Tasse occulte: ecco come lo Stato ti prende i risparmi
Da quando la crisi imperversa gli italiani hanno un incubo comune e ricorrente: lo Stato che pesca a piene mani dai risparmi dei cittadini. Questo incubo è già realtà, e non tutti lo sanno. Senza ricorrere al prelievo forzoso dai conti correnti, lo Stato preleva ingenti somme dai risparmi dei contribuenti. 15,1 miliardi è la cifra che il governo ha ricavato tassando i depositi e gli investimenti degli italiani nel 2015. Una cifra in crescita rispetto al 2014 e che conferma l’escalation registrata a partire dal 2011, anno in cui il prelievo fiscale era meno della metà di quello attuale: 6,9 miliardi.
Lo rivela un’indagine condotta dal centro studi ImpresaLavoro per il settimanale Panorama. La cifra è il risultato di un mix di imposte su depositi e investimenti finanziari, che hanno subito repentini aumenti negli ultimi cinque anni. Per il 2016 è previsto un calo dei rendimenti di questi strumenti finanziari che si tradurrà in un calo del gettito proveniente dalle imposte per lo Stato, pari a un miliardo di euro. Questo potrebbe spingere il governo a compensare imponendo nuove strette fiscali su successioni e donazioni.
Imposta sostitutiva sui guadagni di natura finanziaria – È la componente più rilevante della tassazione esistente: da sola procura allo stato 10 miliardi di euro da quando, nel giugno 2014, l’aliquota standard è stata portata al 26 per cento (con la sola eccezione dei titoli di Stato, la cui tassazione rimane agevolata al 12,5 per cento). È anche il gettito fiscale più incerto perché dipende dall’andamento dei mercati finanziari e dalle politiche della Banca Centrale Europea.
Imposta di bollo su depositi e investimenti finanziari – Nata come bollo fisso di 34,20 euro l’anno, dal 2011 è stata trasformata in una patrimoniale "nascosta" che colpisce in misura proporzionale ogni strumento finanziario a eccezione di conti correnti, fondi pensione e alcuni tipi di polizze vita. Garantisce allo Stato 4,1 miliardi annui, una cifra dieci volte superiore rispetto al 2011, abbastanza da compensare altre imposte nel frattempo scomparse come l’Imu sulla prima casa.
La maggior paura degli italiani teme che, se il flusso di imposte sui risparmi dovesse ridursi, il governo ricorra al prelievo forzoso dai conti correnti, come avvenne nel 1992 con il governo Amato. Tuttavia, tale misura applicata oggi non frutterebbe al governo che 3,3 miliardi una tantum. Ecco perché le proposte d’intervento sono invece spostate su un ritocco dell’imposta di successione: raddoppiare l’aliquota, o addirittura triplicarla al di sopra di una certa soglia, e abbassare la soglia di esenzione (fissata a un milione per coniuge e figli), dimezzandola. La tassazione attuale frutta alle casse dello Stato solo 6-700 milioni annui, ma a Palazzo Chigi si sta lavorando a una proposta di legge che porterebbe l’aliquota fino al 45 percento. Nel calderone potrebbero finire anche le donazioni immateriali (come le licenze d’esercizio di farmacisti e tassisti) e le polizze vita.