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giovedì 5 novembre 2015

"Vivo in una casa di 296 metri, e...". Incredibile difesa del cardinale Bertone

"Vivo in una casa di 296 metri, e...". Incredibile difesa del cardinale Bertone





"Non so come difendermi, è una vergogna. Difendersi dalle calunnie è quasi impossibile. Le vittime sono impotenti". Il cardinale Tarcisio Bertone in una intervista al Corriere della Sera ribadisce che l'appartamento in cui vive non lo ha ristrutturato con i soldi della Fondazione Bambin Gesù per i bimbi malati. L'alloggio gli è stato "assegnato d'accordo con Papa Francesco" ma per la ristrutturazione, "ho sostenuto io le spese", "come risulta da una precisa documentazione, ho versato al Governatorato la somma: dal mio conto". Bertone ha pagato "300 mila euro: ho pagato con i miei risparmi per un appartamento che non è di mia proprietà e resterà al Governatorato".

Ma la Fondazione Bambin Gesù avrebbe versato 200 mila euro: "Così dicono. Solo dopo ho saputo che erano state presentate fatture anche alla Fondazione. Io non ho visto nulla", "ho dato istruzioni al mio avvocato, Michele Gentiloni Silveri, di svolgere indagini per verificare cosa sia realmente accaduto".

La polemica è anche sul fatto che il Papa vive in 50 metri quadri mentre lui in un "appartamento di 296". Ma "non ci vivo da solo", mette le mani avanti Bertone: "Abito con una comunità di tre suore che mi aiutano, c'è anche una segretaria che il Santo Padre mi ha concesso per scrivere la memoria di tre Papi, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. C'è la biblioteca, l'archivio, le camere per tutti...". Più un terrazzo con vista San Pietro... "Non esiste nessun attico. Io abito al terzo piano e il terrazzo non è mio, è stato risanato durante i lavori ma è quello condominiale, in cima al palazzo. E' di tutti gli inquilini, cardinali e arcivescovi, che ci vivono".

"Il Papa verso le dimissioni" Autorevole soffiata dal Vaticano

Vatileaks, Luigi Bisignani: e se ci trovassimo presto con tre Pontefici?




L'assunto del pensiero di Luigi Bisignani, sempre assai informato su intrighi ed intrallazzi, è chiaro sin dal titolo che campeggia sulla prima pagina de Il Tempo: "Ci ritroveremo con tre Pontefici?". Quella di Bisignani è una lettera rivolta al direttore Gian Marco Chiocci, una lettera che pone una domanda dal sapore retorico, ribadita in attacco: "E se ci trovassimo presto anche con tre Papi?". Dunque L'uomo che sussurrava ai potenti ripercorre in sintesi i fatti degli ultimi giorni, il "rigurgito" di Vatileaks, cita il libro di Gianluigi Nuzzi, e sottolinea come "pagina dopo pagina si viene immersi in un universo fatto di riti e regole solo apparentemente antiche il cui denominatore comune finora è stata l'inerzia".

Le frasi nel libro - Dunque Bisignani cita la domanda posta nell'ultima pagina del libro di Nuzzi: "Il Papa riuscirà a vincere la sua battaglia?". Una domanda, ad ora, senza risposta. Eppure Bisignani mostra di avere quantomeno un'idea su come possa andare a finire, e cita ancora Nuzzi: "La sua è una strada obbligata e di certo il Pontefice non si farà intimidire, a meno che le pressioni diventino insopportabili, tali da indurlo alle dimissioni, come ogni tanto si lascia sfuggire". Chiosa Bisignani: "Parole come pietre, quelle scritte da Nuzzi che ben conosce i personaggi chiave all'interno delle mura leonine che gli hanno fornito uno spaccato ancora più drammatico rispetto alla crisi. C'è solo da augurarsi che quello che viene paventato rimanga solamente un rischio". Eppure, a leggere la lettera del faccendiere, sembra che il rischio sia più che concreto, e che la possibile conseguenza sia il passo indietro di Francesco. A quel punto, con due Papi emeriti - Ratzinger e Bergoglio -, come da titolo ci "ritroveremo con tre Pontefici".

domenica 1 novembre 2015

Pansa svela gli altarini di Fazio, "il sultano comunista della Rai"

Pansa demolisce Fabio Fazio: "Non fidatevi dell'Abatino, resta un sultano della Rai"


di Giampaolo Pansa



Confesso che Fabio Fazio mi sta sui corbelli. Il motivo è in parte banale: non mi ha mai invitato nella sua trasmissione televisiva, «Che tempo che fa», sulla Rete Tre della Rai, a presentare uno dei libri che vado pubblicando. Nelle case editrici italiane circola da sempre una giaculatoria. Dice: Fazio non si limita a presentare un libro, lo promuove. Se ne parla e ne discute con l’autore, puoi stare sicuro che quel libro, qualunque sia, anche il più inutile e il più becero, partirà a razzo con grande soddisfazione dell’autore, dell’editore e dei librai.

Negli ultimi anni ho lavorato per due editori importanti, la Sperling & Kupfer e la Rizzoli. E ho domandato a entrambe le case: «Ma è possibile che non riusciate a mandarmi alla trasmissione di Fazio? Sarebbe anche nel vostro interesse!». La risposta era sempre la stessa, melanconica e rinunciataria: «È impossibile. Fazio si comporta come un dittatore. Decide soltanto lui chi invitare. E tu non gli piaci per niente. Sei colpevole di revisionismo sulla guerra civile. Ti considera un anti-antifascista. Non ti chiamerà mai. Mettiti il cuore in pace». 

Era fatale che non piacessi a Fazio. È un signore di sinistra integrale, dalla testa ai piedi. Uno dei suoi autori-consiglieri è ancora più rosso di lui: Michele Serra. Anche la Rete Tre è un feudo dei compagni. Tutti connotati che azzerano l’obbligo di essere imparziali, come dovrebbe comportarsi un qualsiasi programma della Rai, pagato con il canone da tanti signori nessuno. Su Fazio influiva molto il sinistrismo di Serra, rimasto il vecchio satirico rosso di un tempo. Intendo l’epoca del vecchio Pci, quando il nemico da distruggere era la Balena bianca democristiana. 

Scomparsa la Dc, Serra si inventò un altro nemico: Silvio Berlusconi. Non perdeva nessuna occasione di maledirlo. Per citare un esempio solo, nel settembre del 2010, intervistato da Luca Telese per il Fatto quotidiano, spiegò che Berlusconi e il berlusconismo erano «una forma estrema di individualismo amorale, di spregio per le regole, di superficialità puerile. Anche se Berlusconi finisse, l’humus che lo ha fatto prosperare rimarrebbe». 

Ma ben più interessante di Serra, risultava il personaggio di Fazio. Il suo sinistrismo era fondamentalista. Nonostante questo, amava interpretare il ruolo opposto al televisionaro settario. Era quello dell’abatino estraneo a qualsiasi parrocchia, amico di tutti e nemico di nessuno. Con l’aria dimessa, l’espressione sempre stupita, il vestito strafugnato del ragazzo di provincia capitato per caso in un posto e in una funzione che non ritiene di meritare.

In realtà Fazio era, ed è, uno dei sultani della Rai. E immagino che lo resterà anche nell’era della presidente Maggioni e del nuovo direttore generale Campo Dall’Orto. La riforma, una specie di araba fenice, non incrinerà il suo potere. E lui rimarrà uno dei pochissimi a fare come cavolo gli pare e piace.

Se il passato può ammaestrarci sul futuro, vedremo cose turche. Come accadde la sera che presentò un libro del direttore dei giornali radio Rai unificati, Antonio Caprarica, già redattore dell’Unità e poi condirettore di Paese sera, un quotidiano filo Pci destinato a sparire. Era il maggio 2007, sotto il governo di Romano Prodi. Quella sera gli utenti della Rai ebbero sott’occhio un’ammucchiata tutta rossa: rete di sinistra, autore di sinistra, conduttore di sinistra, consigliere di sinistra. Un conflitto d’interessi sfacciato, fra compagnucci che si strizzavano l’occhio a vicenda. Felici di averci preso per i fondelli ancora una volta. 

In altri casi, lo spettacolo si rivelò penoso. Fazio aveva invitato Pietro Ingrao a presentare l’autobiografia, Volevo la luna, pubblicata da Einaudi. In preda a un vuoto di memoria, il vecchio capo comunista sostenne che il Pci aveva preso aspre distanze dall’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956. Non era vero, anzi era vero l’opposto. Ma Fazio e il pubblico si guardarono bene dall’obiettare. Nemmeno un mormorio, un colpo di tosse, un’occhiata di imbarazzo. 

Il perché lo spiegò sull’Espresso Edmondo Berselli, un’intellettuale libero, oggi purtroppo scomparso: «In quel momento si stava celebrando l’apoteosi senescente, ma non senile, di un comunismo impossibile, l’utopia, il grande sogno, l’assalto al cielo. Quindi tanto peggio per i fatti, se i fatti interrompono le emozioni». Adesso si scopre che Fazio ha pagato ben 24 mila euro a un ex politico greco, Yanis Varoufakis, un sinistro al cubo, già ministro dell’Economia, espulso dal governo di Atene dai suoi stessi compagni. E i soldi versati dalla Rai sono assai di più. Si parla di cinquanta mila euro lordi, più l’hotel e il viaggio in aereo di andata e ritorno dalla Grecia, in business class. 

Vediamo come si comporterà la nuova Rai. Dove tutti parlano di risparmi. Nel frattempo mi sorge un dubbio. Forse non sono mai riuscito a entrare nel salotto di Fazio perché i miei editori non hanno pensato di fare un presente al signore del tempo che fa. L’ex ministro greco ha incassato, noi potevamo sborsare mille euro al minuto. 

Avete comprato il mascarpone? Occhio: scadenza sbagliata in due super-catene

Mascarpone cremoso Granarolo ritirato dagli scaffali di Coop e Auchan: la data di scadenza è sbagliata




Coop e Auchan ritirano dagli scaffali dei loro supermercati il Mascarpone cremoso Granarolo nella confezione da 500 grammi. Come riporta il fatto alimentare il lotto incriminato è il N5278C3, con bollo di identificazione e sede dello stabilimento: IT 03 144 CE, Via Cadriano 27/02, 40127 Bologna.

Il motivo - La stessa azienda ha comunicato che la data di scadenza sulle confezioni, 08/12/2016 anziché 08/12/2015, è errata. L’azienda si scusa e invita gli acquirenti a non consumare il prodotto oltre la corretta data di scadenza, cioè 08/12/2015. Per ulteriori informazioni contattare il numero verde di Granarolo: 800-848015.

Dal caffè a bordo alle turbolenze: le otto verità che non sapete sull'aereo

Dal caffè a bordo alle turbolenze: le otto verità che non sapete sull'aereo




Il caffè, il cellulare, le turbolenze. Sull'aereo ci sono falsi miti ma anche molte cose che non sapete. Parola del sito web Quora, che, scrive The Independent, svela in otto punti tutto quello che i piloti non dicono ai passeggeri.

Caffè - Non bevetelo. I prodotti chimici utilizzati per pulire i serbatoi dell'acqua e che evitano ai batteri di svilupparsi, sono i principali responsabili del cattivo sapore della bevanda.

Posti a sedere - I migliori non sono quelli in fondo, ma quelli che si trovano vicino alle ali e nelle prime file. Quando si vola, inoltre, l'aereo è un po' come un'altalena, i posti al centro non si muovono molto ed sono più stabili.

Cibo a bordo - I piloti non mangiano il cibo che viene servito a bordo, ma hanno pasti preparati ad hoc per evitare che possano intossicarsi o ammalarsi durante il volo.

Cinture di sicurezza - Non preoccupatevi del segnale di allacciarle. Molti piloti, infatti, spesso dimenticano di spegnere la spia, lasciandola accesa per tutta la durata del volo. Tranquilli, in caso di turbolenza, i piloti sanno quando avvertirvi di allacciarla.

Pistola - Alcuni piloti portano con sé la pistola, come quelli che pilotano velivoli americani, autorizzati a introdurre le armi nella cabina di pilotaggio.

Dirottamenti - Come capire se un aereo viene dirottato? I piloti, per segnalare all'aeroporto di arrivo che c'è qualcosa che non va a bordo, lasciano aperti gli ipersostentatori, che rallentano il velivolo in fase di atterraggio.

Turbolenze - Non c'è niente di cui preoccuparsi durante una turbolenza: la maggior parte degli incidenti avviene durante le fasi di decollo e atterraggio. Quello che i passeggeri dovrebbero temere sono le correnti ascensionali.

Cellulari - Non costituiscono un rischio alla sicurezza. Telefonini e smartphone possono tranquillamente essere utilizzati sia in fase di decollo sia in fase di atterraggio. Non esiste infatti una prova concreta che i dispositivi elettronici come tablet, cellulari e computer interferiscano con le apparecchiature di navigazione.

Il mutuo? Il giudice può dimezzarlo La sentenza che ti salva dai debiti

Come farsi dimezzare il mutuo. Ecco la sentenza salva-debiti




Non bisogna mai perdere le speranze, anche quando si è debitori con la propria banca e si sa benissimo di non poter far fronte a quel debito in nessun modo. Lo dimostra la storia di un uomo di Napoli che, aiutato dal suo avvocato Claudio De Filippi di Milano, è riuscito a battere in Tribunale la banca Unicredit, con la quale aveva acceso un mutuo con ipoteca per l'acquisto della casa. L'uomo avrebbe dovuto restituire alla banca 250mila euro, con il rischio concreto di dover rinunciare a casa propria, proprio quella finanziata dal prestito della banca. Il Tribunale di Napoli ha accolto l'istanza del debitore e respinto il ricorso dell'Unicredit applicando la legge 3/2012, più drammaticamente nota come la "salva suicidi". Grazie alla sentenza del Tribunale di Napoli, l'uomo ha battuto la sua banca in aula e potrà pagare il suo mutuo riconoscendo la metà della cifra iniziale, quindi 125mila euro, con rate da 650 euro al mese per 17 anni e 8 mesi.

Il meccanismo - Secondo la legge "salva suicidi", l'uomo di Napoli è stato riconosciuto come debitore meritevole: "Una legge che dà la possibilità a chi non è in grado di far fronte ai propri debiti - ha spiegato l'avvocato De Filippi - di rivolgersi al Tribunale perché nominasse un organismo di composizione della crisi, per ottenere uno sconto sui debiti, evitando quindi di rivolgersi agli strozzini". Come riporta il Giorno, il giudice deve di fatto nominare un esperto contabile che dovrà sviluppare un piano di rientro dal debito che a sua volta dovrà essere accetato da almeno il 60% dei creditori.

La soluzione - L'applicazione della legge 3 del 2012 a conti fatti non dovrebbe scontentare nessuno, considerando che anche creditori come banche o agenzie di riscossione crediti spesso rischiano di non incassare mai le cifre dovute se i debitori, messi sotto atroci pressioni psicologiche, decidono di farla finita. Una via d'uscita da situazioni apparentemente drammatiche che negli anni passati hanno colpito agricoltori e piccoli imprenditori vittime di calamità naturali o dal crollo delle commesse per la crisi economica.

Expo, la cerimonia di chiusura Sala: "Abbiamo conquistato il mondo"

Expo, cerimonia di chiusura. Sala: "Abbiamo conquistato il mondo"




I cancelli si sono chiusi alle 17 e, a Expo, è iniziata l'ultima grande serata. Quella della cerimonia di chiusura, dei saluti istituzionali e di un primo, parziale, bilancio. Dopo sei mesi, con 21,5 milioni di visitatori totali, pensare a una Milano senza l'Esposizione non è facile. A ribadire che però questa non è davvero una fine, è stato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che, davanti a un Open Air Theatre gremito, ha detto: "La giornata di oggi non è un addio ma un passaggio. È l’inizio di un nuovo impegno civico". 

Il passaggio di consegna - Dal palco, intervengono anche il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia e il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni. Il sindaco ha parlato di "malinconia" ma ha ribadito che cè anche tutta la "gioia e la soddisfazione di chi sa di aver fatto bene". Al loro fianco, il segretario generale del Bie, Vicente Loscertales, che ha consegnato la bandiera dell'Esposizione ai rappresentanti di Astana, la città del Kazakistan che ospiterà Expo 2017. 

Orgoglio - I pareri dei protagonisti di quest'esposizione sono tutti positivi. Per il commissario Giuseppe Sala, con Expo, gli italiani hanno "conquistato il mondo", con orgoglio. E di orgoglio hanno parlato anche i social che, in questo 31 ottobre, hanno incoronato come hashtag di giornata proprio quello di #orgoglio. In poche ore è diventato il più seguito e il più utilizzato. E, intanto, sul palco di Expo si suonano canzoni come "Va pensiero" e "Nel blu dipinto di blu", mentre in aria inizia lo spettacolo dei fuochi d'artificio. E una voce chiude la cerimonia: "Signori e signori, la cerimonia di chiusura di Expo 2015 è ufficiosamente conclusa ma l’eredità di Expo resterà per sempre nei cuori di ognuno di noi".