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mercoledì 22 luglio 2015

Una sentenza stravolge il "pieno" L'Iva sulle accise non va pagata

Carburanti, la sentenza storica: "Illegittima l'Iva sulle accise"




"L'Iva sulle accise non va pagata": un giudice di pace ha sancito in una sentenza a dir poco storica quanto la Cna-Fita sta richiedendo dal lontano 2011, a partire dalla manifestazione del 25 luglio, ovvero l'illegittimità della doppia imposta che lo Stato fa pagare applicando l'Iva sulle accise. "Il caso è quello di un consumatore veneziano - esulta Cinzia Franchini, presidentessa della Cna-Fta Trasporto merci e persone - che ha fatto ricorso contro Enel per contestare la famigerata tassa sulla tassa, ossia la quota di Iva sulla bolletta di gas ed elettricità calcolata anche sulle accise. E ha vinto: un giudice di pace di Venezia ha stabilito, con un decreto ingiuntivo, che l'odiosa doppia imposta è illegittima e quanto versato in più va restituito". 

"Principio assurdo" - Per l'associazione di rappresentanza delle imprese di trasporto merci e persone in conto terzi, che raggruppa più di 26mila imprese con oltre 100mila addetti, l'effetto della sentenza potrebbe essere quello di un terremoto: "Mutatis mutandis sui carburanti in generale e sul gasolio in particolare, per quello che interessa gli autotrasportatori, l'illegittimità della tassa sulle tassa potrebbe essere la medesima - commenta la Franchini -. Al giudice di pace che ha emesso questa sentenza va tutta la mia stima e apprezzamento per il coraggio di condannare una palese ingiustizia che da anni colpisce la mia categoria quanto l'intera cittadinanza italiana che, ogni giorno, alla pompa di benzina o in bolletta, hanno pagato l'assurdo principio per cui uno Stato con la più alta tassazioni indiretta in Europa ci mette sopra il resto".

I giudici restano incollati alla poltrona La farsa sulle pensioni: non se ne vanno

Magistratura, seconda proroga per l'età pensionabile dei giudici: quei rinvii per non andare mai via




C'è chi in pensione non vede l'ora di andarci, e chi invece non ne vuole proprio sapere. Oggi 21 luglio la Camera vota il decreto che rimanda di un altro anno il pensionamento dei magistrati ordinari che non hanno ancora compiuto 72 anni. Questa proroga si è resa necessaria perché il Consiglio Superiore della Magistratura ha iniziato solo lo scorso primo luglio le nomine alla Cassazione per coloro che andranno a sostituire i magistrati in pensione, nonostante avesse avuto ben un anno di tempo per poterlo fare. Dunque si è ancora senza giudici.

L'evoluzione - La situazione viene descritta da Sergio Rizzo sul Corriere della sera di oggi, 21 luglio. La vicenda comincia lo scorso anno, quando il governo Renzi decide di anticipare il pensionamento dei giudici dai 75 anni di età ai 70. Già allora c'erano state vive proteste dei magistrati, che denunciavano la carenza materiale di tempo per procedere alle sostituzioni: per fare un concorso, dicevano, ci vogliono almeno quattro anni. Vennero ascoltati solo in parte. Dal governo venne concessa una proroga di un anno, mandando in pensione i giudici a 71 anni e non a 70. Ma il Csm, pur avendo avuto a disposizione un anno intero per far fronte al possibile deserto delle aule giudiziarie per l'incapacità di rimpiazzare i pensionati, pare essersene ricordato solamente lo scorso primo luglio. Necessaria quindi un'ulteriore proroga, e il pensionamento slitta da 71 a 72 anni per i magistrati ordinari. I giudici contabili e amministrativi si sono sentiti esclusi, quindi in commissione è stato approvato un emendamento che proroga di sei mesi anche il trattenimento in servizio dei magistrati della Corte dei conti. Si avvertono pressioni per estendere il provvedimento anche ai magistrati del Tar e del Consiglio di Stato. Proroghe su proroghe, la pensione si allontana.

Gli '"11" di Verdini in campo con Renzi: chi c'è nel nuovo partito anti-Cav

Partito di Verdini: i dieci nomi che vanno con Denis




Per essere uno sgarro a Berlusconi, peggio non poteva essere. Perchè il gruppo che probabilmente domani ufficializzerà il suo distacco dall'opposizione per andare a sostenere Matteo Renzi e il suo governo è un "undici". E tutti sanno quanto il Cav sia appassionato di calcio. Ma c'è da giurare che questo "undici" non lo appassionerà per niente. E' quello che, dopo settimane di trattative più o meno riservate e tira e molla è riuscito a mettere insieme Denis Verdini. L'ex braccio destro del leader di Forza Italia ed ex artefice del Patto del Nazareno può contare con certezza sul sostegno di due forzisti (Riccardo Mazzoni e Domenico Auricchio), due fittiani (Ciro Falanga e Eva Longo, unica donna), uno del gruppo misto - ex Pdl (Riccardo Conti), e cinque esponenti di Grandi autonomie e libertà (Lucio Barani, Domenico Compagnone, Antonio Scavone, Giuseppe Ruvolo e Vincenzo D'Anna). Tutti sono stati eletti nel 2013 nelle file del Popolo delle Libertà. Ci sono poi gli indecisi, tra i quali figurano Giovanni Mauro, l'ex leghista Michelino Davico e il forzista Riccardo Villari, ex presidente della Vigilanza Rai. Quest'ultimo, come scrive il Corriere della Sera, qualora decidesse di aderire potrebbe essere designato come capogruppo.

Immigrati, la protesta di tutti i prefetti Contro Alfano: "Ora basta, siamo stanchi"

Immigrati, la rivolta dei prefetti: "Non vogliamo essere capri espiatori"




I prefetti dicono basta. "Circondati da enorme ostilità", bersaglio di "frasi indegne da parte di esponenti istituzionali e noti politici», i rappresentanti della sicurezza sul territorio sono «stanchi di fare la parte dei capri espiatori» e annunciano: "ci tuteleremo in ogni sede. Se il sistema della sicurezza ha retto in questa fase di emergenza immigrazione, lo si deve soltanto al lavoro dei prefetti". Claudio Palomba, presidente del Sinpref, il più rappresentativo sindacato della categoria, sottolinea all’Adnkronos che «se il tema dell’immigrazione diventa uno scontro politico, la battaglia deve rimanere nell’ambito politico. Invece alla fine a rimetterci siamo noi», osserva. Dopo l’annuncio della rimozione del prefetto di Treviso e "le frasi indegne" rivolte dal vicepresidente del Consiglio delle Marche contro il prefetto di Roma Franco Gabrielli, le associazioni prefettizie chiederanno un incontro con il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. "Gli illustreremo una realtà che vede i prefetti circondati da enorme ostilità, alle prese con un’emergenza difficilissima da affrontare. "Ogni giorno -aggiunge Palomba, che è prefetto di Lecce - le 103 prefetture sul territorio lavorano senza sosta per assicurare assistenza logistica e sanitaria ai migranti che arrivano e che ci vengono assegnati, a volte con preavvisi strettissimi. Bisogna identificarli, visitarli, curarli, trovare loro una sistemazione, il governo deve riflettere su questi aspetti. Non vogliamo diventare i capri espiatori della politica. Siamo abituati a gestire le situazioni emergenziali, ma il nostro lavoro deve essere riconosciuto. E non devono scaricarsi sui prefetti - conclude il presidente del Sinpref - le tensioni derivanti da questa situazione".

Ercolano (Na): Una ragazza sfida la Merkel vuole sfilarle 500 milioni

Annarita Amoroso, la neolaureata che sfida la cancelliera tedesca Angela Merkel



Annarita Amoroso 

Si è appena laureata ma nonostante la giovane età non si lascia intimidire da nessuno, nemmeno dalla Cancelliera Merkel. Annarita Amoroso, la 27enne di Ercolano, ha deciso di sfidare la politica tedesca e la sua manovra economica. L'ultima trovata di Angela riguarda una nuova tassa sui pedaggi autostradali per gli stranieri. L'intenzione è quella di ricavare una cifra intorno ai 500 milioni di euro per riempire le casse del governo. Come riporta il sito Metropolisweb.it una volta letta la riforma, Annarita ha deciso di approfondire la questione per trovare una soluzione. La giovane neolaureata in Scienze Politiche ha raccontato: "E’ iniziato tutto per gioco. Ho letto di questa scelta, mi sono documentata e ho deciso di intervenire".

Supportata dall'UE - Aiutata dalla legge, ha lanciato una petizione che è arrivata fino alla Commissione Europea: "L’abuso è quello di posizione dominante da parte della Germania e la violazione degli articoli 18, 26, 102 e 120 del Tfue del divieto di discriminazione fondato sulla nazionalità applicato alla libera circolazione delle persone e delle merci.  La commissione ha avviato l’esame della petizione e ha deciso di svolgere un’indagine preliminare sui vari aspetti del problema". Annarita a questo punto si schiera tra le fila nemiche (abbastanza popolate) della cancelliera, appoggiata anche dal sostegno della commissaria ai trasporti dell'Unione Europea, Violeta Bulc: "Un sistema di pedaggio può essere in linea con la legislazione europea solo se rispetta il principio fondamentale di non discriminazione. Abbiamo seri dubbi che sia così, alla luce dei testi di legge. Vogliamo, quindi, agire rapidamente attraverso una procedura di infrazione per chiarire i nostri dubbi nell'interesse dei cittadini europei". Si preannunciano tempi duri per la Germania.

"Bossetti ha tentato il suicidio" Dramma in carcere, c'entra Marita

Processo Yara, Massimo Bossetti "ha tentato il suicido in carcere. Aveva parlato con Marita degli amanti"




Sabato Massimo Bossetti "ha tentato di impiccarsi in cella". Nuovi, drammatici risvolti nel processo per l'omicidio di Yara Gambirasio, di cui l'operaio edile bergamasco è l'unico imputato. Secondo il suo legale Camporini, l'uomo avrebbe tentato il suicidio nel carcere di via Gleno, a Bergamo, dopo aver avuto un colloquio con la moglie Marita Comi: con ogni probabilità, i due avrebbero parlato delle relazioni extraconiugali della donna, diventate elemento "centrale" nell'impianto dell'accusa. I giudici hanno respinto la richiesta di approfondire il tema (le visite della Comi in un motel con due amanti sono successive alla morte di Yara), ma non è esclusa la possibilità che i due stessi amanti vengano sentiti in Aula come testimoni, per ricostruire il clima familiare di Bossetti. Il colloquio con la moglie, come spiega l'avvocato Camporini, "è stato tutt'altro che pacato, dai toni particolarmente accesi", e durante l'incontro con Marita Bossetti avrebbe più volte minacciato di togliersi la vita. 

martedì 21 luglio 2015

Rapiti 4 italiani in Libia, l'ombra dell'Isis: "Potrebbero essere venduti ai tagliagole"

Libia, rapiti quattro italiani a Mellitah: sono tutti dipendenti della società di costruzione Bonatti




Quattro italiani sono stati rapiti in Libia nei pressi di Mellitah, una zona strategica in cui si trova una struttura dell’Eni e dove parte il gasdotto Greenstream che porta il petrolio direttamente a gela, in Sicilia. Lo notizia è stata resa nota dalla Farnesina. I quattro rapiti sono dipendenti della società di costruzioni Bonatti. L’Unità di crisi del ministero degli Esteri si è subito attivata per seguire il caso ed è in contatto costante con le famiglie dei connazionali e con la ditta Bonatti. Dopo la chiusura dell'ambasciata, avvenuta lo scorso 15 luglio, la Farnesina aveva segnalato l'estrema pericolosità del Paese, scosso dalla guerra civile e dove impazza l'Isis: il ministero aveva invitato tutti i connazionali a lasciare la Libia. Fonti locali, interne all'impianto di gas e petrolio, hanno aggiunto che le locali forze di sicurezza non sono a conoscenza né dell'identità dei rapitori né del luogo dove sono state condotte le persone sequestrate.

Paura-Isis - Successivamente, fonti locali citate dall'agenzia Afrigate, hanno spiegato che gli italiani sono stati rapiti nei pressi Zuaia, città sotto il controllo delle milizie islamiste che appoggiano il governo di Tripoli, a Nord-ovest del Paese nordafricano. Il rapimento, sostiene l'agenzia citata dal Corriere.it, sarebbe avvenuto "mentre stavano rientrando dalla Tunisia", ed erano diretti a Mellitah. Poi le notizie diffuse da al Jazeera, l'emittente tv panaraba, che ritiene che gli italiani sarebbero stati sequestrati da elementi vicini al cosiddetto Jeish al Qabail (L’esercito delle Tribù), ossia le milizie tribali della zona ostili a quelle di Alba della Libia (Fajr) di Tripoli. Il rapimento, secondo quanto si apprende, sarebbe avvenuto in una zona che fino a poco tempo fa era teatro di scontri e che solo di recente si è calmata dopo la tregua sottoscritta dalle milizie tribali e da quelle di Alba della Libia. Il timore è che gli ostaggi italiani, ora, possano essere venduti ai tagliagole dell'Isis.

Gentiloni: "Difficile fare ipotesi" - Dunque le parole del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, secondo il quale è al momento difficile fare ipotesi sugli autori del rapimento. Il ministro, a margine di una riunione a Bruxelles, ha precisato che l’Unità di crisi della Farnesina si è attivata con urgenza: "Stiamo lavorando con l’intelligence. È una zona in cui ci sono anche dei precedenti. Al momento ci dobbiamo attenere alle informazioni che abbiamo e concentrarci sul lavoro per ottenerne altre sul terreno". La zona di Mellitah è segnalata sia dai servizi italiani che da quelli libici come una delle più esposte alla minaccia dell’Isis: recentemente, il Califfato, in un video di propaganda mostrò le immagini del gasdotto Eni sul quale sventolava una bandiera nera dello Stato islamico.