"LUCA"
A cura di Padre Maurizio Patriciello
Si
chiama Luca ed è una persona down. Una di quelle simpatiche persone
cui tanta gente, per paura, per egoismo o per malcelata pietà, vieta
sul sorgere l’ingresso nella vita. I genitori lo accolsero 44 anni
fa e ne fecero il centro della loro esistenza. Iniziarono a vivere
girando intorno a lui, alle sue esigenze, ai suoi limiti. Impararono
a interpretarne le sofferenze, i capricci, i gesti. Luca, infatti,
non ha mai parlato. Suo padre, ragioniere, divideva la sua giornata
tra la casa e il lavoro in una piccola azienda. Un giorno ebbe un
malore sull’autobus. Morì poco dopo in ospedale. Luca rimase solo
con la mamma, una valente pianista. Insieme passavano lunghe ore
seduti al pianoforte. Lei faceva scivolare con perizia le dita sulla
tastiera e lui, felice, con le manine goffe, tentava di imitarne i
gesti. Un cruccio tormentava la malinconica signora: “Che fine farà
questo figlio alla mia morte?”. Quando quel giorno giunse, per Luca
si aprirono le porte di un istituto. Nella casa di cura, però, il
ragazzo si incupiva sempre di più. Rifiutava di mangiare e non
riusciva a relazionarsi con nessuno. In breve tempo andò perdendo
quel minimo di indipendenza che aveva raggiunto grazie all’amore
perseverante dei genitori. Don Angelo, invece, è un giovane prete.
Discreto e disponibile, molto attento alle creature più fragili e
indifese. Trascorre le giornate tra l’ospedale, dove svolge il suo
ministero, e la piccola comunità di sorelle e fratelli diversamente
abili che ha fondato. Un giorno incontra Luca e intuisce il motivo
del suo malessere. Il ragazzo tenta, a modo suo, di comunicare che la
nuova sistemazione non gli piace. Don Angelo va a trovarlo spesso,
gli diventa amico e si chiede che cosa può fare per lui. Poi decide.
Chiede e ottiene dalle autorità competenti di poterlo avere in
affido e crea intorno a lui un circolo di volontari che se ne
prenderanno cura. Prende in affitto un piccolo appartamento e riesce
a ricostruire la sua vecchia stanza, con i suoi mobili, gli oggetti
cui era legato, i suoi giocattoli. Ma è il pianoforte della mamma,
ritrovato per miracolo su una vecchia soffitta, l’oggetto che ha
ridato al giovane la voglia di continuare a vivere. Adesso è lui,
don Angelo, che, seduto alla tastiera, suona, mentre al suo fianco
l’amico strimpella, come faceva un tempo. Luca è felice. Ha
ritrovato la sua casa, il suo ambiente, le sue cose. Ma, soprattutto,
ha ritrovato le coccole, le attenzioni, le carezze di sempre che
tanto gli mancavano. Ogni tanto don Angelo gli appoggia il capo sulla
spalla permettendogli di poterlo abbracciare. Parlano un linguaggio
tutto loro. L’antico linguaggio che solo l’amore gratuito sa
parlare. Ripenso agli auguri che il Santo Padre ha rivolto all’Italia
al termine del messaggio Urbi et Orbi del 25 dicembre: “ La nascita
di Cristo porti pace nelle famiglie, consolazione ai sofferenti e
aiuti a crescere nella reciproca fiducia per costruire insieme un
futuro di speranza, più fraterno e solidale”. L’altro giorno,
seduti al tavolo di un bar, sorseggiamo un caffè insieme. Mi accorgo
con immenso piacere che la gente intorno – soprattutto giovani –
ci guarda con tenerezza e simpatia. Ad un tratto il mio confratello
mi sussurra: “ Sai? Luca è stato capace di trasformare la mia vita
e quella degli amici volontari che lo accudiscono…”. È proprio
vero. Quando non si ha paura di prendere sul serio Cristo e il Suo
Vangelo esigente e liberante; quando ci si fida di Lui e delle sue
promesse; quando si vive per donare “ consolazione ai sofferenti”
e ci si impegna per “ costruire insieme un futuro di speranza, più
fraterno e solidale” in cambio, dall’Autore della vita, sempre si
riceve “cento volte tanto”.