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sabato 7 giugno 2014

Suor Cristina stravince ma ora per cantare aspetta la benedizione

Suor Cristina stravince ma ora per cantare aspetta la benedizione


di Paolo Giordano 


La religiosa è ormai un fenomeno mondiale anche se per settimane non potrà pubblicare cd Lei dice: «Sono nelle mani della Provvidenza» Però a decidere saranno i suoi superiori



A un certo punto, all'una e rotti di notte dopo la finale di The Voice, Suor Cristina aveva gli occhi sbarrati dalla stanchezza: «Ma come, mi avevate detto che sarebbero state tre domande e invece siamo già a sette...». Di fianco a lei, Suor Agata, la sua «superiora» quasi infastidita dal mitragliare dei flash. Gli effetti paradosso della celebrità improvvisa. Poco prima, giusto il tempo di ricevere il primo premio di un talent che alla serata finale ha raggiunto 4 milioni e 100mila telespettatori con share del 21.03 per cento, aveva fatto recitare il Padre Nostro a uno studio sbigottito perché cantare la preghiera delle preghiere di fianco all'ateo JAx e, soprattutto, a el Diablo Piero Pelù garantiva un effetto quantomeno straniante. «Ne parlerò ancora con i superiori, sono nelle mani della Provvidenza», ha poi detto a botta calda Suor Cristina, 25 anni da Comiso provincia di Ragusa, ormai fenomeno mondiale visto che alla finale di The Voice c'erano giornalisti della Bbc e di alcune testate sudamericane a garanzia di un effetto Bergoglio che si dilata anche nel mondo dell'intrattenimento. «Ho fatto voto di povertà» ha subito detto Suor Cristina, che alla finale è stata accompagnata da padre madre e fratello sempre però ben lontani dai riflettori. 
Lei è realmente un mistero.

A volte, di fronte alla platea di cinici giornalisti, sembrava uscita da una candid camera tanto erano inattese le sue parole. In ogni senso. Da una parte, «ho fatto cantare il Padre Nostro perché Dio è il mio sposo». Dall'altra, «l'evangelizzazione non esclude che io faccia un tour mondiale». Prima «non ho ancora fatto voto eterno per essere suora, ma il 29 luglio rinnoverò quello per tre anni». Poi «se dovessi incidere un disco, i miei testi parleranno d'amore con un linguaggio capace di arrivare a tutti». In sostanza, per noi mortali Suor Cristina Scuccia è un grande mistero. Ma non solo per noi. Anche per la casa discografica che da contratto deve promuovere il disco del vincitore di The Voice. Il brano inedito cantato durante la finale (l'interlocutorio Lungo la riva di Neffa) è stato presentato senza abbinamento a nessun editore musicale. E, a quanto pare, per molte settimane a venire non è prevista alcuna pubblicazione di un intero cd a nome di Suor Cristina. Come si sa, la sinergia tra tv e mercato discografico ormai è strettissima e inevitabile e il ritardo di settimane nella pubblicazione del disco del vincitore di un talent potrebbe essere un handicap non indifferente. Tanto più se nel giorno stesso della vittoria ancora non si sa che cosa succederà. 

D'altronde mai era successo che una suora orsolina vincesse un talent show sull'onda dei complimenti globali di superstar come Alicia Keys o Whoopy Goldberg (comunque ha preso il 62 per cento del televoto, non un plebiscito c'è da dire). E se può sembrare piuttosto inconsueto che, dopo mesi di risonanza mondiale, nessuno abbia preso ancora un decisione definitiva su quella che potrebbe diventare un fenomeno assoluto, è anche vero che Suor Cristina in questo momento sembra il braccio canoro della nouvelle vague di Papa Francesco: «Lui parla di un Vangelo di gioia e io, che ho un dono, voglio donarlo a tutti proprio per dare gioia», aveva detto lei prima della vittoria. Insomma, uno scenario inedito che, come confermano anche alcuni esperti del settore, lascia tutti disorientati. Incertezza sulla promozione. Difficoltà a pianificare una strategia di mercato. Se Suor Cristina aveva anche solo lontanamente il desiderio di scardinare alcune logiche di mercato, è a buon punto. Ma se la produzione di The Voice confida di avere un ritorno d'immagine musicale, beh, è assai più lontana dall'obiettivo. Con tutte le dovute proporzioni, dopo la vittoria dell'evanescente barbuta Conchita Wurst all'Eurovision Song Contest, ora la vittoria di una suora, per quanto meritevole, a un talent show potrebbe avere un effetto deterrente per chi conta solo sui propri talenti vocali o sulla forza del sogno. Vedremo. Ma non è una conseguenza da sottovalutare.

Matteo Renzi attacca il Pd: "Corrotti anche nel mio partito"

Mose, Renzi ammette: anche il Pd coinvolto



Matteo Renzi, a Napoli per il convegno La Repubblica delle idee, parla di corruzione, intervistato da Ezio Mauro parla delle inchieste Expo di Milano e quella sul Mose di Venezia. Renzi dice: "Nella vicenda del Mose di Venezia sono coinvolti i ladri ma anche le guardie. Dobbiamo porci il problema di come tagliare le autorità che non hanno funzionato perché non hanno più senso che esistano", Renzi ha poi detto che venerdì prossimo ci sarà un provvedimento ad hoc sulla corruzione che prevede "poteri precisi" all’autorità di Cantone. Serve "una riforma radicale, occorrerà incidere

sulla vigilanza e sulle procedure degli appalti", dice il premier. Ma il vero messaggio politico di Renzi arriva quando parla del coinvolgimento della politica nell'inchiesta lagunare dice:  "Sono rimasto molto colpito dalla vicenda veneziana. Chi volesse negare la responsabilità della politica sarebbe fuori dal mondo. E anche per la mia parte politica. Mentre il suo braccio destro Luca Lotti, qualche giorno fa aveva scaricato il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, Matteo Renzi dice che quelli del Pd coinvolti se ne devono andare a calci nel sedere. "Se nel Pd c’è chi ruba deve andare via a calci nel sedere. Ci sono i ladri e ci sono le persone perbene. Noi stiamo con le persone perbene".

Le riforme -  Parlando delle misure contro la corruzione, Renzi dice che nel "pacchetto di riforme della Giustizia deve essere chiaro che i condannati non possono mettere più piede in un ufficio pubblico se non per chiedere un documento". Un pacchetto, ha spiegato, "che recuperi le indicazioni della commissione Ue". E ancora: "Sono certo che sia arrivato il momento per una riforma radicale e strutturale. Se ci vorrà una settimana in più ce la prenderemo tutta - ha aggiunto -. L’importante è che passi l’idea che l’Italia i corrotti li va a scovare e li processa in tempi certi». Contro i nuovi episodi di corruzione "facciamo sul serio". Poi torna sulla "sua parte politica" e aggiunge: "il giochino di dire loro e noi non può funzionare, soprattutto nel momento in cui sei maggioranza e sei maggioranza nel Paese". 

La crisi ammazza il nero

La crisi ammazza il nero

di Chiara Sarra


La crisi ha spinto gli italiani ad arrangiarsi anche per i lavoretti: oltre a quella regolare, ne paga le conseguenze anche l'economia sommersa


Nemmeno il lavoro nero si è salvato dalla crisi, che ha portato molti ad "arrangiarsi" col fai da te ed evitare il ricorso a specialisti. Ne è convinta la Cgia di Mestre che stima che i posti di lavoro irregolari persi tra il 2007 e il 2012 ammontino a oltre 106.000 unità.

L’esercito dei lavoratori in nero, o meglio delle unità di lavoro standard irregolari presenti in Italia, per la Cgia, sono scesi poco sotto i 3 milioni, (2.862.300). Il 45,7% (1.308.700), opera nel Mezzogiorno: 610.700 nel Nordovest, 500.200 nel Centro e 442.700 nel Nordest. "La crisi ha tagliato drasticamente la disponibilità di spesa delle famiglie italiane", segnala il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, "Pertanto, anche per le piccole manutenzioni, per i lavori di giardinaggio o per le riparazioni domestiche non si ricorre nemmeno più al dopolavorista o all’abusivo. Questi piccoli lavori o non vengono più eseguiti, oppure si sbrigano in casa.

"In questi anni, infatti, abbiamo assistito ad un vero e proprio boom del cosiddetto fai da te casalingo: di persone che di fronte ad un guasto o a una rottura si sono messe a fare l’idraulico, l’elettricista, il fabbro o il falegname", ha aggiunto Bortolussi, "Certo, non tutti i settori hanno subito una contrazione della presenza degli abusivi. In quello della cura alla persona (come parrucchieri, estetiste, massaggiatori, nella riparazione delle auto, moto o cicli e nel trasporto persone l’aumento degli irregolari è stato esponenziale". A livello territoriale, fa notare la Cgia, ci sono comunque forti differenze. Se tra il 2007 e il 2012 nel Centro Nord il calo delle unità irregolari è stato molto consistente (- 67.500 nel Nordovest, -50.300 nel Centro e -38.900 nel Nordest) al Sud si è registrato un deciso aumento: + 50.400.

"Rispetto al resto del Paese - prosegue Bortolussi - nel Sud la presenza dell’economia sommersa è più diffusa e strutturata. A differenza del Centro-Nord, dove, in linea generale, il lavoratore irregolare opera prevalentemente da solo e in piena autonomia, nel Mezzogiorno l’economia sommersa riguarda molte filiere dei servizi e del produttivo. Pertanto, è presumibile che la crisi abbia rafforzato il peso e la dimensione di quelle attività e di quei settori che tradizionalmente operano nella cosiddetta area grigia o sono controllati dalla criminalità organizzata". Secondo le stime dell’Ufficio studi della Cgia, il valore aggiunto prodotto a livello nazionale dall’economia sommersa è pari a poco più di 100 miliardi di euro all’anno. Questa situazione procura un mancato gettito fiscale pari a quasi 45 miliardi di euro all’anno.

La Nazionale è partita per il Brasile, dove tra pochi giorni inizia il Mondiale

Brasile, arriviamo...


di Franco Grilli



La Nazionale è partita per il Brasile, dove tra pochi giorni inizia il Mondiale

Volti distesi e sorridenti: gli azzurri, rigorosamente in divisa, prima di imbarcarsi per il Brasile hanno posato per una foto ricordo sulle scalette dell’A330 dell’Alitalia battezzato "Tiziano". Particolarmente sorridenti sono apparsi Antonio Cassano che, a lungo, ha scherzato sulle scalette del velivolo assieme a Gigi Buffon. Visto che il pullman della squadra è arrivato direttamente sotto bordo non c’è stata possibilità per i tifosi, radunatisi davanti al Terminal T3 di Fiumicino, di salutare da vicino gli azzurri.

Tuttavia sotto il velivolo si è radunata spontaneamente una piccola folla di operatori aeroportuali che, schierata tra due ali, ha salutato calorosamente Prandelli e i giocatori man mano che si avvicinavano al velivolo. Per primo a scendere dal pullman era stato Buffon assieme al vicepresidente federale Demetrio Albertini. Quindi era stata la volta del ct Prandelli.

Dopo le foto di rito i giocatori sono tornati al pullman per prendere ciascuno i propri bagagli. Una volta saliti a bordo tutti gli azzurri è stata la volta dei familiari dei calciatori, dei giornalisti al seguito della spedizione azzurra e di tutto lo staff dirigenziale.

Il volo è partito a mezzanotte. La Nazionale vola su un charter A330 dell’Alitalia da 250 posti: i sedili Business non sono però sufficienti per tutta la squadra e così un piccolo gruppo di giocatori - tra cui i "giovani" Perin, Mirante, Darmian e Parolo - hanno scalato in Premium economy.


Camera, fra i deputati è boom per il porta-preservativo in pelle

Camera, fra i deputati è boom per il porta-preservativo in pelle


di Franco Bechis



Dice il barista che serve ai tavolini proprio di fronte di avere visto davanti alle vetrine e poi entrare nel negozio decine di vip della politica. E in effetti pare che vada a ruba il Condom holder (letteralmente porta-preservativo) in similpelle venduto a due passi dalla Camera dei deputati. Costa 30 euro e in vetrina campeggia un sobrio prototipo in pelle gialla. Ma poco di fianco se ne offrono di ogni colore. Tinta unita blu, rosso, verde acqua, verdone, marrone, cobalto, arancio e perfino in fantasia bianco-nero (il più ambito dagli aderenti del Montecitorio Juve fan club). Insieme al porta preservativo alla moda viene regalato anche un opuscoletto, dal titolo Siamo sicuri, preparato da una associazione senza lucro che si occupa di Aids. Sopra ogni esemplare è inciso uno slogan che ha messo in imbarazzo più di un acquirente: "Ovunque proteggimi", la scritta che di solito appare sotto le immaginette sacre...

Facci: Travaglio in delirio manettaro, vuole uno Stato di polizia grillino

Facci: Travaglio in delirio manettaro, vuole uno Stato di polizia grillino


di Filippo Facci



Marco Travaglio ha finalmente scritto il Manifesto del forcaiolo, ossia un articolo che cerca di fiancheggiare la comprensibile rabbia legata ai vari scandali - Venezia, l’Expo - così da evidenziare i suoi autentici desideri in tema di giustizia. Darne conto è interessante, perché sintetizza che Paese diventeremmo se certe soluzioni venissero effettivamente adottate: una sorta di Germania Est, coi Cinque Stelle al posto della Stasi. Intanto va segnalato che il pentastelluto Mario Giarrusso ha proposto seriamente il ripristino della ghigliottina - lo ha detto alla Zanzara, su Radio24 - spiegando pure che gli arresti domiciliari andrebbero aboliti. Diceva sul serio.

Ma veniamo alle analisi e alle proposte di Travaglio. 
1) Travaglio fornisce una disamina della seguente profondità: «Destra, sinistra e centro rubavano. Rubavano e rubano tutti, e insieme, sempre, regolarmente, scientificamente, indefessamente... Esiste soltanto una gigantesca, trasversale, post-ideologica associazione per delinquere che si avventa famelica su ogni occasione per rubare». Tutti. Insieme. Sempre. Quindi anche il governo delle larghe intese: «Continuano a rubare, secondo un sistema oliato e collaudato di larghe intese del furto che precede e spiega le larghe intese di governo». Il governo Pd-Ncd, dunque, serve a rispecchiare l’amicizia trasversale tra Frigerio e Greganti (Expo) o tra Galan e Orsoni (Expo). E Renzi? Ruba anche lui? No, «i suoi fedelissimi sono lì da troppo poco tempo. Ma rischia di diventare il belletto per mascherare un partito marcio». Renzi, quindi, è la copertura della gigantesca associazione per delinquere. Va rilevato che il Travaglio-pensiero - si fa per dire - è un’evoluzione recente: nel 2010, sul Fatto, elogiava il piddino Giorgio Orsoni (ora arrestato) definendolo «persona seria e normale».
2) Adesso però è cambiato tutto, e le garanzie democratiche e costituzionali andrebbero sospese. Lo scrive Travaglio, e tra le righe non si scorge alcun tono satirico: «L’art. 27 della Costituzione, quello della presunzione di non colpevolezza, diventa una barzelletta se si leggono le carte delle indagini... non c’è bisogno della Cassazione, e nemmeno della sentenza di primo grado, per capire che rubavano davvero». Basta Il Fatto Quotidiano che legga per noi le carte: carte infallibili scritte da pm infallibili, come dimostra la storia giudiziaria italiana. C’è da sentirsi tranquilli. 
3) La terza proposta è di conseguenza: «Cacciare ogni inquisito dai governi locali e nazionali». È sufficiente essere inquisiti e non importa per che cosa: anche per atto dovuto, anche per una qualsiasi delle scemenze per le quali in Italia non esiste politico che non sia stato inquisito almeno una volta : o condannato, come Grillo, o come Travaglio. Del resto «a certi livelli non esistono innocenti, solo colpevoli non ancora presi», scrive il nostro. Bene. Si allarga il clima di fiducia. 
4) Anche la quarta proposta è di conseguenza: «Radiare dai contratti pubblici tutte le imprese coinvolte in storie di tangenti». E siccome «in storie di tangenti» sono state coinvolte praticamente tutte le più importanti aziende italiane ed estere (comprese Eni, Finmeccanica, Fiat, Autostrade, Coop) i lavori della Salerno-Reggio Calabria saranno conclusi da Casaleggio via internet. 
5) Ma è un falso problema, perché prima c’è altro da fare: «Cancellare le grandi opere inutili ancora in fase embrionale, dal Tav Torino-Lione al Terzo Valico». C’è uno scandalo a Venezia e allora rinunciamo alla Torino-Lione, che è in fase embrionale come può esserlo un ragazzino di 14 anni. Non è un discorso pretestuoso, no.
6) Ma restiamo allo stato di polizia che piacerebbe a Travaglio. Che cosa servirebbe? Questo: «Introdurre gli agenti provocatori per saggiare la correttezza dei pubblici amministratori... imporre a chi vuole concorrere ad appalti una dichiarazione in cui accettano di essere intercettati, a prescindere da ipotesi di reato». Viene il sospetto che Travaglio abbia visto American Hustle o, più indietro nel tempo, Le vite degli altri. E resta la curiosità di sapere che cosa accadrebbe nel nostro Paese se, oltre alle mazzette vere, ci fossero anche quelle false offerte da agenti provocatori e cioè corruttori: questo nello stesso Paese post-sovietico in cui chiunque partecipasse a un appalto (anche quello per la fontana del paesello) dovrebbe mettere a disposizione del maresciallo tutte le proprie conversazioni e dunque quelle dei suoi amici e familiari. Molto bello. 
7) Il problema è che in galera c’è poca gente: occorre «piantarla con le svuotacarceri», costruire nuovi penitenziari e, nell’attesa, «riattare caserme dismesse per ospitare i delinquenti che devono stare dentro». È così semplice. E la scuola dell’amico Piercamillo Davigo, già ispiratore anche della battuta sui colpevoli non ancora scoperti: in Italia ci sono pochi detenuti in rapporto alla popolazione, diversamente dagli Stati Uniti. Ma segnaliamo un problema: Usa e Italia adottano sistemi diversi. Comunque tutto si può fare: ma bisognerebbe, anche qui, cambiare la Costituzione. 
7) Nell’attesa, si possono «radere al suolo tutte le leggi contro la giustizia targate destra, centro e sinistra degli ultimi 20 anni». Tutte. Proprio tutte. Soprattutto quella che bruciò di più alla magistratura, cioè la riforma dell’articolo 513 che costrinse a cambiare la Costituzione nel 1999: si tornerebbe, cioè, a quando un accusatore poteva tranquillamente denunciare chicchessia, patteggiare una pena simbolica e quindi uscire dal processo senza neanche presentarsi in aula per confrontarsi con la persona che aveva accusato. Very Germania Est. 
8) «Tutto il resto non è inutile: è complice». 
9) Per qualche misteriosa ragione - scrive infine, cioè: in realtà lo scrive all’inizio - dopo lo scandalo di Venezia dovremmo tutti chiedere scusa a Beppe Grillo: «Milioni di persone perbene - elettori, giornalisti, intellettuali, eventuali politici e imprenditori - dovrebbero leggersi l’ordinanza dei giudici di Venezia e poi chiedere umilmente scusa a Beppe Grillo e ai suoi ragazzi». Perché? Travaglio non lo spiega, se non deplorando gli «anni e anni sprecati ad analizzare il suo linguaggio, a spaccare in quattro ogni sua battuta, a deplorare il suo populismo, autoritarismo, giustizialismo... intanto destra e sinistra e centro rubavano». Tutti. Insieme. Sempre. Travaglio ne approfitta per correggere la rotta sull’alleanza grillesca con Nigel Farage: «L’abbiamo denunciata anche noi, ed era giusto farlo, ma in un paese normale: dunque non in Italia». Traduzione: c’è stato lo scandalo del Mose e allora Grillo potrebbe anche allearsi con Farage. Travaglio l’ha deciso mercoledì. Martedì aveva scritto il contrario. 

RAI da ridere: Niente sciopero, Dirigenti e giornalisti hanno paura, alla fine ha vinto ancora Renzi

Rai, salta lo sciopero dell'11 giugno. I direttori e i dirigenti hanno paura di Renzi




Alla fine ha vinto Matteo Renzi. L'Usigrai, dopo aver minacciato uno sciopero per protestare contro la mannaia del governo sul bilancio di viale Mazzini, ha annunciato che nessuno dei giornalisti e dei dipendenti della Rai previsto l'11 giugno prossimo incrocerà le braccia.  Le assemblee di redazione delle diverse testate Rai, sedi regionali comprese, si sono quasi tutte espresse a favore di una revoca. Nei giorni scorsi la Commissione di Garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali aveva sentenziato che la mobilitazione contro i tagli del governo Renzi era illegittima, «non conforme alla legge». In particolare - dice la motivazione - non rispetta la regola - «ben nota alle organizzazioni sindacali», dell’intervallo dei 10 giorni tra due scioperi che insistono sullo stesso settore». Codacons e Associazione Utenti Radiotelevisivi, dopo il parere espresso dall'Autoriy avevano avvisato i giornalisti e i dipendenti Rai: in caso di sciopero l’11 giugno, sarà inevitabile una denuncia nei loro confronti per interruzione di pubblico servizio.  «La decisione -riferisce l’Usigrai- arriva dopo il voto a larghissima maggioranza delle assemblee tenute nelle ultime 48 ore in tutte le redazioni d’Italia, alle quali il sindacato dei giornalisti della Rai aveva chiesto il congelamento dello sciopero alla luce delle positive novità ottenute grazie all’iniziativa sindacale di queste settimane». «L’Usigrai - si legge in una nota del sindacato - è riuscita a ottenere che si mettesse al centro dell’agenda politica il futuro e lo sviluppo della Rai Servizio Pubblico. È su questo che continuerà sempre più forte e determinato l’impegno e la mobilitazione delle redazioni. Non accetteremo politiche di corto respiro». 

Si punta sulla Riforma - «La riforma della Rai, l’anticipo della Concessione di Servizio pubblico di 2 anni, la lotta all’evasione del canone, norme per ’rottamarè i partiti e i governi del controllo della Rai - scrive l’esecutivo Usigrai - sono finalmente al centro del dibattito politico, così come chiesto dall’Usigrai nell’assemblea aperta dell’8 maggio a Roma. Ora vediamo se il governo è in grado di tenere il passo della sfida riformatrice o sono solo annunci». Restano tuttavia «tutte le preoccupazioni e contrarietà per la vendita di quote di RaiWay fatta solo per far cassa, senza una idea strategica per il Paese sul tema delle torri di trasmissione. E la nostra convinzione che il prelievo di 150 milioni di euro, versati dai cittadini per il Servizio Pubblico, sia illegittimo. Su questo, governo e parlamento devono una risposta anche all’Ebu (l’Associazione dei Servizi pubblici europei), che ha lanciato l’allarme al presidente della Repubblica Napolitano sul rischio per l’indipendenza del Servizio Pubblico». L’Usigrai «riterrebbe grave che il direttore generale della Rai e il CdA non agissero a tutela del patrimonio aziendale avviando urgentemente un ricorso. Urgenza che invece il Dg, senza neanche essere riuscito a parlare con il presidente del Consiglio per chiedere i programmi del governo sul Servizio Pubblico, ha ritenuto di dover avere per mettersi a lavorare sulla vendita di RaiWay e potendo così scrivere un nuovo piano industriale, ancor di più immotivato alla luce del fatto che il prelievo non è strutturale». In ogni caso, conclude la nota, prima di ipotizzare qualunque progetto, il dg si facesse chiarire dall’azionista margini e tempi del suo mandato». Nel comunicare la sospensione, l’Esecutivo dell’Usigrai sottolinea che «pur assumendo una decisione diversa da altre sigle sindacali, pretendiamo il massimo rispetto per chi ha scelto di confermare lo sciopero: un diritto garantito dalla Costituzione che non può essere deriso con commenti e termini sprezzanti».

C'è chi dice no - Incroceranno invece le braccia i lavoratori iscritti a Slc-Cgil, Uilcom-Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater, Libersind Conf.sal. «Ci spiace deludere chi prova a fare della vicenda Rai una operazione mediatica ’buttando in caciara' la protesta di chi sta provando a difendere servizio pubblico e
posti di lavoro, ma l’11 giugno a scioperare non saranno i ’mezzibusti sediziosi', guidati da un insieme variegato di sindacati corporativi, pronti a difendere ’privilegi' mentre l’Italia tutta è chiamata a fare ancora sacrifici. A scioperare saranno coloro che da sempre e prima di tutti hanno denunciato sprechi e privilegi perchè non è assolutamente l’idea di fare la nostra parte che ci preoccupa. L’abbiamo già fatto in passato, contribuendo al risanamento del bilancio Rai e siamo pronti ancora oggi». A scioperare - aggiungono le segreterie nazionali Slc-Cgil, Uilcom-Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater, Libersind Conf.sal - «saranno i precari che non verranno più stabilizzati e i lavoratori che vedono il loro posto in pericolo insieme a coloro che credono ancora che il servizio pubblico sia un bene comune, che va liberato dalle ingerenze e dalle invasioni della politica. Non i supermanager, che non vedranno tagliato il loro stipendio, nè le mega consulenze esterne, nè gli appalti». «Noi stiamo con i primi, il popolo dei titoli di coda, e siamo pronti a riformare la Rai, non ci si chieda però di adeguarci all’ondata di populismo che sembra aver travolto tutto e tutti e che fa di chi chiede il confronto sul merito un nemico della patria», concludono.