Visualizzazioni totali

giovedì 3 luglio 2014

Su Twitter Raitre si spacca sui gay. "Che schifo il Pride".E Andrea Vianello: "Inqualificabile". Volano insulti

Rai, polemica sui gay. Danilo Leonardi: "Che schifo il Pride". Andrea Vianello: "Inqualificabile". Volano insulti



 "Opinioni inqualificabili, le disapprovo totalmente". A parlare è Andrea Vianello, giornalista e direttore di Raitre, che così ha commentato i tweet di Danilo Leonardi, produttore esecutivo di Correva l'anno, programma storico-culturale della terza rete. La colpa di Leonardi è stata quella di aver espresso, a volte con passaggi non educatissimi, opinioni sia sui pedofili ("Fanno tutti schifo" e "la stragrande maggioranza sono gay") e il Gay Pride ("Che schifo Palermo invasa dall'onda del Pride, meglio il califfato che la coppia Crocetta-Orlando"). 

Insulti e polemiche - Tempo qualche ora e sul profilo Twitter di Leonardi piovono insulti e lui reagisce così: "Una valanga di simpatici gay si è offesa perché ho detto che i gay pride fanno schifo. Poi hanno minacciato denunce e anatemi. # poverini". Vianello, sempre su Twitter si dissocia: "Quello che @laudan62 scrive qui sono sue opinioni che nulla hanno a che fare con la Rai". Oggi, dopo un paio di giorni di veleni, Leonardi si è cancellato da Twitter, per la gioia dei critici. Solo Mario Adinolfi, ex parlamentare Pd, si era espresso a suo favore: "@andreavianel @laudan62 Solidarietà a Danilo, oggetto di insulti vergognosi e di un'aggressione insensata per aver espresso un'opinione".

Il Fisco sbaglia una volta su due: ecco quando conviene il ricorso

Il Fisco sbaglia una volta su due: nella metà dei ricorsi vince il contribuente



Anche se la burocrazia non aiuta, gli avvocati costano tanto e si perde un sacco di tempo, quando il Fisco manda a chiamare un'impresa per contestargli qualcosa, conviene fare ricorso. Lo dimostrano i numeri del ministero dell’Economia pubblicati da Repubblica: solo nei primi tre mesi di quest’anno si sono conclusi con un esito completamente favorevole ai contribuenti dei contenziosi tributari per un valore di 3,6 miliardi. Una somma maggiore rispetto a quella per la quale la vittoria in tribunale è andata agli uffici dello Stato, che è di 3,5 miliardi. In pratica per oltre metà degli importi è il contribuente a vincere.

250mila ricorsi - Ovviamente quando è trascinato nella lite fiscale, l’imprenditore deve combattere con tribunali e parcelle degli avvocati per 865 giorni e per questo spesso preferisce non perdere tempo e denaro e pagare. L'anno scorso, però, sono stati presentati più di 250 mila ricorsi fiscali per un totale di 35 miliardi di tasse reclamate dallo Stato. In questo momento, le cause di natura tributaria aperte in Italia sono oltre 650 mila: un’impressionante drenaggio di risorse, di tempo e denaro dalla produzione alle dispute su conti bancari, fatture e cartelle esattoriali.

I costi - Presentare un ricorso, poi, non è sia così semplice. Per fare causa allo Stato, spiega Federico Fubini, su un contenzioso fiscale fino a pochi anni fa si doveva pagare una tassa di circa 150 euro, che ora è diventata un «contributo unificato» da 4.500 euro. Non solo. Come spiega Repubblica negli ultimi anni, fin da quando Giulio Tremonti era ministro dell’Economia, le agenzie dello Stato si sono dotate di strumenti di potere assoluto. Oggi è possibile reclamare versamenti al fisco sulla base di presunzioni astratte: la Guardia di Finanza o l’Agenzia delle Entrate, a sorpresa, possono chiedere a un’azienda di giustificare tutti i movimenti bancari di molti anni prima entro due settimane e, se mancano le carte, mandare subito una cartella esattoriale. Se l’imprenditore è in regola, potrà poi vincere il contenzioso all’ultimo grado di giudizio in Cassazione: ma intanto avrà pagato, sostenuto le spese legali, e riavrà indietro il proprio danaro in media dopo dieci anni. Non sempre le regole sono simmetriche. Quando è l’ufficio pubblico a vincere la causa in tribunale, ha diritto a un terzo della somma in gioco subito, a un terzo dopo il primo grado e al saldo in appello. Al contrario, l’imprenditore inizierà ad essere rimborsato solo dopo aver vinto in Cassazione.

Imprese chiuse - Infine c’è poi una norma, introdotta sotto Tremonti, che continua a provocare la chiusura di un gran numero di imprese. Lo Stato, ricorda Repubblica, può imporre un sequestro preventivo dei beni dell’impresa anche se presume l’evasione senza indizi specifici e vi aggiunge un’ipotesi di reato penale. Basta una notifica della Guardia di Finanza o dell’Agenzia delle Entrate a una Procura. In quel caso scattano i sigilli sull’azienda - l’imprenditore è già un presunto colpevole e subito le banche ritirano i finanziamenti perché mancano le garanzie. La società di conseguenza chiude i battenti, licenzia e non produce più un solo euro di tasse negli anni seguenti: un’iniziativa dello Stato che mirava a far emergere del gettito fiscale, finisce per inaridirlo e distruggere posti di lavoro.

mercoledì 2 luglio 2014

I banchetti di Renzi al governo Così ingrassa a spese nostre Ecco quanto costano i suoi pasti

Buffet da mille euro alla volta: così Matteo ingrassa



In poco più di un mese il premier e il suo staff hanno speso oltre 13mila euro in catering




Non si può dire che a Palazzo manchi l’appetito. In poco più di un mese (dal 29 aprile al 10 giugno scorso) l’ufficio del segretario generale della presidenza del Consiglio ha ordinato catering e fatto spesone alimentari per i piani alti del governo (si occupa del premier Matteo Renzi, del suo staff e dei sottosegretari alla presidenza) per 13.186,4 euro. La grande fame di Matteo & C emerge dalla tabella excel che ormai rappresenta l’unica forma di diffusione delle forniture di palazzo Chigi e che di giorno in giorno viene aggiornata con i nuovi ordinativi effettuati dalle varie strutture.

La prima spesona porta la data del 29 aprile scorso, e il nuovo governo ha scelto di bussare alla porta del pizzicagnolo di fiducia del predecessore: da Leonida Bucchi (supermercati Crai) dove risultano spesi 3.439,10 euro dalla segreteria generale in «fornitura generi alimentari». Che cosa sia stato acquistato per quella somma non proprio irrilevante è ormai un mistero. Sotto Letta a fianco di forniture simili (sia pure per cifre sempre minori) si allegava la lettera o il contratto dell’ordinativo dove erano elencati tutti i generi di prima necessità acquistati. Arrivato Renzi a palazzo Chigi, la trasparenza è stata la prima cosa a venire meno, e così i contratti non sono più a disposizione né degli operatori dell’informazione né dei cittadini che avrebbero diritto a vigilare sulle spese di palazzo. Si possono solo elencare le varie spese.

Depardieu scatenato contro i registi italiani: "Sono tutti comunisti, vi dico perché"

Depardieu: i registi italiani sono tutti comunisti



Gérard Depardieu intervistato dal Corriere della Sera, sarà protagonista al Festival di Spoleto con lo spettacolo Love Letters di Gurney. "E' uno spettacolo molto intimista, siamo solo in due sul palco, Anouk Aimée e ol sottoscritto". Poi parla di tasse e dell'accusa di aver preso la cittadinanza russa per evitare di pagare le tasse: "Non sono andato a Mosca per evadere le tasse ma perché Putin mi ha dato un passaporto e perché mi piace la letteratura russa. Non è una questione di soldi, io vengo dalla terra, sono nato povero sai che me ne frega dei soldi. Amo più di tutto l'Italia e la Russia dove non conosco nessuno, specialmente i giornalisti. In Francia dicono che Putin è un dittatore, io dico solo che cerca di fare il meglio per il suo Paese. Intanto in Francia hanno ucciso i piccoli agricoltori, quanto alla cultura ad Avignone gli attori protestano...Non ci sono più i Festival in Francia, solo bagarre.. Bisogna viverci in un Paese prima di criticarlo". Poi l'affondo sui registi italiani.

La politica - Parlando di Ettore Scola che lo ha accusato di essere un evasore fiscale e che per lavorare insieme deve esserci stima reciproca, lui risponde. "Abbiamo un progetto per un film, una bellissima storia di cui non voglio parlare. Prima Scola non voleva farlo perché lo produceva Berlusconi e ora non so. Non credo che troveremo i soldi. Amo Ettore Scola anche se mi ha crtiticato. Io non sono né di destra né di sinistra glielo dissi tanto tempo fa a Bertolucci, voi registi italiani siete tutti comunisti, avete case dappertutto. Mi rispose che in Russia è pieno di Mercedes. Io sono un essere vivente, mi piace la vita. Sono un cittadino del mondo, in Russia sono un viaggiatore e basta". 

martedì 1 luglio 2014

Arrestato l'ex presidente Sarkozy L'accusa: "Ha corrotto un giudice" Le telefonate segrete e la promessa

L'ex presidente Sarkozy in stato di fermo 


E' stato arrestato con l'accusa di concussione l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy. Dal 26 febbraio, Sarkozy è al centro di un’inchiesta giudiziaria che si occupa di intercettazioni e violazione del segreto istruttorio. Sarkozy era arrivato stamane presso l’ufficio centrale di lotta contro la corruzione e le infrazioni finanziarie e fiscali della polizia giudiziaria di Nanterre per essere interrogato. Secondo le prime informazioni l'accusa è di corruzione. Gli inquirenti stanno indagando sulla possibilità che Sarkozy abbia tentato di ottenere informazioni da un magistrato su una inchiesta che lo riguardava, in cambio della promessa di un ruolo di prestigio. L’avvocato di Sarkozy, Thierry Herzog, è stato arrestato ieri. Lo stesso due magistrati della Corte di Cassazione, Gilbert Azibert e Patrick Sassoust.

Il fermo, il cosiddetto regime di ’garde a vue', è una misura assolutamente inedita contro un ex inquilino dell’Eliseo. Gli inquirenti possono trattenere Sarkozy per 24 ore, con la possibilità eventuale di estendere il fermo per un’altra giornata. La polizia giudiziaria sta cercando di capire se l’ex capo di Stato e il suo entourage crearono una ’rete' di informatori per essere aggiornati sull'evoluzione dei processi giudiziari che minacciavano Sarkò, nell’epoca in cui fu capo di Stato tra il 2007 e il 2012.

Il vampiro Suarez chiede scusa a Chiellini: "Mai più morsi"

Il vampiro Suarez chiede scusa a Chiellini: "Mai più morsi"



Dopo aver minimizzato quanto accaduto e negato quasi l’evidenza, dicendo che il morso a Giorgio Chiellini era frutto di una perdita di equilibrio, Luis Suarez ora fa mea culpa e chiede scusa. Squalificato per nove partite e interdetto da qualsiasi manifestazione calcistica per i prossimi 4 mesi per l'azzannata rifilata al difensore dell'Italia nell’ultima gara del girone mondiale fra Uruguay e Italia del 24 giugno, l’attaccante del Liverpool ha diffuso una nota in cui fa pubblica ammenda, chiedendo scusa a Chiellini e al mondo del calcio. A distanza di poco tempo arriva la risposta di Chiellini sul suo profilo Twitter: "È tutto dimenticato, spero che la Fifa diminuisca la tua squalifica".

Lacrime da coccodrillo - "Dopo diversi giorni a casa con la mia famiglia - scrive il centroavanti della Celeste - ho avuto l’opportunità di recuperare la calma e riflettere su quanto realmente accaduto. A prescindere dalle polemiche e dalle dichiarazioni contraddittorie che si sono prodotte in questi giorni, il tutto senza aver mai voluto danneggiare la mia nazionale, la verità è che il mio collega Giorgio Chiellini ha sofferto le conseguenze fisiche di un morso nello scontro col sottoscritto. Per questo esprimo profondo rammarico per quello che è successo, chiedo scusa a Chiellini e all’intera famiglia del calcio e mi impegno pubblicamente perchè un episodio simile non accada mai più". Difficile da credere dato che sono le stesse parole che aveva già espresso dopo gli altri due morsi rifilati a Ivanovic nel match tra Liverpool e Chelsea e quello del novembre 2010 a Bakkal del Psv.

Brembate, L'ARMA DEL DELITTO Spuntano due coltelli di Bossetti: Ecco perché possono incastrarlo

Brembate, L'ARMA DEL DELITTO  Spuntano due coltelli di Bossetti:   Ecco perché possono incastrarlo


Yara, spunta la presunta arma del delitto


Un'altra grana per Massimo Bossetti. Spuntano due lame sospette dagli attrezzi del muratore bergamasco sequestrati dal Ris di Parma. Due coltellini piuttosto corti, che potrebbero corrispondere alle dimensioni indicate dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo e messe nero su bianco dal gip Ezia Maccora nella sua ordinanza: uno spessore minimo di 0,2 millimetri e una lunghezza di almeno due centimetri. La compatibilità tra gli le lame e le ferite sul corpo di Yara emergono da uno studio approfondito delle ferite sul corpo di Yara Gambirasio: il cadavere "presenta almeno otto lesioni da taglio e una da punta e taglio, al collo, ai polsi, al torace, al dorso e alla gamba destra, senza che vi siano presenti lesioni tipicamente da difesa".

Le ferite e il coltello - Una di quelle due lame sul retro dell’abitazione di Mapello secondo gli inquirenti potrebbe essere l’arma utilizzata per seviziare la giovane vittima. L’assassino non ha semplicemente colpito Yara con un oggetto contundente. Ha infierito sul suo corpo, probabilmente quando la ragazzina era già priva di sensi: la lunghezza delle lesioni rilevate non va oltre i due centimetri. Sarà il Ris a dire se sui due coltelli sequestrati, in mezzo a tanti altri attrezzi, è possibile trovare tracce biologiche utili per l’inchiesta, anche se il pessimismo in questo caso è d’obbligo, essendo passati più di tre anni e sette mesi dall’omicidio. Ma in seconda battuta potrebbe essere l’anatomopatologa a esprimere un parere sulla compatibilità tra le ferite sul corpo di Yara e le lame ora in possesso degli inquirenti.