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giovedì 5 gennaio 2017

Stasi, clamoroso colpo di scena Nuovi documenti in Procura

Alberto Stasi, colpo di scena. Nuovi documenti in Procura



Appare dimagrito ma tutto sommato sereno Andrea Sempio mentre esce dalla villetta di famiglia (a un centinaio di metri da quella dei Poggi) sulla sua Suzuki con la madre. "Sto benissimo", dice al Giorno, "Se dovrò nominare un avvocato lo farò. Tutto si risolverà". Il ragazzo, 28 anni, è diverso da come sembrava nelle foto sul suo profilo Facebook, ora oscurato. La Procura lo ha iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario. Atto dovuto dopo l'esposto firmato da Elisabetta Ligabò, madre di Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara condannato definitivamente a 16 anni per il suo omicidio.

Nelle denuncia della mamma di Stasi c'è pure la relazione del biologo forense Pasquale Linarello che ha riscontrato la perfetta compatibilità del profilo del cromosoma Y trovato sulle unghie del quinto dito della mano destra e del primo dito della mano sinistra di Chiara con il profilo genetico del cromosoma Y estratto da un cucchiaino e da una bottiglietta d'acqua e che dovrebbe appartenere proprio a Sempio, amico del fratello della vittima, Marco Poggi. 

Ma c'è di più. I legali di Stasi, Enrico Giarda e Giada Bocellari, hanno depositato in Procura a Pavia alcuni atti processuali al procuratore aggiunto Mario Venditti, titolare dell'inchiesta. Ora la Procura di Brescia deciderà se accettare o respingere l'istanza della difesa. Se dovesse ammetterla si terrà quindi una nuova udienza con tutte le parti processuali dove si discuterà la richiesta di un nuovo processo per Stasi.

Il giallo di Garlasco sembra non avere fine. Ma Sempio ha un alibi di ferro. Viene ascoltato per la prima volta dai carabinieri 5 giorni dopo il delitto. Dice di essere stato a Vigevano, la mattina dell'omicidio, in una libreria. E qualche tempo dopo esibisce lo scontrino del parcheggio: alle 10 e 18 ha parcheggiato la sua Daewoo bianca in piazza Sant'Ambrogio. Nei giorni 7 e 8 agosto poco prima dell'uccisione di Chiara dal cellulare di Sempio partono due telefonate verso casa Poggi. La prima di 4, la seconda di 21 secondi. Perché chiamare a casa dei Poggi se Marco è partito? Lui si giustifica così: "Ho memorizzato i numeri del mio amico uno sopra l'altro. Due volte ho chiamato casa per sbaglio. Ed una delle due volte, mi ha risposto la sorella." 

Immigrati, il ministro vuol cacciarli Ma il Pd sbrocca, vuole l'invasione

Il ministro vuol cacciare gli immigrati. Il piano del Pd per far saltare tutto


di Tommaso Montesano



Come ai vecchi tempi dell'Unione: il centrosinistra di governo da una parte; i gruppi parlamentari dall'altra. La rivolta nel centro per migranti di Cona lacera il Pd. Di qua Marco Minniti, ministro dell'Interno, di là deputati e senatori, che per l'occasione trovano l' appoggio di Sinistra Italiana in una sorta di riedizione della vecchia alleanza prodiana. Il nodo è la stretta sull'immigrazione annunciata dal Viminale. Un cambio di rotta dettato dall' emergenza terrorismo e reso ancora più impellente, dal punto di vista del ministro, dai fatti veneti.

Minniti si sta muovendo in più direzioni. La prima: accelerare i rimpatri. Il ministro dell'Interno è da ieri in missione: prima la Tunisia, poi Malta. Obiettivo: rafforzare la cooperazione sul fronte del contrasto all'immigrazione clandestina. Allo studio c'è anche la possibile modifica del reato di clandestinità al fine di agevolare le espulsioni di chi non possiede i requisiti per essere accolto in Italia.

Il secondo pilastro prevede il ripristino dei Centri di identificazione ed espulsione, oggi ridotti a cinque (Torino, Roma, Bari, Trapani e Caltanissetta) per un totale di appena 720 posti, dove spostare gli irregolari. Il piano del Viminale prevede la costituzione di un Cie, pure utilizzando le caserme dismesse della Difesa, in ogni Regione (in Liguria, ad esempio, la scelta è tra Genova e Albenga). Un giro di vite in cui la circolare diretta alle questure emessa qualche giorno fa dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, per intensificare la caccia agli irregolari sparsi sul territorio nazionale (circa 100mila), costituisce un naturale prologo.

In Parlamento, però, il Pd, che poi è anche il partito di Minniti, non ci sta e si prepara alle barricate. Il ministro ha già ricevuto il preannuncio di un'interrogazione parlamentare - da parte della deputata Sara Moretto - sui fatti di Cona e una richiesta di audizione da parte di Federico Gelli, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, a proposito della richiesta di ripristinare i Cie. L'interrogazione a Minniti per verificare se ci siano stati eventuali ritardi dei soccorsi nel centro di Cona nonché per accertare le dinamiche del decesso della 25enne ivoriana è stata sottoscritta da molti deputati veneti del Pd. Mentre Gelli è già da un paio di giorni che vuole vederci chiaro sul possibile ritorno dei Cie: Appena possibile ascolteremo il ministro. Vogliamo capire se predisporre i Cie, che lo stesso Gelli definisce ghetti di difficile gestione già noti per loro inadeguatezza, sia realmente la risposta giusta all' emergenza immigrazione. L'attacco più deciso a Minniti l'ha sferrato la prodiana Sandra Zampa, deputato nonché vicepresidente dell' assemblea nazionale del Pd. Il Cie era un posto disumano. Ha lottato in Parlamento per far chiudere il Centro di identificazione ed espulsione dei migranti di Bologna. Il clima è incandescente. La galassia a sinistra del Pd è già in azione. Stamattina una delegazione di Sinistra Italiana composta da Nicola Fratoianni e Giovanni Paglia sarà davanti ai cancelli della struttura di Cona per verificare direttamente la situazione e per confrontarsi con ospiti e operatori del centro e con le autorità locali. Strutture come quella di Cona, attacca Paglia, sono una bomba a orologeria.

Sul fronte opposto, alza la voce la Lega. Per il governatore del Veneto Luca Zaia i centri di accoglienza come Cona devono chiudere. Zaia ha ricordato che bisogna espellere i facinorosi e a seguire tutti quelli che non sono profughi. Da fatti come quello di lunedì, ha aggiunto, emergono tutte le debolezze di questo sistema di accoglienza. A oggi in Veneto sono arrivati 30mila immigrati, di cui 13mila ancora ospitati. Il resto sono spariti. Le parole più dure sono comunque quelle che arrivano da Matteo Salvini, che invoca espulsioni di massa.

Immigrati, è Far west a Napoli Spari in centro: ferita una bambina

Napoli, spari in centro: ferita una bambina



Nel quartiere di Focella, in via Annunziata, in pieno centro storico, sono stati feriti da colpi d'arma da fuoco una bambina di dieci anni e tre extracomunitari. La dinamica dei fatti e soprattutto il colpevole rimangono ancora da determinare. L'ipotesi vagliata dagli investigatori è che nel mirino del colpevole ci fossero gli immigrati, dato che è massiccia la presenza di commercianti neri nel mercato della Maddalena, dove si è scatenato il far west. Alcune testimonianze, riportate dal Corriere, indicano come obiettivo papabile un commerciante di colore che gestisce la bancarella di borse e pellame. La bambina, colpita accidentalmente, è stata colpita al piede e subito portata all'ospedale Santobono dove le è stato estratto il proiettile. Per ora le sue condizione non destano preoccupazioni.

Uscire dall'Europa? Fa benissimo Lezione inglese: pioggia di soldi

Con la super Brexit l'Inghilterra intasca 24 miliardi di euro


di Gabriele Carrer



Riprendere il controllo del paese e delle frontiere porterebbe alla creazione di 400 mila nuovi posti di lavoro. Uscendo dall’unione doganale europea, il Regno Unito diventerebbe inoltre un punto di riferimento globale per il libero scambio. È quanto sostiene il gruppo di pressione Change Britain, nato dalle ceneri della gloriosa macchina da guerra referendaria Vote Leave, la campagna ufficiale del fronte per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea uscito vincitore dalla battaglia referendaria dello scorso 23 giugno.

Lasciando l’unione doganale, sottolinea l’organizzazione, il Regno Unito sarebbe pronto ad affacciarsi nell'era del superamento delle organizzazioni sovranazionali per lanciarsi in accordi bilaterali, sulla scia della politica estera e commerciale annunciata dal presidente statunitense eletto Donald Trump. Secondo Change Britain, in caso di Brexit “dura”, con l’addio al mercato comune ed il ritorno del controllo sull’immigrazione, l’economia britannica guadagnerebbe almeno 24 miliardi di sterline all’anno, risparmiando quasi 10,4 miliardi di contributi al bilancio comunitario, 1,2 miliardi di oneri regolamentari e concludendo nuovi accordi commerciali per 12,3 miliardi.

Ma contro le stime ottimistiche di Change Britain si sono espressi oppositori politici della Brexit ed economisti che sottolineano come le statistiche siano fondate sull’esatta replica degli accordi vigenti grazie quell’Unione Europea di cui il Regno Unito non farà più parte. Gli europeisti, in buona sostanza, dicono che le previsioni di Change Britain sono fondate sugli accordi garantiti dall’Ue, i migliori possibili per il paese. Quasi a negare ogni possibilità che i negoziati bilaterali possano essere più vantaggiosi per il Regno Unito. Jonathan Portes, professore di economia presso il King’s College di Londra che pur ha criticato i dati, ha sostenuto alla Bbc che «ci possono essere vantaggi nel lungo termine lasciando l’unione doganale, ma nel breve termine significa un sacco di burocrazia in più», con riferimento ai maggiori controlli alle frontiere per le merci.

A difesa delle cifre è invece intervenuto Digby Jones, ex capo della CBI (la confindustria britannica) e sostenitore di Change Britain, sottolineando il fatto che Stati Uniti, India, Cina, Canada, Corea del Sud ed il Mercosur (il mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) hanno già pubblicamente espresso interesse per accordi commerciali post-Brexit che potrebbe generare oltre 240 mila posti di lavoro. Ed è «ragionevole pensare», ha aggiunto, che Giappone e l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico siano interessati a fare lo stesso.

Festeggiano gli euroscettici d’oltremanica anche per un’altra notizia giunta nel pomeriggio di ieri: Sir Ivan Rogers, ambasciatore britannico presso l’Unione europea, si è dimesso lasciando Bruxelles quasi un anno prima rispetto alla scadenza del suo mandato a novembre prossimo. Rogers avrebbe dovuto giocare un ruolo di primo piano nei negoziati sulla Brexit che il premier Theresa May ha promesso di avviare entro fine marzo. Una notizia, confermata dal ministero degli Esteri, che ha sorpreso molti: l’esperienza e gli ottimi rapporti istituzionali dell’ambasciatore dimissionario erano apprezzati a Downing Street, dove il governo punta forte su di lui per guidare la procedura di addio all’Unione Europea.

Ma Rogers, molto vicino all’ex primo ministro David Cameron, era anche visto dai sostenitori della Brexit “dura” come un impedimento in quanto lo hanno sempre ritenuto un pessimista. A piangere il suo addio sono infatti in larga maggioranza i conservatori più tiepidi verso l’uscita del paese dall’Ue ed i politici di tutto l’arco parlamentare di Westminster che continuano a sperare in un’uscita morbida, o addirittura di scongiurare la Brexit.

Feltri e il "miracolo" di Salvini: "Ecco cosa devi fare adesso"

Feltri: "Salvini ha fatto un miracolo. Adesso deve andare avanti da solo"


di Vittorio Feltri



Caro Gianluigi, è un errore pensare che Matteo Salvini possa guadagnare ancora molti voti e puntare a governare il Paese. Quasi tutti i consensi disponibili egli li ha già incamerati tanto è vero che la Lega in pochi anni, sotto la direzione del giovane leader, è salita al 12-14 per cento, percentuale mai raggiunta ai tempi in cui menava il torrone Umberto Bossi. Salvini ha raschiato il fondo del barile nordico e ora cerca di raccattare qualche suffragio al Sud. Ma è una operazione difficile.

Mentre in Emilia e in Toscana vi è qualche possibilità per il Carroccio di caricare un po’ di fieno, in Meridione non c’è foraggio per motivi storici. Bossi per anni ha sacramentato contro i terroni, accusandoli di impedire con la loro condotta la crescita economica e civile dell’Italia.Ovvio che costoro non abbiano dimenticato gli insulti e siano restii a dare fiducia a chi glieli ha lanciati.

Il problema è tutto qui. Matteo ha provato in ogni modo a convincerli che Alberto da Giussano non è più vincolato alla Padania e tenta di diventare un partito nazionale, tipo quello della signora Le Pen, ma il progetto non si è per adesso realizzato. Grillo non c’entra. Non ha certo pescato nell’elettorato della Lega che si avvale di un profondo affetto dei valligiani di varie province, ma nelle grandi città fatica a sfondare. Il Movimento 5 stelle non avendo mai avuto connotazioni localistiche si è invece espanso su tutta la penisola in opposizione alle formazioni politiche tradizionali. Teoricamente, a prescindere dal sistema elettorale di cui ci doteremo, grillini e leghisti avrebbero facoltà di allearsi. Ma c’è un ma.

I primi sono sempre stati coerenti sulle questioni euro, Europa e immigrazione, i secondi viceversa hanno spesso cambiato idea ostacolando un accordo organico tra i due blocchi. I quali per accordarsi avrebbero bisogno di smussare troppi angoli. La vedo dura, ma non si sa mai. Salvini si è talvolta proposto come capo del centrodestra, ma il centrodestra a trazione leghista non è tollerato da Berlusconi forte del fatto che gli azzurri, per quanto crollati, vantano ancora un pacchetto di voti che consente al Cavaliere di tenere alta la cresta. D’altronde Matteo è consapevole, qualora si accodasse a Silvio, che i suoi fedeli non gradirebbero di ripristinare uno schema già fallito in passato. Un Carroccio trainato da Forza Italia darebbe vita a qualcosa di già sperimentato con esiti per nulla esaltanti.

Non è questa la soluzione. Ecco perché Salvini non ha alcuna voglia né alcun interesse a trattare con Arcore e la tira per le lunghe. Al suo posto farei lo stesso e preferirei continuare la battaglia in solitudine contro l’immigrazione selvaggia e contro lo strapotere dei padrini della rovinosa moneta unica. Esattamente come ha fatto madame Le Pen per lustri e lustri, senza mai demordere. E la tenacia la sta premiando anche se temo che non vincerà nemmeno alle prossime elezioni. Al segretario dei nordisti non va rimproverato un bel niente né gli vanno dati consigli. Numeri alla mano è stato più bravo lui di Bossi che si fece fagocitare da Berlusconi senza ricavare un solo beneficio politico. 

mercoledì 4 gennaio 2017

Mps e banche, allarme dell'economista: "Sul baratro, ecco cosa ci nascondono"

Mps e banche, l'allarme: "Italia a fondo, non ha senso restare nell'Ue"



"Serve una commissione d'inchiesta sul sistema bancario. Ma hanno tutti paura, authority, manager e politici". È allarmato e disilluso, Luigi Zingales. L'economista docente all'Università di Chicago, nonché storico commentatore per L'Espresso, spiega al Fatto quotidiano cosa c'è dietro il caso Montepaschi e perché lo scandalo della banca senese "nazionalizzata" rischia di trascinare nel baratro l'Italia.

"Senza una commissione d'inchiesta, siamo condannati a ripetere gli errori del passato", accusa. In Italia nessun manager paga: eliminiamo il sospetto, o l'erosione della fiducia nelle istituzioni esploderà". Secondo Zingales servirebbe una commissione "con esperti indipendenti internazionali con potere di interrogare le persone sotto giuramento e farsi consegnare documenti riservati". Senza parlamentari, "per evitare strumentalizzazioni, ma deve riportare al Parlamento che dà il mandato, come negli Usa".

Il sospetto di Zingales è che tutte le parti in causa vogliano mantenere segrete le cause del crollo del sistema bancario. La crisi economica ha influito, certo, ma quanto? "Se scopriamo che una parte rilevante è dovuta alla mala gestione allora dobbiamo capire come è nata e come evitarla in futuro. Se i disastri dei manager nascono anche da una vigilanza che ha sbagliato o non aveva strumenti per intervenire. Con 60 miliardi di bond subordinati venduti alle famiglie è difficile credere che non abbiano responsabilità". L'economista punta il dito su chi non ha capito dove tirava il vento della crisi: "Quando le regole Ue stavano cambiando - imponendo di accollare i costi dei salvataggi anche agli obbligazionisti - bisognava prepararsi. O fai fuoco e fiamme e le blocchi, o forzi le banche a ricomprarsi i bond".

Sotto accusa ci finisce Bankitalia, che ha ammesso (tardivamente) di aver combattuto a livello europeo, perdendo. "L'esecutivo che ha contrattato la direttiva sul bail-in aveva al Tesoro l'ex dg di Bankitalia Fabrizio Saccomanni, massima autorità del settore consapevole dei rischi. Se è vero che è stato fatto tutto il possibile è ancora peggio. C'è un rischio devastante per l'economia e non riusciamo a imporre le nostre ragioni a Bruxelles? Allora dovremmo chiederci se abbia senso per l'Italia stare in un'unione monetaria in cui non riesce a difendere le sue ragioni". Le conseguenze le pagheremo care: "Servono 50 miliardi per il settore, non 20. Il bubbone bancario rischia di trascinare l'Italia a fondo".

Chi tocca la Rai viene bocciato: il super manager resta senza lavoro / Chi è

Bocciato il piano di riforma delle news: Carlo Verdelli lascia la Rai



Si è dimesso dall'incarico in Rai, Carlo Verdelli. L'ex vicedirettore del Corriere della Sera era chiamato in viale Mazzini poco più di un anno fa per mettere mano alla riforma del settore news, che prevedeva l'accorpamento in maxi-regioni delle sedi regionali, il trasferimento del Tg2 a Milano e l'integrazione tra Rainews e Tgr. Il progetto, da lungo tempo elaborato e atteso, è stato accantonato nelle scorse ore dal cda della televisione pubblica. Bocciato. E Verdelli ha deciso di togliere il disturbo.