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domenica 2 aprile 2017

L'EPOPEA DEI TULLIANI Fini, famiglia disintegrata I maschi contro Elisabetta 

Montecarlo, i Tulliani divisi sul ruolo di Fini: "Semmai è lui il corruttore"



I Tulliani smentiscono i Tulliani. E i Tulliani, o meglio Giancarlo Tulliani e papà, inguaiano ulteriormente Gianfranco Fini. Siamo all'ultimo atto dell'odissea che inizia a Montecarlo e finisce nelle procure, con la famiglia imparentata con Gianfry inquisita per riciclaggio nell'indagine su Francesco Corallo, il cosiddetto "re delle slot". L'ultima puntata, come spiega Il Corriere della Sera, va in scena davanti al tribunale del Riesame, dove i componenti della vicenda si schierano su fronti opposti: sul primo padre e figlio, Sergio e Giancarlo Tulliani (il secondo latitante a Dubai dopo l'ordine d'arresto di due settimane fa), e sull'altro la figlia Elisabetta Tulliani, moglie di Fini.

Il punto è che i maschietti sostengono davanti agli inquirenti che il reato contestato non può essere riciclaggio, poiché i soldi trovati a Sergio e Giancarlo sembrano quote di una tangente che fa presupporre altri reati: la corruzione, oppure il millantato credito, o il traffico d' influenze illecite che però è stato introdotto solo nel 2012 e dunque non sarebbe applicabile perché i fatti sono antecedenti. Elisabetta, al contrario, afferma che non vi è alcun reato, che Amedeo Laboccetta mente e che i suoi comportamenti sono spiegabili con normali attestati di disponibilità alle richieste del fratello.

Insomma, la famiglia si spacca nel corso della discussione davanti ai giudici chiamati a decidere sull'istanza di restituzione dei beni sequestrati per un valore di 5 milioni di euro. L'avvocato Titta Madia, che assiste Giancarlo e Sergio, spiega possibili alternative. Una su tutte: la corruzione, pagata da Corallo attraverso i Tulliani, che così diventerebbero i beneficiari finali di una maxi-mazzetta. L'avvocato mostra di non crederci, ma afferma che questa sarebbe una costruzione più sostenibile del riciclaggio. E, soprattutto, quando il tribunale chiede chi, nel caso, sarebbe un corrotto, risponde chiaro e tondo: Gianfranco Fini, ovvero il politico che, attraverso le leggi favorevoli a Corallo, poteva influire sulle concessioni di licenze pubbliche.

L'ipotesi, va detto, viene scartata dagli inquirenti perché le prove vanno in un'altra direzione. Resta però il fatto curioso dei "maschi Tulliani" che ipotizzano un Fini corruttore, mentre la moglie Elisabetta, attraverso i suoi legali, rigetta in toto la "suggestione". I suoi avvocati puntano tutto sull'inattendibilità di Laboccetta, e sostengono che i comportamenti della moglie di Fini sono del tutto giustificabili e leciti.

Le carte esclusive sul caso-Juve:  clan e boss, occhio a cosa si scopre

Juventus, tutte le carte del caso 'ndrangheta: i documenti dell'Antimafia



Biglietti rivenduti dagli ultrà anche a 620 euro l’uno e rapporti così stretti tra tifosi in odore di ’Ndrangheta e la Juventus che - scrive il procuratore federale Giuseppe Pecoraro - i clan avevano insistito col direttore generale Beppe Marotta affinché ci fosse un provino per il rampollo di una famiglia malavitosa. Si tratta di Mario Bellocco, figlio di Umberto: quest’ultimo orbita intorno alla cosca Bellocco-Pesce. Gli inquirenti hanno rilevato «la forte pressione esercitata da personaggi legati alla criminalità organizzata» sul club torinese, anche se l’aspirante calciatore bianconero non è mai stato tesserato.

Andò diversamente - sempre secondo la ricostruzione di Pecoraro, inviata ai Campioni d’Italia e alla Sezione disciplinare del Tribunale federale - in occasione del match di Champions contro il Real Madrid. Siamo nell’ottobre 2013 e, stando all’opinione degli inquirenti, è l’ex dirigente della Samp a cedere i preziosi biglietti agli ultrà, biglietti «destinati al bagarinaggio» e che Marotta avrebbe allungato alla curva raccomandandosi «massima riservatezza».


sabato 1 aprile 2017

LO STRAZIO DELLA MADRE  Al funerale di Emanuele:  la frase che spezza il cuore

Alatri, al funerale. La madre: "Non ha incontrato un buon samaritano"



Ad Alatri si celebrano i funerali di Emanuele Morganti, il ragazzo morto dopo la brutale aggressione subita lo scorso venerdì fuori dal circolo Arci Mirò. Circa mille persone si sono radunate fuori dalla chiesa di Maria Santissima del Rosarno, a Tecchiera, piccola frazione del paesino. La bara bianca è stata portata in spalla fino alla chiesa: gli amici si sono dati il cambio per trasportare il feretro seguito da un lungo corteo di persone in lacrime. Tutto il percorso della bara è delimitato da palloncini bianchi e striscioni: "Nessuno muore mai completamente... rimarrai sempre vivo dentro di noi" e poi "Vorrei solo averti di nuovo accanto, stringerti e dirti che la vita è un po' meno complicata se ci sei tu con me". 
Parenti ed amici sono tutti presenti per l'ultimo saluto al caro Emanuele, da tutti dipinto come "un bravo ragazzo, solare, aveva sempre il sorriso", "una bella persona". La madre, visibilmente sconvolta, si è lasciata andare, con un filo di voce ad un commento: "Emanuele non ha incontrato nessun buon samaritano". Subito dopo prende la parola il vescovo di Alatri: "Non vergognatevi di piangere. Gesù non si è vergognato di piangere sulla tomba di Lazzaro, sulla tomba di un amico perché le lacrime servono a dimostrare i sentimenti". 

Raptus-De Andrè: "Donne, morite tutte" Massacra la compagna: la riduce così

Cristiano De Andrè, botte alla compagna in un bar. Lei finisce in ospedale



Cristiano De Andrè è stato protagonista di un furioso litigio con la sua compagna, nella notte, in un bar di Santa Teresa Gallura. Il cantante, in stato di ebbrezza, secondo quanto raccontato da alcuni testimoni, avrebbe aggredito la donna, costretta a ricorrere alle cure del pronto soccorso. Sul posto sono intervenuti un'ambulanza del 118 e i carabinieri della compagnia di Tempio Pausania, che stanno cercando di ricostruire la vicenda. Le testimonianze, da quanto si apprende, sarebbero discordanti. Al momento non sono stati emessi provvedimenti a carico di De Andrè. Le condizioni della donna, sempre secondo quanto appreso, non desterebbero preoccupazioni. "Stava fuori da un bar, gridava io sono un uomo che odia le donne. Dovete morire tutte... e frasi simili - racconta una testimone a La Nuova Sardegna - l'ho visto prendere per i capelli la giovane compagna. Poi le ha dato un cazzotto".

La furibonda reazione di Mattarella  Retroscena: con Renzi finisce male

Mattarella, la rabbia contro Renzi: "Basta chiedere le elezioni anticipate"




È furibondo Sergio Mattarella. Questa volta Matteo Renzi lo ha fatto davvero arrabbiare con questa storia delle elezioni anticipate. Subito dopo la batosta del 4 dicembre aveva cercato di essere comprensivo ma ora la pazienza è finita: per il presidente della Repubblica andare a votare prima dell'estate come vuole l'ex premier è un'ipotesi di cui non vuole più nemmeno parlare.

Riporta il Giornale in un retroscena che il presidente della Repubblica ha un'agenda fittissima nei prossimi mesi: non solo il 26 e 27 maggio sarà a Taormina per il G7 insieme a Paolo Gentiloni, Donald Trump, Theresa May e al prossimo presidente francese ma in autunno il governo sarà alle prese con una legge di Bilancio su cui pesa l'incognita di clausole di salvaguardia per 20 miliardi. La trattativa in corso tra Palazzo Chigi e la Commissione Ue sarà determinante al fine di ottenere una certa flessibilità sul rapporto deficit/Pil. E in questo scenario il fuoco amico di Renzi sul governo nuocerebbe all'Italia rispetto alla possibilità di ottenere qualcosa da Bruxelles.
Per questa ragione Mattarella ha voluto far sapere all'ex presidente del Consiglio che ora la deve finire. Basta con le continue critiche a Gentiloni e a Pier Carlo Padoan, basta con il rilancio sulle elezioni anticipate, il 24 settembre. La controffensiva del Colle è cominciata. Il messaggio è stato recapitato a diversi interlocutori, primo fra tutti Dario Franceschini.

Dalla cella, l'ultimo gesto estremo Dramma Bossetti: "Ora, per Yara..."

L'ultimo gesto: una lettera ai giudici. "In nome di Yara, non insabbiate le prove"



Non insabbiate prove tangibili sotto gli occhi di tutti, concedete la visione dei reperti in possesso delle autorità, fate effettuare una superperizia", "fatelo per Yara". Massimo Bossetti, come rivela Quarto Grado su Rete 4, ha scritto una lettera dal carcere in cui si appella ai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Brescia che lo processeranno il 30 giugno. In studio l'avvocato Claudio Salvagni, difensore con Paolo Camporini, del muratore di Mapello condannato all'ergastolo per la morte di Yara Gambirasio ha letto il suo messaggio: "Possiate una volta per tutte far luce, chiarezza, trasparenza su tutto. In me c'è tanta sofferenza, la sofferenza pura di chi si interroga e non trova risposte se non altro dolore".

La superperizia - E ancora: "Vi chiedo di non accecarvi occultando e insabbiando evidenze, prove tangibili sotto gli occhi del mondo intero. Se veramente come me avete sete di verità e giustizia, allora dimostratemelo", "concedetemi la visione di tutti i reperti in possesso delle autorità competenti che ancora oggi alla mia difesa non è mai stata consentita la possibilità di visionare e garantitemi col massimo vostro rispetto di poter effettuare una superperizia affidandola ad analisti che non siano né dell'accusa né della difesa, ma imparziali, affinché si possa fugare ogni ombra di dubbio e garantirvi la certezza nella mia innocenza ed estraneità ai fatti".

L'"angelo" - Poi nomina esplicitamente la vittima: "La società ha sete di verità se non volete farlo per me facciamolo tutti per Yara, la povera Yara, l'angelo di tutti noi che malvagiamente, sadicamente, è stata strappata dalla sua innocente quotidianità privandola di tutto quello che lei amava e a distanza di anni, lunghi anni ancora oggi lassù aspetta il suo dovuto riposo in pace". "Spero e mi auguro che la verità, qualunque sia, possa trionfare senza la minima ombra di dubbio. Lo si deve a Yara e anche a tutti noi, che abbiamo trepidato per la sua sorte".

L'Europa ci prende per il roaming  Una farsa: slitta ancora lo stop

Roaming cellulari, l'Europa fa slittare lo stop di un ulteriore anno



Usare Internet, telefonare e inviare sms da uno Stato all'altro dell'Unione Europea ha da sempre un costo extra piuttosto elevato, applicato di diritto dagli operatori mobili al classico piano tariffario. La scadenza della fine dei costi di roaming era in teoria prevista per il 15 giugno 2017, ma le nuove linee guida dell'Authority europea Berec prevedono invece uno slittamento di altri dodici mesi. Dunque l'utilizzo della rete oltre confine non avrà più prezzi aggiuntivi a partire da giugno 2018 e una minima quantità di dati, sms e chiamate dovrà essere garantita alla tariffa nazionale, per favorire il risparmio di tutti i consumatori che viaggiano in Europa.

Il commissario dell'Agcom, Antonio Nicita, ha spiegato a Repubblica: "Costi di adeguamento troppo alti è quanto ci avevano già riferito Tim e Wind in merito ai precedenti tagli sul roaming. All'epoca abbiamo sanzionato il loro comportamento, ma non era ancora prevista questa possibilità di deroga". Il vice presidente dell'associazione europea Mvno (operatori mobili virtuali), Innocenzo Genna, ha invece segnalato un rischio: "Gli operatori minori andranno in perdita perché i costi all'ingrosso del roaming (che devono pagare all'operatore usato dal loro utente all'estero) sono troppo alti. Di conseguenza questi operatori spariranno dal mercato, si ridurrà la concorrenza e aumenteranno i prezzi dei servizi per i consumatori".