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lunedì 21 marzo 2016

Sesso col prete in oratorio a 14 anni: la suora fa tremare la Chiesa italiana

La 14enne, il prete pedofilo e il sesso in oratorio: il libro che fa tremare la Chiesa italiana



Lei oggi ha 40 anni, vive in convento, e quando aveva 14 anni è stata molestata sessualmente in oratorio da un prete che di anni ne aveva 30 in più. Il libro-confessione Giulia e il Lupo rischia di far tremare la Chiesa italiana gettando lo sguardo sui misteri e i torbidi segreti dei religiosi. E, clamorosamente, la spallata arriva dall'interno, visto che il libro, curato da Luisa Bove, è pubblicato da L'Ancora, casa editrice legata all'ordine dei pavoniani, con il supporto della Curia di Milano e la prefazione di padre Hans Zollner, membro della Pontificia commissione per la tutela dei minori voluta da Papa Francesco in persona. 

"Le carezze, poi i baci" - È Repubblica a fornire qualche anticipazione del libro, inquietante spaccato su scandali sessuali e pedofilia dentro la chiesa. "Mi ha fatto sdraiare sul suo grande letto - ricorda la religiosa -. Io mi ci perdevo, ero magrissima ed esile. Lui aveva modi gentili e paterni. Mi ha invitato a slacciarmi i pantaloni e poi mi ha aiutato a sfilarli, ha fatto lo stesso con le mutandine. Io mi vergognavo, ero tesa e non sapevo come comportarmi. Mi ha aperto le gambe lentamente e mi ha detto: Sei fatta bene". Il prete oggi è morto, la bambina abusata per 7 anni è cresciuta ma le ferite dell'anima restano. Anche per questo ha deciso di rivelare per la prima volta il suo dramma: "Ogni volta le carezze aumentavano e le sue grandi mani raggiungevano i miei piccoli seni - si legge nei primi capitoli -. Un pomeriggio, dopo le prime carezze, mi ha detto che voleva vedermi tutta perché ero bella. Ha iniziato a spogliarmi, un minuto dopo ero completamente nuda, mentre il Lupo mi divorava con gli occhi e non smetteva di accarezzarmi e di baciarmi ovunque. Aveva ottenuto quello che voleva, mentre io ero inerme". 

Il confronto drammatico - Il don era il suo confessore: "Era la mia guida spirituale. Dovevo fidarmi. Mi aveva chiesto di più, avevo concesso di più. Di fronte a ogni sua richiesta non sapevo dire di no. Subito dopo, mi pentivo. Il Lupo no. Mi trovavo bloccata da quella confusione mortale. Percepivo che qualcosa di me era come morto, perché riusciva a fare di me e con me tutto quello che voleva". Tutto il resto è dolore, vergogna, senso di colpa e omertà fino alla decisione di uscire allo scoperto. Quando, cresciuta, ha incontrato nuovamente il suo carnefice, il confronto è stato drammatico. "Mi ha detto: Io non ho mai dimenticato. Spero che tu mi abbia perdonato. Ho risposto d'impulso: Certo, tanti anni fa. E lui: Questo per me è un grande sollievo".

domenica 20 marzo 2016

Il sondaggio sui voti degli italiani: ecco chi vince tra destra e sinistra

Il sondaggio coltellata: chi vince tra destra e sinistra



Dove si collocano politicamente gli italiani?  A scattare una fotografia molto nitida di come votano e dove si collocano nell’arco parlamentare gli italiani, ci pensa un sondaggio di Eurometra Monterosa pubblicato da Il Giornale. La fetta più grande di elettori, il 56%, non si  riconosce in nessun’area politica. Mentre il 12% a sinistra, l’11% a centrosinistra. Per quanto riguarda il centro solo un 5% di elettori, nell’area del centrodestra si ritrova il 4% degli italiani, a destra il 12%. Una fotografia che è uno schiaffo per tutta la classe politica in quanto dimostra la disaffezione degli elettori.

Belpietro: l'offensiva anti-Cav di Salvini? Una conseguenza non prevista...

Belpietro: la profezia sul Cav cosa farà grazie a Salvini


di Maurizio Belpietro



Per descrivere ciò che sta accadendo nel mondo del centrodestra, ieri la maggior parte dei giornali usava termini come parricidio, suicidio e sfascio. Parole già usate nei giorni scorsi da Libero per raccontare il caos di Roma. Sul nostro giornale, infatti, ci eravamo presi la briga di anticipare ciò che stava accadendo, spiegando che la guerra in corso avrebbe avuto come epilogo finale non la vittoria del centrodestra, ma la sua sconfitta. E allo stesso tempo l' insuccesso era messo nel conto pur di raggiungere l' obiettivo, ovvero la fine della lunga leadership di Silvio Berlusconi nell' area moderata.  Il tira e molla su Guido Bertolaso, prima scelto, poi rifiutato, poi di nuovo designato e infine scartato, non si comprende se non si fa lo sforzo di capire che l' elezione del sindaco di Roma non c' entra nulla. La posta in gioco, in questo caso, non è chi si insedierà in Campidoglio nei prossimi mesi, ma chi in futuro guiderà la coalizione di centrodestra. Bertolaso è il mezzo, non il fine. Matteo Salvini e Giorgia Meloni lo usano, ma il fine resta Silvio Berlusconi. Non è l' ex capo della Protezione civile ad essere nel mirino, ma l' ex presidente del Consiglio. Salvini e Meloni si vogliono liberare di lui, della sua presenza, della sua influenza sul centrodestra, per prepararsi alla sfida elettorale del 2018.

Ciò a cui assistiamo dunque è una fase di transizione: nel centrodestra c' è chi si scalda i muscoli in attesa di prendere il posto del Cavaliere nella sfida contro Matteo Renzi, quando si voterà per il rinnovo del Parlamento. Naturalmente si può comprendere che i due giovani che guidano Lega e Fratelli d' Italia vogliano farsi largo e lo facciano anche a scapito del precedente leader. Il parricidio, in politica ma non solo, sta nelle cose e non c' è di che scandalizzarsi. Se si vuole, perfino la sconfitta nella Capitale può stare nelle cose. Si accetta oggi l' insuccesso per preparare la vittoria di domani. Fin qui insomma, tutto normale. Può dispiacere a Berlusconi e forse anche ai suoi fan, ma da che mondo è mondo esistono le stagioni ed esiste pure il cambio di stagione. Ciò detto, in quello che reputiamo un fenomeno naturale e perfino un processo psicologico conosciuto come l' uccisione del padre, c' è un piccolo problema che rischia di sconvolgere ogni cosa. La guerra nel centrodestra per la futura leadership, ossia per trovare il candidato che un domani dovrà confrontarsi con Matteo Renzi, potrebbe funzionare se noi ci trovassimo in Gran Bretagna o negli Stati Uniti. Cioè se avessimo due blocchi omogenei contrapposti, ognuno dei quali esprime un proprio leader. Ma noi non abbiamo queste condizioni.

Noi ci troviamo a fare i conti con tre blocchi: uno di centrosinistra, un altro di centrodestra e infine un terzo che dichiara di essere antisistema. Nel primo blocco ci sono tensioni e c' è chi minaccia una scissione a sinistra. Nel secondo blocco le scissioni si susseguono una dietro l' altra dal 2012 (prima Ncd, poi Fitto, quindi Verdini e ora un' altra è sulla rampa di lancio), mentre nel terzo si registra una lenta emorragia. Con questo scenario, se domani Lega e Fratelli d' Italia facessero da soli non otterrebbero di costringere Forza Italia a seguirli, ma accelererebbero solo un processo di disgregazione del centrodestra che porterebbe il partito di Silvio Berlusconi fuori dal blocco di opposizione.

Per essere chiari, significa che Salvini e la Meloni stanno facendo un piacere al Renzi che dicono di volere combattere. Poniamo infatti che Berlusconi esca suonato dal voto di Roma, cioè più che marginalizzato. Che gli resterebbe da fare? Di unirsi al blocco di centro che, uscito da Forza Italia, oggi sostiene il governo. Così noi avremmo un blocco antisistema costituito dai Cinque Stelle, un centrodestra dimagrito costituito da Lega e Fratelli d' Italia, un grande schieramento di Centro-Centrosinistra e, probabilmente, un raggruppamento di sinistra.  Paradossalmente, Salvini e la Meloni, rompendo con Berlusconi, stanno predisponendo le condizioni per un nuovo patto del Nazareno. Che per il presidente del Consiglio sarebbe ovviamente manna dal cielo.

Con i voti portati in dote da ciò che resta del centrodestra, Renzi potrebbe liberarsi definitivamente delle sue frange estreme, mandando Massimo D' Alema e i pochi seguaci che gli restano a quel Paese. La mossa di Lega e Fratelli d' Italia per avere la leadership del centrodestra e dare una svolta lepenista all' area moderata per Renzi non potrebbe essere migliore. Lui rimarrebbe arbitro della situazione, senza più la zavorra sinistra e con delle opposizioni di molto dimagrite. Uno scenario più favorevole per rimanere al centro della scena non si poteva immaginare.

Ministri, chi è ricco e chi è povero: ecco i loro redditi (sorpresa Boschi...)

Stipendi degli onorevoli: Galletti è il ministro più ricco, la Boschi è la più povera



È Maria Elena Boschi il ministro del governo Renzi che guadagna di meno: 96.568 euro nella dichiarazione 2015 relativa all' anno fiscale 2014. Il più «ricco», invece, tra i ministri è il titolare dell' Ambiente Gian Luca Galletti: 126.119 euro. I redditi dell' esecutivo, a partire da quello del premier Matteo Renzi (imponibile di 107.960 euro) sono rimasti sostanzialmente gli stessi nell' ultimo anno. Tra i più facoltosi e sopra la soglia dei 100mila euro, Giuliano Poletti (122.886 euro).

Da Brunetta a Bersani - Il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta con 226mila 248 euro è il deputato più «ricco». Al secondo posto l' esponente di Scelta Civica, Giovanni Monchiero, con 203mila 35 euro. Al Senato il più ricco è invece Karl Zeller del gruppo delle Autonomie che dichiara 450mila 044 euro. Parecchio a distanza gli altri leader politici. Sfiora i 150 mila euro l' ex segretario Pd, Pier Luigi Bersani, (147mila 443 euro), mentre Angelino Alfano, ministro dell' Interno e segretario di Ncd, dichiara 116mila 276 euro. Sfiora invece i 100 mila euro (99mila 444 euro) Giorgia Meloni leader di Fratelli d' Italia, e pressoché gli stessi redditi dichiara anche Denis Verdini, leader di Ala, che denuncia 99mila 783 euro. Sugli stessi livelli anche il capogruppo della Lega alla Camera Massimiliano Fedriga con 98mila 471 euro.

I grillini - Stessa cifra per Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera del Movimento Cinque Stelle e dall' altro esponente grillino Alessandro Di Battista. È invece l' ex premier e commissario europeo alla concorrenza, Mario Monti, il più ricco tra i senatori a vita con un reddito imponibile di 694.513 euro. Reddito che è più che triplicato rispetto ai 207.325 euro dichiarati nel 2014. Dietro Monti, si piazza l' ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi con 687.042 euro.

Nazionale, Conte ne chiama 28: chi sono i big esclusi (e un rientro storico)

Nazionale, Conte ne chiama 28: chi sono i big esclusi (e un rientro storico)



Dopo la lunga pausa invernale, la Nazionale Italiana torna in campo a meno di tre mesi dall’inizio di Francia 2016. Due sono le novità tra i 28 calciatori convocati dal Commissario tecnico Antonio Conte per le amichevoli contro Spagna e Germania: prima chiamata per il centrocampista del Napoli Jorginho, brasiliano naturalizzato italiano classe 1991, e per Federico Bernardeschi attaccante della Fiorentina. Rientra nel gruppo Thiago Motta, assente dal Mondiale 2014 in Brasile. Gli azzurri affronteranno giovedì 24 marzo allo «Stadio Friuli» di Udine (ore 20.45) i Campioni d’Europa in carica della Spagna, e martedì 29 marzo, all’ «Allianz Arena» di Monaco di Baviera (ore 20.45), la Germania Campione del Mondo. Il raduno è previsto domani (entro le ore 24.00) presso il Centro tecnico federale di Coverciano. Lunedì inizierà la preparazione: primo allenamento al mattino a porte chiuse, seconda seduta il pomeriggio (aperta alla stampa i primi 15’). L’Italia rimarrà a Coverciano fino a mercoledì, giorno della partenza per Udine, dove la Nazionale ha già disputato sei incontri collezionando 5 successi e un pareggio. Questo l’elenco dei convocati: Portieri: Gianluigi Buffon (Juventus), Mattia Perin (Genoa), Salvatore Sirigu (Paris Saint Germain).Difensori: Francesco Acerbi (Sassuolo), Luca Antonelli (Milan), Davide Astori (Fiorentina), Andrea Barzagli (Juventus), Leonardo Bonucci (Juventus), Matteo Darmian (Manchester United), Lorenzo De Silvestri (Sampdoria), Andrea Ranocchia (Sampdoria).Centrocampisti: Alessandro Florenzi (Roma), Emanuele Giaccherini (Bologna), Jorginho (Napoli), Riccardo Montolivo (Milan), Thiago Motta (Paris Saint Germain), Marco Parolo (Lazio), Roberto Soriano (Sampdoria), Marco Verratti (Paris Saint Germain).Attaccanti: Federico Bernardeschi (Fiorentina), Giacomo Bonaventura (Milan), Antonio Candreva (Lazio), Eder (Inter), Stephan El Shaarawy (Roma), Ciro Immobile (Torino), Lorenzo Insigne (Napoli), Graziano Pellè (Southampton), Simone Zaza (Juventus).

Letta, che pugnalate (e che gufate) "Bravo Renzi, mi ricordo quando Berlusconi..."

Enrico Letta, le pugnalate (e le gufate) a Renzi su Pd, Verdini e Berlusconi



"Guardo da lontano, con preoccupazione e partecipazione emotiva a questa crisi di valori, di comportamenti e di prospettive". L'ex premier Enrico Letta commenta con queste parole i sussulti che continuano a scuotere il Pd. "Spero prevalga la voglia di ognuno di salvare l'Ulivo e il Partito democratico - dice in un'intervista al Corriere della Sera - che sono la più grande novità positiva della politica italiana degli ultimi venti anni". "Il rischio di una crisi insanabile - aggiunge rispondendo a una domanda sulla possibilità di una scissione - dovrebbe portare tutti a essere più responsabili, a partire da chi ha l'onore della guida e che ha dunque una responsabilità in più". Quanto a Matteo Renzi, dal segretario Pd "mi aspetto che chi guida si assuma l'onere della inclusione e non l'onere del cacciare un pezzo di Pd". C'è poi il capitolo Denis Verdini con il sostegno di Ala al governo. Letta non si sente chiamato in causa, nel raffronto con il governo di larghe intese varato con l'appoggio di Forza Italia. "Trovo molto scorretto questo paragone. Non si può paragonare un governo di eccezione, nato perché non c'erano altre maggioranza possibili, con un governo di scelta come quello che Renzi rivendica sempre di essere". Come voterà al referendum di ottobre? "Quando tutti i dati saranno chiari, dirò come la penso. Ma non mi sento di criticare Renzi per aver deciso di investire su questo tema. Lo stesso fece Silvio Berlusconi sul referendum del 2006, anche se poi lo perse".

Parte la clamorosa accusa alle toghe: i conti segretissimi dei giudici

I conti segretissimi delle toghe: cosa ci nascondono



Il Csm non vuol far conoscere i suoi conti segreti. Da mesi la Corte dei Conti del Lazio gli chiede il rendiconto delle spese dal 2010 in poi. Ma ogni volta la risposta è sempre la stessa: no. La motivazione?  L’obbligo di far conoscere i conti non riguarda gli organi di rilevanza costituzionale. Ma la questione si è complicata in quanto lo scorso 21 febbraio – come ha riferito Il Tempo il presidente Ivan De Musso ha dato 120 giorni di tempo al Csm per presentare il rendiconto ma palazzo dei Marescialli ha deciso di investire della questione la Corte Costituzionale.  La Corte dei Conti ha definito un “peccato di superbia, mosso dall’insofferenza istituzionale di essere sottoposto al controllo di un altro organo dello Stato di cui non riconosce l’autorità” ha detto il presidente De Musso.  Sulla vicenda interverrà la Consulta.

Stipendi faraonici - L’ultimo rendiconto del Csm risale al 2013 e quantifica in 35 milioni la dotazione annuale fornita dal ministero dell’economia per le spese di funzionamento e gli emolumenti dei componenti del Consigli. I consiglieri togati e quelli laici godono di stipendi da favola e fringe benefit (come auto blu, treni, aerei e alberghi pagati, più 220 euro di diaria). Il Tempo fa notare inoltre che a palazzo dei Marescialli si lavora tre settimane al mese, per un massimo di 15 giorni, dal lunedì al giovedì, Ma stranamente nel bilancio c’erano la bellezza di 630mila euro per straordinari. Perché adesso il magistrati del Csm non vogliono farci conoscere i loro conti?