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lunedì 9 marzo 2015

Caserta: Intervista all'amministratore del blog il Notiziario, Gaetano Daniele

Caserta: Intervista all'amministratore del blog il Notiziario, Gaetano Daniele



intervista a cura di Pasquale Califano 




Gaetano Daniele
Amministratore blog il Notiziario 

Incontriamo per caso alla facoltà di Giurisprudenza di Santa Maria Capua Vetere, l'amministratore del blog il Notiziario, Gaetano Daniele, presente sul web dal 2011. Gli chiediamo se è disposto a parlare di politica, con il sorriso sulle labbra ci invita a rimandare l'intervista a data da destinarsi ma, su nostra insistenza, ci dedica pochi minuti. 

Sig. Daniele, lei prima di dedicarsi all'informazione è stato uno dei più assidui sostenitori di Forza Italia, ha sempre portato a casa risultati importantissimi. Tra qualche mese Caivano torna al voto. Come vede l'attuale situazione politica? 

Più assidui sostenitori no, ho avuto come tanti giovani, un breve percorso politico. Seguivo le riunioni, organizzavo convegni, cercavo di mettermi a disposizione del Partito e del prossimo. Rispettavo i ruoli ma soprattutto chi aveva più esperienza di me. 

Oggi vede tutto questo nei vari schieramenti politici? 

No!. Oggi faccio fatica a capire le ideologie di ogni singolo esponente o candidato che sia. Tutti contro tutti. Non ci sono più regole, ed ognuno si arroga il diritto di sapere più dell'altro. Si è tornati un po come agli anziani uomini del fare: in casa sapevano fare un po di tutto, a differenza che questi di oggi non sanno fare neanche due più due, appunto, se non puntare il dito contro l'avversario politico. Il classico lavoro di chi non sa proporre. 

Secondo lei chi può traghettare Caivano fuori da questo scempio. 

Mi verrebbe da dire subito tutto d'un fiato Padre Maurizio Patriciello. Ma questo non lo posso sapere. Non mi piace giudicare, vedo come le dicevo sopra ai righi una certa miopia da parte delle nuovi classi dirigenti, comunque a Caivano uomini del fare ci sono, eccome. 

Ci può fare qualche nome? 

A volte l'essere perbene ed onesti non significa saper governare un Paese. Sento dire spesso: ma quella o quello è una persona perbene, d'accordo, e questo in politica serve, anzi è il primo punto, ma oltre a questo bisogna essere capaci di amministrare, bisogna saper tenere banco a ideologie differenti, confrontarsi con tutti. Il dott. Papaccioli a me è piaciuto molto come amministratore locale, ancora oggi lo reputo tra i migliori politici a nord di Napoli, ma deve allargare le sue vedute a 360°, altrimenti corre il rischio di fermarsi sempre sul via. In politica non si vince da soli. 

Oltre all'ex Sindaco Papaccioli, nella sua lista ci sono altri amministratori in grado di governare il Paese?

Sì, certo, c'è il dott. Monopoli, credo sia il futuro sindaco di Caivano, mi auguro solo che non faccia la fine del dott. Papaccioli, nel senso che stravinca le elezioni ma senza maggioranza. Questo risultato non solo nel centro destra ma anche a sinistra darebbe ulteriore instabilità ai cittadini. Quindi, che vinca il migliore portandosi dietro una squadra compatta in modo da poter esprimere nei prossimi 5 anni il proprio indirizzo dando più fissità al Paese. Caivano ha bisogno di stabilità. Intanto, non le nascondo la mia simpatia anche per alcuni esponenti di centrosinistra, come Arcangelo Della Rocca, Enzo Falco, Mario De Giorgio, Enzo Angelino, lo stesso candidato del Pd, Luigi Sirico, insomma, basta mettere insieme le giuste sinergie per rilanciare il Paese, la guerra in Politica serve solo agli affaristi. Per restare in tema programmi elettorali, trovo molto interessante la proposta del dott. Monopoli in merito al reddito di cittadinanza caivanese. Potrebbe incentivare, spingere tanti giovani fermi al palo, ad affacciarsi appunto, al mondo del lavoro.

Chi potrà beneficiare di questo reddito di cittadinanza?. 

I beneficiari dell'iniziativa saranno i giovani (oltre i 30 anni) disoccupati, inoccupati ed i titolari di  un ISEE inferiore ai 7000 euro annui con familiari a carico ovvero in caso contrario fino a 3000 euro. L'obiettivo non è solo conferire un reddito a tali soggetti ma assicurare loro l'entrata nel mercato del lavoro. Il contributo sarà erogabile fino a 450 euro mensili a persona per un massimo di sei mesi per quattro ore di lavoro giornaliere. Il valore complessivo dell'iniziativa dipende dai margini di intervento sul bilancio comunale ma una prima stima fatta dallo Staff del candidato Sindaco Monopoli, prevede un possibile impegno di risorse finanziarie pari a 400 mila euro che garantirebbero la fruibilità dell'iniziativa a circa 150 persone. 

Inizia la grande fuga da Forza Italia: quei 40 pronti a "cambiare casacca"

Forza Italia, i 40 parlamentari pronti a votare le riforme di Matteo Renzi





"Avanti nella direzione seguita fino a oggi". Matteo Renzi non ammette deviazioni nel percorso delle riforme anche a costo di sostituire i voti di un pezzo di Pd con chi in Forza Italia fa capo a Denis Verdini. Sarebbero infatti una quarantina i parlamentari azzurri che, nonostante la chiusura totale di Silvio Berlusconi, starebbe rivedendo la sua posizione su riforma costituzionale e Italicum anche grazie alla moral suasion verdiniana. "Matteo Renzi si sta innervosendo con la minoranza del suo partito. Se quelli si mettono di traverso, lui coglierà la palla al balzo per trascinare tutti a elezioni anticipate. Se ci trascina alle urne tu sei sicuro di essere ricandidato ed eletto?", ragiona Verdini spiegando ai colleghi forzisti il perché è necessario tenere fede al patto del Nazareno. E intanto sonda il terreno.

Quaranta nazareni - Secondo il retroscena di Tommaso Labate Verdini l'altro giorno ha parlato a lungo con Saverio Romano, con Pino Galati, Gianfranco Rotondi. Parlare di una corrente organizzata è eccessivo, avverte il Corsera, ma quella pattuglia che prima poteva contare soltanto sulla falange composta dai "fantastici quattro del verdinismo ortodosso" (Ignazio Abrignani, Gregorio Fontana, Luca d'Alessandro e Massimo Parisi), adesso ragiona su numeri più estesi. Al punto che, secondo alcuni calcoli fatti tra i parlamentari, sulle posizioni di Verdini - e cioè quelle di raccogliere i cocci dello "schema Nazareno" - si attesterebbero quindici senatori e ventotto deputati. Molti dei quali si muovono con un unico obiettivo: scongiurare del tutto anche la più remota ipotesi che Renzi provochi la fine anticipata della legislatura.

"Don giussani santino autoreferenziale" Socci: ora il Papa demolisce i ciellini

Antonio Socci: così il papa demolisce Comunione e liberazione

di Antonio Socci 


Antonio Socci 

Che cosa è accaduto ieri in piazza San Pietro fra papa Bergoglio e gli aderenti a Comunione e liberazione? Per capirlo bisogna fare un passo indietro. Il 3 marzo scorso, nell’omelia di santa Marta, il papa disse: «Ma come posso convertirmi? La sporcizia del cuore non si toglie come si toglie una macchia... Si toglie col “fare”... cioè la strada del fare il bene. E come faccio il bene? È semplice! “Cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova”».

In quelle stesse ore don Julian Carron, responsabile pro tempore di CL, sul tema della conversione scriveva l’esatto opposto: «Ogni volta che davanti a questa o quella situazione ci chiediamo che cosa dobbiamo fare, dimostriamo che non abbiamo ancora risposto a quella domanda. Niente lo documenta più di questo “che cosa fare?”. Abbiamo una cosa da fare, solo una: convertirci».

Bergoglio identifica la conversione con un “fare”, con un attivismo sociale che abbiamo già visto in America Latina e qui negli anni Settanta in certi gruppi cattolici di sinistra, dove alla fine Cristo si riduceva a “pretesto” per un attivismo sempre più politico e ideologizzato. Invece don Carron percorre la via di un ripiegamento intimistico che toglie alla fede e alla comunità cristiana ogni dinamica umana espressiva e si risolve in quella “scelta religiosa” che decenni fa venne fatta dall’Azione Cattolica e fu sempre combattuta da don Giussani come il suicido del cattolicesimo. Giussani aborrì allo stesso modo la riduzione “sociale” e attivistica del cristianesimo che considerava succube delle ideologie.

Fra la risposta bergogliana del “fare” e quella carroniana dell’intimismo psicoanalitico, c’è infatti una terza risposta, quella giusta, che è sempre stata espressa, potentemente, da don Giussani, da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Si potrebbe sintetizzare così: l’incontro con Cristo, attraverso il volto dei suoi amici, della comunità cristiana, dà senso e bellezza alla vita, abbraccia e cambia tutta la persona, tutta la sua esistenza, e genera un popolo che ha uno sguardo originale su tutto, che ha un giudizio cristiano su ogni aspetto della vita personale e sociale, proponendo a tutti un orizzonte più umano e più vero di quello delle ideologie dominanti.

Ieri, in piazza San Pietro, papa Bergoglio e don Carron, pur da posizioni contrapposte, si sono trovati convergenti nel tentativo di liquidare proprio questa via, che Giussani ha percorso dando vita a Comunione e liberazione, la via che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno riconosciuto e sostenuto, essendo anche la loro e quella della Chiesa. Certo, ieri a Roma si è reso omaggio all’uomo Giussani, ma trasformato in un santino e isolato dalla sua storia. Tentando di delegittimare e archiviare l’opera che da lui è nata, il popolo di Comunione e liberazione e la sua formidabile presenza sociale e culturale, la sua originale creatività che dagli anni Settanta ha incontrato e coinvolto tantissimi giovani e molti non credenti. Oggi restare fedeli con il cuore a quella storia, «a quella forma di insegnamento, alla quale siamo stati consegnati» (Ratzinger), significa, secondo Bergoglio, essere «guide da museo e adoratori di ceneri». E purtroppo don Carron converge su questa “liquidazione” di una storia comunitaria e di una presenza eccezionale.

Così però Bergoglio dice il contrario di quanto hanno affermato Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e don Giussani. È innegabile, se non si vuol nascondere la testa sotto la sabbia. Faccio due esempi. Una delle bastonate di Bergoglio a CL è sull’autoreferenzialità. In effetti CL, come altre realtà ecclesiali, oggi ha questo grave problema, tanto è vero che la sua presenza pubblica è pressoché svaporata, e però Bergoglio non ha colpito solo l’attuale CL carroniana, ma anche e soprattutto il forte senso di appartenenza che Giussani ha insegnato, cioè l’identità comunitaria tuttora viva dei ciellini.

Infatti ha detto: «Quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una spiritualità di etichetta: “Io sono CL”. Questa è l’etichetta. E poi cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale». Ma è facile ricordare parole opposte di Giussani sull’ “essere di CL”. Proprio l’altroieri il portavoce di CL, Alberto Savorana, in un’intervista, ricordava che il nome del Movimento nacque da un volantino degli universitari nel 1969: «Un giorno, entrando in uno dei locali frequentati da questi studenti, in via Ariosto a Milano, don Giussani vede quel volantino appeso, con riferimento al nome scelto da quelli della Statale, e dice: “Ecco, noi siamo il nome che si sono dati gli universitari, perché comunione è liberazione”».

La seconda bastonata bergogliana è arrivata quando ha contrapposto il carisma a Gesù Cristo, mentre invece - come ha spiegato mille volte don Giussani - «il carisma è l’avvenimento di Cristo secondo la modalità con cui investe il mio presente... facilita l’appartenenza a Cristo, cioè è l’evidenza dell’avvenimento presente oggi... In questo senso il carisma introduce alla totalità del dogma». Giussani spiegava bene la parola: «Un carisma si può definire come un dono dello Spirito dato a una persona in un determinato contesto storico, affinché quell’individuo dia inizio a una esperienza di fede che possa risultare in qualche modo utile alla vita della Chiesa. Sottolineo il carattere esistenziale del carisma: esso rende più convincente, più persuasivo, più “abbordabile” il messaggio cristiano proprio della tradizione apostolica. Un carisma è un terminale ultimo dell’Incarnazione, cioè una modalità particolare attraverso la quale il Fatto di Gesù Cristo uomo-Dio mi raggiunge e, per il tramite della mia persona, può raggiungere altri». Invece Bergoglio contrappone le due cose: «Ricordate che il centro non è il carisma, il centro è uno solo, è Gesù, Gesù Cristo! Quando metto al centro il mio metodo spirituale, il mio cammino spirituale, il mio modo di attuarlo, io esco di strada». Il messaggio implicito era il seguente: adesso dimenticate la vostra storia e il vostro carisma per seguire me e le mie idee. In realtà, nella storia della Chiesa, la ricchezza è stata proprio nella diversità di carismi: i benedettini sono diversi dai francescani, i domenicani dai gesuiti, i carmelitani dai comboniani. E tutti sono centrati su Cristo.

Anche i papi dei nostri anni hanno affermato cose opposte all’idea bergogliana. Per esempio, Giovanni Paolo II, in una lettera a Giussani per il 50° anniversario della nascita del Movimento, nel febbraio 2004, volle ripetere ai ciellini ciò che già tante volte aveva detto: «Rinnovate continuamente la scoperta del carisma che vi ha affascinati ed esso vi condurrà più potentemente a rendervi servitori di quell’unica potestà che è Cristo Signore!». Poi espresse un altro giudizio diametralmente opposto a quello pronunciato ieri da Bergoglio: «Il vostro Movimento ha voluto e vuole indicare non una strada, ma la strada per arrivare alla soluzione di questo dramma esistenziale. La strada, quante volte Ella lo ha affermato, è Cristo».

Papa Wojtyla definiva il Movimento «uno dei germogli della promettente “primavera” suscitata dallo Spirito Santo negli ultimi cinquant’anni». E, considerato che erano stati anni segnati «da una sofferta contrapposizione con le ideologie imperanti, da una crisi dei progetti utopistici e, più recentemente, da una diffusa tendenza al relativismo, allo scetticismo, al nichilismo, che rischiano di estinguere i desideri e le speranze delle nuove generazioni», il grande papa Wojtyla invitava tutti i ciellini «a risalire all’esperienza sorgiva da cui il Movimento ha preso le mosse, rinnovando l’entusiasmo delle origini. È infatti importante mantenersi fedeli al carisma degli inizi per poter rispondere efficacemente alle attese e alle sfide dei tempi». L’opposto di quello che si è sentito ieri.

Dell'Olio, la moglie di Ferrara all'attacco: "Lesbiche e attiviste, vi hanno umiliato"

Anselma Dell'Olio: "Detesto l'8 marzo, è demagogia. Il movimento femminista? Svuotato"





Buona festa della donna. Ma non per tutte. "Io detesto l'8 marzo", attacca Anselma Dell'Olio, giornalista, autrice di teatro, femminista e moglie di Giuliano Ferrara. "Lo detesto come feste e come giorno perché dimostra che gli altri 364 sono appannaggio dei maschi", spiega in un'intervista a Il Giorno. Dunque il dito puntato contro Sergio Mattarella, anche lui colpito dalla "degenerazione demagogica dell'8 marzo" (il riferimento è alla frase con cui il Capo dello Stato ha lodato il lavoro silenzioso delle donne). La signora Ferrara aggiunge: "La demagogia ha raggiunto l'acme con le proteste di Se non ora quando, che hanno cancellato una delle conquiste delle femministe della prima ora; la libertà delle donne di fare del proprio corpo ciò che vogliono".

Quale femminismo? - Secondo la Dell'Olio "bisogna ristabilire cos'è il femminismo. La verità - aggiunge - è che i maschi ci hanno scippato anche la forza propulsiva del movimento, con la teoria del gender". In che senso? "Il matrimonio gay - puntualizza - è diventato un'urgenza sociale solo quando la battaglia è stata portata avanti dai maschi. Le lesbiche non sono mai riuscite a sfondare il muro del silenzio sul problema. Quando i maschietti si sono fatti avanti, il matrimonio gay è diventato un'icona di libertà". Il femminismo dunque è morto? "E' svuotato di senso, che è peggio". La Dell'Olio conclude: "E' il movimento femminista che ha perso forza, non la spinta individuale delle donne".

L'ultima sòla del governo Renzi: quanto ci fa perdere in tre anni

Tfr in tasca nuovo flop di Renzi: quanto ci si perde in tre anni





Ad accendere il motore della ripresa dei consumi, e quindi dell'economia, dovrà essere qualcos'altro. Perchè come il suo predecessore bonus da 80 euro non ha avuto alcun effetto, anche il Tfr in busta paga sarà un buco nell'acqua. Peggio, potrebbe portare grosse perdite per chi decidesse di aderire all'iniziativa. Come scrive oggi il quotidiano La Stampa, ino a pochi giorni fa solo sei lavoratori su cento avevano optato per l' incasso e alla fine, prevede un sondaggio della Swg per la Confesercenti, meno di due dipendenti su dieci sceglieranno di incamerare la liquidazione nello stipendio.

Il perché lo spiegano le elaborazioni fatte dalla Fiba Cisl, la federazione dei bancari, che per uno stipendio medio parlano di perdite in tre anni che vanno da duemila fino a 10 mila euro rispetto alle opzioni cumulo in azienda o in fondo pensioni. E due conti se li stanno facendo i 14,4 milioni di lavoratori del settore privato, con almeno sei mesi di anzianità alle spalle, che in questi giorni stanno ricevendo i moduli per esercitare entro il mese un' opzione che varrà per i prossimi tre anni.

Un cinquantacinquenne in tre anni incasserebbe 3.778 euro in busta paga, con una perdita di 1.044 euro rispetto a quanto maturato lasciandolo in azienda e di 2.045 euro sulla rendita di un fondo pensioni, calcolando prudenzialmente un rendimento del 3% annuo. "Questo - spiega Andrea Scaglioni del centro studi a La Stampa - perché il Tfr in busta è peggio tassato e non dà rendimenti annui, quelli che rendono ancora più conveniente farlo cumulare in azienda o investirlo nella previdenza integrativa quando si è più giovani". Infatti un lavoratore di 40 anni, con lo stesso reddito, perderebbe 3.140 euro rispetto al cumulo e 5.667 in raffronto al rendimento di un fondo. Un venticinquenne poi ne perderebbe 9.453 non lasciandolo fruttare in azienda e addirittura 10.808 euro togliendolo dalla pensione integrativa.

Stipendi fino a 30mila euro al mese Paghiamo noi i cassintegrati Alitalia

Il Pd ci fa pagare i cassintegrati Alitalia

di Sandro Iacometti 



Qualcuno, come i 36 piloti ex Alitalia e Meridiana pizzicati dalla Gdf qualche settimana fa, aveva persino deciso di arrotondare la cassa integrazioni lavorando illegalmente all’estero. Un bel coraggio, considerato che grazie ai contribuenti italiani i dipendenti delle compagnie aeree in esubero possono intascare fino a 30mila euro lordi al mese.

Ad alzare definitivamente il velo sul generoso aiutino pubblico destinato al personale di volo e di terra dei vettori nazionali, che in diverse occasioni anche noi di Libero abbiamo denunciato, è stato il neo presidente dell’Inps, Tito Boeri, nell’ambito dell’operazione trasparenza con cui la sezione del sito Inps chiamata «porte aperte» si ripropone di svelare i retroscena dei fondi speciali gestiti dall’istituto. Quello per il Trasporto aereo (Fsta), si legge nella scheda tecnica, preleva circa 220 milioni l’anno dai cittadini, «più del finanziamento annuo per la lotta alla povertà attraverso il Sostegno di inclusione attiva». La legge istitutiva del Fondo per l’integrazione dei trattamenti di mobilità, cig e solidarietà (del 2004) prevedeva un contributo solo a carico di datori di lavoro (0,375%) e dei lavoratori (0,125%), escluse le componenti accessorie del salario. Ma la musica è rapidamente cambiata.

Ed oggi l’Fsta è alimentato principalmente dall’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di 3 euro. Un’anomalia a cui la Fornero ha dato un termine temporale (il 2014), ma che il Destinazione Italia di Letta nel dicembre 2013, con l’attuale premier Matteo Renzi che già faceva il severo cane da guardia del governo, ha tranquillamente prorogato fino al 2019 per agevolare la vendita di Alitalia agli arabi. A questo scopo l’addizionale è stata aumentata di 1 euro (era a 2) mentre la scorsa estate accordi di governo con le parti sociali hanno aumentato il periodo di godibilità del beneficio da parte dei lavoratori fino a 9 anni dai precedenti 7, aggiungendo anche il pagamento dei contributi previdenziali.

In questo periodo, alla faccia degli esodati, gli ex lavoratori delle compagnie aree prendono stipendi da favola semplicemente stando a casa. Il Fondo garantisce, infatti, un’integrazione del salario all’80%. Il che significa, come scrive Boeri, che i lavoratori percepiscono una prestazione che supera di gran lunga il massimale di 1167,91 euro previsto per cig e mobilità. Con assegni che scavallano spesso i 10mila euro lordi mensili e in alcuni casi limite si avvicinano ai 30mila euro. Il tutto dal 2007 al 2014 è costato quasi 1,4 miliardi. Di cui, stando alle percentuali definitive del 2013, il 98% a carico dei viaggiatori attraverso l’addizionale.

Dopo Aurora e Sole è nata Celeste, la terza figlia di Michelle Hunziker

Nata Celeste, la terzogenita di Michelle Hunziker





"È nata la nostra terza bambina alle 10.30  di ieri, domenica 8 marzo. Si chiama Celeste ed è un amore pazzesco! 3kg 330g di donnina che ci renderà la festa delle donne ancora più speciale per tutta la vita! Vi voglio bene Michelle". Così, sul suo profilo Facebook, Michelle Hunziker ha annunciato ieri la nascita della sua terzogenita, la seconda figlia avuta da Tommaso Trussardi dopo Sole.  Anche il papà bis ha celebrato su Facebook la nascita della secondogenita: "Oggi si festeggiano le donne; quale dì più importante  e significativo.... Per noi si riempie di una gioia ancor più grande. È nata la piccola Celeste!!! Grazie a tutti coloro che ci hanno  sostenuto ed assistito. Tomaso e Michelle". Il benvenuto a Celeste arriva anche dalla sorella maggiore Aurora, primogenita di Michelle Hunziker avuta con Eros Ramazzotti: "Sorellona per la terza volta!! Benvenuta Celeste!".