersi con ogni mezzo, inclusa un'arma da fuoco. Essi sono testoni o teste di rapa incapaci di immaginare lo stato d'animo di chi è minacciato nella propria abitazione e teme per sé, la famiglia e i beni di cui è in possesso? Non so rispondere. Ma so che la difesa è sempre legittima nei confronti di chi tenta, o pretende, di danneggiarti nel corpo o nel patrimonio. Essere insensibili a questo sacrosanto principio significa proteggere i ladri e infischiarsene delle loro vittime.

Mesi e mesi di discussioni parlamentari per arrivare a simili conclusioni che assomigliano a un aborto. Siamo disgustati.

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giovedì 4 maggio 2017

Trump-Putin, la storica telefonata del disgelo: il piano comune per trucidare Kim Jong Un

Trump-Putin, la storica telefonata del disgelo: il piano comune per trucidare Kim



Il leader nordcoreano Kim Jong Un potrebbe avere le ore contate ore che è finito il periodo di gelo rigidissimo tra Stati Uniti e Russia. Dopo oltre un mese dal bombardamento americano della base di Shairat in Siria, Donald Trump ha telefonato al presidente russo Vladimir Putin, con il quale ha avuto "una conversazione molto positiva". L'obiettivo finale è raggiungere un accordo per risolvere la crisi in Corea, dopo settimane ad altissima tensione, minacce nucleari e movimenti massici di mezzi e uomini Usa diretti verso la penisola coreana.


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La chiacchierata tra Mosca e Whashington è arrivata quando ormai la crisi internazionale stava raggiungendo un nuovo picco, visto che poche ore prima i vertici militari americani avevano confermato l'installazione del sistema antimissilistico Thaad a difesa della Corea del Sud. Che sia una tutela per gli alleati nella regione e non un tentativo di aumentare la propria presenza militare, è una storia alla quale non hanno creduto neanche i sudcoreani. Anzi i da Pechino, il ministro degli esteri Geng Shuang aveva addirittura lanciato un appello perché: "le parti interessate interrompano immediatamente il progetto", minacciando che il suo Paese "prenderà le necessarie misure per difendere i suoi interessi".

Anche al Cremlino la pensano come i diplomatici cinesi, il che non agevola la costruzione di un tavolo internazionale per risolvere la crisi coreana. Dagli Stati Uniti però c'è tutto l'interesse a raccogliere una quanto più ampia platea di alleati, così Trump prima della telefonata a Putin si è inventato un colpo di teatro. Alle telecamere di Bloomberg, il presidente Usa si era detto "onorato di incontrare Kim Jong Un" a determinate condizioni. Un'azione di palese distrazione.

Con lo scudo missilistico ormai pronto nella Sud Corea, l'esercito Usa potrà proteggere innanzitutto i propri mezzi per un raggio di 240 km. Una tutela adeguata per i missili a corto e medio raggio, quelli che già ora la Nordcorea è in grado di far partire in caso di attacco. I vertici militari americani sono ancora scettici che Kim sia nelle condizioni di sferrare attacchi intercontinentali, gli serve tempo, quello stesso tempo che potrebbe essere sufficiente per conquistare Pyongyang. Sempre con il consenso di Putin.

"Lo Stato paghi le camicie verdi" La decisione epocale del giudice: come avevano ridotto i leghisti

Dopo vent'anni di processi sulle camicie verdi lo Stato dovrà risarcire i leghisti


di Matteo Pandini



Contro le camicie verdi leghiste c'è stata «una violazione dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali» per i tempi biblici della giustizia: il ministero di via Arenula dovrà risarcirle con 7.360 euro a testa, più le spese processuali. L'ha stabilito la Corte d' Appello di Brescia, che segna un altro punto a favore dei leghisti dopo l'assoluzione definitiva arrivata nel settembre 2016. In tutto erano finite alla sbarra 34 persone. Accusa gravissima: aver promosso, costituito, organizzato o diretto un' associazione di carattere militare, con l'obiettivo di attentare all'unità dello Stato.

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La faccenda inizia nel giugno 1996. A Pontida. Mentre a Roma si celebra la festa della Repubblica, Umberto Bossi raduna i fedelissimi sul pratone bergamasco e parla di indipendenza. Simbolo della battaglia, le camicie verdi. Vendute sulle bancarelle per 35mila lire, vanno a ruba. Sono la divisa della cosiddetta Guardia nazionale padana, una trovata che qualcuno definisce folcroristica. Servirà a identificare il servizio d' ordine alle manifestazioni. Tra i responsabili «dell' esercito bossiano» c'è un veneto - Enzo Flego - che un anno dopo si candiderà al parlamento del Nord guidando la Destra padana. Problema: a Verona c' è un procuratore, Guido Papalia, che sente puzza di eversione.

Lo Stato fa sul serio. Se ne accorge Bossi in persona: il 15 settembre 1996 proclama l'indipendenza della Padania a Venezia, facendo splamare migliaia di militanti del Carroccio lungo tutto il Po, e pochi giorni dopo - il 18 settembre - verso le 7 del mattino la polizia si presenta alla sede di via Bellerio, a Milano. L'ordine arriva dalla città scaligera: vogliono perquisire il quartier generale e gli uffici (tra cui quello dell' ex ministro dell' Interno Roberto Maroni, che tornerà al Viminale anni dopo) ma i leghisti fanno resistenza passiva, arriva anche il Senatur, si scatena un parapiglia e Bobo finisce in ospedale.

Verrà accusato di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. I militanti che possono, accorrono. E cantano alla polizia «dalla Toscana al Settentrione, un solo grido: "secessione!"», ed è in questo clima che 34 persone vengono indagate. Veleni. Proprio Flego accuserà l'allora leader della Liga Veneta, Fabrizio Comencini, di essere andato a deporre davanti a Papalia, facendo scattare il blitz in via Bellerio.

Bossi inizia ad aver paura di infiltrati e di servizi segreti, un timore che non l'ha mai abbandonato: ha visto la manina degli 007 anche nell'inchiesta sui rimborsi elettorali che ha squassato la Lega e che ha coinvolto pure la sua famiglia.

Fatto sta che il Senatur braccato da Papalia rafforza la propria scorta personale - quella organizzata dalla Lega - fa bonificare i suoi uffici di continuo, si sente come il Braveheart di Gemonio e prende spunto dal film di Mel Gibson sulla Scozia indipendente. In pubblico e in privato, però, esclude che la lotta armata sia un' opzione.

Le indagini partite da Verona coinvolgono un gruppo di cui fanno parte Bossi, Maroni, Roberto Calderoli, Francesco Speroni, Giancarlo Pagliarini e Mario Borghezio. Ma si salvano grazie all'immunità parlamentare. Agli altri va peggio: il processo si trascina per anni, con una girandola infinita di udienze, interrogatori, avvocati. Incredibili le perquisizioni, con poveri cristi che vengono svegliati prima dell'alba: «Polizia, aprite!». Eppure non spuntano né armi né droga ma al massimo dei fazzoletti verdi, mentre il Senatur attacca pubblicamente Papalia. A Verona, in piazza Bra, il Carroccio gli organizza un finto funerale. E piovono insulti e manifestazioni contro il magistrato. Anche in Parlamento. Papalia non querela, «lo farò se quelli parleranno bene di me» sbotta in un' intervista al Corriere del Veneto, quindi indaga Flavio Tosi per una raccolta di firme contro un campo rom.

Si pensa a una svolta quando, nell'abitazione di un imputato di Varese, spunta una lista di nomi. «Eccoli! Sono gli eversori!» esulta l'accusa, ma poi si scopriranno essere i bambini iscritti al corso di catechismo che la «camicia verde» organizza in oratorio. Anzi, non è nemmeno una camicia verde, perché il tizio in questione si era rifiutato di farne parte, ma il suo nome spunta lo stesso nelle intercettazioni. Nel dubbio, finisce nel tritacarne. Il lieto fine, per i padani, è maturato anche grazie a una leggina - approvata col governo di centrodestra, Guardasigilli Roberto Castelli - che disinnesca l' ipotesi di reato. A settembre, come detto, arriva l'assoluzione definitiva dopo che il processo s'era trasferito da Verona a Bergamo. Assolti perché il fatto non costituisce reato, anche se ancora nel 2014 Papalia si dice «sicuro» delle accuse, nonostante i tempi biblici che lui stesso censura. È di questi giorni l' ultimo successo per gli imputati, difesi tra gli altri dagli avvocati Attilio Fontana (già sindaco leghista di Varese) e Patrizia Esposito: a fronte di un ventennio di tribolazioni, il magistrato Ettore Di Fazio ha calcolato in otto anni la durata eccessiva della giustizia (e quindi meritevole di risarcimento), considerando le sospensioni e altri rompicapi. Esulta Calderoli: «Lo Stato riconosce di aver sbagliato». Papalia è andato in pensione nel 2013. A 75 anni. Dopo una carrierona.

Nel febbraio 1997, al congresso leghista di Milano, le camicie verdi cantavano a Bossi: «Umberto/noi siamo/l' esercito padano». Qualcuno le aveva prese alle lettera.