Matteo Renzi tra Italicum, Quirinale e Nazareno. Cosa succede dopo l'elezione del presidente: lo scenario
di Claudio Brigliadori
Sabato mattina, con ogni probabilità, il Parlamento eleggerà il nuovo presidente della Repubblica. Lo pensano in tanti, e lo auspicano altrettanti. Matteo Renzi ha già annunciato che le prime tre votazioni saranno interlocutorie, con gli onorevoli del Pd che presenteranno scheda bianca. Altrettanto faranno quelli di Forza Italia, parola di Giovanni Toti. O almeno questi sono gli ordini di scuderia, per depotenziare eventuali imboscate dei "franchi tiratori" presenti sia nel centrodestra sia nel centrosinistra.
"Salta il Nazareno? Vietnam" - L'intenzione di Renzi è quella di trovare un nome che piaccia a tutto il Pd, o che comunque metta in condizione i "dissidenti" di non poter dire no. Il guaio è che non è così sicuro che quel nome vada bene anche a Silvio Berlusconi. Il Cav vuole blindare il patto del Nazareno, che sulla questione Quirinale prevederebbe un accordo su "un solo nome forte e credibile", che resterà coperto fino all'ultimo momento utile per non bruciarlo. Unico paletto posto ad Arcore: va bene anche un presidente di sinistra, "Basta che non ci sia ostile". Di più forse si saprà martedì sera, quando Berlusconi, forse Toti e i capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani si recheranno al vertice con il premier Renzi per le consultazioni di rito. E "se dovesse saltare il Nazareno, il Parlamento si trasformerà in un Vietnam e Renzi andrà contro un muro", è il messaggio servito dagli azzurri. La partita è sfaccettata e complessa: c'è il Colle, sì, ma prima ancora c'è la legge elettorale il cui sì definitivo è atteso per martedì pomeriggio al Senato. Su questi temi Forza Italia appoggia Renzi, ma è pronta a fare ostruzionismo durissimo su tutto il resto nel caso ci scappi la (brutta) sorpresa sull'elezione del presidente. Se per ipotesi (inverosimile, per il momento) a determinare il nuovo presidente sarà una convergenza tra Pd e M5S, per esempio, gli azzurri lasceranno il Pd in balìa dei grillini. Effetto domino: anche Ncd, a quel punto, mollerebbe il governo e risulterebbe molto, molto complicato per Renzi restare a Palazzo Chigi, anche con eventuale rimpasto o nell'ipotesi di un Renzi-bis.
Il Pd: rischio di sfiducia - Una parte del Pd, invece, il problema di una crisi di maggioranza lo porrà già da domani sera. Perché come detto al Senato arriverà il via libera definitivo all'Italicum e dopo settimane di violenti scontri interni e minacce di scissione, sembra altamente improbabile che i dem si ricompattino votando il testo del governo sulla riforma elettorale. Se come probabile i dissidenti voteranno l'emendamento Gotor entrando di fatto nell'opposizione insieme a M5S, Lega Nord, Sel e parte di Forza Italia, Renzi si troverà nella paradossale di essere sostenuto da una maggioranza trasversale e diversa da quella che gli ha votato la fiducia nel gennaio 2014. E a metterlo in guardia da questa ipotesi è stato Davide Zoggia, deputato del Pd: "Se l'Italicum al Senato passerà con una maggioranza diversa da quella del governo, garantita solo dai voti di Forza Italia perché una discreta parte dei senatori Pd non l'avrà votata, sarà necessario un passaggio parlamentare per verificare la maggioranza di governo". Verifica, dunque, con la possibilità di una sfiducia. Altro pane per i franchi tiratori di ogni colore.