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lunedì 29 settembre 2014

L'ultimatum di Domnica al capitano-amante: "Hai sei giorni per dire la verità sulla Concordia"

L'ultimatum di Domnica: "Schettino, hai sei giorni per dire la verità"





Domnica Cemortan torna a farsi viva. La moldava che era in plancia di comando nella maledetta notte del naufragio della Costa Concordia all’Isola del Giglio lancia un ultimatum al comandante Francesco Schettino. E' il 24 settembre quando, come riporta il settimanale "Oggi", sulla sua pagina Facebook scrive in inglese: "Francesco Schettino, ti do sei giorni per dire la verità su quello che è successo immediatamente dopo aver dato l’annuncio di abbandono della nave. Solo sei giorni!". Domnica non aggiunge altro. Ma lascia intendere che al processo non è stato detto tutto.

Dopo aver dato l’annuncio di abbandono della nave, quel tragico 13 gennaio 2012 Schettino sarebbe salito al ponte 11 della Concordia proprio con Domnica e il maitre Ciro Onorato, per controllare la dritta della nave. "Ma cosa siamo andati a fare lassù?" dice Domnica. "Il comandante dice che doveva controllare il lato a dritta della nave, quello verso l’isola. Siamo sicuri che la racconti giusta? Per vedere le condizioni della Concordia non aveva bisogno di salire al ponte 11. Poteva farlo uscendo dalle alette sulla plancia comando, che sono fatte apposta per avere una visione sull’esterno della nave". Il suo ultimatum scadrà il 30 settembre e fino a quel giorno non intende parlare. Mancano ancora due giorni.

Detrazioni fiscali: ecco cosa salta sopra i 30mila euro di reddito

Renzi toglie 80 euro a 5 milioni di italiani

di Antonio Castro


Detrazioni fiscali nel mirino di Renzi e Padoan? L’ipotesi comincia a circolare con particolare insistenza e con preoccupanti dettagli. L’idea allo studio prevede di ridurre il rimborso fiscale in base al reddito del richiedente. Sopra i 30mila euro lordi l’anno, il rimborso fiscale che oggi è del 19%, scenderebbe al 17%, forse più in basso. A dire il vero sia il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, con i tecnici del Tesoro, da tempo stanno studiando il “malloppo Ceriani”, il monitoraggio (“tax expenditures”) di tutte quelle deduzioni e detrazioni fiscali che rimborsano il contribuente ma riducono l’incasso per l’Erario.

Per il momento sembra (?) essere stata accantonata l’idea di aggredire, per fare cassa, anche le detrazioni per lavoratori dipendenti (che si esauriscono a 55mila euro lordi): assegni per coniuge e figli a carico, intervento giudicato “socialmente e politicamente delicato”, tanto da aver sconsigliato qualsiasi variazione. Anzi si pensa di aumentare la detraibilità per famiglie numerose (poche). Anche per rispondere al Vaticano. Solo l’altro ieri la Conferenza dei vescovi (Cei), ha chiesto al governo di fare qualcosa «di concreto a favore» proprio delle famiglie. E limare le buste paga di chi ha familiari a carico sembra un’ipotesi repentinamente archiviata anche perché l’eventuale prelievo verrebbe immediatamente percepito (busta baga di gennaio).

Meglio quindi, sembra questa la riflessione politica, agire su altri fronti. Ovvero sui rimborsi fiscali 2015 (relativi ai redditi e alle spese del 2014). L’idea di base è quella adottata per concedere il bonus 80 euro, ma in senso opposto e penalizzante: tracciare una riga (soglia) oltre la quale i rimborsi fiscali diminuiscono progressivamente all’aumentare del reddito.

Tosare il ceto medio - Per avere un qualche ritorno in termini di risparmi, però, la soglia da prendere in considerazione deve scendere pericolosamente, andando ad aggredire chi ricco non è: l’ipotizzata soglia dei 30mila euro lordi individua una platea di contribuenti (sono 5,5 milioni) che può contare su uno stipendio mensile pari a circa 1.800 o più euro (per 13 mensilità).

Tax day il 15 ottobre - La Legge di stabilità 2015 si incammina rapidamente verso la presentazione europea (entro il 15 ottobre dovrà essere depositata a Bruxelles). Il Pil rivisto al ribasso per il 2014 e il 2015 certo non aiuta neppure il gettito fiscale. E a Via XX Settembre i tecnici stanno facendo girare i cervelloni per scovare parte dei 20/22 miliardi che serviranno per passare l’esame europeo e dare stabilità ai conti pubblici del prossimo anno. Si sta valutando (e Padoan lo ha detto chiaramente anche nell’intervista concessa a la Repubblica di mercoledì scorso), dove intervenire: la Legge di stabilità «prenderà in considerazione anche le tax expenditures, cioè deduzioni e detrazioni. A priori non ci sono voci che non vengono esaminate. Il che non vuol dire tagliare, ma valutare. Sarà una questione di scelte politiche».

Il tesoretto - E vediamo chi rischia: oltre 19 milioni di contribuenti chiedono ogni anno allo Stato il rimborso fiscale. Secondo i dati del ministero dell’Economia la "spesa complessiva sulla quale i contribuenti hanno potuto applicare la detrazione del 19% ammonta nel 2011 a 28.826 miliardi di euro, con un risparmio d’imposta di 5.477 milioni". Sono quasi 14 milioni i contribuenti che stanno sotto la soglia dei 30mila euro lordi di reddito. E, secondo simulazioni realizzate dagli economisti de lavoce.info "la riduzione di ogni punto percentuale della detrazione produce un incremento del gettito di 288 milioni di euro". E ancora: "Nel 2012 la detrazione del 19% ha fatto risparmiare a ogni contribuente mediamente 282 euro di Irpef. La riduzione di un punto percentuale della spesa detraibile comporta, pertanto, un aumento d’imposta medio di 15 euro". Sempre stando ai dati del Mef oltre i 30mila lordi sono annoverati circa 5 milioni e mezzo di contribuenti che godono sia delle detrazioni da lavoro dipendente (che si esauriscono oltre i 55mila euro di reddito lordo), sia delle detrazioni e deduzioni Irpef.

Scippo retroattivo - Se è vero che un lavoratore che incassa 300mila euro lordi l’anno (sono 40.615 quelli che che stanno in questa fascia di reddito) può serenamente sopravvivere anche senza parte del rimborso fiscale (694 euro quello medio), il problema è che un intervento retroattivo sui redditi e le spese 2014, violerebbe lo Statuto dei contribuenti. In teoria non si potrebbe cambiare le regole del gioco retroattivamente. Però è stato già fatto (governo Letta), con la “clausola di salvaguardia” introdotta nel 2014. Clausola che prevede proprio questo tipo di intervento per risistemare i conti: se non ci saranno tagli alla spesa - ha confermato Padoan alla Camera ad agosto - i contribuenti saranno chiamati a sopportare un aggravio fiscale di 3 miliardi di euro a partire dal 2015, con cifre poi crescenti. La legge di stabilità 2014 prevede già un intervento (sollecitato pure dal Fmi), per avviare "la revisione delle agevolazioni e detrazioni fiscali", tanto da "garantire 3 miliardi nel 2015, 7 nel 2016 e 10 nel 2017". Per farlo, però, Renzi dovrà approvare un decreto (Dpcm) entro il 15 gennaio per tagliare, eventualmente, proprio dove indicato dal suo predecessore.

Renzi piange: "I poteri forti vogliono farmi fuori, ma io non mollo"

Articolo 18, Matteo Renzi: "Vogliono farmi fuori ma non mollo". D'Alema: "E' istruito da Verdini e Berlusconi"




"L'Italia non è un paese finito", ha detto Matteo Renzi nel suo video-messaggio "aereo" di ritorno dagli Stati Uniti. La speranza di parte del Pd e della sinistra più radicale, però, è che a essere finito sia il suo governo. Sabato sono arrivati i messaggi chiari e tondi di Cgil e minoranza interna. Il segretario generale Susanna Camusso ha ribadito che se la riforma del lavoro sarà attuata per decreto dell'esecutivo allora sarà sciopero generale. Dal canto suo, Pippo Civati ha annunciato che se il premier toccherà l'articolo 18 allora il Partito democratico sarà a fortissimo rischio scissione. 

Messaggio ai poteri forti - Renzi ha chiaro che i movimenti intorno al Jobs Act, con tutte le minacce e le prevedibili ritorsioni, sono indirizzati non tanto al merito quanto agli equilibri politici, e dalle pagine di Repubblica in una lunga intervista a Claudio Tito parte al contrattacco: "I poteri forti vogliono sostituirmi? Ci provino ma non mollo". Suggestivo però che dal Corriere della Sera, non tenero con il premier nell'ultima settimana, ci sia un'altrettanto ampia intervista al suo diretto avversario interno, Massimo D'Alema: "Matteo è istruito da Berlusconi, Verdini e dai vecchi di Forza Italia". Non male, come assist per la mediazione.

D'Alema: "Articolo 18? Un favore all'Europa" - "Renzi è in difficoltà con Bruxelles. Per questo vuole abolire l'articolo 18", è l'attacco di D'Alema, che punta il dito sull'operazione che vuole condurre alla modifica dello statuto dei lavoratori, anche a costo di rompere con la minoranza del Pd: "Sull'articolo 18 - spiega - è in atto un'operazione politico-ideologica che non corrisponde a nessuna urgenza, non esiste un'emergenza legata alla rigidità del mercato del lavoro". Rompere con la minoranza interna e il sindacato, sospetta D'Alema, sarebbe un modo per "lanciare un messaggio all'Europa e risultare così affidabile a quelle forze conservatrici che restano saldamente dominanti. Spero che Renzi si renda conto che una frattura del maggior partito di governo non sarebbe un messaggio rassicurante".


domenica 28 settembre 2014

Scattano i controlli sulla tassa rifiuti La guida per evitare di restare fregati

Tassa rifiuti, scattano i controlli. Ecco come difendersi




Scattano i controlli sulla tassa rifiuti. Dopo il lavoro svolto per introdurre la nuova Tari, gli uffici tributari degli enti locali sono impegnati in queste ore nell'accertamento delle annualità pregresse. I controlli avviati da parte dei funzionari comunali hanno generato il caos agli sportelli. E "Il Sole 24 Ore" pubblica oggi una guida per i contribuenti con cui verificare la correttezza degli accertamenti anche al fine di escludere eventuali errori.

L'importanza della ricevuta di versamento -  E' possibile che il contribuente abbia regolarmente effettuato il versamento, che non risulta invece contabilizzato dall'ente per un disguido nell'inserimento dei dati oppure per un errore in sede di pagamento (dipeso ad esempio dall'utilizzo dell'F24). In tal caso il contribuente deve reperire la ricevuta di versamento ed esibirla all'ente al fine della corretta imputazione.

Verificare eventuali errori di calcolo - Dopo aver verificato la corrispondenza dei pagamenti sulla ricevuta (da conservare per almeno cinque anni), occorre escludere la presenza di eventuali errori di calcolo, seguendo il percorso logico effettuato dall'ente per il conteggio del tributo e relative sanzioni. Potrebbe trattarsi di una verifica complessa, perché occorrerebbe munirsi di tutti i dati necessari, a partire dalle delibere tariffarie e dagli altri parametri relativi in particolare alla base imponibile.

Nel mirino dei controlli anche le quote - Tra gli errori commessi da alcuni Comuni, specie nel passaggio dalla Tarsu alla Tares, spesso ricorre il calcolo della quota variabile delle utenze domestiche, che va computata una sola volta a prescindere dal numero delle pertinenze. Ipotizziamo di avere un'utenza dalla superficie complessiva di 150 mq., composta da un appartamento (100 mq), un garage (30 mq) e una cantina (20 mq). Consideriamo un nucleo familiare di 4 componenti a cui corrisponde una quota fissa di 0,8 €/mq e una quota variabile di 30 euro, secondo il piano tariffario stabilito dall'ente. Applicando il metodo normalizzato (Dpr 158/99) dovremmo avere una quota fissa pari a 120 euro (0,8 x 150 mq.) e una quota variabile di 30 euro, quindi il contribuente dovrebbe pagare complessivamente 150 euro. Il comune potrebbe però aver moltiplicato la quota variabile per tre unità (abitazione e 2 pertinenze), falsando così l'importo finale che lievita a 210 euro.

La superficie campanello d'allarme per i controlli - Un ulteriore controllo, per verificare la correttezza dei versamenti effettuati, va effettuato sulla superficie indicata nell'avviso di pagamento della tassa rifiuti: potrebbe costituire un vero rompicapo per il contribuente. Al momento non è ancora entrata "a regime" la regola dell'80% della superficie catastale, quindi il Comune può aver utilizzato il dato della superficie "calpestabile" oppure di quella "catastale".

Le sanzioni in caso di errori sugli importi - Da questi primi sommari controlli, se risultassero sbagliati gli importi dei versamenti effettuati, il contribuente potrebbe incorrere in alcune sanzioni. Gli eventuali errori emersi ovviamente si riflettono sul calcolo finale e quindi anche sull'importo delle sanzioni, calcolate in percentuale: 100% per omessa denuncia, 50% per infedele denuncia, 30% per omesso versamento. L'ente potrebbe comunque contestare con un unico avviso più annualità (ad esempio dal 2010 al 2013): in tal caso le sanzioni non vanno sommate (c.d. cumulo materiale) ma va applicata la sanzione più grave aumentata dalla metà al triplo (c.d. cumulo giuridico). 

L'avviso di accertamento deve riportare i dati  - Gli avvisi di accertamento che contestano i versamenti relativi alla tassa rifiuti vengono generalmente redatti e stampati con strumenti informatici, quindi non si può pretendere la sottoscrizione autografa del funzionario responsabile. D'altronde è la stessa legge che consente di sostituire la firma con il nominativo stampato sull'atto (articolo 1 comma 87 legge 549/95), purché siano indicati gli estremi del relativo provvedimento (Cassazione 23976/2008 e 3941/2011). 

L'avviso di accertamento va notificato correttamente - Se ti contestano il versamento della tassa rifiuti di qualche anno fa, non è detto che l'avviso di accertamento ricevuto sia stato inviato in modo corretto. Tra i vizi formali che vengono frequentemente contestati in sede giudiziaria rientrano quelli relativi al procedimento di notifica degli avvisi. Sul punto va chiarito, anche al fine di evitare inutili contenziosi, che il comma 161 della legge 296/2006 consente al Comune di effettuare la notifica anche a mezzo di semplice raccomandata con ricevuta di ritorno, senza utilizzare la busta verde prevista per gli atti giudiziari. Il Comune non può invece affidarsi agli addetti del servizio di posta privato, poiché non rivestono la qualifica di pubblici ufficiali.

L'istanza di autotutela per difendersi - Il contribuente a cui venissero contestati i pagamenti relativi alla tassa rifiuti, dopo aver effettuato i primi controlli, potrebbe valutare l'opportunità di presentare un'istanza di riesame in autotutela, prima di esperire la via giudiziaria. L'autotutela è il rimedio più idoneo per richiedere la correzione di errori materiali di calcolo oppure la mancata considerazione di pagamenti del tributo. Occorre tenere sotto controllo i tempi al fine di rispettare il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica dell'accertamento.

Sciopero generale e scissione del Pd Articolo 18: minacce incrociate per Renzi

Articolo 18, minacce incrociate per Matteo Renzi. Camusso (Cgil): "Sciopero generale". Civati (Pd): "Scissione"




Da una parte lo sciopero generale, dall'altra la scissione del Pd. Sono le due minacce che il premier Matteo Renzi si trova a superare sulla strada del Jobs Act e dell'abolizione dell'articolo 18. Il segretario della Cgil Susanna Camusso è chiara: se il governo proseguirà sulla riforma del lavoro attraverso un decreto, "saltando" il confronto con le parti sociali e il Parlamento, il sindacato e i suoi iscritti scenderanno in piazza. E nel frattempo il sindacato rosso ha già indetto una grande manifestazione a Roma, il prossimo 25 ottobre.

La Camusso: tutti uniti contro il governo - Per la leader della Cgil, intervenuta all'assemblea nazionale della Fiom, "bisogna costruire un punto di tenuta sui contenuti" perché "non si può offrire l'idea di lavoro, di libertà del lavoro, di universalità dei diritti dando l'impressione che il sindacato non è unito su queste cose". "Abbiamo tanto da discutere - ha ammesso la Camusso -. Ho sentito le affermazioni di un segretario dimissionario (Raffaele Bonanni della Cisl, ndr) che mi hanno fatto pensare che non ci fosse il necessario rispetto nei confronti della Cgil, ma credo che dobbiamo guardare davvero un po' in avanti". 

Civati: "Rischio scissione nel Pd" - E avanti guarda, a modo suo, anche Pippo Civati: il terzo incomodo nelle ultime primarie democratiche, quelle che hanno visto trionfare Renzi, è tornato ad alzare la voce cercando di radunare intorno a sé la fronda Pd più allergica ad ogni "rivoluzione" sul tema di lavoro e articolo 18. Jobs Act sì, ma il "totem" dello Statuto dei lavoratori non si deve toccare: "Altrimenti c'è il rischio di scissione". Questo mentre uno dei leader della minoranza Sinistradem, Gianni Cuperlo, sembra frenare il dissenso: "Si cambia l'Italia unendo le sue energie sane e migliori. Se questa è la sfida, ognuno di noi la deve affrontare con la maturità che richiede. Mai come adesso, si vince o si perde assieme. Faccio appello al premier e segretario del Pd perché assuma una posizione coerente col profilo della principale forza del progressismo e del socialismo europeo". Quindi la proposta: "Servono risorse certe, e per questo è giusto saldare il confronto sul Jobs Act a quello sulla legge di stabilità. Ciò che promettiamo dobbiamo mantenere. Sull'articolo 18, nessuno ritiene abbia un peso nella sfida del cambiamento. La riforma Fornero ha già ridotto confini e impatto della vecchia norma. Il punto è prevedere che a fronte di un licenziamento discriminatorio, illegittimo o privo di motivazioni, alla fine della prova la possibilità di reintegra venga mantenuta come accade in Germania".

Cosa sta succedendo a Repubblica? Redazione in rivolta "Basta, quella firma ormai fa solo marchette alla Rai"

Repubblica, dopo Spinelli e Maltese, cdr contro Giovanni Valentini: scrive "marchette" per la Rai




Grossi guai a Repubblica. Ormai è ufficiale: i giornalisti di largo Fochetti sono in guerra contro le grandi firme del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Una polveriera in cui il comitato di redazione chiede da settimane al direttore Ezio Mauro di intervenire per mettere un po' d'ordine tra le scrivanie, tra gente eletta all'Europarlamento che non rinuncia al (lauto) stipendio per vergare i propri editoriali e altri colleghi che si esibiscono in imbarazzanti "marchette" (auto) promozionali, come nell'ultimo caso di Giovanni Valentini. Vuoi vedere che il giornale-partito è simile in tutto e per tutto ai più classici partiti-partiti?

Spinelli e Maltese allarme rosso - Il 2014 caldissimo di Rep è iniziato con il "balletto" di Barbara Spinelli, storica penna prestata alla politica. Candidata alle Europee con l'ultra-sinistra della lista Tsipras "solo per dare visibilità ai compagni", aveva promesso di cedere il seggio se eletta. Solo che eletta lo è stata per davvero, e al seggio non ha rinunciato (senza peraltro farsi vedere mai a Strasburgo). Caso simile quello di Curzio Maltese, pure lui eletto con Tsipras. All'Europarlamento ci va e il problema è questo: il prestigioso giornalista pretende di ricevere l'emolumento per il proprio incarico politico mantenendo quello per la collaborazione con Repubblica. Mauro gli aveva proposto di continuare a scrivere gratuitamente, anche per dribblare possibili sospetti di conflitto d'interessi, ma Maltese tiene duro, anche perché sa di poter sempre agitare lo spauracchio di una causa civile.  

Il caso Valentini - Ma c'è un altro compagno che rivendica i propri diritti, alla faccia di stagisti e precari vari. E', appunto, Valentini. Dagospia ha pubblicato la lettera del cdr e i contenuti sono, per così dire, piccanti. "Nel corso dell'estate abbiamo formalmente sollevato con la direzione (attraverso uno scambio di mail che ha coinvolto anche il collega interessato) la per noi decisiva questione dell'oggettivo conflitto di interessi in cui è venuto a trovarsi Giovanni Valentini allorché, nella sua rubrica, ha espresso giudizi lusinghieri sulle scelte di programmazione della dirigenza Rai, pur trovandosi nella condizione di essere in quel momento in trattativa con la stessa dirigenza Rai per una possibile collaborazione remunerata". Il problema è che Valentini nel suo Sabato del villaggio ha perseverato, firmando un secondo articolo assai benevolo nei confronti di Petrolio, programma condotto da Duilio Giammaria. Peccato che nella puntata recensita fosse ospite (gratuito), guarda un po', proprio Valentini. L'editorialista dapprima ha replicato sostenendo di tenere più a Repubblica che alla Rai, comunicando di aver sospeso ogni trattativa ("Senza l'intervento del Cdr - ribattono i colleghi - avrebbe potuto percepire compensi dalle persone e dell'azienda di cui aveva scritto su Repubblica") e poi a sua volta ha accusato i membri del cdr di volerlo censurare. Ma al comitato di redazione le spiegazioni di Valentini non bastano, anzi, e chiedono di non alimentare spiacevoli conflitti d'interessi. La risposta della firma sotto accusa è arrivata ancora una volta a mezzo stampa, cioè su Repubblica: l'ultima puntata della sua rubrica è in pratica uno spot per la Rai, un invito a evitare noiosi talk show e guardare in tv Italy in a day, docu-film di Gabriele Salvatores realizzato su invito, il caso, di Rai Cinema. 

sabato 27 settembre 2014

Grandi manovre dei centristi per spingere Silvio in maggioranza

Il piano dei centristi per portare Silvio al governo

di Franco Bechis 


Ogni due tre giorni una riunione. Ieri incontro ufficiale fra rappresentanti di partito. Qualche giorno prima si sono visti in maniera più carbonara alcuni senatori e una manciata di deputati. La prossima settimana dovrebbero incontrarsi alla luce del sole anche alcuni gruppi parlamentari. Sono in corso grandi manovre al centro del centrodestra italiano.

Ne sono protagonisti Mario Mauro, Pierferdinando Casini, alcuni esponenti del Ncd come Renato Schifani e Giuseppe Scoppelliti, membri del gruppo parlamentare di Gal al Senato, e in maniera più defilata (ma compiaciuta) anche Silvio Berlusconi. Ufficialmente il tentativo - non proprio nuovissimo - è quello di mettere insieme dentro e fuori dal Parlamento e riunire in un solo gruppo chiunque si riconosca nel partito popolare europeo. Ed è quel che ammette lo stesso Mauro, che si intesta la regia dell’operazione: «mi sembra naturale farlo. È quello che ho sempre desiderato, e mi sono impegnato a realizzarlo con i vertici del Ppe. Al momento stiamo tessendo la tela fra Popolari per l’Italia, Udc e Ncd pensando a una fusione dei gruppi parlamentari. Ma naturalmente è benvenuta anche Forza Italia, visto che il Ppe è il suo riferimento ufficiale in Europa. Si è vero, ci stiamo incontrando non solo per discutere, ma anche per pensare gli aspetti operativi. E ci vedremo anche la prossima settimana».

Fusione fredda - Detto così il progetto di una fusione fredda, perseguito dai tempi in cui i numeri di quell’area politica erano ben più consistenti degli attuali. Ma sotto la coltre dell’ufficialità si sta muovendo qualcosa di ben più caldo. L’idea concreta è quella di creare un nuovo gruppo parlamentare che diventi una sorta di terra di mezzo fra l’area di governo classica e quella di opposizione più morbida. Potrebbe essere vista così, o anche come una sorta di ponte parlamentare fra il Pd di Matteo Renzi e Forza Italia. Chi muove la costruzione punta da un lato ad assorbire parte del Nuovo centro destra non particolarmente soddisfatto della strategia di Angelino Alfano e più timoroso dell’immediato futuro. Una decina di senatori (l’area sarebbe quella calabro-siciliana) pronto a trasferirsi lì insieme a Popolari per l’Italia, Udc e qualche senatore di Gal, attendendo anche un distacco di una parte dei senatori di Forza Italia.

Anche se il gruppo dovrebbe coccolare malumori esistenti sia nelle fila Ncd che in quelle azzurre, formalmente la creazione del gruppo della terra di mezzo non avrebbe toni polemici o particolarmente battaglieri nei confronti di chi guida i due partiti. Anzi si offre come ponte per la loro riconciliazione. Secondo alcune indiscrezioni chi è tentato dal passaggio ne avrebbe parlato con lo stesso Silvio Berlusconi ottenendo se non un via libera formale, almeno un interesse di massima. Che cosa dovrebbe fare il nuovo gruppo? L’idea è quella di condizionare Renzi più di quanto non riesca oggi a Ncd, perché se l’operazione dovesse riuscire, il governo senza quei numeri non avrebbe più la maggioranza. Tre gli obiettivi principali: grazie a quel condizionamento, allungare la vita della legislatura evitando ogni tentazione di Renzi di andare ad elezioni nella primavera 2015; cambiare radicalmente quell’Italicum che è stato disegnato su un quadro politico che probabilmente non esiste più, e infine creare le condizioni per un successivo ingresso di tutta Forza Italia nella maggioranza di governo.

Desideri e malumori - Desideri e maldipancia si uniscono con facilità in un progetto di questo tipo. Si borbotta in casa Ncd, sia per ragioni di emarginazione interna, sia per la sensazione che non sia così fruttuoso continuare a fare la ruota di scorta di un leader di governo che ti scarica addosso tutti i problemi e gli insuccessi e nei rari casi di successo, non ne divide con alcuno i frutti. A non pochi di questi pontieri preme anche una sorta di assicurazione sul futuro politico. Che sarebbe facilitata se con l’operazione terra di mezzo riuscissero davvero a imporre con la forza dei numeri l’ingresso strisciante di Forza Italia nella maggioranza attuale.