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sabato 8 aprile 2017

Vittoria dei tassisti, stop a Uber La sentenza dei giudici: cosa cambia

I taxi vincono il ricorso contro Uber



Il Tribunale civile di Roma ha accolto il ricorso per concorrenza sleale proposto dalle maggiori sigle sindacali e strutture economiche del settore taxi e noleggio con conducente contro il gruppo Uber per il servizio di noleggio con conducente Uber Black. La sezione imprese del Tribunale di Roma, aderendo alle tesi rappresentate in giudizio da un team di legali coordinato dall'avvocato Marco Giustiniani ha accertato "la condotta di concorrenza sleale posta in essere sul territorio italiano dalle parti resistenti Uber B.V., Uber Italy srl, Uber International B.V., Uber International Holding B.V.".

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I giudici romani hanno anche vietato al gruppo Uber "di porre in essere il servizio di trasporto pubblico non di linea con l'uso della app Uber Black e delle analoghe app Uber-Lux, Uber-Suv, Uber-X, Uber-XL, UberSelect, Uber-Van, disponendo il blocco di dette applicazioni con riferimento alle richieste provenienti dal territorio italiano, nonché di effettuare la promozione e pubblicizzazione di detti servizi sul territorio nazionale".
Uber dovrà poi versare una penale di 10mila euro e ogni autista di 100 euro per ogni giorno di ritardo nell'adempimento dell'ordinanza dopo il decimo giorno successivo alla comunicazione della decisione del Tribunale. I giudici di Roma, infine, hanno condannato Uber al pagamento delle spese del giudizio. "A seguito di questa decisione del Tribunale di Roma, che segue a distanza di poche settimane quella del Tribunale di Torino che ha confermato il blocco del servizio noto come Uber Pop - fanno sapere i legali dei tassisti in una nota - il gruppo Uber rischia di dover interrompere tutte le proprie attività in Italia, in quanto i servizi ad oggi offerti sono stati riconosciuti in contrasto con il diritto italiano".

Giovanni Rana, è un gesto pazzesco: che cos'ha fatto per gli italiani poveri

Giovanni Rana, che cuore: dona oltre 3 milioni di piatti di pasta a 370mila famiglie italiane povere




Il gran cuore di Giovanni Rana: l'imprenditore alimentare ha donato oltre 3 milioni di pasta fresca ripiena a Banco Alimentare, grazie alla seconda edizione del progetto di solidarietà Duetto. Il Pastificio Rana da novembre 2016 a gennaio 2017 ha pensato di aiutare la famiglie italiane più in difficoltà, destinando una confezione di pasta ripiena al Banco ogni confezione di linea di ravioli Duetto acquistata dai clienti. Il risultato: 3.354.936 piatti di pasta a oltre 370mila famiglie bisognose, il 40% nel Mezzogiorno (557mila persone), il 24% nel Centro Italia e il 36% nel Nord. 

Multe, occhio alla fregatura in arrivo: come ce le vogliono far pagare due volte

Multe, occhio alla fregatura: come ce le vogliono far pagare due volte


di Francesco Vecchi



Se hai torto paghi 30 euro, se hai ragione ne paghi più di 60. Piccolissimo esempio del paese dei contrari, l'Italia, che è riuscita a far digerire ai suoi cittadini logiche tanto perverse da non suscitare più nemmeno stupore. Quando è successo che abbiamo smesso di indignarci per il costo insensato dei ricorsi contro le multe? Come è possibile che passi con appena un' alzata di spalle l'idea che quando la multa è bassa sia più conveniente pagare?

Con il decreto «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa» (invito peraltro ad apprezzare la parola trasparenza) sono stati alzati i contributi necessari per sottoporre a un giudice di pace le multe dubbie o controverse. Da allora, quasi 3 anni fa, le amministrazioni locali hanno decuplicato gli incassi provenienti dalle sanzioni, facendo registrare un clamoroso +956% che vale all' Italia il primato europeo. Sarà un caso? O gli italiani, asfaltati dalla burocrazia, hanno deciso di arrendersi e di pagare le multe anche quando illegittime?

No, perché di fronte a uno Stato che non sbaglia mai e che tratta i cittadini come clienti e non come sudditi, non avremmo neanche il dubbio: pagheremmo e basta. Invece le irregolarità commesse dalle amministrazioni sono tantissime e la verità è che semplicemente hanno trovato il modo di farci pagare 1,3 miliardi di tasse sotto altra forma.
Sono irregolari ad esempio le multe effettuate dagli ausiliari della sosta al di fuori delle strisce blu. Sono irregolari le foto scattate da autovelox in cui compaia più di un veicolo: la multa infatti viene attribuita a quello nella corsia più veloce, ma chi può assicurare che non sia stato uno degli altri a far scattare la sanzione? Sono irregolari tutte le multe effettuate da apparecchiature elettroniche non omologate. Eppure più di una gola profonda, tra agenti di polizia stradale e installatori, hanno raccontato che basta pochissimo per modificare il risultato della rilevazione e di aver subito molte pressioni perché crescesse il numero delle multe effettuate. Nel caso degli autovelox è sufficiente posizionare il dispositivo in modo che non sia perfettamente parallelo alla strada ed ecco che la distanza percorsa da un' automobile in un dato lasso di tempo risulta maggiore e dunque più alta la velocità. Ma d'altra parte non serve conoscere il teorema di Euclide per farsi due conti: come mai l'incasso delle multe negli ultimi 3 anni è cresciuto a ritmi così spaventosi in Italia, Grecia e Romania ed è rimasto pressoché invariato in Inghilterra, Germania e Svezia? E come fa il Comune di Milano, che ha già il record di multe per patentato con una media di 1 sanzione ogni 10 secondi, a prevedere che nel corso del 2017 incasserà 22 milioni di euro in più rispetto all' anno precedente? I casi sono due: o deve far tornare i conti oppure ammettere che tante multe non servono a disciplinare gli automobilisti.

Sia chiaro: gli indisciplinati devono pagare, ma il sistema così organizzato è una truffa. Ai cittadini è stato tolto il diritto di difendersi e in questo modo i comuni hanno mano libera per bastonare, 30 euro di qua, 40 di là. È scandaloso. Il costo del ricorso deve essere messo in conto solo a chi ha torto. Chi ha ragione, perché deve pagare? Casomai, per tutto il tempo perso, dovrebbe ricevere una scatola di cioccolatini e un biglietto di scuse.

Capito, Mattarella? Quanto ci costa:  spese pazze al Colle, cifre-record

Quirinale, conto salato: aumentano le spese



Altroché sobrietà. Le spese del Quirinale, nonostante gli annunci di tagli, sono aumentate. Nel 2015, infatti, i costi complessivi preventivati erano pari a 344 milioni, nel 2016 erano 343, e quest'anno, secondo quanto si legge nel bilancio di previsione 2017 pubblicato nei giorni scorsi e riportato dal Tempo, il Quirinale spenderà oltre 354 milioni di euro. Inoltre, "tale spesa è prevista in aumento dello 0,86% rispetto al dato iniziale 2016" salendo nei prossimi anni con "un incremento dello 0,91% nel 2018 e dello 0,29% nel 2019".

Solo per il personale, la spesa quest'anno arriverà a quota 112 milioni di euro, in crescita rispetto al 2016, le pensioni del personale in quiescenza ammontano a 94,7 milioni. Nella spesa generale per il personale c'è anche una voce per le consulenze e le collaborazioni del capo dello Stato, che può contare su un fondo di 1,2 milioni di euro. Solo di cerimoniale spenderemo, quest'anno, quasi un milione di euro (880mila euro nel 2016), di cui 95mila in doni e onorificenze. E ancora: 15mila euro per i servizi fotografici, 12 mila euro per la manutenzione delle attrezzature fotografiche, 571mila euro tra agenzie stampa e comunicazione, 108mila euro per le spese telefoniche, 100mila per quelle postali.

C'è poi tutta la parte relativa alla manutenzione degli immobili alla fornitura di beni, per cui è previsto un capitolo di spesa che supera i 12 milioni. E ancora: reclutamento e formazione del personale (225mila euro), gestione dell'autoparco (550mila euro), vestiario e biancheria del personale (180mila euro), materiale di cancelleria (210mila euro), pulizie (1,5 milioni di euro). Infine, il materiale per giardini ci costerà 70mila euro più 180mila per la manutenzione ordinaria e 45 mila per quella straordinaria.  

PUTIN AL CONTRATTACCO Navi russe nel Mediterraneo Usa circondati, guerra vicina

Tensione nel Mediterraneo, la nave da guerra russa verso quelle americane



Sale la tensione nel Mediterraneo. Secondo quanto riferisce Fox News, una nave da guerra russa si sta dirigendo nella zona dove si trovano i due cacciatorpediniere della marina americana che hanno sferrato gli attacchi missilistici in Siria. 

La fregata russa Grigorovich RFS-494, ha attraversato lo stretto del Bosforo dal Mar Nero, secondo quanto riferito all'emittente da un funzionario della difesa degli Stati Uniti.

Stoccolma, arrestato l'attentatore Estremista islamico: ecco chi è  

Attentato a Stoccolma, arrestate due persone. Quattro le vittime



La polizia svedese ha arrestato un secondo uomo dopo l'attacco di ieri con un camion a Stoccolma che ha ucciso quattro persone e ne ha ferite 15. Il portavoce, Lars Byström, ha comunicato che l' uomo arrestato, un uzbeko di 39 anni, simpatizzante dello Stato islamico, sarebbe l'attentatore. Secondo l'emittente pubblica svedese Svt, l'uomo è stato arrestato nel sobborgo settentrionale di Hjulsta e pare sia collegato con l'uomo che è finito in manette già nella giornata di ieri. La polizia svedese aveva confermato in precedenza di aver individuato una persona arrestata in un altro sobborgo di Stoccolma e che assomigliava all'immagine e alla descrizione di un uomo che gli agenti hanno reso noto dopo l'attacco di ieri.

Esclusiva il Notiziario / A colloquio con il Prof. Marco Plutino: "La Campania? la più renziana d'Italia"

A colloquio con il Prof. Marco Plutino: "La Campania? la più renziana d'Italia"


di Gaetano Daniele


Prof. Dott. Marco Plutino
Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino

Professore, commenti sul congressi Pd. Come è andata dalle nostre parti?
Dipende.

Da che dipende?
Esistono questioni locali, questioni nazionali e intrecci di questioni locali e nazionali.
Benissimo, vorrei parlare di Napoli e della sua area metropolitana. Da dove vogliamo partire?
Partiamo da un dato significativo. La Campania è la regione più renziana d’Italia con il 77,5% dei voti degli iscritti. Tutto bene, no?
Me lo dica lei, so che si è iscritto al Pd.
E’ vero, ho anche rappresentato la mozione Renzi-Martina al congresso cittadino di Pozzuoli, ove risiedo. Ma la mia iscrizione è più che altro un atto di testimonianza, nelle difficoltà del dopo 4 dicembre. Anche un impegno, naturalmente, ma il mio voto vale davvero uno, non come quello di Beppe Grillo. Per il resto leggo, analizzo e per quel po’ che posso, milito.

In una regione dove, cito Polito di oggi sul CorrMez, il Pd è ridotto ad un “ammasso informe di potentati locali e signori della guerra, privo di leadership e di una linea, da non avere più le caratteristiche di un partito” e Renzi viene e se ne va senza dire niente a nessuno.
L’analisi di Polito è spietata, non è la prima volta né è l’unico a formulare giudizi così drastici. Tolto quel che vi è di offensivo in certe metafore, però, coglie nel segno. Bisognerebbe chiedersi come mai Renzi prenda il trolley e venga a Napoli senza che nessuno lo sappia nella regione con il Pd più “renziano” d’Italia. Forse c’è un motivo, o forse no (magari sta facendo così ovunque). Però la questione ci sarebbe, come direbbe Totò, a prescindere. 
Perché?
La Campania non è solo la regione che tributa la maggiore percentuale a Renzi (il 77,5% n.d.r.) ma contribuisce anche con un numero di iscritti importantissimo a livello nazionale (57 mila, n.d.r.). Che stride con la realtà. Almeno con quella napoletana, di un Pd sotto il 10%. Scherzando si potrebbe dire, pochi elettori, tutti iscritti. E renziani.
Quali conclusione trarre?
Le conclusioni non sono mai semplici. Un rapporto più alto tra iscritti ed elettori fa parte della storia dei partiti del mezzogiorno, è un dato storico. Ha a che fase con la socializzazione politica di questo pezzo d’Italia. In gran parte d’Italia i circoli Pd hanno molte decine di scritti o un centinaio, al Sud diverse centinaia o un migliaio. La prima cosa è che i soldi corrispettivi vengano versati, cosa non scontata. La seconda è che questi iscritti si manifestino in qualche modo. Da questo punto di vista se votano al congresso è un segno non necessariamente negativo, anzi. Diciamo che esiste un certa coerenza generale del quadro. Più iscritti, più voti, e … più Renzi. Esiste un problema di meridionalizzazione del partito, ma è un problema nazionale. Semmai dal punto di vista locale la questione è un’altra.
Cioè?
Cioè il fatto che questo Pd napoletano almeno da anni non tocca palla in città. Questi dati segnalano una anomalia. E qui si torna a Polito e a chi parla di filiere di potere.
Tante, pare.
Certo, fino ad punto che i capicorrente – una decina di personalità - disputano sui numeri, cioè rivendicano numeri incompatibili e si contendono i delegati che, evidentemente, o rappresentano l’uno o l’altro. Ho letto che il presidente della commissione di garanzia del congresso provinciale di Napoli si è dimesso rifiutandosi di validare il verbale, visto che in assemblea è stata portata una lista di più delegati di quanti non consenta il regolamento. Ma considero importante che, a parte questo, tutto sia filato liscio.
Già. Sullo sfondo già si intravede il problema delle primarie.
Occhi aperti. Questa volta non si può sbagliare. Ma mi interessa un altro tema per ora: quando si voterà, pare, ci sarà un’unica lista di appoggio a Renzi. Se lo immagina? Come si conta un partito balcanizzato abituato continuamente a contarsi?
Il lanciafiamme?
Non avrei usato quel termine, avrei fatto un ragionamento e avrei cercato di realizzarlo. Senza Napoli le elezioni nazionali, già difficili, partono in salita. Ma sono anni che la situazione è incancrenita. In tanti dicevamo che Valeria Valente non sarebbe arrivata al ballottaggio. Il partito è entrato da tempo in una spirale di veti incrociati che già avevano fatto fallire due commissariati. Si era poi aperta un’autostrada a De Luca per le divisioni dei napoletani. Bisogna ricostruire il partito, i rapporti con la città e le sue realtà culturali e produttive, ridare senso ad una militanza che oggi vive solo per votare al congresso e, spesso, neanche per il tempo di un intervento.
Sembra facile.
Si può fare. Esistono molte persone di buona volontà e capacità. La politica le respinge. Non si può dire loro: cimentatevi, fate le tessere. In questo contesto non ha senso. Chi fa le tessere non va demonizzato, ma far competere altri che sono portatori di una diversa idea della politica su quel terreno non ha senso. Se lo facessero, in un certo senso, lo farebbero pure peggio. Non è così che se ne esce. Bisogna decidere se tutto ruota attorno alle tessere e ai soldi o se ci deve essere altro. Ricordiamoci che esiste un voto d’opinione che il Pd napoletano non intercetta, se non in contesti territoriali molto ristretti.
E come se ne esce?
Un commissariato lungo mi sembrerebbe inevitabile. Un altro congresso in questo stato, inutile. Ma un commissario non può imporre una soluzione e lasciare al buon cuore che gli altri la seguano. Il commissario è tale se crea le condizioni di quadro, perché l’autoriforma non è possibile. Occorre tempo e una nuova classe dirigente. Tutte le altre soluzioni vengono alla prima occasione boicottate. Come è capitato ad una persona degnissima che ne ha fatto le spese come Gino Cimmino.
Da cosa si riparte?
Negli anni scorsi si sono attivati elementi di dinamismo. Magari insufficienti, ma non irrilevanti. Ci fu una sorta di Leopolda napoletana, poi la Fonderia delle idee, quindi tanti comitati referendari spontanei e disinteressati in occasione delle elezioni del 4 dicembre. Tutto questo è avvenuto a latere e direi nell’indifferenza del partito. E bisogna richiamare uno ad uno i quadri giovani, molti di talento, che si sono allontanati. Non ne hanno più che neanche i numeri di telefono.
Ma nel partito esisteranno oggi forze vive?
Certo, ci mancherebbe. I giovani democratici, tanti segretari di circolo giovani, comunità di militanti disinteressati, bravi amministratori. Ma l’ossatura del partito è fatta da eletti che si muovono se c’è un vantaggio e, aggiungo, se strettamente necessario, perché mobilitare non è più facile per nessuno. E’ stata una ragione non secondaria del tracollo del No al referendum nel mezzogiorno. Il referendum è capitato tra un turno di amministrative ed un altro. Mi sarei aspettato un Renzi più arrabbiato e, quindi, conseguente, per questo aspetto, avendolo sperimentato sulla propria pelle con un esito drammatico.
Riusciamo a chiudere con un po’ di ottimismo.
Quello sempre. Il Pd è l’unico partito italiano e anche nei nostri contesti è un lumicino nel buio. Ma non dobbiamo nasconderci la realtà. Senza cambiamento non c’è Renzi. Se le vengono in mente i nomi di dieci renziani della prima ora, vedrà non uno di questi nomi ricorre sulle cronache dell’oggi. Una selezione ci può stare e nessuno vuole distinguere prime, seconde e terze ore. Ma non uno: vorrò dire qualcosa. Quelli che c’erano prima di Renzi ci sono oggi. Dirò una cosa spiacevole. Così il Sud è torna ad essere massa di manovra. Può tornare utile per un congresso, ma quel potere poi non torna al Sud sotto forma di cambiamento. Non è una novità. Già nel Pds e nei Ds accadde. La Campania da troppo tempo non esprime più leader di statura nazionale e, direi, classe dirigente. Qui torna l’intreccio tra questioni locali e nazionali e il dato della meridionalizzazione del partito. E’ urgente prendere la questione di petto, anche perché Renzi e Martina hanno promesso di occuparsi seriamente dei problemi del partito.

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