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sabato 30 luglio 2016

"Ora siamo pronti a tornare con te" Clamoroso ribaltone. E il Cav gode

D'Anna: "Siamo pronti a tornare con te". Clamorosa svolta, Berlusconi gode



Sarebbe pronta a ritornare dentro Forza Italia Ala, di Denis Verdini, che ora appoggia il governo Renzi. "Noi ce ne siamo andati da Forza Italia perché non esisteva più", spiega Vincenzo D'Anna, senatore verdiniano, a il Tempo, "ma c'era un gineceo che condizionava ed era utilizzato da Silvio Berlusconi per fare piazza pulita. Ora mi sembra che sia stato allontanato. Mancavano il leader che avevamo seguito, Berlusconi, e la linea politica che seguivamo. Per questo scegliemmo il male minore tra Grillo e Salvini, cioè Renzi. Se in Forza Italia dovessero cambiare le cose quella del ritorno in FI è una ipotesi che non mi sento di scartare".

Non sarebbe invece favorevole alla leadership di Stefano Parisi, il candidato sindaco di Milano, che ora il Cavaliere vuole alla guida del partito: "Non lo conosco, ma come tutti quanti gli altri deve la sua nomina alla scelta di una sola persona e questo in un partito politico non è auspicabile". Infine, su Angelino Alfano dice: "Fa un buon ragionamento quando si propone di mettere insieme l'anima moderata e liberale che era l'ossatura dell'anima di FI del 1994. Se dobbiamo ricostruire quel programma, con quella impostazione, facciamo bene a farlo. Il problema è la leadership. Alfano deve fare l'uomo di governo, la leadership politica è un'altra cosa".

"NO" E RENZI A CASA Lo scenario dopo l'estate: due nomi per Palazzo Chigi

No al referendum, Renzi a casa. Lo scenario: due nomi per Palazzo Chigi



Una sola cosa, al momento, è certa sul referendum costituzionale di ottobre: comunque finirà, non torneremo a votare. Almeno non subito. Se vincerà il no, sussurrano in molti nei Palazzi romani, il presidente Mattarella troverà il modo di sostituire il (si presume) dimissionario Matteo Renzi e garantire una transizione a Palazzo Chigi. L'obiettivo è un ritornello che si ascolta dal 2013: le riforme. Nel caso specifico, occorrerà rivedere la legge elettorale e poi, finalmente, si tornerà al voto. Magari nel 2017 o forse nel 2018, a scadenza naturale di questa tribolatissima legislatura. 

Il tecnico - Fuori Renzi, già, ma dentro chi? Il Giornale prova a fare due nomi. Uno è quello del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, candidatura giusta perché piace alla finanza e a Bruxelles e perché in qualche modo sarebbe anche un segno di continuità istituzionale. Padoan, suggeriscono, sarebbe un ottimo "scudo anti-spread" in quelli che si prevedono mesi caldissimi tra coda della Brexit e voti (euroscettici?) in Austria e Ungheria. 

La carta Inps - Più politici (e per questo osteggiati) Carlo Calenda, neoministro allo Sviluppo economico, Dario Franceschini, Graziano Delrio e Andrea Orlando, moderati e democratici. Ma siccome Silvio Berlusconi ha già precisato che se cadrà Renzi "faremo un governo di larghe intese", il secondo candidato forte al ruolo di premier potrebbe essere il presidente Inps Tito Boeri., che tra l'altro piace più degli altri alla minoranza dem. 

Feltri e la mannaia islamica: "Papa sveglia, ti ammazzano"

Feltri avvisa il Papa: "Svegliati, sei il primo della lista dell'Isis"


di Vittorio Feltri


Il Papa ha le sue idee e noi gliele lasciamo tutte. Non abbiamo alcuna intenzione - a differenza di Scalfari - di insegnare al pontefice a fare il Pontefice, dato che facciamo già fatica a fare il nostro mestiere di cronisti. Quindi non entriamo nel merito della sua attività pastorale. Ci mancherebbe. Però quando lui parla non possiamo fare finta che parli Pinco Pallino, per cui ammettiamo che le sue affermazioni a commento della tragedia in Normandia ci hanno stupito. Egli ha detto, davanti al corpo del prete ammazzato, nella maniera nota, che effettivamente il mondo è in guerra, però non si tratta di guerra di religione. 

Può darsi che abbia ragione. Nel caso tuttavia ci dovrebbe spiegare, il Santo Padre, per quale motivo i terroristi islamisti - non buddisti e neppure atei - abbiano preso di mira e sgozzato un sacerdote cattolico e non un viandante qualsiasi, uno spazzacamino, un rappresentante di commercio o un calciatore. Non è una guerra di religione? Allora che roba è? Guerra dei bottoni? Conflitto generazionale? Tra l’altro segnaliamo rispettosamente al capo della cristianità che i tagliagole ogni qual volta agiscono di coltello o di pistola o di mitra non dimenticano mai di citare il mandante, cioè Allah, in nome e per conto del quale compiono le loro sante stragi. Non è tutto, caro Bergoglio detto Francesco. Gli assassini oggi di moda si vantano di essere musulmani, ostentano la loro fede, si preoccupano di far sapere all’universo di essere comandati dal loro dio ogni qual volta danno il via agli eccidi di cui poi si vantano. 

In varie circostanze, prima di procedere alle esecuzioni in puro stile da macelleria, sottopongono a una sorta di esame dottrinario coloro che hanno identificato quali candidati vittime. Gli rivolgono domande relative al Corano onde verificare il loro grado di conoscenza del testo sacro maomettano, e se gli interrogati dimostrano di non conoscerlo abbastanza approfonditamente sono destinati a morire ammazzati. E lei, Santità, insiste a dire che questa non è una guerra di religione? Abbia pazienza, cos’altro è, una partita di scacchi? Una gara enigmistica? Come mai lei chiude gli occhi dinanzi alla realtà più evidente? Teme che inimicandosi personalmente il feroce Aladino il Vaticano venga assaltato e distrutto? Rifletta. Se gli islamisti hanno deciso di incendiare San Pietro non sarà lei a salvarlo inginocchiandosi al Califfo. Che non sogna altro che vedere la Cappella Sistina data alle fiamme. Pontefice, si dia una svegliata e una regolata: siamo tutti in pericolo, lei di più. Se non fosse una guerra di religione, e di civiltà, saremmo più tranquilli. Invece lo è e il papa è il primo della lista nonostante la sua apertura ai giustizieri di Allah.

venerdì 29 luglio 2016

Caivano (Na): Consiglio comunale infuocato La parola al consigliere Luigi Sirico

Caivano (Na): Intervista al leader delle opposizioni in consiglio comunale, Architetto Luigi Sirico



di Gaetano Daniele


Arch. Luigi Sirico (PD)

Incontriamo l'architetto Luigi Sirico, consigliere comunale di Caivano nonchè assessore ai lavori pubblici di Afragola. Purtroppo a Caivano vige l'immobilismo. 6 consiglieri comunali sono stati messi alla porta dal primo cittadino perchè non allineati alle direttive dettate. Rispetto e democrazia nelle scelte. Queste le accuse che lanciano i rappresentanti di governo Padricelli, Riccio, Giamante, Perrotta, Falco e Marzano, ormai passati all'opposizione. Monopoli non ha più i numeri per governare un Paese difficile e complesso come Caivano. Sulla vicenda interviene appunto il Leader delle opposizioni in consiglio comunale, Luigi Sirico:

Assessore Sirico, consiglio comunale, cos'è successo ieri sera?

Cos'è successo? di tutto: dalle famiglie del Parco Verde ormai consapevoli e deluse dalle promesse del Sindaco Monopoli, alle diatribe interne della maggioranza. Il Sindaco definisce "zavorra" i consiglieri, gridando di non voler esere sotto ricatto; i consiglieri lo definiscono bugiardo e non democratico perchè non li rende partecipi delle scelte politiche adottate dalla Giunta. 

Assessore Sirico, perchè ad un certo punto voi delle opposizioni avete abbandonato l'aula anzitempo?

Per coerenza. Non abbiamo mai, ne condiviso ne partecipato in nessun modo al percorso accidentato di questa amministrazione. E non poteva essere altrimenti. Siamo stati fortemente critici per le procedure adottate per gli affidamenti di opere e servizi. Siamo stati ancora più duri sulla questione dissesto, tutta in capo alla insipienza e superficialità dell'assessore al Bilancio che ha ricoperto l'incarico nel 2015. E per coerenza non vogliamo e non possiamo assistere al massacro della nostra comunità, sulle cui spalle cadrà tutto il peso di questo ulteriore disastro, sottoforma di aumenti di tasse e imposte locali. 

Assessore Sirico, con quali presupposti l'ormai dimissionario Sindaco Monopoli ha intenzione di continuare a governare Caivano se in meno di 10 mesi ha già dimostrato di non saper tenere unita una maggioranza seppur risicata?

Non credo sinceramente che Monopoli abbia gettato le fondamenta per un futuro politico longevo. Non mi sembraq ci siano buoni presupposti. Lo dimostrano i fatti. La scelta più saggia sarebbe di non ritirare le dimissioni. In meno di un anno ha battuto tutti i record, in negativo. Per la prima volta nella storia ha portato Caivano al dissesto finanziario, e si poteva evitare. Il Rione Scotta, il Parco Verde e tutte le periferie per non parlare del centro città, sono stanchi e delusi. E se adesso si mettono anche a litigare all'interno della stessa maggioranza, l'unico modo per uscire dall'impasse è ridare la parola ai cittadini, andando a casa, liberando una volta per tutte Caivano dall'immobilismo. Io credo che, per i consiglieri la speranza di essere eletti è inversamente proporzionata alla permanenza in questa maggioranza. Quanto più tempo resteranno meno possibilità avranno di essere rieletti. 

Assessore Sirico, come si può uscire da questo impasse? 

Nel modo più semplice. Affidando ai legittimi proprietari il destino del proprio Paese. Si ascoltino i cittadini. 

Caivano (Na): La Storia si ripete Il Paese senza speranza Società senza futuro

Caivano (Na): La Storia si ripete Il Paese senza speranza Società senza futuro


di Gaetano Daniele



Non esiste una “cultura giovanile” univoca, ma una realtà molto articolata che la politica locale non vuole conoscere, si rifiuta, perché "smarrita anch'essa”. «Se i giovani non sperassero e non progredissero più, se non inserissero nelle dinamiche storiche la loro energia, la loro vitalità, la loro capacità di anticipare il futuro, ci ritroveremmo un’umanità ripiegata su se stessa, priva di fiducia e di uno sguardo positivo verso il domani». 

In poche parole: se i giovani perdono la speranza, la società non ha futuro. Ne è convinto Benedetto XVI, che, alcune settimane fa, ha  parlato delle culture giovanili emergenti con i membri del Pontificio Consiglio della Cultura, ricevuti in occasione dell’assemblea plenaria. È stato il dicastero presieduto dal cardinale Gianfranco Ravasi a scegliere l’argomento di stringente attualità per i lavori assembleari che  proprio per sottolineare la volontà di rivolgersi ai giovani con il loro stesso linguaggio.  

Il pensiero del Pontefice, lo ha rivelato egli stesso, è andato «alla crescente difficoltà  nel campo del lavoro o alla fatica di essere fedeli nel tempo alle responsabilità assunte. Ne deriverebbe, per il futuro del mondo e di tutta l’umanità, un impoverimento , ha commentato, non solo economico e sociale ma soprattutto umano e spirituale». 

Ma il problema, o meglio la Storia si ripete, in negativo. La politica locale non da il buon esempio. Problema saliente del nostro tempo è la progressiva disaffezione alla politica. Si tratta di un argomento di particolare importanza, visto che alla politica spetta gestire la cosa pubblica: ben si intuiscono dunque i rischi derivanti dalla sfiducia nei suoi confronti. Per questo è necessaria un'attenta azione di ricerca e di studio da parte delle scienze che elettivamente vedono nei comportamenti della persona e nei suoi percorsi di formazione e di educazione il loro centro di interesse, per definire percorsi e strategie, affinché la politica torni ad essere un servizio per la popolazione, e non un lavoro per i soliti noti. 

I cittadini di Caivano, ad esempio, straziati da una classe dirigente non all'altezza, hanno, alle ultime elezioni comunali, puntato tutto con la ascesa in campo di Simone Monopoli, politico di estrema destra, ma che ha sempre giocato con le appartenenze pur di attrarre quanti più consensi, più numeri. Difatti, da mussoliniano sfegatato, non fonda La Destra a Caivano, ma si candida come indipendente in un partito di centro, l'Udc di Casini. Non si candida in Alleanza Nazionale, non fonda partiti o Liste che abbracciano certe idee di destra, anzi no, si nasconde dietro di esse. Si candida poi in un partito sempre di centro destra: Alleanza di Centro di Pionati. Toglie dalla sua scrivania la testa di Mussolini, e si rende conto che essere di destra è controproducente, ma questo fino alla vittoria, perchè appena vinte le elezioni, si fa ritrarre in bella posa con i militanti di Casa Paund. Un controsenso unico. Una visione della politica distorta. Ed infatti i risultati sono sotto gli occhi di tutti. 

Promette il reddito di cittadinanza,  ma arriva il dissesto finanziario. Sventola ai quattro venti e su tutte le pagine di giornali vicine e lontani l'hashtag: Tuttaunaltrastoria, ed invece arrivano le rotture in maggioranza. Se fate ben attenzione alle previsioni del Neo Sindaco Simone Monopoli, vi renderete conto che quello che preannuncia, dopo, si rivela sempre il contrario. 

Promette in campagna elettorale più democrazia, e boccia l'opinione dei partiti che l'hanno portato alla vittoria. Boccia la Giunta politica, e ne nomina una tutta sua. Composta da amici, quasi familiari, etc etc. Da solo si nomina i dirigenti che gli piacciono, come ad esempio il dott. Vito Coppola, che dal V° Settore (Biblioteca) gli viene assegnato un compito difficilissimo, cioè quello di gestire l'ambiente. Cambia i ruoli ai dirigenti. Senza un senso logico. Più illogici politicamente sono coloro i quali oggi continuano a seguirlo. 

Si insedia e dopo pochi mesi sfida i suoi stessi consiglieri comunali. Riesce a vincere. Poi si dimette. Ieri, per il rotto della cuffia riesce ad ottenere una maggioranza risicata. Anzi no. Risicatissima. E intanto il Paese affossa. La Storia si ripete. Peggio di ieri. Il Paese è senza speranza. I giovani non hanno un futuro e non possono più contare sulla politica locale. I politici promettono ma non mantengono. La politica dice ma non fa. Monopoli sanziona la ditta Buttol, la società di raccolta rifiuti perchè non in grado di adempiere alle proprie mansioni, e dopo circa due mesi la stessa ditta vince la gara europea di 25 milioni di euro, o circa. Un controsenso totale. Ai posteri l'ardua sentenza. 

Lutto italiano, è morta Marta Marzotto Il presagio nelle sue parole: quella frase

È morta Marta Marzotto a 85 anni: lutto italiano, addio alla "musa"



Addio a un pezzo di storia italiana: a 85 anni è morta Marta Marzotto. A dare la notizia della sua scomparsa è stata la giornalista e nipote della stilista, Beatrice Borromeo, con questo toccante tweet:

                                          Beatrice Borromeo @BorromeoBea
Ciao nonita mia ❤️08:56 - 29 Lug 2016

Ex modella, stilista ed etichettata come "regina dei salotti", aveva recentemente confidato di "sentirmi tutti i miei 85 anni". Lo disse al suo compleanno, a Cortina, quando festeggiò a casa dell'amico gallerista Stefano Contini. In un'intervista al Corriere del Veneto disse: "Sono stanca, ma come si fa a farlo pesare sugli altri, sono tutti così gentili e carini, non hanno colpa della mia stanchezza. E poi ho troppe cose da fare, idee, progetti, eventi".

Malata da tempo, la Marzotto era ricoverata da diversi giorni nella clinica La Madonnina, dove è morta. Nata a Reggio Emilia nel 1931, esuberante, estroversa, oltre che dei salotti è stata signora dell'arte, della politica, della moda. Aveva recentemente pubblicato la sua ultima autobiografia, in cui raccontava la sua vita: l'infanzia povera, il lavoro da mondina, il matrimonio da fiaba. E poi l'amore per Renato Guttuso, di cui era considerata la musa, e per Lucio Magri. Stilista ed ex modella, ha lasciato un segno profondo nella vita culturale del Paese.

Higuain choc, De Laurentis massacrato Il retroscena: quando inizia la guerra

Higuain choc, De Laurentis massacrato. Il retroscena: quando inizia la guerra


di Claudio Savelli



Higuain sorride, ma non ride. Affronta il battesimo con la sua nuova squadra con lo sguardo serio e la consapevolezza di essere esattamente dove desiderava. Non al Napoli, ma alla Juventus. Gonzalo inizia la giornata dell' ufficialità in bianconero calpestando il campo dello Stadium per le foto di rito. Con i piedi sull' erba si sofferma per qualche secondo: osserva prima una porta, poi l' altra, battezzando con gli occhi il suo territorio. Poi la visita allo store, il tour al museo della storia bianconera e la conferenza stampa. Ma l' emozione lo sfiora soltanto, non lo tradisce, non lo travolge: Higuain rimane freddo come davanti alla porta. Forse è un' auto-imposizione, un modo per rispettare il Napoli e i napoletani, anche se per lui l' addio non è un tradimento, ma solo un ulteriore passo avanti nella sua vita professionale. Poche sono le carezze concesse al passato in azzurro: prima a Sarri («È stato un grandissimo allenatore per me, gli chiedo scusa per non averlo salutato»), poi ai compagni e ai tifosi del Napoli «per tutto l' amore che mi hanno dato in questi tre anni». Per De Laurentiis, invece, non rimane che la punta del coltello. Higuain, senza pietà, scaraventa addosso al suo ex presidente le responsabilità dell' epilogo della storia: «Non volevo stare più neanche un minuto con lui. Mi ha spinto all' addio al Napoli».

La motivazione di campo che lo ha portato «ad una scelta difficile» è invece piuttosto semplice: la Juve chiede la Champions a Higuain, così come il contrario. È un matrimonio che concilia due anime bramose di successo.

Ma proprio mentre il Pipita entrava dalla porta del mondo-Juve, Pogba ne usciva sgattaiolando dalla finestra e postando su Instagram un' immagine che evidenziava alcuni dettagli cromatici rigorosamente rossi, come il colore del Manchester United. Ormai è fatta: il francese torna nella sua vecchia casa.

Ieri, nella sede della Juve di corso Galileo Ferraris, è andato in scena l' ennesimo incontro, finalmente decisivo, tra i legali delle due società e Raiola. Le cifre finali certificano l' affare più costoso della storia del calcio: alla Juve vanno 110 milioni, mentre i 23 i milioni di bonus legati al rendimento di Pogba li incasserà direttamente Raiola.

Per sbrogliare il contenzioso è stato fondamentale l' intervento di Adidas, che contribuirà all' affare garantendo un ampio ritorno d' immagine a Pogba, che sarà testimonial del brand che griffa anche il merchandising dello United. I 13 milioni di euro netti all' anno (per 5 anni) di stipendio, diventeranno 20 comprendendo bonus e diritti d' immagine. L' annuncio ufficiale è atteso per oggi, e certificherà il passo bianconero tra passato e futuro. Via Pogba, dentro Higuain, cioè la volontà di potenza in atto della Juve per la conquista della Champions. All' attacco bianconero serviva un giocatore con una pericolosità e una capacità realizzativa superiori a quelle di Mandzukic, anche a costo di sacrificare Pogba.

Che è più giovane del Pipita, ma anche più sostituibile secondo Marotta, che a Pjanic aggiungerà uno tra Matic, Matuidi e Witsel. Dunque, il ragionamento della Juve è semplice: alla squadra mancava Higuain - uno che massimizza la mole di gioco - ma non mancherà altrettanto Pogba.

Intanto Milik ha effettuato a Roma le visite mediche e oggi sarà ufficializzato dal Napoli (all' Ajax 25 milioni più 5 di bonus). A Dimaro lo attende Sarri con la voglia di avere tra le mani oro grezzo da levigare, con la speranza che un giorno brilli come una pepita, o un Pipita.