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mercoledì 25 maggio 2016

Porro, confessione totale a Telese: "Santoro, Fazio e quel dramma"

Porro intervistato da Telese: "Io, Santoro, Fazio e quel dramma in famiglia"

di Luca Telese


Nicola, sei sulla cresta dell’onda! «(Ride) Non posso rilasciare interviste, Luca». Che fai, adesso, te la tiri anche con me? «Voglio essere chiaro, soprattutto con un amico: non dico più nemmeno una parola su Rai, Virus o Campo Dall’Orto!». Perché ci hai già litigato troppo? «(Tono sospettoso) Luca, ti ho detto che non parlo di Rai! Non fregheresti un amico, no? Sono un aziendalista». Sì, ma so bene che tu al mio posto lo faresti, quindi… «(Risata crassa) Sono indignato, ma hai ragione. Possiamo parlare di tutto, tranne che del programma. Quello che dovevo dire l’ho già detto. Ogni altra parola è superflua». 

Per lunghi anni, Nicola Porro e io siamo andati In Onda insieme su La7. Un programma a due è come un fidanzamento: o ti sposi o ti separi (e vuoi gli alimenti). Noi incredibilmente andavamo d’accordo. Avevamo un compito che ci riusciva benissimo: lui raccontava le cose partendo da un punto di vista “di destra”, io da un punto di vista “di sinistra”. Il massimo della differenza e il massimo della sintonia, nel rispetto della diversità. Ho capito allora che Nicola è un liberale vero. La gente ci ferma, ancora oggi: “Come facevate a sostenere sempre due cose opposte? Era tutto scritto?”. Veniva naturale: una volta partiva lui, una volta io - a braccio - e l’altro era obbligato a variare all’impronta. Un ospite lo invitavo io e uno lui, un servizio lo immaginavo io, uno lui. Poi Nicola ha creato Virus su Raidue: per una strana follia, proprio nell’anno dei suoi record, lo chiudono. L’ultima puntata ha superato il 6%. 

Cosa farai? 

«Combatto per portare sempre in scena, spero alla Rai, l’idea più sbagliata e metterla a confronto con quella dominante. Il contagio delle idee è un valore».  

Ti offrono, un programma, domenica pomeriggio, accetterai? 

«No comment».  

L’unico talk "di destra": una condanna o una fortuna?  

«In un paese in cui in tutti i salotti definirsi di sinistra sembra un certificato di cittadinanza, pena l’indegnità, sono contento di essere bollato “di destra”».  

Tu cosa sei?  

«Un liberale. Punto». 

Cosa significa, questo, nella tua tv? 

«Raccontare gli invisibili, chi non ha successo». 

Ovvero? 

«Le persone inutili per i salotti di oggi, che - per dire - non sono à la page per Fazio, non hanno il faccione».  

Quali sono i "salotti di oggi"? 

«Un tempo erano Mediobanca e le sorelle Crespi. Oggi, per trovare un simbolo, sono due locali radical chic di Roma, sono Settembrini e il Salotto 42». 

Quartiere Mazzini: produttori, sceneggiatori e del cinema, e in centro.  

«Due piccoli templi del pensiero dominante. Ovvero di ciò che le persone fiche, le persone giuste pensano».  

Non è da te inveire!  

«Giornalisti e i politici, spesso prigionieri nel circuito del potere, hanno un fortissimo rischio di allontanarsi dalla realtà. La confondono con quel che si dice al Settembrini e al Salotto 42».  

Avevi un nonno liberale!  

«Nicola come me, cognome Melodia, è stato vice-presidente del Senato. Ma non l’ho mai conosciuto. La mia famiglia era di destra, vagamente nostalgica, papà votava Msi».  

So che con Vendola avete ricordato le sorelle Porro.  

«Agrarie, zitelle e incolpevoli. Ma sorelle e zie di fascistissimi Porro pugliesi». 

Vennero trucidate nel 1945, siamo dalle parti di Pansa. 

«Furono linciate, stuprate e lasciate nude sulla pubblica piazza di Andria. Io Il sangue dei vinti ce l’ho nelle vene».  

Eppure nel dna non hai l’odio.  

«Mio padre Maurizio e mia madre Lucilla non mi ha trasmesso nulla di tutto questo: non una parola di rancore. Era come se tutti in famiglia avessero accettato la fatalità brutale della guerra civile».  

Come faceva a non odiare? 

«Lui fu mandato in Svizzera a studiare: parla il tedesco meglio dell’italiano. Mai avuto una tradizione orale di quel dramma». 

Pazzesco.  

«Dopo, con i rapimenti degli anni ’70 in casa mia giravano armi. In campagna papà dormiva con la 38 special sopra la sponda del letto. Sapevo, ma non ne parlavamo». 

E il Pli? 

«Sono del 1969. Rimasi folgorato dalla lettura di un saggio di Antonio Martino che mi aveva prestato il mio amico Antonio De Filippi fratello di Giuseppe».  

E i cugini radicali, il fascinoso Pannella? 

«Zecche: non potevo proprio tollerare di essere chiamato da qualcuno “compagno”». 

E gli odiati cugini repubblicani? Più a sinistra di voi.  

«Macché di sinistra! Ho conosciuto Oscar Giannino con i capelli, senza bastone e senza ghette. Ma era più padronale di me. Mi sono convinto a votarlo quando ho scoperto la storia della sua finta laurea: è indecoroso il linciaggio che ha subito». 

Politica all’università?

«Capisco cos’è il conflitto perché vengo menato sia dai fascisti che dai comunisti».  

Spiegami un motivo di rissa.  

«Quando giravo per i corridoi di economia spiegando: “Le tasse universitarie devono essere più alte!”». 

Facevano bene a menarti.  

«È un principio di equità. I dieci delle classi sociali più ricche che si laureano, hanno un futuro. È giusto che se lo paghino. Chi non ha soldi viene finanziato con una borsa di studio. Chi perde tempo paghi».  

E dopo la laurea? 

«Mi chiama Ferrara che apre il Foglio, ci incontriamo al Radetzky e poi la prima, unica e provvidenziale raccomandazione della mia vita: Paolo del Debbio chiama Carlo Maria Lomartire e gli chiede di trovarmi un lavoretto a Rete Quattro». 

E che fai? 

«Mi devo svegliare alle cinque di mattina per una rassegna stampa. Con una Yahamaha Teneré 600 fichissima. Compravo i giornali e li portavo in redazione».  

Ma torni anche sulla carta stampata.  

«Ferrara e il grande Sergio Zuncheddu, editore de Il Foglio, mi offrono di fare una pagina finanziaria del quotidiano. Dura un anno. Un giorno Giuliano, quasi serafico mi fa: “Da domani non esci più”. Ho metabolizzato in quel momento la flessibilità. Svengo. Però poco dopo mi assume al Foglio».  

Poi torni all’economia.  

«Nel 2000 mi chiama Paolo Panerai e con Giuseppe De Filippi fondiamo Class Financial Network. Copiando spudoratamente Cnbc». 

E poi? 

«Il buon risultato mi procura la chiamata di Belpietro. Pensa: non l’avevo mai visto. Nel 2003 mi dice: “Vuoi venire a fare il capo dell’economia a Il Giornale?”».  

E tu? 

«Mi pare incredibile: la prima volta che mi vede mi assume». 

Il passaggio a La7? 

«Ero in vacanza a Stromboli. Gianni Stella, detto "Er canaro", una leggenda, si presentò in elicottero!». 

E tu? 

«Andai a prenderlo con l’Ape. Mi disse all’orecchio quando mi volevano dare a puntata. Capii male. Temevo pochissimo. Ero imbronciato. E così lui, davanti a mia moglie: “Sai quante donne rimorchi con la tv!”». 

E Allegra? 

«Donna di classe infinita: “Allora Nicola accetta!”». 

Te ne vai a Raidue litigando con Cairo per una sciocchezza. 

«Malamente, insulti. Subito dopo diventiamo amici. Questo ti dice la grandezza dell’uomo».  

E il passaggio alla Rai?

«Ho avuto libertà straordinaria. In poche settimane mettiamo su un programma di prima serata partito il 3 luglio. Se si muove la macchina di viale Mazzini non ce n’è per nessuno».  

Non hai citato Feltri.  

«Solo perché ora è direttore. Per me è un maestro. Ha una dote rara: rendere semplici le cose complesse. Quando inizio a scrivere me lo vedo davanti come Obi Wan Kenobi che me lo ripete. È difficile semplificare senza banalizzare». 

Altro maestro? 

«Non ci crederai: Santoro. Nei suoi programmi, dove si andava a combattere, sono diventato “il berlusconiano dal volto umano”». 

E il tuo amore-odio con Freccero? 

«Ripete sempre che sono bravissimo nella carta stampata, che vesto bene, e che passo tutti i miei week a Saint Tropez». 

La terza cosa è quasi vera. 

«Ho conquistato tutto da solo non ho motivo di vergognarmi». 

Non sei cool, Nicola.  

«A vent’anni andavo al Piper la sera, e il giorno litigavo con i compagni».  

E quindi? 

«Per fare il giornalista non devi essere malvestito, ma con la giacca di Armani stropicciata, avere la barba incolta, e una multiproprietà in Puglia. Capisco, però, che aiuta molto».

Parla la moglie di Dell'Utri "Le prigioni di mio marito tra infezioni e svenimenti in cella"

"Infezioni, botte, svenimenti: vi racconto le prigioni di mio marito Dell'Utri"


intervista di Pietro Senaldi
 e Lucia Esposito



Signora Dell'Utri come sta suo marito?

"Non bene. È in terapia intensiva all'ospedale Sandro Pertini di Roma ormai da più di una settimana. Sembra rispondere bene al cocktail di antibiotici prescrittogli da un infettivologo e la setticemia dovrebbe essere sotto controllo, ma è anche cardiopatico da più di quindici anni, ha subìto quattro interventi al cuore, ed è diabetico da tanto tempo. Le sue sono, purtroppo, patologie serie e pregresse, non spuntate con i guai giudiziari. Sono precedenti al carcere duro e mi sembrerebbero poco compatibili con esso".

È vero che è piantonato?

"Sì è vero, è prescritta per legge una sorveglianza costante che viene effettuata contemporaneamente da tre agenti della polizia penitenziaria. Viene trattato come un uomo pericoloso anziché come un anziano malato".

Lei può vederlo?

"La direzione del carcere di Rebibbia, in questa fase acuta, ha autorizzato visite quotidiane di trenta minuti al giorno a me e ai miei quattro figli".

Come sta psicologicamente?

"I primi giorni era poco reattivo, addirittura soporoso, per lui parlava solo il male. Adesso riesce a sostenere una conversazione".

È più rassegnato o arrabbiato?

"Non è mai stato né rassegnato né arrabbiato, e anche in questo momento di sofferenza acuta è sempre rimasto coerente con sé stesso. Non ha mai avuto parole di odio o di rabbia verso nessuno. Con noi familiari il suo sense of humor prevale su tutto, è lui che riesce a tranquillizzarci e trasmetterci l'energia per andare avanti. Questo fa parte del suo carattere da sempre; è un suo punto di forza".

La signora Miranda Dell'Utri negli ultimi due anni ha visto il marito solo nella sala colloqui del carcere di Parma, dove fino a due settimane fa era recluso in regime di massima sicurezza. Causa, la condanna in via definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa per fatti precedenti al 1994. Autorevoli giuristi hanno evidenziato i dubbi confini giuridici di tale fattispecie, di natura giurisprudenziale e non presente nel codice penale, e la sua difficile verifica probatoria. Da ultimo, anche la Corte Europea dei diritti dell' Uomo ha ritenuto illegittima la condanna emessa per lo stesso reato nei confronti di Bruno Contrada, l' ex numero uno del Sisde, affermando che, fino al 1994, la giurisprudenza italiana sul concorso esterno non consentiva la tipizzazione del reato e quindi non permetteva all' imputato di prevedere gli effetti negativi della propria condotta. Una tempistica che coincide perfettamente con quella del processo Dell' Utri.

Suo marito fino a quindici giorni fa era rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Parma...

"Lo hanno portato lì per i suoi problemi di salute perché il carcere di Parma è dotato di un centro clinico. Il regime di massima sicurezza, a cui mio marito è sottoposto, prevede che si possano fare solo due ore d'aria al giorno durante le quali lui poteva camminare, sempre in isolamento, in un "cassone di cemento" di sette metri per sette con mura alte sei metri. Immaginatevi d'estate quando le temperature raggiungono i quaranta gradi!".

Si può parlare di carcere duro?

"Ho letto nel rapporto delle attività del garante dei detenuti che nel carcere di Parma ci sono 530 detenuti che costano circa 29 milioni all'anno. Di questi soldi solo 3.500 euro vengono annualmente investiti per le attività trattamentali e il recupero sociale. Non è un caso se il 70%, dei detenuti sono recidivi. Escono e poi tornano dentro".

Quante volte poteva vedere suo marito?

"Un'ora alla settimana, non più di tre familiari insieme. Nel regime di massima sicurezza sono concesse anche due telefonate al mese con i familiari di dieci minuti ciascuna. Per telefonate aggiuntive bisogna presentare un'istanza al direttore del carcere che di volta in volta, a sua discrezione, decide se autorizzare o meno. Quando nacque due anni fa il nostro primo nipote maschio, il giudice non autorizzò quella telefonata in più".

Ma aveva l' assistenza medica?

«Il regolamento prevede che per ragioni di sicurezza non si possono trasferire in ospedale più di tre detenuti al giorno. Il che significa che per effettuare esami ospedalieri ci può essere anche un'attesa che dura mesi. Vi faccio qualche esempio. Il 16 gennaio del 2015 il cardiologo prescrive a mio marito un elettrocardiogramma da sforzo. Il 26 febbraio il medico, dopo un'altra visita, sollecita l'importanza di quest'esame. Ma solo ad aprile, tre mesi dopo la prima richiesta, mio marito riesce a fare l'elettrocardiogramma sotto sforzo".

Perché queste lungaggini?

"La mia impressione è che manchino le risorse e che ci sia una burocrazia eccessiva".

Come passava le giornate in carcere suo marito a Parma?

"Leggendo, studiando e scrivendo. Poi si è occupato di riorganizzare la biblioteca del carcere. Aiutava anche gli altri detenuti a scrivere lettere personali ai famigliari".

I libri poteva portarli in cella?

"All'inizio solo tre, non più di tre e non rilegati, anche questo fa parte del regolamento. Poi gli hanno consentito di tenerne di più. Aveva sempre con sé La Divina Commedia e un dizionario italiano. Poi, a seconda di quello che decideva di studiare, libri di storia, poesia, filosofia e letteratura".

Come andava con il cibo?

"Anche in questo caso ci sono regole ferree. I familiari possono portare in carcere solo alcuni cibi, ma non sempre la logica è comprensibile: mele fresche sì, quelle essiccate no. Salmone e pesce spada sono consentiti perché non hanno lische immagino, ma non è accettato il baccalà o un carpaccio di branzino".

Quanto sono peggiorate le condizioni di suo marito in carcere?

"Durante questi due anni è dimagrito molto, ha avuto diversi episodi prelipotimici (svenimenti) a causa di uno scarso controllo della glicemia che deve essere continuamente monitorata nei pazienti diabetici. In uno di questi episodi ha battuto la testa riportando delle escoriazioni che sono state trattate il giorno dopo".

È stato un calvario...

"Veramente gli anni di calvario ormai sono 22: il processo è iniziato nel 1994, e anche quello è un calvario non da poco, mi creda. Comunque sì, in carcere anche episodi clinici di scarsa rilevanza rischiano di avere conseguenze molto gravi. Lo scorso anno, per esempio, ha avuto un episodio di bronchite che a domicilio si sarebbe risolto in fretta mentre in detenzione è durato più mesi ed è stata necessaria una profilassi antibiotica per evitare il rischio di tubercolosi dato dalla promiscuità dell' ambiente detentivo e dalle scarse condizioni igieniche della struttura. Questo ha comportato un ulteriore indebolimento fino a giungere agli ultimi mesi quando gli è stata diagnosticata un' infezione alle vie urinarie che è stata trascurata ed è degenerata nell' attuale stato di sepsi generalizzata molto grave".

Sono peggiorate anche dopo il trasferimento a Roma?

"Il lungo viaggio di sette ore in ambulanza durante il quale mio marito è stato sdraiato tutto il tempo e non si è idratato adeguatamente per non chiedere di fare soste, secondo i medici, ha contribuito a un aggravamento dell'infezione preesistente con un ulteriore peggioramento fino alla setticemia".

Non si sono mai fermati?

"Una sosta all'autogrill, che è stato prima fatto evacuare con una scena da film western".

Quando si è sentito male?

"Poco dopo il suo arrivo, martedì sera. Inizialmente gli hanno diagnosticato un'influenza. Due giorni dopo non si alzava più dal letto e una dottoressa, che ringrazierò tutta la vita, lo ha mandato d'urgenza in ospedale. La situazione era molto grave". 

Secondo lei in che stato uscirà dal carcere suo marito? 

"Da un punto di vista fisico non lo so, spero che possa continuare a mantenere il suo equilibrio".

Da un punto di vista umano?

"Credo che un' esperienza del genere ti porti a fare delle considerazioni sulla tua vita e ti faccia rivalutare tante cose che magari prima non avevi considerato". Sansonetti l'ha definito un prigioniero politico: come mai dopo la nascita di Forza Italia la magistratura si è accanita su di lui? "Non mi occupo di politica e di giustizia. Mio marito non polemizza e non attacca per natura. Neppure quando si tratta di difendere la sua immagine".

Ha paura per lui?

«Ha 75 anni ed è malato» Se non chiederà la grazia e non ci saranno sconti di pena quando ne uscirà ne avrà 80... «Le condanne per mafia sono durissime, quella parola è capace di azzerare tutto il resto».

Chiederà la grazia?

"Al momento posso solo risponderle che non lo so". Già, la grazia. È il tema caldo. Concessa da Mattarella poi, palermitano e fratello di una vittima di mafia, equivarrebbe a una sconfessione dell' Anm e di tutto il teorema mafia-Berlusconi. La decisione spetta a Dell' Utri e solo a lui, anche se in realtà la legge ne attribuisce la facoltà anche ai famigliari. Certo, perché arrivasse, servirebbe anche un movimento d' opinione pubblica in tal senso, sempre che qualcuno non decida di evitare allo Stato una figuraccia mortale.

martedì 24 maggio 2016

Greci in miseria, in fila per un pasto caldo. Manca anche il latte Ma si tace

Greci in miseria, in fila per un pasto caldo. Manca anche il latte



di Elisabetta Casalotti



Le politiche di austerità hanno ridotto i greci in miseria ed il destino di molti di loro è ormai accumunato a quello delle migliaia di migranti e profughi rimasti intrappolati nel Paese dopo la chiusura dei confini. Le organizzazioni umanitarie e la Chiesa si prodigano per alleviare le sofferenze di decine di migliaia di persone che hanno perso tutto, anche la speranza. Tra loro anche migranti, originari dei paesi dell’Est, arrivati nel Paese alla fine degli anni ‘90. Famiglie che avevano trovato in Grecia lavoro ed una nuova patria e si accalcano ora con i loro ex datori di lavoro nelle file per un pasto caldo. Elisabetta Casalotti ad Atene ha intervistato alcune donne che testimoniano quanto sia grave la situazione, come quella alla moglie di un grosso imprenditore ateniese che ormai non ha più nemmeno il latte per i bambini. Guarda il Video clicca sulla scritta in blu sotto

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Casalotti-Grecia-Kessoa-migranti-211fc2ec-4442-4733-9e63-89a7464713dc.html

La Chiesa di Aversa in dialogo per il buongoverno della città

La Chiesa di Aversa in dialogo per il buongoverno della città


a cura di Gaetano Daniele

Mons. Angelo Spinillo

Venerdì 27 maggio 2016 alle 18:30, nel Complesso di San Francesco, 
Mons. Spinillo incontra la cittadinanza per promuovere una partecipazione più generosa e consapevole


La Chiesa di Aversa si pone in dialogo con la cittadinanza e lo fa attraverso un incontro “per la partecipazione e il buongoverno della città”, che si terrà venerdì 27 maggio 2016 alle 18:30 nel Complesso di San Francesco (Aversa, piazzetta don Diana). L’evento vedrà la presenza di Mons. Angelo Spinillo, vescovo di Aversa; Stefano di Foggia, responsabile della Pastorale Sociale e del Lavoro; don Carmine Schiavone, Delegato Vescovile per la Carità; don Paolo Gaudino, vice-direttore dell’Ufficio Caritas; don Mario Vaccaro, responsabile del Servizio Pastorale Universitaria; Ernesto Gambardella, presidente dell’Azione Cattolica di Aversa.

Come si legge nel documento stilato dagli uffici diocesani promotori dell’evento (Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro, pace e giustizia, custodia del creato; Ufficio Comunicazioni Sociali;  Servizio Pastorale Universitaria), “la sensazione di una profonda distanza dei cittadini dalle vicende elettorali si rinnova in questi giorni. Da questa distanza, non può nascere nulla di buono per le nostre comunità. Quella che nasce come reazione a una caduta di credibilità della pratica politica, rischia, infatti, di diventare parte del problema.

Amministrare le città non deve mai diventare privilegio di addetti ai lavori, a volte quasi inamovibili per decenni. Ma i cittadini sentono privo di valore il proprio voto, quando avvertono che le decisioni vere si preparano in luoghi diversi da quelli istituzionali, rispondendo a interessi diversi da quelli generali.

Questi mali, che ancora affiggono il nostro territorio (la cronaca lo testimonia tristemente) possono essere sconfitti solo nel segno della speranza, che non è attesa fiduciosa, ma partecipazione operosa di tanti.

La Chiesa di Aversa, vicina alle preoccupazioni e alle sofferenze diffuse, in questi anni si è adoperata per portare conforto, ma anche per sostenere una profonda presa di coscienza dei problemi comuni. Questo ha favorito un’assunzione di responsabilità personale di tanti, che oggi sarebbero disposti a un impegno anche più ampio e generoso, ma attraverso canali di partecipazione aperti e trasparenti. Questo deve essere il primo punto nell’agenda politica delle prossime Amministrazioni civiche.

E’ anche per incoraggiare, con concretezza, queste nuove energie, che la Chiesa di Aversa assume un’iniziativa di dialogo aperto con la cittadinanza, nell’auspicio di un reale rinnovamento di idee e pratiche amministrative per il buongoverno delle città.

Ma, innanzitutto, essa vuole significare un forte appello a una partecipazione “di cittadinanza”, come basilare impegno civile, che si realizza intanto chiedendo provvedimenti d’interesse comune e non favori personali. In più, essa comporta l’impegno a penalizzare chi si mette evidentemente in gioco solo per occupare spazi di potere e non per promuovere davvero gli interessi generali.

Ma, ancora con un passo in più, la Chiesa, dando seguito agli appelli accorati e pressanti di papa Francesco, chiede ai cittadini di prepararsi a forme non episodiche, informate e competenti, d’interlocuzione sia con le nuove Amministrazioni, sia con gli apparati comunali. Solo questo tipo di presenza “di cittadinanza” può davvero spostare equilibri incancreniti, dando forza agli eletti onesti e volenterosi, che in passato sono stati messi ai margini, in condizione di non “nuocere”.

L’incontro del 27 p.v. presso il Chiostro di san Francesco, si svolgerà ad Aversa, ma non è diretto ai soli Aversani. A tutte le comunità locali della Diocesi, l’incontro con mons. Spinillo intende offrire un contributo, facendo sintesi di tante esperienze, di cui la presenza cristiana è almeno partecipe. Dare voce ai bisogni, in modo ordinato e incisivo, non può che far bene alle dinamiche di cambiamento, che ci si augura di vedere irrobustirsi e non arretrare nelle prossime settimane.

Finalissima Miss Mondo Elena Santoro in Pole Position

Finalissima Miss Mondo Elena Santoro in Pole Position





MONTESARCHIO - La sannita Elena Santoro, una bionda dagli occhi azzurri, è la nuova Miss Mondo Campania, qualificata di diritto per le finali nazionali di Gallipoli in programma dal 28 maggio all’11 giugno. Ha vinto per un pelo sulla casertana Caterina Di Fuccia, 18 una mora dai capelli ricci e dagli occhi azzurri, nella finalissima disputata presso il centro commerciale Liz Gallery. Oltre a loro andranno a Gallipoli, a giocarsi il titolo nazionale, altre otto ragazze campane che elenchiamo in ordine di classifica: Assunta Bove di Cervinara, 20 anni, Federica Petrillo, 18 di Pietradefusi (Avellino), Francesco Covino anche lei 18 di Cervinara, Mariapia Cardone 16 anni, residente a Pomigliano d’Arco, Marta Gomma 19 anni di Benevento, Fara Molino, 19enne di Napoli, Sara Simeone, 16 anni di Portico di Caserta e Lia Pondo, 16 anni, di Somma Vesuviana.  

Elena Santoro, 25 anni di Limatola, prossima alla laurea, è scoppiata in lacrime al momento della vittoria: “E’ stata un’emozione unica, anche mia madre ha pianto, il titolo è molto rappresentativo, sono orgogliosa, credo nella Campania che ha grandi bellezze” ha dichiarato a caldo.

Caterina Di Fuccia, 20enne casertana, è giunta seconda, battuta proprio al fotofinish, in una sfida vietata ai malati di cuore: “Spero di rifarmi alle finali, comunque eravamo entrambe bellissime, sono stanca ma è un’emozione grande arrivare seconda”.  

La giuria era composta da professionisti, modelle e giornalisti fra cui le miss e modelle Anna Ragucci, Chiara Cennamo e Giovanna Pacilio, già finalista a Miss Mondo, Walter Tordiglione, organizzatore di eventi di spettacolo e moda. La serata, presentata dall’attrice Roberta Adelini e da Antonio Esposito, si è avvalsa delle stupende coreografie di Rosanna Giaquinto, in dolce attesa di un maschietto, e dell’organizzazione dell’Ag Production. 

Diocesi di Aversa Il volto della Misericordia nell’arte cristiana: convegno in Seminario

Diocesi di Aversa Il volto della Misericordia nell’arte cristiana: convegno in Seminario


a cura di Gaetano Daniele


Mercoledì 25 maggio, Mons. Pasquale Iacobone del Pontificio Consiglio per la Cultura interverrà all’evento organizzato dal Museo Diocesano e dall’.I.S.S.R. "San Paolo"


Arte e Misericordia di nuovo al centro dell’interesse della diocesi di Aversa e, nello specifico, delle iniziative ideate dal Museo Diocesano in occasione Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco. Dopo l’inaugurazione della Mostra storico-artistica “Misericordiae Vultus: La Bellezza della Misericordia  in  Terra di Lavoro”, che si concluderà martedì 31 maggio, il Museo Diocesano di Aversa e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose "San Paolo" organizzano il convegno dal titolo "Il volto della Misericordia nell'arte cristiana". L’incontro si terrà mercoledì 25 maggio 2016 alle ore 18:00, nella Pinacoteca del Seminario Vescovile (Piazza Normanna), e vedrà la presenza di un illustre relatore: Mons. Prof. Pasquale Iacobone, Responsabile del Dipartimento Arte e Fede del Pontificio Consiglio per la Cultura. Previsti gli interventi della Dr. Lucia Bellofatto, storico dell’arte della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Caserta e Benevento; del Prof. Don Emilio Nappa, Direttore Istituto Superiore Scienze Religiose “San Paolo”; di Mons. Ernesto Rascato, Direttore del Museo Diocesano di Aversa. Le conclusioni saranno affidate a S.E. Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa.

Ospitato nell’ampio Deambulatorio della Cattedrale e articolato in tre sezioni (Volto di Gesù Misericordioso, Maria Mater Misericordiae, Santi testimoni della Misericordia), il suggestivo itinerario storico-artistico presenta documenti, sculture, argenti, stoffe, dipinti  che ricoprono un arco temporale di nove  secoli e offrono una rassegna di testimonianze altamente significative per la storia della Civiltà della Misericordia nel Mezzogiorno d’Italia. In particolare, una rassegna della ricchezza spirituale e caritativa della Chiesa aversana attraverso la quale, come ha scritto il Vescovo Spinillo nell’introduzione al catalogo della Mostra, è possibile “ripercorrere nelle varie espressioni artistiche le raffigurazioni del Volto del Cristo paziente e glorioso, Volto crocifisso e risorto, Volto agonizzante e trasfigurante”.

“I numerosissimi visitatori, giovani e adulti, ammirando i capolavori della rassegna hanno scoperto e rivissuto la tenerezza e la dolcezza del Volto di Maria, Madre di Misericordia, in tante preziosissime icone esposte, apprezzando il peregrinare di Testimoni della carità, santi che hanno fatto della misericordia la loro missione di vita”, commenta Mons. Rascato, curatore della Mostra. “Le numerose istituzioni caritative, frutto della creatività e della generosità di tanti vescovi, sacerdoti, religiosi, laici, famiglie, confraternite, dinastie regali e semplici fedeli, rappresentano il vero volto della solidarietà e della compassione di un popolo, animato ed ispirato dalla Misericordia divina”. 

Giletti beccato con una giovane donna Lui non la molla mai: chi è? / Guarda

Massimo Giletti beccato con l'ereditiera super sexy . Lui non riesce a toglierle gli occhi di dosso. Chi è?



Massimo Giletti si è presentato allo stadio per lo "scontro" fra Juventus e Milan con una bellissima ragazza. Giletti è stato paparazzato in tribuna vip con una giovane donna dai capelli rossi. Si chiama Angela Tuccia ed è un'attrice, ex "ereditiera". Lui sembrava non riuscire a toglierle gli occhi di dosso... 

"Basta, devono ridare i soldi a Sposini" Dal Pd un siluro sulla Rai di Renzi

"Risarcite Lamberto Sposini". La battaglia del renziano Anzaldi

di Franco Bechis



Michele Anzaldi, il renziano del Pd che si occupa di Rai è ormai divenuto il vero erede di Epurator-Francesco Storace per la sua mania di chiedere teste di personaggi della tv di Stato. Ora però ha iniziato un altro tipo di guerra. Una buona battaglia: quella per il risarcimento a Lamberto Sposini, ex conduttore colpito da un ictus proprio mentre stava per entrare in trasmissione e soccorso con qualche ritardo decisivo. Questa volta la Rai c'entra poco, è con il tribunale di Roma che ce l'ha Anzaldi. Perché ha respinto la causa di risarcimento intentata da Sposini, che ancora oggi vive le tragiche conseguenze di quel che gli è accaduto. Ma ha concesso un milione di risarcimento a Ivana Vaccari, celebre volto di Rai Sport (famosa per le numerose gaffes in diretta), per colpa di un demansionamento subito quattro anni fa. Sposini fatica a vivere e ancora non riesce a parlare. Per lui nessun danno. Alla Vaccari invece è stata riconosciuta una invalidità permanente del 7% per le «sofferenze psicologiche patite sul lavoro». Fate voi il parallelo...

Raggi kamikaze, il video-spot con l'uomo che ha distrutto Roma

Virginia Raggi, lo spot kamikaze: il video con l'uomo che ha distrutto Roma



Più che candidata, una kamikaze. Virginia Raggi è la grande favorita delle Comunali di Roma, in notevole vantaggio rispetto a Roberto Giachetti, Giorgia Meloni e Alfio Marchini. Gli ultimi sondaggi disponibili la davano vincente in tutti i casi di ballottaggio. Eppure nel finale di questa campagna elettorale sulla pagina Facebook della grillina rampante è spuntato un video che rischia di essere molto, molto imbarazzante. 

Perché proprio lui? - Un minuto e mezzo di auto-spot con... l'Imperatore Nerone. Sì, proprio quello che ha bruciato Roma, l'uomo associato nella Capitale al concetto di "sciagura". Non esattamente il testimonial migliore, al di là delle buone intenzioni. Il video che vorrebbe essere comico esorta i romani a cambiare la loro storia, puntando su cultura, arte, turismo, rispetto per la città. "E voi vorreste tornare a farvi governare da questi bifolchi? - domanda l'attore-Nerone, riferendosi a chi ha governato la Capitale - Tutt'al più potrete tornare alla lira, alla mia lira". Battuta che a qualcuno è suonata sinistra: "Per vincere a Roma - scrive un commentatore - bisogna sotterrare l'idea della lira altrimenti vincerà il Pd". Nerone o Raggi, Lira o euro, un po' troppe gaffe in un minuto e mezzo. 

"UN MISTERO CONDIVISO" Socci, Padre Georg, i 2 Papi parole esplosive sul Vaticano

Socci e quel "mistero condiviso dai due Papi": le rivelazioni esplosive di Padre Georg su Bergoglio e Ratzinger


di Antonio Socci
www.antoniosocci.com



Il giallo continua e - nella bandiera vaticana - sta ormai sommergendo il bianco. Infatti le dichiarazioni di ieri di monsignor Georg Gaenswein, sullo status di Benedetto XVI e di Francesco, sono dirompenti (don Georg è segretario di uno e Prefetto della Casa pontificia per l’altro).  A questo punto non si capisce più cosa è accaduto in Vaticano nel febbraio 2013 e cosa sta accadendo oggi. Prima di vedere queste dichiarazioni riassumo la vicenda che ha messo la Chiesa in una situazione mai vista. 

Dopo anni di durissimi attacchi, l’11 febbraio 2013 Benedetto XVI annuncia la sua clamorosa «rinuncia», sui cui motivi reali sono lecite molte domande (aveva iniziato il suo pontificato con una frase clamorosa: «Pregate per me, perché io non fugga per paura davanti ai lupi»). Peraltro, a tre anni e mezzo di distanza, si è potuto appurare che non c’erano problemi di salute incombenti né di lucidità. La sua «rinuncia» fu formalizzata con una declaratio, in un latino un po’ sgangherato (quindi non scritto da lui) e senza richiamare - come sarebbe stato ovvio - il canone del Codice di diritto canonico che regola la stessa rinuncia al papato.

Una svista? Una scelta? Non si sa. In ogni caso, la rinuncia al papato non era una novità assoluta. Ce ne sono state altre, in duemila anni, seppure molto rare. Quello che non c’è mai stato è un «papa emerito», perché tutti quelli che hanno lasciato sono tornati al loro status precedente. Invece Benedetto, circa dieci giorni dopo la rinuncia, e prima dell’inizio della sede vacante, fece sapere - sconfessando anche il portavoce - che egli sarebbe diventato «papa emerito» e sarebbe rimasto in Vaticano.

Tale inedita scelta non è stata accompagnata da un atto che la formalizzasse e definisse il «papato emerito» dal punto di vista canonistico e teologico. E questo è molto strano. Così è rimasta indefinita una situazione delicatissima e dirompente. A meno che vi sia qualcosa di scritto che però è rimasto riservatissimo... Del resto, secondo gli addetti ai lavori, la figura del «papato emerito» non c’entra nulla con l’episcopato emerito, istituito dopo il Concilio, in quanto l’episcopato è il terzo grado del sacramento dell’ordine e - quando un vescovo a 75 anni rinuncia alla giurisdizione su una diocesi - resta sempre vescovo (la Chiesa ha precisamente codificato in un atto ufficiale tutte le prerogative dell’episcopato emerito).

Il papato, invece, non è un quarto grado dell’ordine e i canonisti hanno sempre ritenuto che rinunciandovi si potesse tornare solo vescovi (così è stato per duemila anni). Invece papa Ratzinger - uomo di raffinata dottrina - è «papa emerito» e ha conservato sia il nome Benedetto XVI che il titolo «Santo Padre» e pure le insegne pontificie nello stemma (cosa che ha stupito perché in Vaticano i simboli sono molto importanti).

Tutto questo non certo per vanità personale. Ratzinger è famoso per il contrario: ha sempre vissuto come un peso le cariche e fece di tutto per non essere eletto papa. La domanda che dunque rimbalza, da tre anni, nei palazzi vaticani, è questa: si è dimesso davvero o - per ignote ragioni - è ancora papa, sia pure in una forma inedita?

Ad alimentare il mistero c’è pure il discorso di commiato che egli fece nell’udienza del 27 febbraio 2013, nel quale - rievocando il suo «sì» all’elezione, nel 2005 - disse che era «per sempre» e spiegò: «Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero non revoca questo».

Erano parole che avrebbero dovuto mettere tutti sul chi va là (si trattava di una rinuncia al solo «esercizio attivo» del minister petrino? Era plausibile?). Ma, in quel febbraio-marzo 2013, tutti si guardarono bene dall’andare a chiedere al papa il perché della sua rinuncia, il senso di quelle sue parole del 27 febbraio e la definizione della carica di «papa emerito».

Lo stesso papa Francesco - eletto il 13 marzo 2013 - si trovò in una situazione inedita, che poi lui contribuì a rendere ancora più enigmatica, fin dalla sera dell’elezione, perché si affacciò dalla loggia di San Pietro senza paramenti pontifici e definendosi sei volte «vescovo di Roma», ma mai papa (oltretutto non ha messo il pallio - simbolo dell’incoronazione pontificia - nello stemma). Come se non bastasse, Francesco ha continuato a chiamare Joseph Ratzinger: «Sua Santità Benedetto XVI». Insomma, c’era un papa regnante che non si definiva papa, ma vescovo, e che poi chiamava papa colui che - stando all’ufficialità - non era più papa, ma era tornato vescovo. Un groviglio incomprensibile. 

La Chiesa, per la prima volta nella storia, si trovava con due papi: a dirlo fu lo stesso Bergoglio, nel luglio 2013, sul volo che dal Brasile lo riportava in Italia. In seguito qualcuno deve avergli spiegato che - per la divina costituzione della Chiesa - non possono esserci due papi contemporaneamente e allora ha ripiegato, nelle successive occasioni, sull’analogia con l’«episcopato emerito». Ma anche lui sa che non c’è nessuna analogia, per le ragioni che ho detto sopra e perché non c’è nessun atto formale di istituzione del «papato emerito». Qualche canonista ha cercato di decifrare - dal punto di vista giuridico e teologico - la nuova, inaudita situazione.

Stefano Violi, studiando la declaratio di papa Benedetto, conclude: «(Benedetto XVI) dichiara di rinunciare al “ministerium”. Non al Papato, secondo il dettato della norma di Bonifacio VIII; non al “munus” secondo il dettato del can. 332 § 2, ma al “ministerium”, o, come specificherà nella sua ultima udienza, all’“esercizio attivo del ministero”...». Poi Violi prosegue: «Il servizio alla chiesa continua con lo stesso amore e la stessa dedizione anche al di fuori dell’esercizio del potere. Oggetto della rinuncia irrevocabile infatti è l’executio muneris mediante l’azione e la parola (agendo et loquendo) non il munus affidatogli una volta per sempre». Le conseguenze di un fatto simile però sarebbero dirompenti. Un altro canonista, Valerio Gigliotti, ha scritto che la situazione di Benedetto apre una nuova fase, che definisce «mistico-pastorale», una «nuova configurazione dell’istituto» del Papato che «è attualmente al vaglio della riflessione canonistica». Anche questo è dirompente.

Sabato poi, monsignor Gaenswein, alla presentazione di un libro su Benedetto XVI, ha spiegato che il suo pontificato va letto a partire dalla sua battaglia contro «la dittatura del relativismo». Poi ha testualmente dichiarato: «Dall’elezione del suo successore, Papa Francesco - il 13 marzo 2013 - non ci sono dunque due Papi, ma di fatto un ministero allargato con un membro attivo e uno contemplativo. Per questo, Benedetto non ha rinunciato né al suo nome né alla talare bianca. Per questo, l’appellativo corretto con il quale bisogna rivolgersi a lui è ancora “Santità”. Inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma all’interno del Vaticano, come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo Successore e a una nuova tappa della storia del Papato che egli, con quel passo, ha arricchito con la centralità della preghiera e della compassione posta nei Giardini vaticani». 

Si tratta di dichiarazioni esplosive, il cui significato è tutto da capire. Che vuol dire infatti che dal 13 marzo 2013 c'è «un ministero (petrino) allargato con un membro attivo e uno contemplativo»? E dire che Benedetto ha fatto «solo» (sottolineo quel «solo») un «passo di lato per fare spazio al Successore»? Addirittura parla di «una nuova tappa nella storia del Papato». E tutto questo - dice Gaenswein - fa capire perché Benedetto «non ha rinunciato né al suo  nome né alla talare bianca» e perché «l'appellativo corretto con il quale bisogna rivolgersi a lui è ancora “Santità”». Una cosa è certa: è una situazione anomala e misteriosa. E c'è qualcosa di importante che non viene detto.

SALVINI BUM BUM Chiamata alle armi (vere) A chi vuole dare un fucile

Matteo Salvini: "Servizio civile di 4 mesi per insegnare ai ragazzi a sparare"



Le sentenze sulla legittima difesa stanno, per fortuna, lentamente cambiando. In sempre più casi, l'accusa di eccesso di legittima difesa cade nel nulla, quando la vicenda approda davanti a un giudice. Perchè dopo tanti anni a giustificare, difendere o prendere le parti di ladri e rapinatori, oggi la tendenza è sempre più quella di tutelare la vittima.

Protagonista di questa inversione di tendenza culturale è stata sicuramente la Lega, prima con Bossi e Maroni, poi con Matteo Salvini. Il quale ora avanza una nuova proposta che farà sicuramente discutere: "Non sono a favore dell’armamento indiscriminato, il mio modello non sono gli Stati Uniti ma la Svizzera dove un cittadino su due è legittimamente armata e dove i reati sono molto meno che in Italia. Proporrei a questo proposito in Italia quattro mesi di servizio civile o militare per insegnare ai ragazzi e alle nostre ragazze a saper usare le armi. Perchè se hai l’arma ma non la sai usare sei un pericolo pubblico".

"Surreale, demenziale, peccato mortale" Così Mentana ha demolito la Boschi

Mentana, che mazzata alla Boschi: "Demenziale, surreale, peccato mortale"



Surreale, demenziale, peccato mortale. Non va leggero Enrico Mentana nel commentare la polemica sulle parole di Maria Elena Boschi. Quel suo "i veri partigiani al referendum voterebbero sì" ha esposto la ministra delle riforme al fuoco di fila della sinistra più dura e pura. Su Facebook, il direttore del TgLa7 non si schiera né con l'una né con gli altri. Semplicemente li demolisce entrambi, in un colpo solo.

Il post del direttore - "La discussione sui partigiani e il referendum costituzionale è surreale - esordisce Mentana nel suo post su Facebook -. Già dividersi tra Innovatori e Guardiani del tempio era insensato. Già cominciare lo scontro referendario più di cinque mesi prima del voto è demenziale. Ma ora è un peccato mortale della democrazia strapparsi di mano le icone sacre della sinistra e pretendere di dire come avrebbero votato quei grandi comunisti che non ci sono più, o da che parte devono stare i partigiani". Anche perché la maggior parte di quei partigiani oggi è morta. "Nei decenni ho conosciuto tante figure chiave di combattenti per la nostra libertà. Come ogni altro che lo ha fatto sono sicuro che molti di loro - se oggi fossero tra noi - direbbero no alla riforma Boschi, e non pochi altri la appoggerebbero. Ma sinceramente, 71 anni dopo quel 25 aprile che segnò la fine della guerra, che senso ha tutto questo?". "Sono gli italiani di oggi ad essere chiamati a scegliere su leggi fondamentali della loro vita comune - conclude Mentana -. La stragrande maggioranza non ha più nessun legame con l'antica sinistra italiana, le sue luci, le sue paranoie, i suoi odi insanabili. Semmai un simile virulento scontro politico-ideologico-identitario avrà l'effetto di tenerla lontana dalle urne di un referendum che ogni giorno di più (e ne mancano ancora 150) sembra allontanarsi dalla sua stessa sostanza".

Elezioni in Austria, c'è il risultato finale Che mazzata per gli anti-europeisti

Austria, alle presidenziali vince il verde Van Der Bellen




Secondo fonti dei media austriaci è il verde Van Der Bellen il vincitore delle elezioni presidenziali austriache. La notizia era attesa con grande ansia in tutta l'Unione europea, viste le dichiarazioni anti-Unione dell'avversario di Van Der Bellen, il candidato dell'ultradestra Norbert Hofer. Hofer infatti, era sostenitore di una linea di chiusura delle frontiere austriache, di respingimento degli immigrati fino all'ipotesi di una uscita del Paese dall'Unione. La notizia della vittoria di Van Der Bellen è venuta dopo il conteggio dei voti per corrispondenza, pari a circa 800mila preferenze, che è avvenuto oggi.

Hofer ha ammesso la sconfitta con un messaggio sulla sua pagina Facebook: "Ringrazio tutti per il vostro meraviglioso sostegno. Naturalmente oggi sono un pò triste. Avrei volentieri servito come presidente per voi in questo fantastico Paese". Ha concluso rivolgendosi ai suoi sostenitori: "Vi resterò fedele e contribuirò a un futuro positivo dell’Austria. Per favore non siate scoraggiati. La missione di questo voto non è perduta, bensì è un investimento nel futuro".

lunedì 23 maggio 2016

L'intervista "Basta, gli do un mese di tempo per..." Ultimatum estremo di Salvini al Cav

"Basta, gli do un mese di tempo" , ultimatum estremo di Salvini al Cav


intervista a cura di Matteo Pandini



«Non ho in programma incontri con Silvio Berlusconi. Conto di vederlo a Milano, quando chiuderemo la campagna elettorale, perché spero ci sarà un' iniziativa unitaria...».

Matteo Salvini continua il suo tour. Ieri s'è sparato comizi in provincia di Milano, poi a Varese e Como. Oggi sarà in Veneto.

Onorevole, come va col Cavaliere?

«Non lo vedo da prima di Pasqua».

Ah.

«Guardi che siamo in coalizione in molte città: Varese, Savona, Trieste, Bologna… Certo, sono perplesso per alcune sue dichiarazioni sull' Europa».

Berlusconi ha detto d' essere preoccupato dall' eventuale uscita della Gran Bretagna dall' Unione Europea. E ha attaccato la sua amica Marine Le Pen.

«Se stai con la Merkel, non puoi pensare di andare al governo con la Lega.Non ho capito perché insiste ad attaccare i populisti e la Le Pen... Ne dovremo parlare dopo le elezioni».

Resa dei conti?

«Dal 20 giugno, archiviate le elezioni amministrative, lavoreremo pancia a terra per dire no al referendum di Renzi. In più, lanceremo nuove proposte di governo. Berlusconi dovrà scegliere da che parte stare».

Farà il congresso della Lega?

«Le beghe sui congressi le lascio al Pd».

Non ha più ricevuto messaggi nemmeno da Francesca Pascale, che le ha dato del troglodita?

«No. Ma questo non mi interessa».

I sondaggi danno la Lega ferma. Non cresce più. Preoccupato?

«Be', essere stabili è motivo di orgoglio visto che c' è in atto una vergognosa campagna mediatica a favore di Renzi».

Anche i grillini sono contro Renzi. Ma loro nei sondaggi crescono. Oltre che Roma e Torino, avanzano perfino a Napoli.

«Ribadisco che il mio avversario è Renzi e non il M5S, visto che è il Pd che sta massacrando il Paese».

Però?

«Però aggiungo che condivido la posizione del Movimento 5 Stelle sull' onestà in politica».

Lei ha già detto che, tra Pd e M5S, sceglierebbe i grillini. Che fa Salvini, sta provando a costruire una nuova alleanza?

«Su islam, rom e immigrazione in genere, i grillini sono di estrema sinistra! Inoltre, mi pare abbiano problemi a Parma e Livorno, per non dimenticare Quarto o Civitavecchia. Significa che a protestare sono capaci tutti, ma quando si governa bisogna dimostrare di essere all' altezza».

La Lega lo è?

«La Lega governa bene - ormai da vent' anni - in Lombardia e Veneto. E…». E? «E poi un conto solo le elezioni comunali... Per esempio a Laives, comune vicino a Bolzano, c' è una giunta leghista che governa anche con l' ok dei 5 Stelle. Sul territorio è più facile trovare un' intesa sui problemi concreti. A livello nazionale cambia tutto».

Eppure, anche sull' Europa avete idee simili a Grillo. O no?

«Sugli immigrati, anche a Bruxelles i grillini votano più a sinistra del Partito democratico! In ogni caso ho chiesto più volte un incontro, anche in diretta streaming, per discutere di Europa, trattati europei e così via. Mi hanno sempre detto di no. Peccato».

In passato ha mai parlato direttamente con Grillo o Casaleggio?

«Mai. Ho incontrato una volta Grillo sull' aereo per Bruxelles, ma non ci siamo parlati». Se la Lega non cresce nei sondaggi, è dura immaginare di scalzare Renzi.

Non crede?

«Infatti penso che dal 20 giugno dovremo lanciare nuove idee e proposte che guardano avanti. Non anticipo nulla, ma tutti dovranno decidere da che parte stare.
Il mio avversario è Renzi, il resto è contorno».

Renzi sostiene che molti leghisti voteranno «sì» al referendum. È verosimile?

«Macché! Girerò l' Italia paese per paese per spiegare a gran voce le ragioni del no alle sciagurate riforme di questo governo. E dirò perché questa Europa è un cancro e un disastro: per questo dobbiamo stare pronti a cacciare il premier. Che infatti, a differenza del sottoscritto, non parla di amministrative perché sa già di perderle. Spero che Berlusconi decida di stare con noi».

Ercolano (Na): Rissa al Bingo Poseidon Sfiorato il peggio

Ercolano (Na): Rissa al Bingo Poseidon Sfiorato il peggio


di Angela Bechis



E' successo sabato scorso al Bingo Poseidon di Ercolano in provincia di Napoli. Una rissa tra coniugi. Il movente sempre lo stesso. Malati di gioco d'azzardo. Quando pur di continuare a sognare e sperare in una folle vincita si è disposti a fare tutto. A tutto. Neppure a pagare bollette della luce e del gas. La storia riguarda una coppia di mezza età di Ercolano, dove il lui della coppia, passa le intere giornate tra sale slot e appunto, al Bingo Poseidon di Ercolano. 20, 50, 100 euro al giorno da dividere sapientemente tra slot e cartelle al bingo, comunemente chiamata Tombola. Famiglie alienate, gente che si isola, a volte o spesso fanno la fortuna di questi imprenditori. 

E' sabato, uno come tanti, si reca al Bingo per la sua dose quotidiana (ludopatia). Da indiscrezioni non versa lo stipendio alla moglie. Cerca il botto, o più che botto, di giocare, vuole e cerca disperatamente la sua dose quotidiana. La serata però è nera, come sempre, come si può pensare di vincere in un Bingo dove solo di spese supera le 10 mila euro. Utopia. Sì, qualcuno vincerà, forse chi il giorno prima ne aveva persi il triplo. Insomma, pura illusione. 

Così, la donna si reca al Bingo Poseidon intorno le 16.00, lo trova al solito posto. Alla macchinetta a giocare. Lei lo chiama, il marito reagisce spingendola. Insomma, alla fine i due vengono allontanati dalla sala. Chissà se i gestori del Bingo Poseidon faranno rientrare la persona che alcuni giorni prima ha causato la rissa all'interno della struttura. 

L'Avvocato Risponde "I Diritti del Convivente"

L'avvocato Mario Setola risponde a Bartolomeo, 34enne di Casoria in provincia di Napoli

Avv. Mario Setola

Domanda

Egregio avvocato, mi chiamo Bartolomeo, ho 34 anni e scrivo da Casoria. Convivo con la mia compagna di 30 anni da circa 3 anni e mezzo.  Insieme abbiamo comprato casa,   ma le cose non stanno andando come dovrebbero. Non abbiamo figli ed io mi sto innamorando di un'altra persona. Il mutuo e la casa sono intestati ad entrambi ed abbiamo goduto delle agevolazioni sulla prima casa. La casa che abbiamo acquistato non è “nuova”, ma in precedenza era intestata ad altre persone. Vorrei sapere quali spese dovrei affrontare in caso di separazione. E' possibile che io mantenga la casa visto che la donna di cui mi sono innamorato ha una bimba di sei anni avuta da una precedente convivenza? Che cosa mi suggerisce?     




L'Avvocato Risponde:

Gentile Bartolomeo, la convivenza “more uxorio”(senza matrimonio) non ha alcuna rilevanza giuridica, non essendo prevista dalla legge; non ci sarà pertanto, un processo di separazione ed un giudice che assegnerà l'abitazione familiare ad un coniuge, addebitando la colpa della separazione all'altro coniuge. Non avete figli, quindi la questione non deve essere considerata attinente al diritto di famiglia. La circostanza che la tua compagna abbia avuto in precedenza una bimba, è assolutamente irrilevante, ai fini della nostra fattispecie. Focalizziamo l'attenzione sugli aspetti rilevanti della vicenda, tralasciando la questione della convivenza che, da un punto di vista giuridico, non ha nessuna importanza. Abbiamo due comproprietari al 50% di un immobile con uguali diritti; Purtroppo è irrilevante ovviamente ai fini giuridici, benché umanamente comprensibile, il fatto che fino a ieri volevate vivere insieme e che adesso non vi amiate più! I comproprietari sono ugualmente debitori, relativamente al mutuo richiesto, nei confronti dell'istituto di credito. La questione deve essere risolta, con un accordo tra i comproprietari (non esiste normativa in merito): un comproprietario deve acquistare la quota del 50% dell'immobile, dall'altro, accollandosi l'intero mutuo. Altra soluzione possibile: vendere l'immobile ad un terzo estraneo, trasmettendo a quest'ultimo il mutuo immobiliare. E' possibile inoltre, concedere in locazione l'immobile ad un terzo e dividere il canone di locazione al 50%, in attesa di venderlo (in questo caso però, perdereste i benefici della prima casa e l'Agenzia delle entrate vi chiederebbe la maggiore imposta dovuta con avviso di liquidazione). La decadenza dal beneficio “prima casa” comporta il recupero della differenza d'imposta non versata e degli interessi nonché l'applicazione di una sanzione del 30 per cento dell'imposta stessa.  Il giudice non può fare altro che farvi notare che la questione può essere risolta, soltanto dal buon senso delle parti in causa, non essendoci una legge che regola la convivenza “more uxorio”.  In ogni caso, per non perdere i benefici della prima casa, è necessario prendere in considerazione i seguenti aspetti giuridici. Il comproprietario che cederà la sua quota del 50% sull'immobile, all'altro comproprietario, dovrà entro un anno dalla vendita, acquistare una nuova abitazione con i requisiti della “prima casa”. Se l'immobile dovesse essere ceduto ad un terzo, entrambi i cedenti dovrebbero acquistare un'altra “prima casa”, entro un anno dalla vendita. Tutto ciò, per non perdere il beneficio fiscale richiesto. La normativa inoltre, prevede un credito di imposta per le persone che hanno ceduto l'abitazione, a suo tempo acquistata fruendo dei benefici previsti per la prima casa, ai fini dell'imposta di registro e dell'Iva, ed entro un anno dalla vendita, acquistano un'altra abitazione non di lusso, costituente prima casa. Per fruire del credito di imposta, è necessario che il contribuente manifesti la propria volontà, con apposita dichiarazione nell'atto di acquisto del nuovo immobile.  

Avv. Mario Setola – Esperto in Diritto di Famiglia 
Studio: Cardito (Na) Corso Cesare Battisti n. 145
Cell. 3382011387 Email: avvocato.mariosetola@libero.it

"Il campionato di calcio truccato" Dieci arresti, coinvolto un campione

"Il campionato è truccato", dieci in manette coinvolto un big 



Un blitz dei carabinieri ha portato a sette misure cautelari nei confronti di affiliati alla cosca Vanella Grassi, ma anche alla scoperta di alcune partite del campionato di calcio di serie B della stagione 2013-2014, il cui risultato è stato alterato dal clan. In questo filone dell’indagine, ci sarebbero due persone indagate, di cui una è un calciatore che ora milita nella massima serie, però non raggiunto da misura cautelare. Le due partite, finite nel mirino del pm, sono state disputate a maggio 2014. Identificati, inoltre, i componenti della rete di affiliati vicina al baby boss Umberto Accurso, arrestato l’11 maggio scorso. 

L'intercettazione - "Dobbiamo mangiare tre polpette, abbiamo la pancia piena", si sente dire da uno degli indagati nelle intercettazioni, in riferimento alle partite il cui risultato interessa alla cosca che venga alterato. La misura cautelare riguarda dieci indagati, sette per associazione a delinquere di stampo mafioso; una persona è indagata per favoreggiamento di uno dei capi del gruppo attivo nei quartieri  a nord del capoluogo campano; e due, appunto, per aver alterato i risultati di incontri di serie B a favore del clan, reati aggravati da finalità mafiosa. L’inchiesta ha individuato i capo piazza, i pusher, gli armieri e i distributori degli stipendi agli affiliati e ai familiari dei detenuti nel gruppo del boss Accurso. 

Lo schiaffo di Bersani alla Boschi: "Una sconsiderata e avventurista"

Lo schiaffo di Bersani alla Boschi: "Sconsiderata e avventurista"



E' durissima la risposta di Pier Luigi Bersani al ministro delle riforme Maria Elena Boschi che, intervistata da Lucia Annunziata, ha detto che i veri partigiani voteranno sì alla riforma costituzionale. "Come si permette la ministra Boschi di distinguere tra partigiani veri e partigiani finti? Chi crede di essere? Siamo forse arrivati a un governo che fa la supervisione dell’Anpi?", si chiede su Facebook l’ex segretario del Pd, "È evidente che siamo a una gestione politica sconsiderata e avventurista. In nome di una mezza riforma del Senato si rischia di creare una frattura insanabile nel mondo democratico e costituzionale. Ieri Renzi è stato alla Brembo. Spero si sia fatto dare un freno di quelli buoni. E che lo usi subito". 

Rivelazione bomba sui sondaggi: la frase che cambia tutti i risultati

L’esperto Pd rivela: i sondaggi di Roma costano poco, sono falsi


di Franco Bechis



Dopo avere letto l’ultima rilevazione sul comune di Roma che attribuiva più o meno ad alcuni candidati a poche ore da alcune loro affermazioni pubbliche, il deputato Pd Giacomo Portas (fondatore del movimento dei Moderati) nel cortile di Montecitorio è esploso: “Balle. Tutte balle”. E davanti a colleghi di partito si è lanciato un una lezione sui sondaggi. Lui è un tecnico, che prima di gettarsi in politica faceva proprio quel mestiere.

Utile starlo a sentire: “E’ impossibile fare sondaggi attendibili a poche ore da un fatto o da una dichiarazione. E poi da quel che mi risulta ormai si spendono spiccioli per ottenere quelle rilevazioni, che quindi sono fatte generalmente alla viva il parroco”. Secondo Portas per avere un sondaggio attendibile bisogna invece spendere molti soldi: “il costo minimo è almeno 40 mila euro a rilevazione. Per avere risposte attendibili bisogna fare una domanda e almeno altre sei o sette di verifica sulla veridicità della risposta. In quel modo la maggioranza di quelle ottenute si deve buttare via”.

“Faccio un esempio”, continua Portas, “tizio mi dice chi vota al comune di Roma. Gli chiedo chi aveva votato nel 2008, e lui mi risponde di avere votato 5 stelle, che non si erano presentati. La sua risposta è inattendibile, e va buttata via. Caio invece mi risponde che voterà Pd. Gli chiedo chi è il segretario del Pd, e non lo sa. Quindi mi ha detto una bugia prima. Via anche questa. Bisogna scremare molto, perché al telefono gli italiani sono bugiardi patentati. Ma scremare costa, e nessuno spende più. Risultato: non credete ai sondaggi, perché dicono balle”. Le diranno pure, ma il rischio è che quei risultati per quanto falsi diventino dopo un po’ più veri, perché orientano l’elettorato.

domenica 22 maggio 2016

SEMPRE E SOLO JUVE Il Milan è quasi perfetto, Morata lo manda all'inferno

Coppa Italia, la Juve vince ai supplementari: Morata frega un Milan quasi perfetto


di Claudio Brigliadori
@Piadinamilanese



La Juventus vince la Coppa Italia, al Milan non bastano 120' di orgoglio e cuore: finisce 1-0 ai supplementari, mister Allegri deve ringraziare il probabile partente Morata mentre Brocchi si congeda quasi nel migliore dei modi, perché le imprese stile Leicester accadono raramente, mai due volte in un mese. La Signora centra la vittoria numero 11, sofferta e forse ancora più gustosa a coronare l'ennesima doppietta. Per il Diavolo letteralmente rigenerato è invece difficile capire se si tratti di un punto di partenza, di arrivo o di semplice episodio. Alla fine il verdetto è impietoso: terzo anno di fila fuori dalle coppe europee, in Europa League ci va il Sassuolo.

Milan senza paura - Brocchi sceglie il 4-3-3 che nei fatti è un 4-5-1, con i terzini Calabria e De Sciglio in frequenti incursioni offensive, Montolivo e Kucka solido duo davanti alla difesa e Poli il più portato agli inserimenti centrali. Davanti Bonaventura a sinistra e Honda a destra cuciono le manovre ma Bacca, unica punta, riceve comunque pochi palloni. La Juve con l'ormai classico 3-5-2 ha un centrocampo quasi inedito, con Lemina e Hernanes al posto degli indisponibili Khedira e Marchisio. Sono proprio loro a soffrire di più, con Pogba ingabbiato e le due punte Dybala e Mandzukic troppo isolate. Il Milan fa il massimo, forse la miglior partita della stagione per corsa, determinazione e attenzione. La qualità non è eccelsa, ma basta per creare una manciata di occasioni buone (con Bonaventura e Poli, soprattutto) es sprecarle. Allegri nel secondo tempo non cambia la squadra, ma la mentalità dei campioni d'Italia è diversa: più aggressività, baricentro più alto anche perché il Milan con il passare dei minuti comincia ad avere il fiato corto. Il coraggio però c'è: niente barricate, Donnarumma è bravo in due occasioni ma i rossoneri non perdono mai la calma. A 5' dalla fine Brocchi mette Niang al posto di Poli, cambio non banale anche se di fatto il francese (assente da quasi 2 mesi per l'incidente d'auto) va spesso a fare legna a centrocampo sulla sinistra, permettendo a Bonaventura di accentrarsi di più. 

Morata-gol, decide la panca - Il francese non brilla, ma il Diavolo regge anche ai supplementari. Due palle gol: Montolivo sbaglia l'unica palla della serata, Mandzukic serve Pogba che al limite colpisce di destro, preciso ma non potentissimo, e Donnarumma devia. Dall'altra parte la Juve pasticcia in area e Bacca sfiora il gol dell'anno in rovesciata. Escono Hernanes e Montolivo (sfinito), dentro Morata e Josè Mauri, e anche questo illustra il "miracolo" di Brocchi, che quasi senza alternative fa soffrire una Juve che si permette di tenere in panca lo spagnolo, Cuadrado e Alex Sandro. E alla prima palla è proprio Morata a castigare il Milan, sbilanciato: cross in contropiede di Cuadrado, destro al volo dell'ex Real (e futuro?) e Donnarumma battuto. I rossoneri non ne hanno più, reclamano un rigore su Honda, gli animi si accendono (quasi rissa tra Morata e Mauri), Neto trema solo su un destro dal limite di Mauri. Restano i rimpianti: per questa sera e per quanto buttato via durante tutta questa stagione. 

Bersani spiazza tutti, la frase su Renzi Il Pd è sconvolto, non se l'aspettava

Bersani a sorpresa: Renzi, la riforma. La sua frase terremoto




"Il mio giudizio su questa riforma è che nella somma tra pregi e difetti è comunque un passo avanti, purché ci sia la legge elettorale per i senatori e mettendo a verbale che c'è un problemone che si chiama Italicum". Pierluigi Bersani, in una intervista a La Stampa, non risparmia critiche a Matteo Renzi ma si dice certo di una cosa: "Se Renzi perde il referendum non si deve dimettere. Trovo improprio che ci sia questo legame tra governo e Costituzione. Ma che precedenti stiamo costruendo? Diamo in mano la Costituzione al primo governo che passa? Finché ci siamo noi che siamo bravi e democratici bene, ma attenzione, guardiamo come è messa l'Europa. E chi è democratico tenga conto che ogni cosa che fa può essere un precedente. E ne stiamo accumulando troppi. Diciamolo chiaro ancora una volta: un voto sulla Costituzione non può essere né un referendum sul governo né il laboratorio di un nuovo partito".

Detto questo, continua Bersani, "chiedo a Renzi di rispondere alla seguente domanda: se un insegnante, operaio o costituzionalista, intende votare o lavorare per il no è un gufo, un disfattista, va buttato fuori dal Pd, non può candidarsi nel Pd? Deve rispondere, se no io mi ritengo libero". E ancora: "Invece di discutere di riforma del Senato qui si discute di come dividere l'Italia e far prevalere gli arcangeli sui gufi".