Rai, salta lo sciopero dell'11 giugno. I direttori e i dirigenti hanno paura di Renzi
Alla fine ha vinto Matteo Renzi. L'Usigrai, dopo aver minacciato uno sciopero per protestare contro la mannaia del governo sul bilancio di viale Mazzini, ha annunciato che nessuno dei giornalisti e dei dipendenti della Rai previsto l'11 giugno prossimo incrocerà le braccia. Le assemblee di redazione delle diverse testate Rai, sedi regionali comprese, si sono quasi tutte espresse a favore di una revoca. Nei giorni scorsi la Commissione di Garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali aveva sentenziato che la mobilitazione contro i tagli del governo Renzi era illegittima, «non conforme alla legge». In particolare - dice la motivazione - non rispetta la regola - «ben nota alle organizzazioni sindacali», dell’intervallo dei 10 giorni tra due scioperi che insistono sullo stesso settore». Codacons e Associazione Utenti Radiotelevisivi, dopo il parere espresso dall'Autoriy avevano avvisato i giornalisti e i dipendenti Rai: in caso di sciopero l’11 giugno, sarà inevitabile una denuncia nei loro confronti per interruzione di pubblico servizio. «La decisione -riferisce l’Usigrai- arriva dopo il voto a larghissima maggioranza delle assemblee tenute nelle ultime 48 ore in tutte le redazioni d’Italia, alle quali il sindacato dei giornalisti della Rai aveva chiesto il congelamento dello sciopero alla luce delle positive novità ottenute grazie all’iniziativa sindacale di queste settimane». «L’Usigrai - si legge in una nota del sindacato - è riuscita a ottenere che si mettesse al centro dell’agenda politica il futuro e lo sviluppo della Rai Servizio Pubblico. È su questo che continuerà sempre più forte e determinato l’impegno e la mobilitazione delle redazioni. Non accetteremo politiche di corto respiro».
Si punta sulla Riforma - «La riforma della Rai, l’anticipo della Concessione di Servizio pubblico di 2 anni, la lotta all’evasione del canone, norme per ’rottamarè i partiti e i governi del controllo della Rai - scrive l’esecutivo Usigrai - sono finalmente al centro del dibattito politico, così come chiesto dall’Usigrai nell’assemblea aperta dell’8 maggio a Roma. Ora vediamo se il governo è in grado di tenere il passo della sfida riformatrice o sono solo annunci». Restano tuttavia «tutte le preoccupazioni e contrarietà per la vendita di quote di RaiWay fatta solo per far cassa, senza una idea strategica per il Paese sul tema delle torri di trasmissione. E la nostra convinzione che il prelievo di 150 milioni di euro, versati dai cittadini per il Servizio Pubblico, sia illegittimo. Su questo, governo e parlamento devono una risposta anche all’Ebu (l’Associazione dei Servizi pubblici europei), che ha lanciato l’allarme al presidente della Repubblica Napolitano sul rischio per l’indipendenza del Servizio Pubblico». L’Usigrai «riterrebbe grave che il direttore generale della Rai e il CdA non agissero a tutela del patrimonio aziendale avviando urgentemente un ricorso. Urgenza che invece il Dg, senza neanche essere riuscito a parlare con il presidente del Consiglio per chiedere i programmi del governo sul Servizio Pubblico, ha ritenuto di dover avere per mettersi a lavorare sulla vendita di RaiWay e potendo così scrivere un nuovo piano industriale, ancor di più immotivato alla luce del fatto che il prelievo non è strutturale». In ogni caso, conclude la nota, prima di ipotizzare qualunque progetto, il dg si facesse chiarire dall’azionista margini e tempi del suo mandato». Nel comunicare la sospensione, l’Esecutivo dell’Usigrai sottolinea che «pur assumendo una decisione diversa da altre sigle sindacali, pretendiamo il massimo rispetto per chi ha scelto di confermare lo sciopero: un diritto garantito dalla Costituzione che non può essere deriso con commenti e termini sprezzanti».
C'è chi dice no - Incroceranno invece le braccia i lavoratori iscritti a Slc-Cgil, Uilcom-Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater, Libersind Conf.sal. «Ci spiace deludere chi prova a fare della vicenda Rai una operazione mediatica ’buttando in caciara' la protesta di chi sta provando a difendere servizio pubblico e
posti di lavoro, ma l’11 giugno a scioperare non saranno i ’mezzibusti sediziosi', guidati da un insieme variegato di sindacati corporativi, pronti a difendere ’privilegi' mentre l’Italia tutta è chiamata a fare ancora sacrifici. A scioperare saranno coloro che da sempre e prima di tutti hanno denunciato sprechi e privilegi perchè non è assolutamente l’idea di fare la nostra parte che ci preoccupa. L’abbiamo già fatto in passato, contribuendo al risanamento del bilancio Rai e siamo pronti ancora oggi». A scioperare - aggiungono le segreterie nazionali Slc-Cgil, Uilcom-Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater, Libersind Conf.sal - «saranno i precari che non verranno più stabilizzati e i lavoratori che vedono il loro posto in pericolo insieme a coloro che credono ancora che il servizio pubblico sia un bene comune, che va liberato dalle ingerenze e dalle invasioni della politica. Non i supermanager, che non vedranno tagliato il loro stipendio, nè le mega consulenze esterne, nè gli appalti». «Noi stiamo con i primi, il popolo dei titoli di coda, e siamo pronti a riformare la Rai, non ci si chieda però di adeguarci all’ondata di populismo che sembra aver travolto tutto e tutti e che fa di chi chiede il confronto sul merito un nemico della patria», concludono.
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