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domenica 4 ottobre 2015

Nasce la più grande coop rossa d'Italia Che ha un patrimonio da capogiro...

Nasce il colosso Alleanza 3.0, la più grande coop rossa d'Italia




Nasce il colosso coop: tre dei nove giganti della grande distribuzione "rossa" (Adriatica, Estense e del Nord Est) si uniscono e danno vita a Coop Alleanza 3.0, una super cooperativa da quasi 5 miliardi di fatturato, 22mila dipendenti, 2,7 milioni di soci e 419 punti vendita sparsi in 12 regioni, dal Friuli alla Sicilia. Riporta La Stampa che si tratterà della più grande cooperativa a livello italiano ed europeo e spazierà dalla grande distribuzione agli investimenti immobiliari di Igd, alle agenzie di viaggi, dalle farmacie e librerie a marchio Coop alla distribuzione di carburanti, gas e luce, dalle polizze sanitarie ai servizi assicurativi e finanziari. La superCoop controlla poi il 13,3% di Eataly ma soprattutto è il primo azionista singolo del Gruppo Unipol con una quota vicina al 20% . 

L'obiettivo dei tre presidenti (il bolognese Adriano Turrini, che sarà anche il nuovo superpresidente, il modenese Mario Zucchelli e il reggiano Paolo Cattabiani) è "sostenere e rilanciare la presenza della cooperazione di consumo, creare un'organizzazione capace di trovare tutte le efficienze utili a dare nuovo impulso all'impresa per affrontare le sfide future". La fusione non comporterà la chiusura di punti vendita ma si cercherà di migliorare il modello Ipercoop che più di altri ha patito la crisi e sfidare così la concorrenza, di Esselunga in primis. 

Basta Viagra, sesso anche in tarda età Tutto grazie al laser dei miracoli: come

Sessualità maschile, arriva il laser che mantiene attivi sessualmente i malati di prostata




Ogni anno 40mila italiani vengono operati alla prostata per un ingrossamento benigno di questa ghiandola. Nulla di grave, ma comunque un fastidio per tutti i pazienti che vedono messa a rischio la loro capacità di eiaculazione e delle loro funzioni sessuali. Dal 3 ottobre però, questi crucci potranno cadere nel dimenticatoio perché c'è una tecnologia che permette, grazie a un laser al tullio, di migliorare molto le condizioni post operatorie dei pazienti.

Come funziona - Il laser è stato creato da Quanta System, azienda italiana leader nel settore, in collaborazione con l'equipe medica del Prof. Luca Carmignani, primario di Urologia al Policlinico di San Donato. Il nuovo metodo assicura il normale mantenimento di una vita sessuale nonché un ricovero molto più breve, un paio di giorni, in ospedale rispetto a quello della chirurgia tradizionale. Il metodo dunque farà risparmiare soldi e tempo al sistema sanitario nazionale. I primi studi condotti sull'operazione con il laser hanno dato risultati ottimi: 110 pazienti sottoposti al trattamento, dopo 3-6 mesi dall'operazione, non solo hanno migliorato le loro condizioni urinarie ma hanno anche mantenuto una buona funzione rettile. Rispetto alla chirurgia convenzionale, i pazienti che hanno mantenuto l'eiaculazione sono aumentati, e di molto, perché si parla di un +52% di uomini che hanno ancora questa funzione.

L'aspetto psicologico - "Grazie a questa tecnica è possibile regalare benessere ad una ampia fascia della popolazione maschile, che ora potrà vivere una rassicurante continuità della propria attività sessuale", ha affermato il professor Carmignani. Un traguardo importante, soprattutto se si considera il gran numero di persone che interesserà. La patologia in questione infatti colpisce uomo su 2 intorno ai 50 anni, e addirittura il 75% negli over 80. I pensieri negativi sulla potenza sessuale o l'angoscia per un invecchiamento sessuale precoce saranno dunque, nei prossimi anni, solo un brutto ricordo. E dover essere operati di prostata comporterà molta meno ansia e paura. 

E' guerra Juve-Federcalcio Il retroscena: Una "lite" milionaria

Calciopoli, il retroscena della Gazzetta dello Sport: Tavecchio farà causa ad Agnelli per il ricorso al Tar




La guerra a carte bollate tra la Federcalcio e la Juventus potrebbe presto conoscere una nuova battaglia. Il presidente federale Carlo Tavecchio, secondo quanto anticipa la Gazzetta delo Sport, sta per portare in tribunale il club bianconero con un'importante richiesta di risarcimento danni. Sul tappeto è ancora la questione "Calciopoli" ad agitare gli animi, dopo che nel novembre 2011 la Juve di Andrea Agnelli aveva presentato al Tar una richiesta di risarcimento danni valutati in 443 milioni di euro contro la Federcalcio per le questioni del 2006. Quella decisione era stata già bollata da Tavecchio come inopportuna, anzi la classificò come "lite temeraria". Dopo la sentenza della Cassazione del marzo 2015 e le successive motivazioni, arrivate in estate, la responsabilità dei dirigenti juventini dell'epoca è stata confermata, con relative condanne e sopraggiunte prescrizioni.

I tentativi - Nel corso dei mesi sia Tavecchio che Agnelli hanno avuto più di un'occasione per ricucire, per chiarire e magari per sotterrare l'ascia di guerra. Il momento più propizio è sembrata la finale di Coppa Italia, vinta dalla Juve contro la Lazio. Ma le posizioni non si sono mai avvicinate sul serio.

La lettera - Nei giorni scorsi poi, aggiunge il quotidiano sportivo, è spuntata la lettera che Agnelli ha scritto agli azionisti bianconeri prima dell'assemblea del prossimo 23 ottobre, nella quale si parlava di: "realtà che hanno saputo con scaltrezza generare il consenso di un sistema autoreferenziale", e l'auspicio che si arrivi alla fine del prossimo anno; "a un'accelerazione della spinta riformatrice nelle componenti costitutive del calcio italiano favorendo il naturale ricambio degli uomini". Tutto per: "non passare altri cinque anni a elencare quello che si dovrebbe fare, ma nessuno fa".

La reazione - Sarà stato anche quell'ultimo passaggio della lettera di Agnelli a far saltare la mosca al naso di Tavecchio. In via Allegri, sede della Figc, si parlerebbe di: "Fastidio" del presidente che ha dato mandato all'avvocato Medugno di studiare, scrive la Gazza: "come e con che formula difendere presso la Juventus gli interessi della Federcalcio".

sabato 3 ottobre 2015

Caivano (Na): Intervista al Consigliere comunale del PD, Antonio Angelino

Caivano (Na): Il Consigliere Angelino interviene sul nostro blog il Notiziario sul web



di Gaetano Daniele




Dott. Antonio Angelino
Consigliere comunale PD

Dott. Angelino, dopo le dimissioni del consigliere comunale Raffaele Celiento, anche lei entra a far parte delle opposizioni in consiglio comunale. Che opposizione sarà la sua?

Un opposizione chiaramente in linea con quella che è stata la nostra campagna elettorale, intransigente decisa attenta e vigile. Non abbiamo nulla in comune con questa amministrazione, pertanto svolgeremo la nostra azione di denuncia e di controllo sugli atti e sugli indirizzi, tenendo come riferimento unico il bene e la crescita del paese.

Ha già in mente qualche interrogazione?

Devo dire che abbiamo formato un ottimo gruppo di opposizione, dove di certo non manca la volontà d'azione e lo dimostrano le tante interrogazioni e interpellanze già poste in essere nell'adunanza di CC del 28/9, per quanto mi riguarda sono un ragazzo molto curioso e devo dire che la mia attenzione è stata attirata da un bel po' di determine, ma sicuramente vorrei presto approfondire la questione relativa agli affidamenti degli impianti sportivi presenti sul nostro territorio, da anni grande problema, mai affrontato.

Quale la sua ricetta per rilanciare Caivano?

Magari potesse bastare una ricetta. Caivano negli ultimi 10 anni ha avuto un'involuzione clamorosa, il ceto medio è quasi scomparso, e di conseguenza la povertà ha raggiunto larga parte della popolazione. Al netto di una situazione simile gli interventi più significativi a mio parere sono quelli relativi alla creazione di occupazione e alla riduzione del fisco soprattutto per le aziende e le imprese presenti sul territorio, con l'esenzione totale per un periodo di tempo determinato (1/2 anni) per gli imprenditori che intendono investire sul territorio in nuove attività. Reddito di cittadinanza così come proposto da noi in CC il 28/9 e spending review chiuderebbero il cerchio garantendo un ciclo virtuoso di ripresa economica. 

Ambiente. 

Sull'ambiente sono cauto e con molta umiltà ammetto che sto reperendo quanta più documentazione possibile per avere un quadro completo della situazione. Già troppo si è speculato e strumentalizzato su tale tematica e quindi evito di lanciarmi in affermazioni non verificate ed analizzate, so per certo che tutti noi consiglieri di opposizione terremo alta l'attenzione soprattutto per ciò che concerne la gara da 30 milioni di euro per il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani. Vista l'incompetenza e l'incapacità amministrativa dimostrata sinora dall'amministrazione non ci sentiamo minimamente al sicuro.

Televisori truccati: i modelli sospetti Un altro scandalo dopo Volkswagen

Dopo lo scandalo Volkswagen, sospetti del Guardian sulle Tv Samsung: test truccati su consumi energia




Dopo lo scandalo che ha travolto Volkswagen che truccava i test sulle emissioni di gas di scarico della automobili, è la volta del colosso coreano Samsung e di alcuni modelli di televisori. Uno studio dell'organismo indipendente ComplianTv ripreso dal quotidiano brittannico Guardian, Samsung avrebbe usato un trucco molto simile a quello di Volkswagen, utilizzando quindi un software per ridurre i consumi energetici dei propri televisori durante i test ufficiali.

Il trucco - In occasione dei test effettuati dalla Commissione elettrotecnica internazionale (Lec) sui televisori vengono trasmessi filmati con sequenze veloci. In quelle condizioni, secondo lo studio raccontato dal Guardian, i modelli Samnsung attiverebbero la funzione Motion lighting, utile a ridurre la luminosità dello schermo e quindi il consumo di energia. La funzione di riduzione della luminosità si sarebbe attivata in automatico, secondo quanto si legge nel rapporto ripreso anche da Repubblica: "I laboratori hanno osservato diversi comportamenti delle tv durante le misurazioni e questo suggerisce la possibilità che gli apparecchi riconoscano la procedura di test e adattino il consumo di energia".

La difesa - La compagnia coreana ha respinto i sospetti sollevati dallo studio britannico, sostenendo che la funzione Motion lighting sia stata progettata non per eludere i test, ma per ridurre i consumi quando il video rileva immagini in movimento. Le indagini però sono partite, come quella della Commissione Ue che ha risposto all'articolo pubblicato sul Guardian citando anche segnalazioni simili arrivate da autority di Paesi membri dell'Unione europea, come quella svedese.

Una portaerei cinese nel Mediterraneo Inquietanti alleanze a casa nostra

Guerra in Siria, la Cina porta nel Mediterraneo una portaerei, caccia e 1.000 marines




La Cina porta nel Mediterraneo una portaerei, una squadra aerea e 1.000 marines in appoggio alla Russia. Mentre Mosca continua con i suoi raid in  Medio Oriente contro le postazioni dello Stato Islamico ("Dobbiamo agire d'anticipo, prima che arrivino da noi", ha ammesso Vladimir Putin), Pechino inizia le grandi manovre al largo della Siria e, di fatto, alle porte dell'Europa, in una alleanza strategico-militare che inquieta non poco il Vecchio Continente, diviso tra interventisti e neutralisti, ancora una volta inesistente dal punto di vista politico e al traino degli Stati Uniti di Obama decisamente tremebondi. 

Mosca e Pechino mai così vicini - L'intesa tra Russia e Cina, due colossi sotto ogni punto di vista e dotati di un apparentemente insaziabile appetito di dominio, si poggia su motivazioni geopolitiche, economiche e di lotta al terrorismo, perché sebbene lontana migliaia di chilometri dalla culla dell'Isis, anche la Cina potrebbe avere nelle regioni del suo estremo occidente una bomba-terrorismo islamico pronta ad esplodere, proprio come Mosca con molte regioni dell'ex impero sovietico nel Sud-Est. 

Ue e Usa all'angolo - L'Unione europea finisce così in un momento drammatico come quello dell'emergenza immigrazione, strettamente legato alla guerra in Siria. Rinunciare a una voce in capitolo nell'area significa affidarsi con mani e piedi legati a Putin (e ai cinesi). Il Cremlino questo lo ha capito, e non a caso ha rafforzato le intese con l'Iran e l'Iraq tagliando fuori non solo gli europei, ma anche gli americani. Il guaio è che la partita, giocata con caccia al posto degli scacchi, si gioca in casa nostra e noi siamo spettatori. 

Tre banche italiane fallite: chi paga, quando e come

Crac delle banche, si paga subito: ci rimettono i risparmiatori


di Giuliano Zulin 



Le crisi bancarie fanno le prime vittime. Nelle prossime settimane, con ogni probabilità, i possessori di obbligazioni subordinate di Banca Marche dovranno partecipare al primo bail-in in salsa italiana. Dal primo gennaio entrerà in vigore il nuovo meccanismo di salvataggio degli istituti in difficoltà, che prevede l’esborso anche da parte dei privati (azionisti, obbligazionisti e correntisti sopra i 100mila euro), ma per chi ha dato fiducia negli anni passati alla banca con sede a Jesi il coinvolgimento diretto dovrebbe scattare in anticipo. 

In pratica le decine di migliaia di correntisti-obbligazionisti, e in parte minore altre istituzioni bancarie e fondi, subiranno la conversione coatta dei loro bond subordinati in azioni. Azioni che negli ultimi mesi sono state penalizzate da una doppia svalutazione, decisa dai commissari che gestiscono la banca da quasi due anni e in scadenza a fine ottobre, e che potrebbero essere ulteriormente svalutate. In teoria gli obbligazionisti subordinati potrebbero vendere sul mercato i loro bond, ma basta dare un’occhiata all’andamento sul mercato dei titoli sotto osservazione: il prezzo è sceso dai 100 di partenza a quota 34-35. In ballo ci sono grosso modo 400 milioni di euro, un sacco di famiglie e indirettamente tutti i correntisti italiani. Perché, alla fine, per il salvataggio di Banca Marche servirà soprattutto l’intervento del Fondo di Tutela dei Depositi bancari, che raggruppa tutti gli altri gruppi italiani e che emetterà obbligazioni sul mercato proprio per ricapitalizzare - si parla di oltre un miliardo - per provare a risanare Banca Marche prima del gennaio 2016, quando tutto il bail-in sarà realtà e allora, non solo gli obbligazionisti subordinati, ma pure tutti i grandi correntisti, dovranno cedere parte del loro patrimonio per soccorrere un istituto finito in sofferenza per una gestione sotto inchiesta: gli avvocati dell’istituto commissariato hanno chiesto agli ex amministratori 282 milioni di danni. 

La frase di Bankitalia - Tutti si chiederanno: ma se il bail-in scatterà l’1 gennaio, perché azionisti e obbligazionisti subordinati dovranno pagare subito? La definizione tecnica si chiama «burden sharing», contenuta anche nel vademecum di Banca d'Italia sulla nuova legge che disciplina i salvataggi bancari. Pagina 7 del documento, ultimo paragrafo. Ecco cosa c’è scritto: «In Italia la completa applicazione del bail-in è prevista solo a partire dal 2016; tuttavia, la svalutazione o la conversione delle azioni e dei crediti subordinati, fra cui gli strumenti di capitale, sarà applicabile già da quest’anno, quando essa sia necessaria per evitare un dissesto. Gli orientamenti sull’applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato adottati nel 2013 dalla Commissione europea già prevedono la necessità di coinvolgere gli azionisti e i creditori subordinati prima di un eventuale supporto pubblico, attraverso la svalutazione o la conversione dei crediti in azioni, quale misura di burden-sharing necessaria per ritenere il sostegno pubblico compatibile con la disciplina sugli aiuti di Stato». La questione è questa: l’Antitrust europeo, che dovrà comunque dare il via libera all’ingresso del Fondo di Tutela dei Depositi bancari nel capitale di Banca Marche, sostiene che un intervento solo del Fondo potrebbe sottendere un aiuto di Stato. Vanno insomma chiamati in causa anche tutti i creditori subordinati. Di Banca Marche, ma non solo.

Governo in ritardo - Si dà il caso infatti che su un salvataggio quantificabile in 370 milioni di euro su Cassa di Risparmio di Ferrara (Carife), circa 300 saranno investiti dal Fondo di Tutela dei Depositi bancari, ma 70 dovranno arrivare dalla conversione in azioni - con perdita di valore - degli obbligazionisti subordinati che si erano fidati dei prodotti venduti agli sportelli Carife. Un percorso simile è immaginabile anche ad Arezzo, dove la Popolare dell’Etruria, la banca dove era vicepresidente il papà del ministro Maria Elena Boschi, rischia di arrivare con zero capitale a fine anno. L’istituto popolare, commissariato da febbraio, vedrà anch’esso l’ingresso del Fondo di Tutela dei Depositi bancari per un ammontare ancora da definire - pare intorno ai 200 milioni - ma altri 200 circa arriveranno dalla solita conversione di bond subordinati in azioni. Un altro bagno di sangue, dopo la beffa del congelamento delle azioni in seguito al commissariamento. 

Tirando le somme, possiamo dire che si ridimensioneranno di molto i 700 milioni di risparmi investiti in bond di decine di migliaia di famiglie italiane - sparse tra le Marche, l’Emilia e la Toscana - con il rischio che l’operazione non basti e che anche le azioni finiscano nel tritacarne del bail-in. C’è poco tempo - tre mesi - per mettere in piedi l’operazione salva-banche, ma il governo non brilla in tempismo. Ai primi di settembre ha approvato i decreti attuativi del bail in, ma prima dell’entrata in vigore bisogna che i testi ottengano l’ok dalla Commissioni Finanze di Camera e Senato, prima di tornare a Palazzo Chigi e diventare esecutivi. È passato quasi un mese dall’approvazione del Consiglio dei ministri. Che aspettano Renzi e Padoan? Perché poi, prima di partire con il salvataggio, il Fondo dovrà avere i via libera di Bankitalia, Antitrust Ue e Bce. In teoria ci vogliono 60 giorni, ma così si arriva a metà dicembre. Al limite. Da gennaio non pagheranno solo azionisti e obbligazionisti, ma anche i grandi correntisti...