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venerdì 27 febbraio 2015

La rivoluzione a viale Mazzini: così cambiano i telegiornali Rai

Rai, la riforma di Gubitosi: "Come cambiano i telegiornali"





Il piano news targato Luigi Gubitosi è una realtà: oggi il Cda Rai lo ha approvato nella formulazione che tiene conto del parere della Vigilanza Rai. Tante le novità, a partire da una indicazione che concerne le due newsroom che accorperanno le testate: a quanto apprende resteranno i marchi e i loghi di Tg1, Tg2, Rai Parlamento per la prima newsroom, e di Tg3, Rai News 24 e TGR, per la seconda newsroom. Questo, si sottolinea nel piano, a garanzia di identificabilità e pluralismo. Le due newsroom assumeranno poi il nome di Rai Informazione 1 (che avrà un solo direttore e sei vicedirettori) e Rai Informazione 2 (che avrà anch’essa un direttore e sei vicedirettori). Lo stop alle sovrapposizioni, di troupe e non solo, e più in generale, la razionalizzazione delle risorse produttive consentono, secondo il documento del Dg, risparmi per oltre 70 milioni.

Telegiornali regionali - Più in dettaglio, sembra che sul fronte di Rai Informazione 1  l’intento sia quello di superare la frammentazione delle varie edizioni giornaliere, di mettere a fattor comune la digitalizzazione ed anche di rimodulare il piano logistico della palazzina A di Saxa Rubra. Per quanto attiene poi Rai Informazione 2, si vuole conferire alla TGR un ruolo centrale per la trasmissione di un flusso costante di notizie dalla periferia al centro e viceversa, in uno scambio costruttivo con le risorse culturali e produttive del territorio, anche attraverso una collaborazione con l’informazione televisiva locale di qualità. Novità anche sul fronte delle nomine dei direttori delle testate giornalistiche. Il piano parla di procedure trasparenti che prevedano la pubblicazione sul sito dell’Azienda di un avviso pubblico rivolto sia ai dipendenti Rai, sia ai professionisti esterni. Un cambio sostanziale, questo, se si considera che finora i direttori di testata venivano nominati dal Cda. Sul fronte di internet, il piano punta a sviluppare un progetto per far diventare il web una fonte e uno strumento per la realizzazione del prodotto informativo Rai, anche interagendo con il pubblico dei social media.

Il commento - "Non ci fermiamo mai!". Lo afferma il presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Roberto Fico, sulla sua pagina facebook, raccontando, a proposito di Rai: "Poco fa mi ha chiamato la Presidente della Rai Annamaria Tarantola per comunicarmi  che il Consiglio di amministrazione ha approvato il nuovo Piano news recependo tutte le integrazioni indicate dalla commissione di Vigilanza. Erano 35 anni che non si procedeva ad una riforma dell’informazione"

Schiaffo di Renzi agli automobilisti: cosa cambia se fai un incidente

Assicurazioni, tagliati gli indennizzi per gli incidenti stradali

di Antonio Castro



Fate bene attenzione a non farvi male alla guida di un mezzo o a non farvi investire. Insomma, restate abili e sani (se potete) perché la crisi si è mangiata (o meglio: si potrebbe rosicchiare), un 15% abbondante degli attuali indennizzi di invalidità. Infatti, il recente disegno di legge Concorrenza - se mai passerà al vaglio parlamentare per come è uscito la settimana scorsa da Palazzo Chigi - ritocca al ribasso le basi di calcolo degli indennizzi. In sostanza: ogni punto di invalidità varrà un po’ meno. Si passerà da 795,91 euro a 674,78, -15%. Una limatura non di poco conto: e anche se le nuova tabelle ancora non ci sono, si è già stimato che con questa limatura le assicurazioni risparmieranno milioni, decine di milioni di mancati (o minori) indennizzi.

Spiega tecnicamente l’avvocato Cristiano Pellegrini Quarantotti, esperto proprio in contenziosi sanitari/assicurativi del Foro di Roma: «Il provvedimento andrà ad abbattere considerevolmente la misura dei risarcimenti per le vittime di incidenti stradali, in quanto, oltre a ridurre la base di calcolo (punti di invalidità, ndr) per i danni di lieve entità derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, è andata a riformulare la denominazione degli articoli 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni Private, sostituendo la dicitura “danno biologico” in “danno non patrimoniale”». E non si tratta di un cambiamento di «poco conto», approfondisce l’avvocato Pellegrini Quarantotti, «visto che l’importo indicato nelle tabelle nazionali, a questo punto, rischia di vedere ricompreso anche il cosiddetto danno morale che rientrante nella più ampia categoria del danno non patrimoniale, che, fino ad oggi», conclude l’esperto, «veniva liquidato, invece, come posta risarcitoria autonoma rispetto al danno biologico».

Insomma, con questo giochino le assicurazioni risparmieranno un bel po’ di quattrini, e uno stesso danno subito nel 2014 verrà risarcito più vantaggiosamente, mentre se verrà approvato il disegno di legge del governo, allo sfortunato incidentato dal prossimo anno verrà riconosciuto un indennizzo sicuramente minore.

Da giorni gli esperti delle associazioni dei consumatori si sgolano spiegando che se dovesse passare questa riforma ai cittadini sarà recapitata una sonora fregatura. Federconsumatori lo spiega così: «Numerose sentenze di Cassazione hanno ribadito che, per la liquidazione del danno biologico, occorre fare riferimento alle Tabelle del Tribunale di Milano (già basse per i danni), che l’Ania ed il governo vogliono dimezzare, cassando così equi risarcimenti consolidati dal diritto sul danno alla salute». Il governo, con la sforbiciata annunciata venerdì scorso, si proponeva di rendere un po’ meno rigido il nostro sistema assicurativo (paghiamo un costo medio Rc Auto superiore a tutti gli altri Paesi europei, un abbondante 30%), e invece che aumentare i premi in caso di danni invalidanti, come si potrebbe logicamente ipotizzare, sembra aver accolto l’indicazione sussurrata da tempo delle compagnie assicurative.

Ma non basta. Infatti, mettendo mano al capitolo assicurazioni il governo è anche riuscito a far infuriare i riparatori di auto, aprendo - a loro dire - la strada al monopolio delle grandi compagnie pure nel campo delle riparazioni: «Errare è umano», ha tuonato il presidente dei Carrozzieri di Confartigianato Silvano Fogarollo, «ma perseverare è diabolico. Per l’ennesima volta, con le misure in tema di Rc Auto, assistiamo al tentativo di consegnare il mercato delle riparazioni auto nelle mani delle assicurazioni. Questo», taglia corto Fogarollo, «in nome di una presunta liberalizzazione, e senza tener conto che una misura identica era giù stata stralciata nel 2014 dal Decreto Destinazione Italia e che in Parlamento sono state presentate proposte di legge proprio su questa materia». La minaccia, ora, è che il prossimo 7 marzo possano invadere Roma proprio i carrozzieri, anche perché se il ddl confermerà l’impianto anticipato da Renzi ci ritroveremo con oltre «il 50% delle carrozzerie private sul lastrico».

Conti correnti, azioni, oro: guida per evitare guai col Fisco

Svizzera, conti correnti, azioni, oro. Così ci si mette in regola





Ora che il governo Renzi ha siglato l'accordo con la Svizzera sul segreto bancario, bissato da quello con l'altro paradiso fiscale europeo Liechtenstein, cosa cambia per gli italiani che hanno un conto corrente o un deposito a Lugano o a Vaduz? Ecco la guida stilata da La Stampa sulle nuove regole fiscali.

1) Se il conto è regolare e i depositi e i relativi interessi sono sempre stati dichiarati al Fisco italiano non cambia nulla e non c'è niente da temere. Un conto si dice regolare quando ogni anno si dichiarano i capitali posseduti all'estero e gli interessi che producono, al pari degli gli immobili e i relativi redditi che questi producono, compilando il quadro RW della dichiarazione annuale. Prima l'obbligo scattava col superamento delle soglia dei 10mila euro, con l'introduzione della nuova legge la soglia è stata alzata a 15 mila euro.

2) I conti non in regola non sono più protetti dal segreto bancario e in qualsiasi momento l'Agenzia delle entrate potrà richiedere informazioni sui titolari dei conti. Dal 2018, poi, lo scambio di informazioni con la Svizzera sarà automatico.

3) Chi è in possesso di un conto illegale e vuole mettersi in regola può aderire alla voluntary disclosure entro il 30 settembre prossimo compilando l'apposito modulo. In questo modo potrà regolarizzare denaro, immobili, quote di partecipazione in società estero-vestite e lingotti d'oro. Farlo non è conveniente come lo scudo fiscale di una volta ma assicura un forte sconto sulle sanzioni amministrative accessorie, evita quelle penali e circoscrive l'accertamento agli ultimi 5 anni. Le imposte sul capitale detenuto illegalmente all'estero come sugli interessi che ha prodotto vanno però pagate per intero.

4) Chi non si mette in regola rischia sanzioni amministrative salatissime (fino al 300% del capitale) e il nuovo reato di autoriciclaggio (da 2 a 8 anni di reclusione). In ogni caso, da mesi ormai, le banche svizzere non accettano più capitali illeciti e pretendono che vengano sanati quelli già depositati.

5) Un evasore ormai non ha più molte alternative per "salvare" i propri capitali. Anche le principali piazze offshore come Montecarlo, Lussemburgo, Liechtenstein e Singapore, hanno firmato o stanno firmando accordi simili a quelli della Svizzera. Restano pochissimi paradisi fiscali: Dubai, Panama e qualche Paese caraibico.

6) Aprire un conto in Svizzera o in altri Paesi stranieri è ancora possibile a patto però di seguire e rispettare le regole dettate dal Fisco. Si può fare attraverso le filiali italiane (e non online), rispettando le regole di trasparenza italiane. E se fino a ieri chi voleva godere del segreto bancario doveva recarsi personalmente nella banca Svizzera per aprire un conto anche cifrato, ora l'anonimato non varrà più, e oltre al documento di identità occorrerà presentare la documentazione che attesta la produzione del reddito e giustifica l'apertura di un conto all'estero e nel caso si tratti di capitali che si è chiesto di sanare occorre produrre la documentazione che attesta l'avvio delle procedure di voluntary disclosure.

7) I cosiddetti frontalieri, sia italiani che svizzeri (finora non compresi negli accordi), saranno assoggettati a imposizione sia nello Stato in cui esercitano l'attività, sia nello Stato di residenza. La quota spettante allo Stato del luogo di lavoro ammonterà al massimo al 70% del totale dell'imposta normalmente prelevabile alla fonte. Il Paese di residenza dei lavoratori applicherà l'imposta sul reddito delle persone fisiche tenendo conto delle imposte già prelevate nell'altro Stato ed eliminando l'eventuale doppia imposizione. Il carico fiscale totale dei frontalieri italiani rimarrà inizialmente invariato e successivamente, con molta gradualità, sarà portato al livello di quello degli altri contribuenti.

Grande Italia in Europa League: 5 su 5 agli ottavi Toro super a Bilbao, impresa Roma col Feyenoord

Europa League, Feyenoord-Roma sospesa per 10 minuti: i tifosi olandesi lanciano oggetti in campo, banana contro Gervinho





L'Italia del pallone ritrova l'orgoglio perduto in Europa League: cinque squadre su cinque arrivano agli ottavi, con un paio di imprese da ricordare. La Fiorentina batte 2-0 il Tottenham (Mario Gomez e Salah), l'Inter (Guarin) e il Napoli (De Guzman) superano 1-0 Celtic e Trabzonspor. Ma soprattutto, il Torino vince 3-2 a Bilbao contro l'Athletic, prima squadra italiana a riuscirci nella storia, e scrive una pagina epica nel libro granata: Quagliarella su rigore, Maxi Lopez e Darmian nella ripresa ribaltano il 2-2 dell'andata e dimostrano che il cuore, a volte, riesce ancora a fare la differenza. Ma è a Rotterdam che va in scena il riscatto italiano: una settimana dopo i disastri degli ultrà olandesi nella Capitale, la Roma vince 2-1 contro il Feyenoord e fa emergere ancora una volta l'inciviltà dei tifosi di casa.

Banana contro Gervinho - A Rotterdam l'ordine pubblico viene garantito in città (con i tifosi romanisti controllati a vista e perquisiti), ma dentro allo stadio De Kuip succede di tutto. Sugli spalti il gol di Ljajic e poi l'espulsione dell'attaccante del Feyenoord Te Vrede scatenano la reazione dei supporter biancorossi, tra i quali sicuramente c'era anche qualcuno di quelli che una settimana fa hanno sfasciato il centro della Capitale. Al 10' del secondo tempo del ritorno dei sedicesimi di finale di Europa League (con la Roma in vantaggio 1-0 e per il momento qualificata, dopo l'1-1 dell'Olimpico) succede di tutto: l'arbitro Clément estrae il rosso al giocatore di casa e dagli spalti parte un fittissimo lancio di oggetti per protesta. Insulti e grida dopo che già nel primo tempo erano volati insulti razzisti e anche una banana gigante di quelle gonfiabili contro l'attaccante ivoriano Gervinho. Gesto razzista o semplice "inciviltà" tra le tante? Difficile capirlo, ma nel dubbio arbitro e delegati Uefa hanno deciso di sospendere la gara per far placare gli animi. Quando si riprende, le emozioni non mancano: al 12' pareggia Manu, al 15' è proprio Gervinho a firmare il definitivo 2-1 che rende vano l'1-1 strappato dal Feyenoord all'Olimpico. 

giovedì 26 febbraio 2015

Fitto vuole fare causa a Berlusconi e al cerchio magico di Forza Italia

Tra Fitto e Forza Italia anche la grana dei soldi





Casse sempre più vuote in Forza Italia. Da cinque mesi, riferiscono fonti parlamentari azzurre, non viene pagato l’affitto dell’immobile di piazza San Lorenzo in Lucina a Roma e la scorsa settimana sono arrivati sei decreti ingiuntivi da parte di aziende che non hanno ricevuto i pagamenti su forniture di beni e servizi. Oltre ai 46 dipendenti messi in cassa integrazione, pendono poi sul partito le cause di alcuni ex dipendenti del Pdl che hanno impugnato il licenziamento.

Ma la grana soldi è anche il nuovo fronte che si apre tra il partito e Raffaele Fitto. Il commissario di FI in Puglia, Luigi Vitali, nei giorni scorsi ha avvertito che chi non ha versato i contributi non può aspirare alla candidatura. Ma la risposta dei fedelissimi dell’europarlamentare arriverà a breve. Probabilmente sotto forma di lettera indirizzata alla tesoriera Maria Rosaria Rossi, con la richiesta di avere l’elenco di tutti coloro che alle politiche e alle Europee sono stati candidati nonostante non abbiano versato le somme spettanti al partito.
"Lo scontro - viene riferito - ora si sposterà nelle Aule dei tribunali giudiziari".

Nel 2013 il partito decise di chiudere i rubinetti alle sedi regionali, di non inviare più i fondi per l’affitto. Da qui la decisione dei parlamentari pugliesi di non versare gli 800 euro e di pagare direttamente i dipendenti, pur versando i 25 mila euro per la candidatura. Ora l’accusa del commissario è che c’è un ammanco di 50 mila euro sul bilancio regionale; "non esiste, e adesso chiederemo di vedere il biancio nazionale del partito", è la risposta dei cosiddetti frondisti. I frondisiì pensano ad una iniziativa ancor più forte, visto che si sta ragionando sull’ipotesi di dar vita, attraverso il ricorso degli iscritti, ad una ’class action’ per capire come sono stati gestiti in questi anni i finanziamenti nelle casse di FI. "Sarà guerra anche legale", è l’avvertimento.

L'intervista di Giacomo Amadori L'impresario sputtana le star di sinistra "Chi voleva i soldi in nero"

"Da Beppe Grillo a Jennifer Lopez: tutti pagati in nero e si dicono di sinistra", un impresario racconta le pretese delle star

Intervista a cura di Giacomo Amadori 


Gino Paoli 

Lello Liguori, ottantenne impresario di lungo corso, è stato definito il Grande Gatsby della Riviera ligure. Ha gestito locali da Sanremo a Santa Margherita ed è stato anche il re delle notti milanesi. Ha conosciuto la malavita meneghina molto da vicino e uno dei boss dell’epoca, Angelo Epaminonda, detto il Tebano, lo ha accusato di tutto: «Omicidio, associazione a delinquere, spaccio internazionale di droga», ha ricordato Liguori. Hanno persino tentato di ucciderlo, ma l’ha sempre sfangata. «Ho pagato cara l’amicizia con Bettino Craxi. Sono stato interrogato da undici magistrati, coinvolto in 11 processi e assolto 11 volte» ha dichiarato qualche anno fa al Secolo I. E per difendere Craxi ha litigato anche con Beppe Grillo: «Lo detesto perché va in giro a fare il politico, a sputtanare tutti quanti, ma quando veniva da me, carte alla mano, si faceva dare 70 milioni: dieci in assegno e 60 in nero», ha detto nella stessa intervista al quotidiano genovese. Dichiarazioni che sono state riprese con enfasi dai media solo nel 2014 e Grillo, fuori tempo massimo, ha minacciato querele.

Signor Liguori, ma il leader del Movimento5stelle, alla fine, l’ha denunciata per davvero? 

«No, mai, anche perché ho documenti e testimoni. Nei giorni scorsi sono stato contattato dai difensori di Luca Barbareschi. Grillo lo ha querelato perché in televisione ha fatto una dichiarazione sui pagamenti in nero. Sono dovuto andare dal comandante dei carabinieri a confermare che Grillo con me ha evaso più di 300 milioni di lire. È venuto almeno 20 volte nei miei locali. Inizialmente prendeva 70 milioni di cachet: 10 in assegno e 60 in nero. Questo lo ha fatto quattro volte al Covo e una volta allo Studio 54 di Milano, che era mio. Poi ha lavorato altre volte a 20-30 milioni. Comunque sempre con la stessa prassi. Quando è venuto a Milano io avevo con me una persona testimone del pagamento: è andato lui alla cassa a prendere i soldi».

E i documenti?

«Ci sono le mie dichiarazioni alla Siae in cui dicevo quante persone c’erano nel locale. Quello è un documento».

Ha mai ingaggiato Gino Paoli?

«Una decina di volte».

E con lui come veniva retribuito? In modo regolare?

«(Breve pausa) Non ricordo. Paoli è un amico e non ricordo. Riguardo a Grillo mi è stato chiesto da più parti, da destra e da sinistra, di asfaltarlo. Naturalmente sotto elezioni tutti speravano in una débâcle di Grillo. E io ho detto: si può fare. Mi sono messo lì tre giorni e ho parlato con tutti i giornali».

Politica a parte, glielo richiedo: lo stesso sistema di pagamento veniva utilizzato con Gino Paoli?

«Guardi, con tutti. Io ho portato in Italia 300 artisti americani, ho lavorato con spagnoli, francesi, greci e i compensi sono sempre stati versati in quel modo. Se lei li vuole è così, altrimenti non vengono».

Dunque non l’ha stupita che Paoli sia accusato di evasione fiscale?

«Io ho una figlia a Lugano e vedo quelli che stanno riportando indietro i soldi».

Ma il cantautore genovese veniva pagato in nero sì o no?

«Io l’ho ospitato tante volte con Ornella Vanoni, ma anche insieme con Grillo. Perciò lo chieda a Grillo (ride)».

Per loro stessa modalità di remunerazione: me lo può confermare?

«Era la stessa per tutti. Io adesso sto trattando per l’Expo. Hanno preso Andrea Bocelli non da me, da un inglese. Volevano un’altra star. Abbiamo tentato di affiancargli Angelina Jolie, ma Bocelli non ha voluto perché oscurava un po’ il suo nome. Allora abbiamo deciso di puntare su Jennifer Lopez. Ma con gli intermediari è la solita storia: costa 1,8 milioni, però bisogna dargliene "normali" (ufficiali ndr) 1,2. Tanto per dire. Non lo riporti, però, perché non abbiamo ancora firmato i contratti e faremmo brutta figura con la Lopez».

Ritorniamo alla coppia Grillo-Paoli. Mi può ribadire che facevano “nero” insieme?

«Ma sì. Guardi che se lo chiede a Grillo, lo ammette. Tanto dice che è tutto finito in prescrizione. In effetti sono cose di tanti anni fa».

E secondo lei anche Gino Paoli confermerebbe?

«(Liguori cambia all’improvviso registro) Gino Paoli non ricordo neanche... mi sembra di averlo pagato regolarmente. Anche perché il mio direttore, che è mio cognato, ha suonato per vent’anni con Paoli. Era capo orchestra. È stato lui a fare i contratti, non io».

Dunque con l’autore del “Cielo in una stanza” avete fatto tutto a regola d’arte?

«Mah. Io penso. Non sono in grado di dire né sì, né no».

Però quando è venuto con Grillo, l’accordo l’hanno fatto con lei?

«Naturalmente, li ho messi insieme io».

E in quell’occasione stesso pagamento per entrambi?
«Non so, perché Grillo è andato via prima. Paoli si è fermato sino a tardi con mio cognato che aveva accesso alla cassa».

Mi sembra di capire che lei sia troppo amico di Gino Paoli...

«È così».

Ci sono altri personaggi con cui ha avuto brutte esperienze?

«Io ho una causa con Teo Teocoli. Nel 1999 doveva fare una serata per la Confindustria, ma rinunciò per motivi di salute. Ho dovuto sostituirlo a mezzanotte con Giorgio Faletti che ho trovato all’ultimo momento vicino a Portofino; eppure Teocoli ha incassato diversi milioni dalla Confindustria. L’ho scoperto recentemente. Grazie a una vecchia fattura ho visto che in quell’occasione c’erano 1.100 persone per un conto totale di 94-95 milioni. A me ne hanno dati solo 72, perché avevano scalato il cachet di Teocoli. (Il 22 febbraio ndr) il suo avvocato mi ha mandato una lettera in cui diceva che se io avessi divulgato questa notizia mi avrebbero querelato. Io naturalmente sono andato subito a sporgere denuncia per appropriazione indebita e furto».

Altri personaggi con cui ha trattato?

«Io ho lavorato con Ornella Vanoni, Patty Pravo, Vasco Rossi, Claudio Baglioni e sono stati tutti pagati regolarmente. Senza nero».

In ogni caso, con tutto quello che guadagnano gli artisti, non le sembra un po’ scorretto che alcuni cerchino di evadere le tasse?

«E gli sportivi allora? Guardi Valentino Rossi. Mi sembra che abbiano trovato conti all’estero un po’ a tutti. Non dovete andare a toccare il nostro mondo. Compresi noi dei locali notturni. Sono stato al Covo 37 anni e avevo 40 locali contemporaneamente, tra Italia ed estero. Ovviamente, proprio per colmare i disavanzi causati dai pagamenti in “nero” delle “attrazioni”, quando si poteva, cercavamo di fare qualche biglietto in meno per la Siae».

Beh, sta dicendo che eravate costretti a costituire fondi neri per i compensi fuori busta degli artisti. Adesso sembra che abbiano trovato il tesoretto svizzero di Gino Paoli...

«Che è della sinistra estrema...».

Si definisce ancora "comunista".

«Appunto».

Eppure sembra abbia accantonato due milioni Oltralpe... Il suo guaio è che non è riuscito a riportarli indietro. 

«Gli do un consiglio: si deve mettere d’accordo con l’Agenzia delle entrate, pagare il 5 per cento e farli rientrare. Così sta più tranquillo».

Forse adesso è troppo tardi. La procura l’ha già indagato per evasione fiscale. In un’intercettazione avrebbe detto di aver ricevuto pagamenti in nero da parte degli organizzatori delle feste dell’Unità. Lo stesso trattamento di riguardo che gli ha riservato lei.

«Io non ho detto di averlo pagato in nero. Anche perché a volte, con i miei locali, guadagnavo un miliardo a sera e non potevo certo controllare tutti i conti. Ma adesso lasciamo perdere l’argomento perché io nel mondo dello spettacolo ci lavoro ancora».

"Siamo laureati, meritiamo di più" In Fiat 20 neoassunti mollano il posto

Alla Fiat di Melfi in 20 hanno rinunciato al lavoro: troppa fatica in catena di montaggio





C'è una scena epica accaduta allo stabilimento Fiat di Melfi che vale simbolicamente più di mille Jobs act. Un ingegnere neoassunto, tra i 300 appena imbarcati da Sergio Marchionne dopo il successo di Jeep Renegade e Fiat 500X, stava lavorando alla catena di montaggio. Poi il raptus: ha preso il paraurti che aveva in mano e lo ha scaraventato per terra. Basta, stop, quel lavoro non era proprio fatto per lui e non è stato il solo a gettare letteralmente la spugna.

Ingegneri ribelli - Mentre a Melfi si preparano ad accogliere altri 700 nuovi arrivi, dopo i primi 300, circa 20 giovani entrati in azienda come operai, scrive Repubblica, hanno abbandonato. "Sociologicamente - dice Roberto Di Maulo del sindacato Fismic - è una percentuale significativa", dal Lingotto minimizzano: "Non sono certo grandissimi numeri, appena si è diffusa la notizia delle nuove assunzioni a Melfi siamo stati sommersi dalle domande di lavoro. Ne sono arrivate decine di migliaia".

Incomprensione - Il problema sta tutto nei requisiti richiesti ai candidati: meno di 30 anni, diploma con voto minimo 85/100 o laurea. E sono proprio i secondi casi ad aver ceduto prima di tutti, per lo più laureati in ingegneria che non si aspettavano di finire a sporcarsi le mani nella catena di montaggio: "Ma nelle fabbriche moderne - spiega Fedinando Uliano della Fim - la distinzione tra colletti bianchi impegnati negli uffici e tute blu addette alla produzione è ormai superata". C'è chi dà la colpa ai ritmi di lavoro più serrati, richiesti dalla Fca e accettati dai sindacati per stringere i denti e tenere in piedi la baracca. Sta di fatto che gli ingegneri non se l'aspettavano quindi di fare gli operai, ma questo gruppo aveva un futuro di carriera e "diventare in futuro un team leader" secondo Uliano. I laureati forse si aspettavano di entrare da subito come impiegati, un misunderstanding avrebbe detto Marchionne. Con la disoccupazione giovanile al 40%, l'ultimo problema per l'azienda sarà trovare sostituti.