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venerdì 20 gennaio 2012

Caivano. Padre Maurizio Patriciello: "LUCA".


"LUCA"


A cura di Padre Maurizio Patriciello

Si chiama Luca ed è una persona down. Una di quelle simpatiche persone cui tanta gente, per paura, per egoismo o per malcelata pietà, vieta sul sorgere l’ingresso nella vita. I genitori lo accolsero 44 anni fa e ne fecero il centro della loro esistenza. Iniziarono a vivere girando intorno a lui, alle sue esigenze, ai suoi limiti. Impararono a interpretarne le sofferenze, i capricci, i gesti. Luca, infatti, non ha mai parlato. Suo padre, ragioniere, divideva la sua giornata tra la casa e il lavoro in una piccola azienda. Un giorno ebbe un malore sull’autobus. Morì poco dopo in ospedale. Luca rimase solo con la mamma, una valente pianista. Insieme passavano lunghe ore seduti al pianoforte. Lei faceva scivolare con perizia le dita sulla tastiera e lui, felice, con le manine goffe, tentava di imitarne i gesti. Un cruccio tormentava la malinconica signora: “Che fine farà questo figlio alla mia morte?”. Quando quel giorno giunse, per Luca si aprirono le porte di un istituto. Nella casa di cura, però, il ragazzo si incupiva sempre di più. Rifiutava di mangiare e non riusciva a relazionarsi con nessuno. In breve tempo andò perdendo quel minimo di indipendenza che aveva raggiunto grazie all’amore perseverante dei genitori. Don Angelo, invece, è un giovane prete. Discreto e disponibile, molto attento alle creature più fragili e indifese. Trascorre le giornate tra l’ospedale, dove svolge il suo ministero, e la piccola comunità di sorelle e fratelli diversamente abili che ha fondato. Un giorno incontra Luca e intuisce il motivo del suo malessere. Il ragazzo tenta, a modo suo, di comunicare che la nuova sistemazione non gli piace. Don Angelo va a trovarlo spesso, gli diventa amico e si chiede che cosa può fare per lui. Poi decide. Chiede e ottiene dalle autorità competenti di poterlo avere in affido e crea intorno a lui un circolo di volontari che se ne prenderanno cura. Prende in affitto un piccolo appartamento e riesce a ricostruire la sua vecchia stanza, con i suoi mobili, gli oggetti cui era legato, i suoi giocattoli. Ma è il pianoforte della mamma, ritrovato per miracolo su una vecchia soffitta, l’oggetto che ha ridato al giovane la voglia di continuare a vivere. Adesso è lui, don Angelo, che, seduto alla tastiera, suona, mentre al suo fianco l’amico strimpella, come faceva un tempo. Luca è felice. Ha ritrovato la sua casa, il suo ambiente, le sue cose. Ma, soprattutto, ha ritrovato le coccole, le attenzioni, le carezze di sempre che tanto gli mancavano. Ogni tanto don Angelo gli appoggia il capo sulla spalla permettendogli di poterlo abbracciare. Parlano un linguaggio tutto loro. L’antico linguaggio che solo l’amore gratuito sa parlare. Ripenso agli auguri che il Santo Padre ha rivolto all’Italia al termine del messaggio Urbi et Orbi del 25 dicembre: “ La nascita di Cristo porti pace nelle famiglie, consolazione ai sofferenti e aiuti a crescere nella reciproca fiducia per costruire insieme un futuro di speranza, più fraterno e solidale”. L’altro giorno, seduti al tavolo di un bar, sorseggiamo un caffè insieme. Mi accorgo con immenso piacere che la gente intorno – soprattutto giovani – ci guarda con tenerezza e simpatia. Ad un tratto il mio confratello mi sussurra: “ Sai? Luca è stato capace di trasformare la mia vita e quella degli amici volontari che lo accudiscono…”. È proprio vero. Quando non si ha paura di prendere sul serio Cristo e il Suo Vangelo esigente e liberante; quando ci si fida di Lui e delle sue promesse; quando si vive per donare “ consolazione ai sofferenti” e ci si impegna per “ costruire insieme un futuro di speranza, più fraterno e solidale” in cambio, dall’Autore della vita, sempre si riceve “cento volte tanto”. 

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