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sabato 4 luglio 2015

Spiati e pedinati dal capo: terrore in Rai Chi e perché rischia il licenziamento

Rai, il sistema di controllo del direttore generale Luigi Gubitosi: licenzia i fannulloni o con le buone o con le cattive




Tira un'aria pessima nei corridoi di viale Mazzini alla sede della Rai. Eppure questi dovevano essere giorni di liberazione, visto che l'attuale direttore generale, Luigi Gubitosi, doveva andare via a fine maggio. Il governo gli ha prorogato l'incarico a fine giugno, ma nessuno sarà sorpreso che rimarrà al suo posto fino al prossimo autunno. Abbastanza comunque per continuare a segare tutti quei dipendenti bollati come fannulloni. Non è chiaro se Gubitosi si sia ispirato al fortunato programma di Raiuno la Ghigliottina, ma è certo che finora ha cacciato una ventina di dipendenti, a cominciare dagli indagati per corruzione.

Il metodo - In un clima fantozziano di leggende e spifferate, racconta il Fatto quotidiano che Gubitosi avrebbe messo in piedi un sistema di investigazione interno che si sarebbe avvalso anche di professionisti specializzati per settacciare le abitudini dei dipendenti che usufruiscono di rimborsi spese, missioni e lunghi periodi di ferie. Un lavoro tutt'altro che semplice in particolare per casi che riguardano i dirigenti, provando a capire quanto lavorano davvero e quanto della propria vita privata si godono a scrocco mettendolo sul conto di mamma Rai. I dirigenti non hanno obbligo di strisciare il tesserino per entrare in azienda, quindi l'analisi dei tabulati delle presenze aiuta poco il giù scafato Gubitosi, che usava questa strada già quando tagliava teste a capo del ramo italiano di Bank of America - Merill Lynch. Così sembra siano scattati pedinamenti e osservazioni a distanza. Per tutti la conclusione è l'obbligo di scelta tra due strade: lasciare l'azienda con le buone o con le cattive. Nel primo caso l'azienda risparmia il procedimento disciplinare e la cacciata per scarso rendimento, così da evitare imbarazzi; nel secondo si apre il baratro del contenzioso legale dopo il licenziamento per raccomandata.

Il boomerang - La scelta più indolore sarebbe quella che evita il contenzioso. Ma non tutti l'hanno preferita, a cominciare da un dirigente molto importante, promosso dallo stesso Gubitosi a quel ruolo, che ha preferito prendere la faccenda di petto. Licenziato e poi reintegrato dal giudice, il dirigente si è fatto rimborsare dall'azienda anche 50 mila euro in cure mediche, per i gravi danni subiti. L'azienda gli contestava di lavorare solo nei festivi, compresa Pasqua e Natale e cioè quando la giornata in busta paga viene pagata molto meglio, e di aver preso un periodo enorme di ferie. Il tribunale invece gli ha dato ragione perché la "scarsa attitudine all'impiego" era riferita al pregresso e non al periodo attuale. Gubitosi furioso ha fatto ricorso. Nel frattempo ha messo in ferie il dirigente in attesa che maturi i requisiti minimi per la pensione. E l'irritazione non è certo calata quando il dg Rai ha scoperto che nelle 50 mila euro di rimborsi medici c'erano anche delle confezioni di Viagra, visto che l'allontamento da viale Mazzini gli aveva procurato danni talmente gravi da aver bisogno di un sostegno corposo a letto.

ARRIVA IL PRELIEVO FORZOSO C'è l'ok: così ti prosciugano il conto

Bail-in, arriva l'ok della Camera: se la banca fallisce pagano i correntisti, in Italia il prelievo forzoso




Ce lo chiede l'Europa, e noi eseguiamo. O meglio, la politica esegue: dal primo gennaio 2016 se una banca italiana si trovasse sul punto di fallire, a pagare per primi saranno i correntisti. E' quanto stabilito da una direttiva comunitaria che introduce le nuove norme per il cosiddetto bail-in, coinvolgendo creditori e azionisti. L'ok è arrivato da Montecitorio. A pagare, dunque, in caso di crac-bancaria, sarà chi ha un deposito superiore a 100mila euro: lo Stato, in caso di emergenza, si prenderà i vostri soldi (qualcosa che ricorda quanto accadde nel 2013 a Cipro). In Italia, dunque, arriva il prelievo forzoso, anche se il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, prova subito a depotenziare la teoria: "Nessun prelievo forzoso - ha affermato il Tesoro - ma più tutele di prima". Sempre secondo via XX Settembre, la normativa non potrebbe provocare perdite maggiori rispetto all'impianto vigente in caso di liquidazione coatta di un istituto. Per inciso, la nuova legge, esclude dal bail-in anche le passività garantite, le cassette di sicurezza i crediti da lavoro e quelli dei fornitori.

Le posizioni dei partiti - Nel dettaglio, il provvedimento prevede uno specifico ordine di intervento: in breve, i primi a pagare saranno sempre gli azionisti dell'istituto. Il principio-cardine (e sinistro) è comunque chiarissimo: a pagare le perdite delle banche per primi sono i privati, e non gli Stati, come avvenuto agli apici della crisi in Spagna o in Inghilterra (in Italia, ad oggi, a causa della crisi le banche non hanno mai ricevuto titoli di Stato; il caso Mps è una questione differente). Come detto, sullo spaventoso principio del bail-in è arrivato il via libera della Camera: 270 i sì, 133 contrari, 22 astenuti. Contraria Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Duro anche Elio Lannutti, presidente di Adusbef, che spiega come d'ora in avanti i disastri dei banchieri verranno pagati dai privati. Il Pd, da par suo, si difende con Marco Causi, capogruppo in commissione Finanze, che derubrica le polemiche a "pura disinformazione a scopo scandalistico".

PERICOLO GUERRA NUCLEARE Obama minaccia Putin e la Cina

"Minacce da Russia a Cina". L'America è pronta alla guerra


di Glauco Maggi


Siamo sempre i più forti ma il nostro vantaggio è seriamente minacciato. I pericoli hanno nome e cognome, dall'Iran all'Isis, e le accuse a Mosca di barare sugli accordi sono di particolare durezza, certo non tali da calmare i venti di guerra. L' annuale rapporto del Pentagono sulla Strategia Militare Nazionale è un severo allarme sui crescenti pericoli per la sicurezza americana e mondiale.

Nell'introduzione, il chairman dello Staff Congiunto dei Capi dell' Esercito, generale Martin Dempsey, avverte che «stiamo fronteggiando multiple sfide simultanee alla nostra sicurezza da tradizionali attori statali e da networks transregionali di gruppi sub-statali. Ed è probabile che avremo da affrontare campagne prolungate piuttosto che conflitti risolvibili velocemente». La tecnologia dà agli avversari nel mondo globalizzato gli strumenti tecnici militari per contrastare i vantaggi che gli Usa hanno avuto nel passato, e ciò richiede «una maggiore agilità, innovazione e integrazione», e «rafforza la necessità per l' esercito Usa di restare impegnato sul piano mondiale per definire il quadro della sicurezza e preservare la rete di alleanze», avverte Dempsey. Nel documento non si parla di budget, ma suona pressante il suggerimento delle gerarchie militari di non andare troppo oltre nei tagli in uomini e mezzi, la politica tradizionalmente cara ai democratici e che Obama ha imposto per propugnare il welfare domestico durante gli anni di ristrettezze post-crisi.

«Gli Usa restano la nazione più forte del mondo, e godiamo di vantaggi unici in tecnologia, energia, alleanze, partnership e demografia, ma questi vantaggi continuano ad essere minacciati», avvisa il Pentagono. Sul banco degli accusati ci sono Russia, Iran, Nord Corea e le Veo (violent extremist organizations), ossia Isis e Talebani. La strategia esposta per contrastarli, a parole, è perfetta: «Dissuadere, contestare e sconfiggere gli Stati» nemici, e «disgregare e degradare le organizzazioni estremiste». Mosca è accusata di aver stracciato di fatto «numerosi accordi con le sue azioni militari», un non velato riferimento non solo alla invasione della Crimea ma anche alle violazioni del Trattato sulle Forze Nucleari di Raggio Intermedio, a cui Obama ha risposto qualche mese fa con i piani di difese missilistiche in Polonia.

Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha reagito duramente: «L' ostilità verso la Russia è la testimonianza di un approccio di sfida privo di obbiettività» che non aiuta a «orientare le nostre relazioni bilaterali verso la normalizzazione». L' Iran e la Corea del Nord sono nel mirino di Washington perché vogliono dotarsi di armi nucleari. Mentre la dittatura stalinista già ne possiede e punta ad arricchire l' arsenale, è stridente che il Pentagono citi Teheran come un pericolo, proprio nei giorni in cui Obama, attraverso il segretario di stato John Kerry, sta accettando di annacquare i termini dell' intesa con l' Ayatollah.

Di fatto, per dare via libera all' armamento atomico del regime islamico, pur di vantarsi di essere il firmatario di un accordo storico. Sulla Cina, che di recente ha saccheggiato i file di milioni di dipendenti del governo federale Usa in una cyber-guerra non dichiarata con l' America, il testo è timido: gli Usa non indicano Pechino come un rivale, ma piuttosto come un partner nel mantenere l' ordine internazionale, anche se di recente i cinesi hanno espanso la presenza militare nel Pacifico, erodendo il peso americano e minacciando le altre potenze regionali, dal Giappone al Vietnam. Il Pentagono, in conclusione, «non crede che alcuna delle nazioni citate persegua un conflitto militare diretto con l' America, ma ciascuna di esse pone serie preoccupazioni per la sicurezza». E sempre il generale Martin Dempsey avverte che c' è «una bassa ma crescente» probabilità che gli Usa possano combattere un conflitto con una maggiore potenza.

FORZA ITALIA? SI DISINTEGRA Un altro addio dopo Fitto e Verdini

Tripla scissione in Forza Italia: dopo Fitto e Verdini, i campani




Fittiani, verdiniani, infine campani: in Forza Italia è ormai pronta una tripla scissione.  Se a San Lorenzo in Lucina, sede del partito di Silvio Berlusconi gli uffici, riporta il Tempo, si riempiono di scatoloni dopo che la tesoriera Maria Rosaria Rossi ha "sfrattato" i verdiniani Abrignani e D'Alessando (il prossimo potrebbe essere proprio Denis Verdini), in via del Gesù Raffaele Fitto è pronto a inaugurare il 16 luglio la sede di Conservatori e riformisti. Contestualmente ci sarà il debutto del suo movimento alla Camera. Al momento può contare su Maurizio Bianconi, Cosimo Latronico, Pietro Laffranco, Antonio Marotta, Giuseppina Castelli, Daniele Capezzone che, si dice, diventerà capogruppo. Inoltre Fitto avrà l'appoggio, si mormora, di due ex grillini che attualmente sono nel gruppo Misto. Ovviamente ci sono i pugliesi: Altieri, Distaso, Fucci, Ciracì, Chiarelli, Marti e Rocco Palese (questi ultimi due ancora indecisi).

In questi giorni, poi, Denis Verdini e i suoi stanno pensando al nome del gruppo che in caso di rottura si chiamerà Centro per le riforme. Conti alla mano, ci sarebbero i numeri per costituire un gruppo al Senato ma non alla Camera, dove potrebbero aderire al Misto. Proprio qui stanno per convogliare i "campani" Giovanni Mottola e Francesco Nitto Palma, da tempo in rotta con Berlusconi per la gestione del partito in Campania. 

venerdì 3 luglio 2015

"La Severino vale soltanto per il Cav" De Luca salvo, la rabbia di Forza Italia

Legge Severino, Vincenzo De Luca reintegrato. La protesta di Forza Italia: "Vale solo contro Berlusconi"




A suonare la prima carica della protesta forzista sulla sentenza del Tar Campania che ha reintegrato il governatore Vincenzo De Luca ci pensa il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, con un tweet: "Decisione di Tribunale Napoli riabilita Berlusconi, ma caso De Luca resta aperto. Sinistra giustizialista chieda scusa a Cav. Severino da cambiare!".

Renato Brunetta ✔@renatobrunetta
Decisione Trib. Napoli riabilita Berlusconi, ma caso De Luca resta aperto. Sinistra giustizialista chieda scusa a Cav. Severino da cambiare!
13:00 - 2 Lug 2015

A stretto giro incalza Elvira Savino: "Non chiamatela legge Severino, ma con il suo vero nome: legge anti-Berlusconi. Ormai - dice la parlamentare - è chiaro a tutti che è una legge applicata retroattivamente, che è servita solo per estromettere vergognosamente il presidente Berlusconi dal Senato". Ancora su Twitter, segue l'ex governatore del Lazio, Renata Polverini: "La legge Severino si applica solo a Berlusconi? Dopo la sentenza De Luca il dubbio è legittimo".

Renata Polverini @renatapolverini
La #LeggeSeverino si applica solo a #Berlusconi? Dopo la sentenza #DeLuca il dubbio é legittimo @forza_italia

Con la sentenza dei giudici amministrativi campani, De Luca potrà formare la sua giunta e governare senza altri ostacoli. Stesso percorso seguito in precedenza anche dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Al coro della protesta si aggiunge quindi anche Maria Stella Gelmini che definisce la Severino: "una legge contra personam, visto che dopo il caso Berlusconi non è stata più applicata". Ora i parlamentari forzisti promettono battaglia in aula, l'obiettivo è mettere alle strette il governo per rivedere la norma: "È chiaro perché il governo non ritiene utile una revisione della legge Severino. Per la semplice ragione che essa viene interpretata per gli amici e applicata ai nemici. Con buona pace dello stato di diritto, ferito mortalmente con l'espulsione di Berlusconi dal Senato e messo in quarantena con le sentenze favorevoli per De Luca e De Magistris".

Cambiare la legge - Evita i giri di parole Altero Matteoli che non vede altra via per risanare il "torto" subito dall'ex premier: "Se la nostra è una democrazia credibile - ha detto l'ex ministro - non è possibile né accettare che la volontà popolare venga rispettata a seconda delle circostanze e delle persone elette. Al di là delle decisioni giudiziarie - mette in chiaro Matteoli - è urgente modificare una legge, la Severino, che all'atto pratico si è rivelata sproporzionata e sbagliata. Di questo - conclude il senatore azzurro - deve farsene carico la politica, in primis, la maggioranza".

L'ultima umiliazione a Berlusconi: i giudici ora gli pignorano i mobili

Forza Italia, pignorati mobili della sede nazionale. L'ultimatum di Maria Rosaria Rossi ai dirigenti: "Chi non paga perde il posto"




Da quando Forza Italia ha spostato la sua sede nazionale in piazza San Lorenzo in Lucina, nel pieno centro di Roma, chi ha dovuto badare alle casse del partito non ha mia dormito sonni tranquilli. E non fa eccezione l'ultimo tesoriere, la fedelissima di Silvio Berlusconi, Maria Rosaria Rossi, che si è vista arrivare i camion del recupero crediti, incaricati di portare via diversi mobili perché - da tempo - non era stata saldata una fattura a un fornitore di circa 8 mila euro. Questo si è rivolto al Tribunale e ha ottenuto il pignoramento di beni equivalente.

La reazione - Berlusconi dal giugno 2014 ha deciso di non versare più un euro per la gestione del suo partito; è stato poi drasticamente ridotto il finanziamento pubblico e così la Rossi è passata alle minacce di tutti i dirigenti azzurri. Riuniti senatori e deputati più in vista oggi 2 luglio, il tesoriere forzista ha messo in chiaro che tutti i tesserati che non risulteranno in regola con i versamenti al partito, saranno esonerati da ogni incarico. In tanti non pagano e la Rossi ha tutte le intenzioni di recuperare tutto il possibile: "Per i miracoli mi sto attrezzando" ha detto a Repubblica

I camion - Contattata dal quotidiano di Ezio Maruo a proposito del pignoramento dei mobili, la Rossi ha risposto: "Può essere che non sia l'ultimo, perché abbiamo 6 milioni di euro di debiti pregressi. Parliamo comunque di cifre modeste in questo caso. E comunque di mobili e tv ce ne sono altri...".

Senato, addio maggioranza Documento-bomba del Pd: in 25 mandano Renzi a casa

Riforme costituzionali, il documento dei 25 del Pd: "Senato, si deve cambiare". Così Matteo Renzi non ha i numeri




Matteo Renzi non ha più la maggioranza al Senato. È quanto emerge da un documento, firmato da 25 senatori democratici, che si mettono di traverso sulle riforme costituzionali. Quello che non digeriscono - da tempo - è il nuovo Senato: il folto gruppo di democrat rilancia il Senato elettivo. Vogliono, insomma, che i cittadini possano continuare a dire la loro. Vogliono stravolgere la riforma di Renzi, che prevede un Senato eletto direttamente dai Consigli regionali. Nel mirino non solo l'elettività, ma anche le competenze: i 25 vogliono un aumento dei poteri legislativi. Il papello è stato consegnato a Renzi da Vannino Chiti, Maria Grazia Gatti e Miguel Gotor.

Brunetta gode - Subito dopo la notizia, ha preso a cannoneggiare Renato Brunetta: "Riforme di Renzi nel caos. Dopo il documento dei 25 della minoranza Pd del Senato, e con il nostro voto contrario, Renzi non ha i voti per approvare la riforma costituzionale del bicameralismo paritario". Così il capogruppo di Forza Italia alla Camera parlando con i giornalisti a Montecitorio. Brunetta ha poi rincarato: "Non ha i voti a meno che non cambi. Cambi sulla base delle nostre indicazioni: vale a dire elettività dei senatori ed altro. Se ne può parlare. Ma bisogna cambiare anche l'Italicum - ricorda -, con il premio di maggioranza alla coalizione, fin dal primo turno, e non alla lista". La riforma elettorale, per inciso, nel caso in cui il Senato restasse elettivo, dovrebbe essere cambiata ben più in profondità, poiché ideata soltanto per la Camera.

Minoranza Pd - Sul documento dei 25, il piddino Roberto Speranza spiega: "Va nella direzione giusta. L'Italicum determinerà purtroppo una camera dominata dal partito vincente e composta prevalentemente da parlamentari nominati. Dinanzi a tale sistema elettorale è necessario un Senato delle autonomie che abbia anche selezionati ma autorevoli poteri di garanzia e di controllo pienamente investito dalla diretta volontà popolare". Così il deputato Pd, che aggiunte: "Il Paese non deve perdere la straordinaria opportunità di completare il percorso di riforme avviato. Il superamento del bicameralismo perfetto è un obiettivo condiviso da realizzare al più presto ma senza creare squilibri istituzionali. Auspico che il documento dei 25 possa creare nuove e positive condizioni di dialogo tra le forze politiche e dentro il Pd".

L'iter - Ma più che occasione di dialogo, il documento dei 25 potrebbe essere la bomba in grado di far saltare la maggioranza del premier. Per Renzi, dalle regionali in poi, questo è il momento più duro della legislatura: l'incidente in grado di disarcionarlo potrebbe essere dietro l'angolo (e, come detto, se i 25 Pd non votassero la riforma andrebbe pesantemente sotto al voto a Palazzo Madama). L'iter delle riforme costituzionali in Senato, ufficialmente, parte martedì 7 luglio (si tratta della terza lettura del ddl). La presidente della Commissione Affari costituzionali, Anna Finocchiaro, terrà la relazione illustrativa del testo licenziato dalla Camera il 1' marzo; si riunirà quindi un ufficio di presidenza che deciderà chi sarà il relatore o i relatori (in prima lettura furono Finocchiaro e Roberto Calderoli) e il calendari dell'esame del ddl.