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mercoledì 15 luglio 2015

Comunisti da barzelletta: Milano e Roma Si dimettono i vice di Marino e Pisapia

In un pomeriggio si dimettono i due vicesindaco di Roma e Milano




Nello stesso pomeriggio si sono dimessi i vicesindaci delle due principali città italiane, entrambe guidate da sindaci di centrosinistra. A Roma ha mollato il vice di Ignazio Marino, Luigi Nieri, a Milano quello di Giuliano Pisapia, Ada Lucia De Cesaris.

Roma - L'ex vicesindaco romano Nieri è stato più volte citato nelle carte di Mafia Capitale, anche se non è mai stato indagato. Il suo nome è poi tornato nei rilievi dei commissari inviati dall'ex prefetto Giuseppe Pecoraro che hanno confermato i suoi legami con l'ex capo della cooperativa sociale 29 giugno, Salvatore Buzzi. "Non posso più tollerare che la mia persona sia usata, in maniera volgare e oscena, come strumento per attaccare Roma e un'amministrazione che ha fatto battaglie di cui la sinistra italiana può andare fiera".

Milano - Per la vice di Pisapia è stato fatale lo scontro di ieri, 13 luglio, in Consiglio comunale a proposito della realizzazione di un'area per cani all'interno del parco Trapezio a Santa Giulia. Niente di trascendentale per la vita amministrativa milanese, ma le tensioni nella maggioranza per la De Cesaris erano diventate insostenibili: "Si tratta di una decisione presa dopo approfondite riflessioni sugli ultimi mesi di lavoro - ha scritto in una nota - che hanno messo in evidenza difficoltà non più sormontabili nella prosecuzione della mia attività aministrativa per il venir meno del rapporto di fiducia da parte della maggioranza del Consiglio comunale".

Renzi intercettato con il generale Attenzione: adesso parte l'inchiesta...

Matteo Renzi intercettato: arriva l’inchiesta


di Enrico Paoli



Il Nuovo Centrodestra, nel solito eccesso di realismo, vorrebbe stralciare il tema delle intercettazioni dal Disegno di legge sulla giustizia penale, in modo da far viaggiare la materia su una corsia preferenziale. Il Pd, pur essendoci di mezzo il presidente del Consiglio, è determinato a restare sulla linea tracciata dal ministro Andrea Orlando: «La delega sulle intercettazioni resta all’interno del Disegno di legge in discussione alla Camera». Insomma, niente fughe in avanti o corsie preferenziali, il Parlamento faccia il suo lavoro, nonostante il caso Renzi.

E la commissione Giustizia della Camera, proprio oggi, riprende l’esame del provvedimento in questione con l’obiettivo di far arrivare il testo all’esame dell’Aula entro la fine del mese. Maggioranza e opposizione sono consapevoli che il nodo delle intercettazioni avrà un peso in più nel dibattito generale rispetto a quanto ne avesse prima della pubblicazione delle conversazioni fra il premier Matteo Renzi e il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi che tirano in ballo l’ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Per questa ragione il Pd non vuole seguire l’Ncd sulla strada della corsia preferenziale. E così sull’onda della coerenza, più che dell’urgenza, l’idea che sembra prendere forma per stoppare le intercettazioni non rilevanti dal punto di vista penale, sarebbe quella di introdurre una sorta di «udienza filtro» nel corso della quale accusa e difesa stabiliscono quali atti, in particolare i brogliacci delle intercettazioni, servono al processo e quali no. Una volta fatta la scelta il materiale scartato, tanto per fare un esempio le intercettazioni che hanno dato il via al caso Renzi-Adinolfi-Napolitano, verrebbe secretato e consegnato al giudice, non al Pubblico ministero, in modo tale da avere un soggetto terzo che faccia da garante e da custode dei documenti. Ovviamente quella dell’«udienza filtro» è un’ipotesi di lavoro, e non una certezza, dato che resta da definire il quadro normativo entro il quale certe conversazioni sono utili all’opinione pubblica, che ha diritto di sapere, e quali devono essere distrutte. «È del tutto evidente che un politico deve essere consapevole del fatto che ha qualche diritto in meno e qualche responsabilità in più rispetto ai cittadini», afferma Walter Verini, capogruppo del Pd in Commissione giustizia alla Camera, «se dalle intercettazioni emergono atteggiamenti e comportamenti in palese contrasto con il mandato parlamentare è giusto che gli elettori sappiamo come stanno le cose. Di Massimo Bossetti e Alberto Stasi sappiamo tutto, è stato pubblicato tutto e nessuno si è indignato. Se capita ad un politico invece parte subito il coro di proteste».

Nel caso «Renzi», però, tanto la Procura della Repubblica di Napoli quanto il Csm ipotizzano una «fuga di notizie». I giudici partenopei hanno aperto un fascicolo per accertare cosa è accaduto al fascicolo e come mai le intercettazioni sono arrivate al Fatto Quotidiano, mentre il Csm attende a gloria la relazione per attivare un eventuale procedimento disciplinare. Una fretta quantomeno sospetta, sia quella delle toghe che dell’organo di autogoverno dei magistrati, visto che solitamente i tempi sono un po’ più lunghi. Ma essendoci di mezzo il premier meglio accelerare. «Per quello che riguarda l’ultima vicenda (quella delle intercettazioni in cui compare il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ndr) siamo in attesa che il procuratore della Repubblica riferisca al procuratore generale che ha aperto un fascicolo per accertare cosa sia accaduto», dice il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini. Fate presto, se potete, sembra voler dire l’esponente del Pd.

Sullo sfondo della partita politica legata capitolo delle intercettazioni, se va delineando anche una una di carattere economico. Nell’ottica della spending review il decreto di riforma della Pubblica amministrazione prevede il taglio della spese per le intercettazioni fino al 50%. Dove non arriva la politica arriva l’euro.

Il sondaggio del sorpasso M5S è il primo partito Grillo, le cifre del trionfo

Sondaggio: i 5 Stelle unici credibili contro la corruzione




Diversi commentatori hanno visto nello scandalo di Mafia Capitale una situazione che potrebbe portare il governo in una spirale irrecuperabile. Dipenderà, nei prossimi mesi, da quanti a quali altri scandali saranno portati alla luce e se il Comune guidato da Ignazio Marino verrà commissariato o meno. Ma una cosa è già certa: il Pd si è giocato in questi ultimi tempi tutto il vantaggio in termini di "superiorità morale" di cui per anni e anni i vari Veltroni, Rutelli e Prodi erano andati vantandosi come una bandiera.

Gli effetti di questa "perdita" dell'innocenza li ha misurati l'Atlante Politico Demos in un sondaggio che è stato illustrato oggi dal quotidiano "La Repubblica". Si legge in quella consultazione che il "primato morale" spetta ormai al Movimento 5 Stelle, che è l'unico partito credibile nella lotta alla corruzione per il 31% degli intervistati. Il Pd è staccatissimo, addirittura all'11%. Cioè solo uno su 10 lo ritiene a prova di corruzione. Seguono la Lega Nord, che paga ancora gli scandali belsito-famiglia Bossi, con l'8% e quindi Forza Italia al 6%.

IL BOLLO AUTO È ALLE STELLE Paghiamo troppo: di chi è la colpa

In Sicilia il bollo auto non lo paga nessuno: tanto ci pensiamo noi

di Fausto Carioti



Un miliardo, duecentosettantaquattro milioni, centocinquantamila e duecentoventi euro. Che «depurati da sgravi vari, sospensioni e contribuenti deceduti, si riducono a euro 762.262.850». Ovvero 150 euro esatti per ogni siciliano, neonati inclusi. Tu chiamale, se vuoi, evasioni. Innocenti evasioni, dato che le possibilità di essere acciuffati dagli incaricati di Riscossione Sicilia sono bassissime. Quel miliardo e passa, cifra iperbolica, è l’ammontare dei tributi dovuti dai siciliani per il possesso dei loro veicoli e non pagati tra l’anno 2000 e il 2012. Nello stesso periodo, per lo stesso tributo, nella stessa regione, sono state infatti «riscosse somme solo per 169.512.013 euro». Meno del 12% del totale. Numeri e ammissioni che appaiono per la prima volta negli atti della giunta siciliana, grazie alla relazione che accompagna il disegno di legge sulla regionalizzazione della tassa automobilistica. Provvedimento con cui Alessandro Baccei, assessore per l’Economia di Rosario Crocetta, spera di invertire la rotta a partire dal prossimo anno.

In attesa di vedere se la medicina funziona almeno un po’, la diagnosi conferma la estrema originalità della gestione finanziaria della Regione, che a fronte di un debito destinato a raggiungere i 7,9 miliardi a fine 2015 (ma negli angoli bui delle contabilità locali potrebbero nascondersi orrende sorprese), a spese sanitarie pari a 9,2 miliardi l’anno (il 46% delle uscite regionali) e alla incapacità di riscuotere persino un tributo “facile” come quello sull’auto, con sprezzo del ridicolo mette in conto al Servizio sanitario anche quel particolare intervento di chirurgia estetica noto come «sbiancamento anale» (uno dei motivi per cui nei giorni scorsi la procura di Palermo ha fatto arrestare il primario Matteo Tutino, medico personale di Crocetta).

È una buona metafora, questa storia del bollo auto in Sicilia, per spiegare l’incapacità (o l’assenza o la connivenza) delle istituzioni nell’isola. In teoria, evaderlo è impossibile: accanto alla targa di ogni veicolo appaiono il codice fiscale di chi lo possiede e il suo indirizzo di residenza. Ma ci vuole la volontà di andarlo a cercare. E poi in Sicilia tutto sembra fatto apposta per aiutare chi non paga, inclusi i tempi del contenzioso: gli accertamenti per i bolli auto evasi nel 2009 sono stati notificati nel 2012 e iscritti a ruolo solo nel 2015.

È lo stesso Baccei, tecnico di scuola Ernst & Young, messo alle costole di Crocetta da Graziano Delrio, a trovare imbarazzante il confronto con le altre regioni. Col Veneto, ad esempio: il numero di veicoli è simile, anzi in Sicilia ce ne sono di più (4,2 milioni contro 3,9), eppure il gettito che il Veneto ricava dal bollo auto è più che doppio rispetto a quello della Sicilia: 696 milioni di euro contro 345,8 milioni.

Detta altrimenti, se la riscossione del tributo avvenisse con la stessa efficacia con cui è svolta in Veneto, a palazzo d’Orleans, sede della giunta di Crocetta, incasserebbero oltre 300 milioni in più ogni anno e non ci sarebbe stato bisogno di elemosinare una cifra identica presso il governo centrale, come avvenuto nei giorni scorsi. Con grande scandalo dei leghisti, che chiedevano a Matteo Renzi di dare quei soldi proprio al Veneto, colpito dalla tromba d’aria (da conservare, a proposito, le parole di Giovanni Ardizzone, presidente dell’assemblea siciliana e membro dell’Ucd: «I senatori leghisti pensassero al Veneto, regione in cima alla classifica per evasione fiscale»).

Normale, così, che il gettito ricavato in media dal bollo auto di ogni veicolo siciliano (mettendo nel conto anche quelli che non pagano, secondo la regola di Trilussa) sia pari ad appena 81 euro e risulti essere il più basso d’Italia. Il Veneto ne fa 179, il Piemonte 127, la Lombardia 120, l’Emilia-Romagna 134, il Lazio 136 e la Campania 96.

Il confronto con la Campania, che certo non è un modello di efficienza fiscale, è umiliante anche dal punto di vista dei costi: per la gestione delle tasse automobilistiche la Sicilia spende ogni anno 8,5 milioni di euro, mentre la Campania, scrivono i tecnici della giunta, «con un parco veicoli più numeroso, con procedure di aggiudicazione a terzi del servizio, ha costi pari a euro 3.850.000». 

Adesso Crocetta e il suo assessore promettono di cambiare tutto. Claudio Melchiorre, esperto di economia siciliana e decano del movimento dei consumatori, è tra quelli che non ci credono: «Le famiglie siciliane vivono con meno di diecimila euro l’anno e non hanno alternative per spostarsi. La Regione chiede soldi che nessuno potrà pagare».

martedì 14 luglio 2015

CASERTA Arrestato il sindaco Del Gaudio e Polverino. Richiesta d'arresto per Sarro

CASERTA Arrestato il sindaco Del Gaudio e Polverino. Richiesta d'arresto per Sarro






Caserta - Una decina di arresti eccellenti sono stati eseguiti questa notte dai carabinieri del Ros che hanno ammanettato e portato in carcere il sindaco (sfiduciato) di Caserta Pio Del Gaudio, l'ex consigliere regionale Angelo Polverino (riferimento politico di Del Gaudio) ed altri imprenditori. Richiesta d'arresto anche per il deputato di Piedimonte Carlo Sarro, attuale commissario provinciale di Forza Italia. Le accuse vanno dall'associazione mafiosa alla corruzione, passando per l'intestazione fittizia di beni alla turbata liberta' degli incanti e finanziamenti illeciti a partiti politici. Sono stati sequestrati anche beni per 11 milioni di euro. Le indagini dei Ros hanno svelato una serie di false denunce per estorsioni presentata da imprenditori contro il boss Michele Zagaria per ottenere una rigenerazione degli impresari in odore di camorra; un diffuso sistema di corruzione all'interno degli Enti che gestisco i servizi idrici della Regione Campania: l'elargizione di illeciti finanziamenti ad esponenti politici locali; la dispersione di materiale informativo rivenuto nel bunker di Michele Zagaria il giorno della sua cattura ed il suo successivo passaggio di mano in favore di esponenti del clan. Arrestati anche Luciano Licenza, Piccolo, l'imprenditore Fontana e l'ex parlamentare Tommaso Barbato.

Fonte: NoiCaserta.it

Sgarbi porta Berlusconi al porno-tour Lati B e manette: la faccia del Cav / Foto

Expo, Silvio Berlusconi visita l'esposizione curata da Vittorio Sgarbi al padiglione Eataly




"Qui, con Vittorio, a strabiliarmi di fronte a queste magnificenze che lui, solo lui, sa illustrare magnificamente". Il messaggio entusiasta lo ha firmato Silvio Berlusconi sul libro degli ospiti dopo il tour nell'esposizione curata da Vittorio Sgarbi nel padiglione Eataly di Expo. Prima il bagno di folla per il Cav e poi il giro tra opere d'arte moderna scelte direttamente dal critico d'arte. Un abbuffata d'arte passata anche per la famosa donna carota di Luigi Serafini, davanti alla quale - come mostra lo scatto diffuso dal blogger Nonleggerlo - un divertito Silvio Berlusconi ha ascoltato la descrizione dell'amico Sgarbi.

Ricarica lo smartphone a bordo del treno L'incubo, lo arrestano: il motivo assurdo

Inghilterra, lo arrestano perché ricarica lo smartphone in treno




Si può essere arrestati per aver messo lo smartphone in carica? A quanto pare si. L'utilizzo ossessivo dell'Iphone e la batteria che si scarica in continuazione, terrorizza tutti gli 'smartphone addicted' che si portano sempre nella borsa il carica batteria. Ma la ricarica è costata la libertà ad un giovane artista inglese. Robin Lee si trovava sul treno a nord di Londra quando ha attaccato l'Iphone nella presa di una corrente. Malauguratamente è stato sorpreso da un ufficiale proprio nel momento in cui lo stava ricaricando. L'addetto ha subito intimato al ragazzo di sospendere l'operazione perché stava "rubando elettricità da un treno" tramite una presa che può essere usata esclusivamente dal personale addetto alle pulizie. Il quotidiano inglese London Evening Standard, ricostruisce la vicenda e scrive che il ragazzo avrebbe opposto resistenza non volendo staccare il telefono dalla presa.

L'arresto - Arrivati alla stazione una pattuglia di agenti, precedentemente avvisati dal suo arrivo, lo ha arrestato. Gli ufficiali però sono stati comprensivi e hanno ritirato l'accusa. Robin quindi è stato rilasciato. È stato comunque avviato un procedimento aperto per 'comportamento inaccettabile'. Il ragazzo si è lamentato dichiarando: "Non avrebbero mai dovuto arrestarmi. L’intera faccenda è semplicemente ridicola. È stato un ufficiale di supporto troppo zelante. Ha detto che stavo sottraendo elettricità. Continuava a dire che è un crimine". La polizia ferroviaria si è giustificata affermando che in ogni vagone è presente un cartello che avvisa i passeggeri di non usare le prese della corrente perché a disposizione esclusiva del personale delle pulizie.