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mercoledì 24 febbraio 2016

Il bail in voluto da Berlino ci rovina Disastro: quando l'Italia fallirà

Il bail-in voluto dai tedeschi ci rovina. Il disastro: ecco quando l'Italia fallirà


di Ugo Bertone



Riusciranno le banche a sfuggire alle maldestre riforme messe a punto dall’Unione Europea? Non sarà facile perché le teste d’uovo di Bruxelles e della Bce sono riuscite a mettere a punto una serie di trappole infernali che ha assai complicato la rotta del sistema già alle prese con la crisi più grave del dopoguerra. E così le nuove regole «aumentano i rischi per l'economia e frenano la crescita», come accusa uno studio del Centro Studi Confindustria, firmato dal direttore Luca Paolazzi e da Ciro Rapacciuolo. Una diagnosi che, tra l’altro, riflette il pessimismo delle Borse di fronte a terapie che lungi dal curare il paziente minacciano di decretarne la fine per asfissia. Un allarme, ammoniscono gli autori, che non vale solo per l’Italia o per gli altri Paesi in difficoltà, ma anche per le economie che più hanno ispirato regole nocive oltre che inutili.

1. Eppure le cose minacciano di peggiorare se passasse la proposta di un limite all’acquisto da parte delle banche dei titoli di Stato domestici, come vorrebbe la Bundesbank. Non è vero, come sostengono i tedeschi, che così verrebbe spezzato il legame tra debito bancario e debito sovrano. Al contrario, verrebbe meno la domanda più robusta per i titoli dei Paesi dell’Eurozona con il debito pubblico più elevato. Il risultato? Un aumento dei rendimenti e, di riflesso, del costo del denaro dando il via ad un circolo vizioso: l’aumento degli interessi, infatti, non potrebbe che comportare un aumento del debito, ovvero l’esatto opposto dell’obiettivo di far affluire più fondi delle banche alle imprese. «Se nel 2011/12 - scrivono gli autori - gli istituti avessero dovuto limitare i loro acquisti, in Italia avremmo avuto un sistema bancario con bilanci peggiori e una stretta del credito maggiore». Finora il rischio è stato evitato.

Ancor peggio se passasse la proposta di prevedere accantonamenti a fronte dei titoli pubblici in portafoglio. La «riforma» sollecitata dai falchi tedeschi farebbe crescere la forbice tra le economie periferiche e quelle «core», con nuove tensioni nella Ue.

2. Fin qui le riforme temute ma, per fortuna, ancora nel cassetto. Purtroppo, invece, il bail in ha già provocato guasti formidabili, dal default delle banche italiane (e del Novo Banco portoghese) all’aumento del rischio che ha provocato il marcato calo dei titoli bancari in Borsa. Ma c’è di più: la riforma, nata con l’obiettivo di tutelare i bilanci pubblici contro l’onere di far fronte ai fallimenti delle banche, rischia di aumentare il prezzo dei salvataggi di quattro volte. Sempre a carico dei contribuenti. In che modo? Primo, con la perdita di valore del patrimonio dei risparmiatori, a causa del crollo delle quotazioni di Borsa e dei prezzi delle case. Secondo, con la diminuzione del reddito. Terzo, con la perdita di posti di lavoro. Quarto, con l'incremento della tassazione e/o con il taglio della spesa pubblica, necessari a coprire il deficit pubblico causato dal peggioramento dell’economia. Insomma, il bail in può funzionare se riguarda un solo istituto, da punire per errori o leggerezze. Non ha senso se la crisi è generale. In quel caso la conseguenza scontata è la recessione.

Per l’Italia, dove i bond bancari sono ampiamente diffusi tra le famiglie (187 miliardi, tre volte l’ammontare in mano al retail tedesco) il danno è ancora maggiore: il maggior rischio dei bond, chiamati a rispondere in caso di insolvenza, è destinato a pesare sui tassi. Insomma, il bail-in va sospeso non tanto per la situazione di un paese o di un altro, ma perché si sono valutati male i suoi effetti economici, che sono controproducenti.

3. Infine, il nodo delle sofferenze, salite a 143 miliardi a fine 2015 (18,3% dei prestiti alle imprese), dai 25 miliardi del 2008 (2,9%). Una crescita drammatica che non è, nella stragrande maggioranza delle situazioni, il frutto di errori o leggerezze ma l’effetto «della doppia e profonda recessione, che ha fatto cadere il Pil di oltre il 9%, la produzione industriale del 25%, l’attività nelle costruzioni di quasi il 50%».

Le nuove regole europee, si sa, non consentono più gli interventi che hanno permesso il salvataggio delle banche tedesche (ma anche inglesi, francesi, belghe e così via). Di qui un intervento limitato, basato su una garanzia che avrà un costo crescente nel tempo. È comunque un passo in avanti, ammette lo studio, «ma le garanzie non sembrano in grado di incidere rapidamente sullo smaltimento dei crediti deteriorati presenti nei bilanci delle banche. Per ridurre a livelli fisiologici lo stock attuale di crediti deteriorati occorreranno diversi anni». Tanto, troppo tempo per un sistema che richiede una risposta tempestiva, mica i tempi biblici e le bizzarrie dell’Europa delle tante burocrazie che invocano nuovi vincoli di bilancio, senza distinguere tra il rischio (assai limitato) di un Btp dai derivati (spesso tossici) che abbondano nei magazzini di Deutsche Bank.

Ritirati dalla vendita milioni di Mars Allarme: che cosa ci trovi dentro

Plastica dentro una barretta: ritirati dalla vendita milioni di barrette Mars




La multinazionale alimentare Mars ha ordinato un maxi-ritiro di prodotti in Germania, Olanda e altri 55 Paesi nel mondo tra i quali l'Italia, dopo che un consumatore ha trovato un pezzetto di plastica in una confezione. I dolciumi ritirati dalla vendita sono quelli con i marchi Mars, Snickers, Milky Way Mini e Miniatures, nonchè le confezioni miste «Celebrations» con data di scadenza compresa tra il 19 giugno 2016 e l’8 gennaio 2017.

La decisione clamorosa della Barilla che fa impazzire i suoi dipendenti

La decisione della società Barilla che fa impazzire i dipendenti




 La Barilla lascia tutti i dipendenti a casa. Detta così sembra una pessima notizia, in realtà si tratta del progetto "smart working" della società che, introdotto nel 2013 ha già coinvolto 1200 dipendenti.  In pratica i dipendenti lavorerebbero da casa. "Smart working significa tre cose - spiega Alessandra Stasi, responsabile Organization & People Development della Barilla - lavorare in qualunque luogo, sfruttare gli spazi in modo nuovo e utilizzare le tecnologie digitali". Il contratto prevede che i lavoratori, d'accordo con il capo, possono lavorare in sedi diverse dall'ufficio per quattro giorni al mese. In questo modo i dipendenti riuscirebbero a conciliare meglio la vita professionale con quella privata. "Abbiamo ottenuto - prosegue Alessandra Stasi - un migliore bilanciamento delle sfere privata, sociale e professionale delle persone. Con questo progetto abbiamo aumentato la produttività dell'azienda perché le persone sono più concentrate e responsabili".

Altissima tensione a Porta a porta

Altissima tensione a Porta a porta. C'è la criminologa fuori controllo, Vespa va fuori di sé: "Che fai vuoi pure..."




Bruno Vespa torna a occuparsi dei grandi casi di cronaca nera con il delitto di Gloria Rosboch, la professoressa di Castellamonte, nel Torinese, ritrovata morta in una cisterna dopo essere stata strangolata. In studio a Porta a porta su Raiuno il dibattito è sempre più vivace, tra gli ospiti c'è la criminologa Roberta Bruzzone che più volte cerca di sovrapporsi agli altri ospiti, compreso Vespa che fatica a tenere tutti a bada. Il conduttore però non ci sta a farsi mettere in un angolo, così alla fine sbotta proprio contro la Bruzzone: "Vuoi condurre al posto mio?". Il rimprovero del padrone di casa sortisce subito l'effetto sperato, la Bruzzone si arrende senza condizioni: "No, no per carità".

Segnatevi questa data: dodici marzo Ci sarà un'altra tassa per chi lavora

Segnatevi questa data: dodici marzo Ci sarà un'altra tassa per chi lavora


di Attilio Barbieri



Non è mai stato così difficile e pure costoso dare le dimissioni. Alla voce «semplificazioni» il ministero del Lavoro ha compilato un decreto, uno dei tanti in attuazione del Jobs Act renziano, che introduce un meccanismo diabolico in base al quale non è più sufficiente consegnare la lettera di dimissione al proprio datore di lavoro. Il divorzio, anche se consensuale, dev' essere convalidato con una procedura telematica. Diversamente le dimissioni non sono valide. Paradossalmente non avrebbero validità neppure se venissero autenticate da un notaio che certificasse sia il contenuto sia l' autenticità della firma apposta in calce. Accertando l' identità del «licenziando».

Dal 12 marzo prossimo, in virtù di un decreto ministeriale a firma di Giuliano Poletti e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l' 11 gennaio 2016 chi volesse dimettersi è obbligato a seguire una procedura diabolica. Innanzitutto deve registrarsi sul portale internet Cliclavoro.gov.it compilando un modello predisposto per le dimissioni.  Per farlo, tuttavia, dev' essere in possesso del Pin (numero di identificazione personale) che attesta la sua posizione presso l' Inps. Qualora non conosca il Pin deve registrarsi sul portale Inps.it e farne richiesta. Il codice gli verrà recapitato al domicilio di casa in busta chiusa, presumibilmente entro una settimana.

Se il plico non dovesse arrivare può sempre recarsi a uno sportello dell' Inps e richiederne l' emissione. A quel punto, col Pin in evidenza, l' aspirante dimissionario può finalmente compilare il modulo, che è suddiviso in 5 sezioni, seguendo parro per passo le indicazioni del portale. La procedura telematica si conclude con l' invio al proprio datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente del modulo compilato in ogni sua parte. La spedizione avviene attraverso un messaggio di Posta elettronica certificata (Pec in sigla) che partirà automaticamente una volta completata la procedura. La Direzione provinciale del lavoro ne riceverà notifica nel proprio «cruscotto digitale», mentre l' azienda la riceverà sulla propria casella Pec. Sempre che ce l' abbia. L' unica prova tangibile in possesso del lavoratore sull' avvenuta procedura di dimissioni telematiche è un documento in formato Smv che può salvare sul proprio computer.

Qualora il dipendente incontri difficoltà nel completare le dimissioni telematiche o addirittura non abbia accesso a internet (evenienza tuttaltro che improbabile), può sempre rivolgersi a un intermediario abilitato, nella fattispecie Caf, patronati e sindacati, mentre è escluso che si possa far aiutare dal datore di lavoro o da un commercialista. Il meccanismo diabolico, è stato concepito infatti per contrastare il fenomeno delle dimissioni «in bianco». Un foglio bianco che purtroppo alcune aziende fanno firmare ai neoassunti, riservandosi poi di compilarlo in vece loro scivendovi appunto le dimissioni. 

Intento lodevole, risultato disastroso. A parte la complessità della procedura, capace di mettere in crisi chiunque non abbia dimestichezza con la burocrazia online, il decreto ministeriale crea un mostro giuridico: per avere effetto la classica lettera di dimissione consegnata a mano al datore di lavoro dev' essere convalidata telematicamente. In caso contrario il dimissionario riusulterebbe ancora in forza all' azienda presso la quale ha prestato fino a quel momento la propria opera.

L' imprenditore che non dovesse ricevere il messaggio di Posta elettronica certificata non ha altro modo per formalizzare l' uscita del dipendente che contestargli l' assenza ingiustificata ed eventualmente avviare un licenziamento per giusta causa. In caso contrario il «presunto dimissionario» potrebbe tornare sulle proprie decisioni in qualunque momento. E trientrare in azienda chiedendo di riprendere il posto abbandonato.

Ma le sorprese amare delle dimissioni telematiche non finiscono qui. Qualora la separazione finisse male e dovesse partire il licenziamento per giusta causa il datore di lavoro sarebbe tenuto a versare il contributo Naspi che può arrivare a 1.500 euro. E il «dimissionando licenziato» avrebbe diritto a percepire a sua volta la nuova indennità di disoccupazione per 24 mesi. Soltanto in Lombardia si registrano ogni anno da 58mila a 60mila dimissioni. Se soltanto il 5% di queste si trasformasse in licenziamento, con una media di indennità Naspi di 1000 euro al mese per 24 mesi, i 3mila «dimissionandi licenziati» peserebbero sull' Inps - ripetiamo: nella sola Lombardia - per 72 milioni di euro, più i contributi figurativi.

Per contro i dipendenti che decidessero di convalidare telematicamente le dimissioni ricorrendo però a un intermediario abilitato, lo dovrebbero poi pagare. Sostenendo così una specie di tassa sulla separazione consensuale dall' azienda. Vale la pena di chiarire che né i datori di lavoro né le loro associazioni di categoria sono abilitati a svolgere la procedura online. La convalida, infatti, deve avvenire al di fuori dei consueti canali seguiti nei rapporti di lavoro. «Troviamo questa procedura assurda, dannosa e inutile», spiega a Libero Marco Accornero, segretario generale dell' Unione artigiani della provincia di Milano che per prima ha lanciato l' allarme, «poiché il fenomeno delle dimissioni in bianco è numericamente modesto e circoscritto e trovava già un efficace contrasto nelle nuove norme introdotte dalla riforma Fornero . Che prevedevano la conferma delle dimissioni. Siccome non ci risulta», conclude Accornero, «che tale procedura si sia dimostrata inadeguata a contrastare le dimissioni in bianco ne chiediamo il ripristino».  In assenza di riscontri negativi al riguardo, in effetti, diventa difficile giustificare l' enorme complicazione burocratica introdotta con la procedura telematica, le perdite di tempo che porta con sé ma, soprattutto, i costi che riesce a generare sia per le imprese sia per i dipendenti. Perché ancora una volta c' è la dimostrazione che la burocrazia è cieca. E danneggia tutti indistintamente. 

martedì 23 febbraio 2016

Napoli: Scossa di terremoto di magnitudo 2.4 alle pendici del Vesuvio

Napoli: Scossa di terremoto di 2.4 alle pendici del Vesuvio




Una scossa di terremoto è stata avvertita circa due ore fa, verso le 12.30, in Campania esattamente nell’area del Vesuvio. Terremoto confermato dai dati giunti dai sismografi dell’INGV. La scossa ha raggiunto la magnitudo 2.4 sulla scala Richter con ipocentro estremamente superficiale, localizzato a soli 130 metri di profondità. Pertanto si è trattato di un terremoto di natura vulcanica che, con questa magnitudo, non si verificava da diversi anni.

Non è raro, anzi succede di continuo che i sismografi posti sul Vesuvio registrino scosse di terremoto, ma quelle selezionate sono quasi sempre molto deboli con magnitudo comprese fra 0 e 1 grado della scala Richter, e molto raramente scosse di magnitudo superiore al secondo grado come in questo caso.

La scossa di terremoto in questione è stata avvertita anche dalla popolazione fra Napoli, Torre del Greco, Torre Annunziata, Ercolano, Ottaviano, Portici, Scafati, San Giuseppe Vesuviano ma si è tratta di un leggero tremolio quindi solo un po’ di paura per i più suggestionabili e nessun danno. 

Cantone: Video / Le persone oneste non fanno carriera nella Pubblica amministra...

Cantone: Le persone oneste non fanno carriera nella Pubblica Amministra... 



Raffaele Cantone
Presidente Autorità Nazionale Anticorruzione

Le persone «perbene», oneste e con senso civico non riescono a fare carriera all’interno della pubblica amministrazione. Spesso vengono emarginate proprio perchè hanno un’etica del lavoro. È l’affondo di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, dal Sermig di Torino. Soltanto con una «riscossa interna» e un recupero non imposto dall’alto di moralità e cultura dello Stato, il terzo settore e di conseguenza il nostro Paese si salveranno dalla mala gestione della cosa pubblica.


Monti senza freni a Libero: "Affondiamo Vi dico pure di chi è colpa? Ecco i nomi"

Telese intervista Monti : "Cosa penso della Merkel e di Renzi"


intervista a cura di Luca Telese



Presidente Monti, cosa sta accadendo veramente in Europa?

«Qualcosa di grave, che mi preoccupa molto come europeo e moltissimo come italiano. Vorrei che tutti i segmenti dell' opinione pubblica avessero una corretta comprensione di queste difficoltà e dei rischi che corriamo. Ecco perché ho accettato la cortese e inattesa richiesta di intervista di "Libero", pur trattandosi di un giornale che non considero rispettoso dei fatti». 

Comincia così, con questa regola di ingaggio dura, un dialogo fitto due giorni tra il senatore a vita Mario Monti e il giornale che, come dice lui scherzando ma non troppo, «mi ha attaccato più di qualsiasi altro nel mondo». È un dialogo rispettoso tra posizioni molto diverse. Che forse, anche per questo, diventa ricco di spunti.

Senatore Monti, cosa c' è di così grave nella situazione dell' Europa?

«L' Europa non riesce a gestire come dovrebbe il problema dei profughi e degli immigrati e non riesce a contribuire come potrebbe alla crescita e all' occupazione nei Paesi che ne fanno parte. Questi sono sintomi, ben visibili ai cittadini, di un' Europa che non sa affrontare problemi nuovi e che non è efficace nel risolvere problemi vecchi. In entrambi i casi, hanno ragione i capi di governo che, come Matteo Renzi, incalzano "l' Europa". Temo però che sbaglino indirizzo».

Cosa vuol dire, con questo?

«I principali responsabili della paralisi della Ue, e forse presto della sua disintegrazione, non sono - pur con tutti i loro limiti - il Parlamento europeo, la Commissione, le regole, le burocrazie, oggetto di strali quotidiani. E non lo è neppure, come si sostiene spesso, l'"assenza della politica". I maggiori responsabili sono loro, i governi nazionali e in primo luogo i capi di governo riuniti nel Consiglio europeo, l' organo che prende, o non prende, le decisioni cruciali».

E allora?

«La politica c' è, eccome, ai vertici della Ue. Ma è, sempre più, un' accozzaglia di ventotto politiche nazionali, portate a quel tavolo da ventotto persone che decidono per l' Europa avendo in mente non tanto l' interesse generale europeo - cioè l' interesse comune dei loro Paesi nel lungo termine - e spesso neppure l' interesse nazionale del Paese che rappresentano, quanto il loro interesse di partito alle prossime elezioni, anzi al prossimo sondaggio».

Parla di Renzi?

«Renzi ieri all' assemblea del Pd ha ribadito che "L' Europa ha bisogno della politica". Ha ragione. Per fortuna che c' è la politica».

Lei che cosa pensa, allora?

«Peccato che si tratti di una cacofonia di ventotto politiche nazionali, ciascuna dominata dalla tirannia del breve periodo e gestita da politici che si comportano sempre meno da leader, pronti a sfidare l' impopolarità, e sempre più da followers, da inseguitori del consenso».

In che senso "followers"?. Lei è molto sarcastico...

«Per molti di loro è quasi più importante imporre la propria narrativa che comprendere davvero la realtà per trasformarla. La crisi dell' Europa c' è. Ma le sue radici affondano nella crisi dei sistemi politici nazionali, che del resto sono sempre meno in grado di affrontare efficacemente i problemi e perfino di indurre i cittadini a votare».

L' ipotesi del Brexit ci dice che l' Europa è in crisi?

«Penso che alla fine la Gran Bretagna non uscirà dalla Ue e che la Grecia non uscirà dall' Eurozona. Ma anche se saranno evitati il Brexit e il Grexit, se cioè non avverrà una disintegrazione per distacco di questo o quel Paese, è alto il rischio, per certi aspetti già in essere, di una disintegrazione per implosione, nel senso di passi indietro dell' integrazione per alcuni o per tutti. Sarebbe un brutto colpo, perché per diverse politiche importanti della Ue - pensiamo all' unione economica e monetaria o alla libera circolazione delle persone - un' integrazione che rimanesse a mezz' asta sarebbe, proprio come avviene per le bandiere, un funesto auspicio».

Siamo vittime delle angherie dell' Europa del rigore? È giusto sforare alcuni vincoli di deficit per dare respiro alla nostra economia?

«Fino agli anni Novanta, cioè prima che fossero introdotti il mercato unico europeo e l' euro, l' Italia aveva ogni anno un disavanzo pubblico tra i più alti in Europa, a volte del 10% del Pil o più, che andavano a sommarsi ad un debito pubblico anch' esso tra i più elevati».

Però vivevamo meglio, non trova?

«L' opinione pubblica non se ne rendeva neppure conto. La politica diceva "sì" a tutte le richieste, otteneva il consenso degli elettori e (forse) senza piena consapevolezza appesantiva sempre più la situazione in cui sarebbero venuti a trovarsi, un giorno, gli italiani che allora non erano ancora nati».

Insisto, rispetto ad oggi sembravano anni felici!

«In gran parte, va riconosciuto, l' Italia poneva in quegli anni, quando non c' erano vincoli europei, le premesse della grave disoccupazione giovanile di oggi, che molti attribuiscono erroneamente agli attuali vincoli europei. In realtà, con il mercato unico arrivarono limiti sugli aiuti di Stato, con i quali si erano tenute in vita le imprese in perdita. Con l' euro arrivarono i "parametri di Maastricht" e il "patto di stabilità", decisi non da eurocrati grigi e sadici ma dai capi di governo».

Questo non significa che abbiano fatto bene ai cittadini.

«Questi vincoli a volte sono fastidiosi: ma vogliamo ammettere che, prima della loro introduzione, generazioni di politici italiani avevano di fatto derubato i giovani italiani di oggi, per mantenere se stessi al potere? E siamo sicuri che, se la Ue con i suoi vincoli crollasse, non vi sarebbe un lunghissimo brindisi per salutare la resurrezione della "vera" politica, senza intralci da Bruxelles ? E pazienza per i nostri figli e nipoti...».

Non le sembra che dopo sette lunghi anni di crisi la linea del rigore abbia fallito?

«Vengo considerato un fan dell'"austerità", anche se non credo di avere mai impiegato quella parola. Sarei stato ben lieto se il mio governo non fosse stato obbligato dalle circostanze ad applicare politiche molto rigorose, quelle che la sorte e gli sforzi da noi chiesti allora agli italiani hanno risparmiato ai miei successori Enrico Letta e Matteo Renzi. Ma bisogna intendersi sulle parole, per evitare dispute fumose. Poniamo che il vincolo posto dall' Europa sia: "Gli Stati membri devono avere un bilancio pubblico che in termini strutturali, cioè sull' arco del ciclo economico, presenti un pareggio o comunque un disavanzo non superiore agli investimenti pubblici (definiti in modo concordato e con verifiche fatte dalla Ue) effettuati nell' anno". Potremmo parlare di austerità imposta dall' Europa?».

Lei non lo crede?

«Secondo me no. Se anche una regola così definita viene considerata portatrice di austerità, vuol dire che si considera normale, non criticabile, ricorrere all' indebitamento non solo per finanziare gli investimenti, ma anche per coprire spesa corrente. Per dirla con Paolo Baffi, un non dimenticato governatore della Banca d' Italia, si considererebbe allora normale che "lo Stato tradisca l' intenzione di risparmio delle famiglie", deglutendo quel risparmio in un disavanzo corrente».

Vuol dire che secondo lei non c' è niente da rimproverare alle regole europee in materia di disavanzi?

«Una cosa da rimproverare c' è. Le regole finora non riconoscono che l' investimento pubblico (con le qualificazioni sopra indicate) è importante per la crescita sostenibile. Finanziare un investimento pubblico con l' indebitamento pubblico (e non solo con un eventuale avanzo corrente) non è una "scappatella" che Bruxelles possa consentire, in quanto peccato veniale, con una dose di flessibilità concessa al Paese. Soprattutto in epoca di tassi di interesse molto bassi, è il non effettuare quell' investimento pubblico, perché non è consentito finanziarlo in debito, che contravviene ai principi base dell' Economia sociale di mercato tanto cara ai tedeschi - e, lo confesso, a me - perché così si penalizzano le generazioni future, che il patto di stabilità intende invece tutelare».

Sembra molto affezionato a questa convinzione...

«Questa è una battaglia che conduco da molto tempo. Finora senza successo, da economista e da commissario europe; con parziale successo da presidente del Consiglio. Dopo molta nostra insistenza, la Commissione e il Consiglio accettarono nella primavera del 2013 una "clausola di flessibilità", per alcuni investimenti pubblici effettuati da Paesi non sottoposti a procedura per disavanzo eccessivo, procedura dalla quale l' Italia uscì qualche settimana dopo».

Lei vuol dire che chiedere più flessibilità è un errore.

«Spero che l' Italia, con la volontà di cambiamento del presidente Renzi e con l' autorevolezza in Europa di cui gode il ministro Padoan, voglia concentrare su questa partita degli investimenti la sua pressione, più che disperderla in una richiesta a largo spettro di "flessibilità" che rischia di proiettare un' immagine sbagliata, se vogliamo in realtà regole economicamente migliori, più che la possibilità di non rispettarle pienamente».

Renzi sta combattendo contro le pretese illegittime di un partito filotedesco? Esiste davvero in Europa un partito filotedesco ed antititaliano?

«L' Italia, in Europa e nel mondo, attira molte simpatie, non certo inferiori a quelle attirate dalla Germania. La Germania è considerata un Paese più forte, e appartiene alla natura umana essere o mostrarsi vicini al più forte».

Detto così non è una immagine virtuosa!

«La mia convinzione profonda, peraltro, è che il Paese europeo che più auspica un' Italia stabile, prospera, europea e, se posso aggiungere, seria, sia proprio la Germania. Un' Italia così viene rispettata dalla Germania, oltre che da tutti gli altri. Anche la Germania, soprattutto la Germania, ha interesse ad un' Italia di questo tipo. Un' Italia sfibrata e instabile potrebbe forse venire "colonizzata" dalla Germania, ma credo che a Berlino prevarrebbe una grande preoccupazione».

Si può abolire l' Imu? Ce lo possiamo permettere?

«So bene che è una imposta impopolare. Ma c' è in quasi tutti i paesi d' Europa. Si può provare a toglierla, è vero: ma finché non si riduce la spesa pubblica può essere pericoloso. Magari se ne toglie una parte, e poi si finisce inevitabilmente per rimetterla. Quindi prima bisogna ridurre il deficit!».

Renzi ha attaccato anche lei all' assemblea del Pd: i tecnici che hanno creato i problemi - dagli esodati al fiscal-compact, alle tasse sulla casa, al bail in - adesso pretendono di dettarci le soluzioni. Le hanno fischiato le orecchie?

«Ho ascoltato l' intervento di Renzi con molto interesse. Non riprendo alcuni tratti che potrebbero sembrare uno scaricabarile, esercizio che non credo sia nelle intenzioni del presidente Renzi, in quanto non degno di due persone che sono state richieste, o hanno chiesto, di guidare un governo. Una sola osservazione su un tema generale e più importante. Fatico a capire la perdurante contrapposizione tra politici e tecnici. Per parte mia, sono sempre stato convinto che il potere di decisione debba essere esercitato dai politici. Sarei preoccupato se il politico abdicasse alla sua responsabilità di decidere. Sarei altrettanto preoccupato se, nel preparare le sue decisioni, il politico ritenesse che la competenza e l' esperienza, proprie o apportate da chi politico non sia, siano superflue o addirittura nocive».

La (nefasta) profezia di Briatore: "Occhio, 4 mesi e crolla l'Europa

La (nefasta) profezia di Briatore: "Occhio, 4 mesi e crolla l'Europa..."




Mezza vita spesa a Londra e dintorni: chi, in Italia, conosce gli inglesi meglio di Flavio Briatore? E così, mister Billionarie, spiega il suo punto di vista su Brexit e dintorni in un'intervista a Il Corriere della Sera. "Londra ha una dimensione internazionale ma non europea - premette -. I londinesi non vivono l'Europa, né a livello finanziario, né a livello culturale. E la politica di Cameron lo dimostra". Dunque, l'amara profezia: "Hanno trovato un accordo, ma al referendum gli inglesi voteranno no all'Ue. Non tanto i londinesi, la City, ma in giro per l'Inghilterra il sentimento antieuropeo è diffuso". Secondo Briatore, dunque, il Regno Unito è destinato ad affrancarsi da Bruxelles: alla consultazione del prossimo giugno, tra 4 mesi, si sancirà lo strappo (che potrebbe essere metaforicamente dolorosissimo per la zona-euro).

E Briatore, in un certo senso, sembra condividere le posizioni radicali dell'isola. Infatti spiega che con i suoi affari, a Londra, si trova "benissimo. Una burocrazia, molto più snella, esiste, ma conosci subito i tempi di un affare, quando si avvia e quando finirà l'operazione. Un po' diverso dall'Italia, dove si fanno e si creano opinioni. A Londra - sottolinea - si va avanti con i fatti". Sulla percezione del fenomeno dei migranti, spiega: "A Londra non esiste, non te ne accorgi nemmeno. Gli inglesi sono professionali, ben organizzati. Quelli che arrivano in Inghilterra, e sono una minoranza risp
etto al resto dell'Europa, vengono accolti e smistati".

Un Luttwak che non perdona Frase da brividi su Boschi e Madia

Un Luttwak da pazzi. Quella sua frase da brividi (sulla Boschi e sulla Madia)



Nella recente intervista concessa a Il Giorno, il politologo Edward Luttwak ha letteralmente massacrato Matteo Renzi. Secondo Luttwak "ha fallito perché doveva fare riforme importanti e non le ha fatte. Non ha fatto la spending review e non ha messo mano alla burocrazia della pubblica amministrazione". E ancora, quanto al possibile complotto Ue contro Renzi, secondo il politologo "non esiste, c'è stato sicuramente per Berlusconi, ma non nei confronti di Renzi". Ma è un'altra la frase che ha fatto più discutere. Luttwak, infatti, consiglia a Renzi di andare avanti, ma "innanzitutto lasciando a casa le ragazzine e i dilettanti e circondandosi di personaggi qualificati". Un riferimeento neppur troppo velato alla sua coppia di giovani ministre, Maria Elena Boschi e Marianna Madia.

L'intervista al Ministro Enrico Costa: "Renzi, facciamo un nuovo partito" La proposta-choc"

"Facciamo un nuovo partito al premier" La proposta-choc del ministro a Renzi


intervista a cura di Pietro Senaldi



Certo ministro che lei è un portafortuna, il martedì pubblicano la sua nomina in Gazzetta Ufficiale e il mercoledì Ncd ottiene un notevole successo parlamentare…

«Non si tratta di fortuna ma di buonsenso. Sulle unioni civili il dibattito è molto acceso, con tesi contrapposte, lo stop alla legge Cirinnà era nelle cose. Mi auguro prevalgano i punti di condivisione e vengano accantonati quelli divisivi».

Si votano le unioni civili e lei è ministro agli Affari Regionali ma con delega alla Famiglia…

«Si tratta di una delega significativa, a cui il governo ha deciso di dare particolare importanza, perché le famiglie rappresentano la spina dorsale del Paese e meritano una politica organica che le sostenga. Le politiche sulla famiglia non si limitano al dibattito sulle unioni civili».

No, ma quelle allargano il concetto di famiglia alle coppie gay…

«È giusto il riconoscimento delle unioni civili e Area Popolare è favorevole. Presentai un progetto di legge già nel 2005 da consigliere regionale in Piemonte. Però le forzature non pagano e il flirt tra Pd e Cinquestelle è evaporato».

Renzi come Bersani, vittima dei grillini?

«I Cinquestelle sono stati coerenti: da sempre sono contrari a meccanismi che, pur legittimi, soffocano il dibattito parlamentare. Il Pd ha tentato la scappatella ma ripeto, forzare non paga: se i grillini avessero votato il canguro, lo avrebbero dovuto subire anche in altre occasioni».

Meglio così?

«Spero che sul tema Pd e Ncd possano trovare la sintesi. Per reggere all' urto della storia certe leggi non devono essere approvate con escamotage o numeri risicati ma vanno costruite su principi condivisi».

Il premier è tornato a Canossa sulla stepchild adoption?

«Quella sulle unioni civili è una legge importante. È naturale cercare un accordo tra forze affini, ci si confronta meglio. Il tema delle adozioni gay è oggettivamente divisivo nel Paese, in Parlamento e anche all' interno dei singoli partiti».

La Cirinnà ha dichiarato che sul no alla sua legge muore la sua carriera politica...

«Stimo la Cirinnà, perché ha svolto una battaglia a viso aperto. Non ha nascosto le sue convinzioni. Non dovrebbe considerare una sconfitta personale un accantonamento di punti divisivi del testo».

Però ha accusato i deputati cattolici del Pd di tradimento, nel partito volano gli stracci...

«Una dialettica fisologica quando si affrontano temi così significativi».

La sua legge era l' anticamera dell' utero in affitto?

«La stragrande maggioranza dei parlamentari respinge questa pratica e auspico che questa convinzione trovi riscontro in atti formali e parlamentari».

Vendola sta affittando un utero, il senatore Lo Giudice si vanta di averlo fatto. Non è legale…

«Sono un ministro, non ritengo di parlare dei singoli casi».

È una sconfitta anche della Boschi, che si è spesa per la legge?

«Quello della Cirinnà è un tema che impone una riflessione a tutto il Pd e non a caso il premier ha lasciato libertà di coscienza: un grande partito presenta al suo interno opinioni diverse. Il ministro Boschi ha la sua opinione, che ha espresso in modo trasparente. Sta al Pd trovare ora una sintesi, prima al suo interno e poi con Area Popolare, per un testo innovativo ma equilibrato».

Cosa farà per la famiglia?

«Sono ministro senza portafoglio, per cui cercherò di spendere i soldi degli altri ministri. La via maestra è la defiscalizzazione: chi ha figli non può subire lo stesso trattamento fiscale di un single».

I suoi incarichi cadono sempre su temi caldi: è stato capogruppo per Forza italia in Commissione Giustizia ai tempi dello scontro tra magistratura e Berlusconi…

«Mi sono fatto le ossa. Ogni seduta era incandescente. Ma ho imparato tanto, se si pensa all' autorevolezza dei personaggi che ne facevano parte: da Ghedini a Pecorella, da Paniz alla presidente Bongiorno».

Chi l' ha fatta disperare di più?

«Ero una matricola e non è stato facile. Avevo un po' di soggezione a chiamarli di continuo per le riunioni di Commissione. Ma non potevo farne a meno: avevamo un solo voto di scarto e dovevamo essere tutti presenti. Tutta esperienza».

Chiese di inviare gli ispettori ministeriali alla Procura di Napoli che indagava su un ricatto a Berlusconi e Napolitano le bocciò il Lodo Alfano, che bloccava i processi al Cavaliere…

«Lo scontro tra magistratura e Berlusconi ha catalizzato la vita politica e paralizzato le riforme in tema di giustizia. Un momento chiave fu la legge Severino, ai tempi del governo Monti. C' erano molte strade per attuare la delega del governo: quella scelta, non certo obbligata, portò alle conseguenze che si sanno».

La decadenza di Berlusconi dal Parlamento e l' ineleggibilità, che dura ancora oggi. Il leader azzurro dice che fu un modo per farlo fuori e fa risalire proprio alla Severino tutte le sue sventure…

«Nutro un sentimento profondo per Berlusconi, ma dissento».

È una scusa per mascherare il declino?

«Berlusconi costituisce un punto di riferimento per il suo elettorato indipendentemente dallo status».

Anche il governo Renzi ha problemi con la giustizia…

«Ma no, affatto, cosa dice?».

Non alludo a banche, famigli e inchieste ma allo scontro del Guardasigilli Orlando, di cui è stato viceministro, con i magistrati per i pensionamenti e le ferie…

«Orlando ha pazienza biblica e porta a casa sempre i risultati. In tema di giustizia abbiamo fatto molte norme: rafforzato la responsabilità civile dei magistrati, modificato la custodia cautelare, approvato il falso in bilancio, fatto interventi contro il sovraffollamento carcerario. Speriamo che il Senato affronti rapidamente il tema intercettazioni».

Al ladro in casa si può sparare?

«Un tempo c'era il topo d' appartamento, che si preoccupava che non ci fosse nessuno quando entrava. Oggi, ci sono bande che si muovono di notte, sapendo che i proprietari sono in casa, e portano armi e strumenti per neutralizzarli. Alla luce di questa "evoluzione", è giusto interrogarsi se sia opportuno apportare modifiche ed estensioni alla legittima difesa».

Anche sul reato d' immigrazione clandestina Ncd ha registrato una vittoria…

«Al di là delle osservazioni tecniche, depenalizzarlo in questa fase sarebbe stata una scelta politicamente inopportuna».

Berlusconi e Renzi sono davvero simili come si dice?

«Non penso, salvo che per il fatto che sono entrambi fuoriclasse della comunicazione. Berlusconi lascia sfogare il dibattito e poi fa la sua sintesi, con tempi non sempre rapidissimi. Renzi, invece, orienta il dibattito e procede a velocità devastante».

Entrambi hanno un cattivo rapporto con l' Unione Europea…

«Ed entrambi hanno le loro buone ragioni. È un dato di fatto che siamo giudicati con troppa severità e non ci è concesso quello che è concesso ad altri. Renzi fa bene a ricordare alla burocratica Europa le nostre riforme e i nostri sacrifici».

Se dovesse suggerire a Renzi di copiare una cosa da Berlusconi?

«Berlusconi ha provato, salvo poi ripensarci, ad andare oltre Forza Italia. Con il Pdl creò una forza capace di rappresentare una macro area elettorale. Secondo me, oggi il Pd è una camicia troppo stretta per Renzi: non gli consente di coinvolgere adeguatamente il centro liberale».

Renzi è di sinistra o liberale?

«Dal Jobs Act alla decontribuzione dei neoassunti, è innegabile che questo governo, e quindi anche il premier, si qualifichi per l' alto tasso liberale dei provvedimenti».

Gli sta suggerendo di fondare il Partito della Nazione?

«Dico solo che con questa legge elettorale il Pd non consentirà a Renzi di raggiungere tanti potenziali elettori».

Se guarda troppo al centro però rischia di rompere a sinistra....

«A sinistra è già successo quello che doveva succedere. Le elezioni si vincono al centro ed è al centro che Renzi deve rivolgersi».

Tipo Verdini e compagnia?

«Verdini è un ottimo organizzatore ma ha cambiato idea solo di recente. Fu tra quelli che ci spinsero fuori dal Pdl quando decidemmo di non far naufragare il governo Letta. Ha più ragione adesso di allora».

Ma voi di Ncd alla fine starete a destra o a sinistra?

«L' auspicio è riunire le forze moderate che non si riconoscono nel Pd e nei radicalismi della Lega e presentare un soggetto politico unitario, innovativo, che non rappresenti la somma algebrica delle sue componenti ma coinvolga la società civile, le forze economiche, le categorie produttive, le associazioni, il mondo delle professioni e tanti altri».

Togliererete allora la "destra" di Ncd dal nome?

«Non lo escludo. Ma il nome sarà secondario, quello che conta è che i principi liberali rappresenteranno la stella polare».

Con voi ci saranno anche Fitto e Verdini?

«I componenti sono secondari, conta la proposta, che dev' essere innovativa».
Per fare l'ago della bilancia però ci vogliono i voti: il nuovo sistema elettorale vi penalizza… «Nel Parlamento e nel Paese i moderati sono tantissimi. Quando verrà il momento, con programmi e principi condivisi, presenteremo la nostra proposta e supereremo agevolmente lo sbarramento».

Qual è stato il grande errore di Berlusconi?

«Uscire dal governo Letta. Fallito il tentativo di Bersani con Grillo, Berlusconi capì che nuove elezioni avrebbero consegnato il Paese a M5s e ideò lo schema vincente, ma per un capriccio fece crollare tutto».

E poi?

«La rottura del Nazareno fu un fallo di reazione e da allora sono iniziate le vere difficoltà di Forza Italia. Si diceva fosse un partito senza struttura. A vederlo com' è oggi, in situazione di anarchia, si capisce che la struttura e il quid c' erano eccome».

La sua nomina a ministro deve spaventare le Regioni a Statuto Speciale?

«Si riferisce alla mia proposta di legge per abolirle? Sarò rigoroso ma rispettoso della Costituzione».

E i progetti di cui si parla di accorpamenti di Regioni per tagliare le spese?

«Manteniamoci con i piedi per terra. Occorreranno un serio confronto e una puntuale istruttoria prima di mettere all' ordine del giorno temi così rilevanti».

Clamoroso: rissa al congresso del Pd Il democratico finito al pronto soccorso

Clamoroso: rissa al congresso del Pd. Il democratico finito al pronto soccorso




Per una volta i renziani avevano provato a non occupare tutti i posti disponibili, almeno a parole. L'evento da allineamento planetario si stava per consumare alla vigilia del congresso dei Giovani democratici, mai arrivato a celebrarsi perché i piccoli democrat non sono riusciti a trovare l'accordo sulla spartizione delle poltrone del partito provinciale. Contrapposti ai renziani c'era l'ala vicina a Matteo Orfini, minoritaria ma non per questo poco agguerrita quando si è trattato di accaparrarsi qualche posto. Il dibattito di altissimo livello però deve essersi arenato al punto che i nervi sono completamente saltati. Secondo quanto racconta Repubblica Bari, i renziani mossi da un impeto di generosità avevano voluto cedere sui nomi dei segretari: "Ma ci siamo trovati di fronte alla volontà di prendere tutto anche in segreteria - hanno spiegato - e sarebbe stato ingiusto". Così sabato scorso i lavori del congresso sono finiti in rissa, con il segretario pugliese dei Giovani democratici, Pierpaolo Treglia, che ha sbottato contro un orfiniano lanciandogli in faccia una copia dello statuto. Ma gli aspiranti Dem hanno voluto rassicurare: "Niente mani, ma un ragazzo è finito al pronto soccorso per un attacco di tachicardia".

sabato 20 febbraio 2016

Napoli: Esclusiva / Intervista al candidato sindaco alle prossime elezioni comunali Gianni Lettieri

Napoli: Esclusiva / Intervista al candidato sindaco alle prossime elezioni comunali Gianni Lettieri



intervista a cura di Gaetano Daniele



Gianni Lettieri
Candidato Sindaco Comune di Napoli 

Presidente Lettieri, lei è candidato alle prossime elezioni comunali a Napoli. Una Città in cui non mancheranno sicuramente le emergenze. Quali sono i punti principali del suo programma, o meglio, i primi tre punti che lei si impegna a realizzare nei primi 100 giorni di governo? 

Al primo posto metto il lavoro. Per i nostri giovani, ma anche per i cinquantenni che il lavoro lo hanno perso. Come crearlo? Creando sviluppo in città. Creando concretamente le occasioni, facendo ripartire l'economia in tutti i sensi, utilizzando tutti i fondi già disponibili della comunità europea e facendo ripartire l'edilizia. Il lavoro si crea  anche investendo sulla scuola e sulla cultura, ed io - da imprenditore - di cultura del lavoro ne so qualcosa. Poi di pari passo il tema sicurezza: a Napoli siamo in emergenza e non possiamo più permetterci passi falsi. Con me subito un corpo speciale con 300 agenti di polizia urbana che rispondono solo al Sindaco, sul modello di New York, che dovranno presidiare ogni quartiere. E poi il ripristino dell'operazione "Strade Sicure" con esercito e forze dell'ordine e di polizia, che non vuol dire assolutamente militarizzare la città, ma fare in modo che i nostri figli possano sentirsi al sicuro. E sempre al primo posto, accanto a lavoro e sicurezza, per me ci sono le periferie. E quando parlo di periferie non mi riferisco ai quartieri soliti che si possono immaginare. Bisogna prendere coscienza che periferia è anche piazza garibaldi, periferia è anche la Duchesca, il quartiere in cui sono nato. Ormai il degrado ha raggiunto il centro della città, rendendolo alla stregua di una periferia desolata. Io ho in mente un investimento di 2 miliardi solo per la riqualificazione delle cosiddette periferie. E saranno i consiglieri di Municipalità a dirmi, assieme ai Presidenti, qual è l'investimento prioritario per dare una svolta al proprio quartiere. 

Un programma molto ambizioso. Lei quindi ritiene che durante l'operato di de Magistris non si sia data sufficiente importanza a questi temi? Quali sono, a suo avviso, i principali fallimenti di questa amministrazione comunale?

Quanto spazio abbiamo? Se cominciassi con la lista dei fallimenti di de Magistris, potremmo stare qua a scrivere un libro più che un'intervista. Non ne ha azzeccata una! Faccio solo qualche esempio: Bagnoli? La sua posizione - magari fosse stata una sola - ha isolato la nostra città ancora di più nello scacchiere dei rapporti istituzionali.  Trasporti? Pullman vetusti ed inadeguati e soprattutto insufficienti per l'utenza cittadina. Con me subito il rinnovo del parco mezzi e ulteriori investimenti utili anche a far scendere notevolmente i tassi di inquinamento in città. Lungomare? Sono anni che ripeto che via Partenope va aperta al traffico, almeno durante la settimana. Non si può spaccare la città a metà e creare ai cittadini solo difficoltà. E i conti dell'ente? De Magistris è responsabile del default finanziario del Comune. E invece pensa a facilitare i centri sociali e gli estremisti che lo stanno aiutando in campagna elettorale. Legalità? Mi fa sorridere quando lo sento parlare di rispetto delle regole. La sua è la giunta dell'illegalità, con il maggior numero di indagati nella storia della città. Lui stesso ha usufruito dell'immunità parlamentare ben 4 volte e suo fratello è sotto inchiesta per gli appalti legati alle finte regate della coppa America e dice di lavorare gratis per l'amministrazione comunale. E allora, come campa? La legalità è altro, e per me è innanzitutto rispetto dei cittadini onesti che pagano le tasse e che non meritano di essere così mal amministrati. 

giovedì 18 febbraio 2016

Hai una casa? Addio alla pensione Così il governo vuole rovinarti

Hai una casa? Addio alla pensione. Mossa del governo per rovinarci


di Tobia De Stefano



Tutto era partito con la denuncia di Ivan Pedretti, il segretario dei pensionati della Cgil, che in un accorato post aveva invitato il governo a non fare caqssa con le vedove. Poi è arrivato Libero che ha cercato di dare un volto alle persone che in futuro potrebbero non aver più diritto alla pensione di reversibilità. E quindi il governo che vista la «malaparata» e l’imminenza della tornata elettorale ha provato a metterci una pezza. «La polemica sulle pensioni di reversibilità è totalmente infondata - evidenzia il ministro del Welfare Giuliano Poletti - C’è chi cerca facile visibilità...La proposta di legge delega lascia esplicitamente intatti tutti i trattamenti in essere». Verissimo. Ma mai smentita fu più inutile, perché nelle denunce di questi giorni nessuno ha mai parlato di trattamenti in essere, ma di quelli futuri. «...Per il futuro - continua l’ex presidente di Legacoop - non è allo studio nessun intervento sulle pensioni di reversibilità, tutto quello che la delega si propone è il superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale». Certo, il problema è capire cosa si nasconda dietro alle parole «sovrapposizioni» e «situazioni anomale».

Il governo è sotto accusa perché con il disegno di legge delega contro la povertà vuol trasformare le pensioni di reversibilità in prestazioni assistenziali. Obiettivo? Legarle all’Isee che si basa sul reddito della famiglia (non su quello individuale) e quindi precludere l’assegno a una grossa fetta delle persone che oggi ne avrebbero diritto per fare cassa.

«Io guardo i testi - spiega a Libero il presidente della commissione Lavoro (dove è arrivato il disegno di legge) Cesare Damiano - e nei testi c’è scritto all’articolo 1 comma 1 lettera “b” che si prevede una razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale... Nella nota tecnica poi si specificano le prestazioni e si fa riferimento alla pensione di reversibilità, all’assegno sociale, all’integrazione al minimo, alla maggiorazione sociale del minimo e all’assegno per il nucleo con tre o più figli minori...». Il ministro non la racconta giusta? «Per quello che mi riguarda basterebbe cancellare dall’articolo 1 comma 1 lettera “b” la frase “nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale” per evitare che ci siano equivoci». E il segretario della stessa Commissione, il leghista Roberto Simonetti, evidenzia che per il contrasto alla povertà, «nella legge di Stabilità è previsto lo stanziamento di 600 milioni per il 2016 e di 1 miliardo strutturale (cioè all’anno) a partire dal 2017».

Morale della favola: il rischio è che nelle intenzione del governo una parte più o meno grande di questa cifra debba arrivare proprio dalle pensioni di reversibilità.

Già perché il piatto è davvero ricco. Per capirci: a oggi il peso delle pensioni di reversibilità (contributi regolarmente versati dai lavoratori) supera i 24 miliardi e 150 milioni di euro. E sono 3 milioni 52 mila e 482 gli italiani che hanno un assegno. Ma questo riguarda il passato perché il futuro (il provvedimento non è retroattivo) bisogna guardare al 2015 quando sono state erogate 183.085 pensioni per un importo medio di 650 euro al mese che in un anno fa circa 1,5 miliardi. Ben oltre il miliardo strutturale da stanziare ogni 12 mesi contro la povertà.

Ma con l’Isee chi rischia di più?

1) Proprio perché l’Isee non fa riferimento al reddito personale ma a quello familiare potrebbe succedere che una vedova con un reddito molto basso perda il diritto all’assegno del marito solo perché nella sua casa vive ancora il figlio che però ha una retribuzione minima da lavoro.

2) Nel nuovo Isee ha un peso molto importante la casa di proprietà. Potrebbe bastare averne una anche se non si lavora per vedersi tagliata o negata la pensione.

3) Occhio ai risparmi. «Anche gli investimenti - ci spiega il consigliere dell’ordine dei dottori commercialisti di Verona, Federico Grigoli - concorrono al calcolo dell’Isee. Semplici conti correnti, depositi, titoli di azioni in società quotate e non, partecipazioni in aziende o in fondi comuni di investimento, Bot e Btp determinano la situazione patrimoniale del cittadino». Insomma, potrebbe ritrovarsi senza reversibilità anche chi ha messo una fetta consistente dei risparmi di una vita nei titoli di Stato ma oggi non ha un impiego.

4) Domanda: che intenzioni ha il governo? Il patrimonio sarà incluso nel calcolo? Se fosse così andrebbe considerato che anche la semplice sottoscrizione di un’assicurazione sulla vita concorre al calcolo dell’Isee.

5) Ultima fregatura: la revisione delle rendite catastali. «Con la riforma - continua Grigoli - le rendite saranno modificate al rialzo aumentando i redditi figurativi che contano ai fini dell’Isee».

«La verità - come sottolinea il super esperto di previdenza Alberto Brambilla - è che la composizione sociale sta cambiando e quindi anche le modalità di calcolo della la reversibilità dovrebbero cambiare. Senza dare giudizi di merito, dico solo che una cosa è considerare il nucleo familiare nel rapporto uomo donna e altra se ci sono due donne o due uomini. Così come è evidente che di fronte ai matrimoni di giovani donne con uomini molto più anziani va considerata la possibilità di versare l’assegno solo quando si raggiunge l’età pensionabile».

"Tutti i vostri iPhone saranno a rischio" Clamoroso no di Apple all'antiterrorismo

"Tutti i vostri Iphone saranno a rischio". Clamoroso no di Apple all'antiterrorismo




Apple si oppone all'ordine di un giudice federale americano di sbloccare il telefono utilizzato da un sospetto responsabile della sparatoria di San Bernardino, in California, in cui furono uccise 14 persone. Lo ha annunciato la compagnia con una nota firmata dall'amministratore delegato Tim Cook, pubblicata sul proprio sito web. L'ordine era arrivato dal Tribunale su richiesta del dipartimento di Giustizia, che aveva chiesto ad Apple di aiutare a sbloccare l'iPhone 5 utilizzato da Syed Rizwan Farook.

Cook definisce l'ordine un "passo senza precedenti che minaccia la sicurezza dei nostri clienti" e ha "implicazioni che vanno ben oltre il caso legale in questione". Aggiunge che apple ha collaborato con l'Fbi durante le indagini, "ma ora il governo Usa ci ha chiesto qualcosa che semplicemente non abbiamo, e che consideriamo troppo pericoloso creare. Ci hanno chiesto di creare un accesso secondario all'iPhone", facendo riferimento a una via di ingresso ai dati dello smartphone che oltrepassi i blocchi di sicurezza impostati dall'utente.

"Nelle mani sbagliate, questo software - che ad oggi non esiste - avrebbe il potenziale di sbloccare qualsiasi iPhone fisicamente in possesso di qualcuno", scrive Cook: "Costruire una versione di iOS che aggiri la sicurezza in questo modo creerebbe senza dubbio una porta secondaria. E mentre il governo può sostenere che il suo uso sarebbe limitato a questo caso, non c'è modo di garantire tale controllo".

Napolitano, furbetto del cartellino? Hai capito? Come lo hanno beccato

Napolitano, furbetto del cartellino? Clamoroso: come lo hanno beccato




I furbetti del tesserino. Abbiamo già parlato della "geniale" consuetudine dei nostri senatori, scoperta dal quotidiano Il Messaggero. Ovvero quella di lasciare inserito il tesserino sul loro scranno per poi tornare a riprenderselo a fine seduta. In questo modo il  loro voto non risulterà, ma i senatori verranno considerati presenti a tutti gli effetti. Evitando così la decurtazione della diaria, la cui indennità fissa è di 3.503 euro al mese.

Bene. Il presidente del Senato, Pietro Grasso, si era raccomandato: "I senatori che si allontanano dall' Aula sono tenuti a portare con sé la propria tessera". Laddove "non risulti la reale presenza in Assemblea potrà venire disposta la detrazione della diaria". E sui soldi non c'è da scherzare troppo. L'episodio curioso è raccontato dal Fatto Quotidiano.  Al momento dell' ultima votazione, a dimenticare la sua tessera è niente meno che il presidente emerito Giorgio Napolitano. Vincenzo Santangelo, dei 5 stelle, se ne accorge: "Signor Presidente, abbiamo apprezzato moltissimo la sua precisazione ad inizio di seduta perché crediamo che i furbetti dentro il Senato non debbano starci. Le chiedo di togliere le tessere, per due motivi. Uno è quello che lei ha evidenziato, ossia la presenza per fini amministrativi: ci sono dei furbetti che si pappano la diaria pur non essendo in Aula. L' altro è che questo può inficiare anche le votazioni. C'
è la scheda dell' ex presidente della Repubblica Napolitano e la prego di farla estrarre".  E così i segretari del Senato consegnano la tessera a Pietro Grasso. 

La verità sul volto stravolto di Briatore Parla la Gregoraci: "Che cosa succede"

Il volto stravolto di Briatore, parla la Gregoraci: "Tutta la verità". E spunta una nuova foto-choc




Elisabetta Gregoraci difende Flavio Briatore dopo le critiche al vistoso lifting facciale del marito. Dopo le critiche per le foto in cui il manager appariva ringiovanito in seguito alla remise en forme, la showgirl ha voluto dire la sua: "Non credo siano questi i problemi della vita", ha detto a Chi, "Perché bisogna dare sempre spiegazioni? Se Flavio è contento lo sono anch'io. Noi e Nathan siamo felici". "Quando ho postato il selfie con mio marito "ringiovanito" forse ho sottovalutato la potenza dei social – ha ammesso la showgirl nell’intervista rilasciata al settimanale, "Eravamo a cena, l'ho messa e ha fatto il giro del mondo perché lui appariva... diverso. Ho letto tanti commenti. In molti hanno scritto: "Ma chi è", altri non lo hanno riconosciuto perché ha perso 15 chili", ha raccontato la Gregoraci, affrettandosi a respingere le critiche. 

"Flavio è un personaggio pubblico ormai da anni. Ha le spalle larghe ed è navigato. Sapeva perfettamente che cosa avrebbe scatenato con la sua nuova immagine: commenti pro e contro. Ma mio marito ne ha passate di peggio nella sua vita", ha detto la showgirl.

PARTITO DISINTEGRATO Il Pd verso la scissione Chi molla Renzi: i nomi

Pd disintegrato, verso la scissione. I big mollano Renzi: ecco i nomi di chi molla




C'è una vera e propria spaccatura nel Pd: alla vigilia del voto sul ddl Cirinnà su unioni gay e stepchild adoption, i cattolici della maggioranza, riporta in un retroscena il Giornale, sono tentati di dire addio a Matteo Renzi. Significativo, in questo senso lo striscione "Ci ricorderemo" al Family day e soprattutto le parole di Massimo Gandolfini, presidente del Comitato Difendiamo I Nostri Figli: "Renzi non si è fatto in alcun modo interprete delle nostre istanze" e "Solo chi avrà lottato per affermare la famiglia e per difendere i bambini potrà contare sul voto del nostro popolo".

L'orientamento dell'area cattolica è dunque questo: "Daremo il voto a chi si farà portavoce del messaggio emerso al Circo Massimo". E la tentazione è di scendere in campo come protagonista. Sarà sicuramente interessante vedere cosa emergerà dal convegno dal titolo Dal Family Day al Family Italia convocato a Roma il 2 marzo quando alla Società Dante Alighieri si ritroveranno alcuni protagonisti del Family Day: Filippo Savarese, Mario Adinolfi, Costanza Miriano, Simone Pillon, Toni Brandi, Gianfranco Amato. Il tema è proprio il futuro del movimento e il ruolo dei cattolici in politica.

Voci parlano dell'idea di presentare una lista civica già alle prossime Amministrative. Alfio Marchini sembra in pole position per questo progetto. Ma sicuramente anche Guido Bertolaso, cattolico dichiarato con un solido rapporto con il mondo del volontariato, potrebbe diventare un interlocutore credibile.

ACCUSA TERRIBILE Loris, anche il nonno indagato per omicidio

Loris, indagato per omicidio anche il nonno




Andrea Stival, nonno del piccolo Loris, è finito sul registro degli indagati della Procura di Ragusa, per omicidio e occultamento di cadavere. L'iscrizione nel registro degli indagati, come atto dovuto, nasce dalle dichiarazioni rese lo scorso gennaio nel carcere di Catania da Veronica Panarello a una psicologa: "Loris lo ha ucciso mio suocero Andrea Stival e ho ricordato tutto quando sono andato a trovarlo al cimitero, ma non l'ho detto prima perchè avevo paura che uccidesse anche il bimbo più piccolo. Lo ha fatto perché eravamo amanti". Loris Stival era stato assassinato il 29 novembre 2014 nella sua casa a Santa Croce Camerina.

Su treni e bus con il Pos in mano Attenti: è l'ultima truffa bancomat

Bancomat contactless, ecco come ti fregano i soldi sul treno




Un lampo da vero genio della truffa. Con la tecnologia contactless sempre più diffusa, era solo una questione di tempo. 

Cosa succede - Un post su Facebook mostra chiaramente un uomo che si sposta su un treno con lo stesso dispositivo che solitamente si trova nei negozi e permette al cliente di pagare senza strisciare il bancomat. Per lui è sufficiente appoggiarsi alle vittime per sottrarre denaro dal conto bancario senza che questi abbiano la possibilità di accorgersene o reagire. Questo strumento si chiama POS (dall'inglese Point of Sale) e deve essere abilitato per pagamenti senza contatto che possono spingersi fino a 25€ senza bisogno dell'inserimento del PIN. Sembra tutto troppo facile. 

La soluzione - Data il proliferare di questo genere di soluzioni, sono già in commercio portafogli in grado di schermare eventuali intrusioni e proteggere dati personali e sensibili, come può essere un bancomat contactless. 

mercoledì 17 febbraio 2016

Caivano (NA): L'amico degli amici

Caivano (NA): L'amico degli amici



di Gaetano Daniele 

Eugenia Carfora
La Preside "coraggio" che ha sfidato tutti

per tutelare i ragazzini del Parco Verde

Mandata via per questo?

Ai cittadini l'ardua sentenza

A Caivano accadono cose strane, quando si tratta di sparlare o di straparlare dei nemici politici tutti sono pronti, quando invece si tratta di riferire circa gli amici vige l'omertà. Accade proprio questo, nell'ambito delle formulazioni di nuovi criteri di accorpamento degli istituti scolastici. Difatti, c'è qualcuno che mette d'accordo tutti, la opposizione tace per comodo o per opportunità e la maggioranza convinta di accontentare tutti distrugge il lavoro di una bravissima dirigente scolastica come la Preside Eugenia Carfora, impegnata a garantire una opportunità per i giovani del Parco Verde. Ma cosa volete che contino i giovani del Parco Verde? neanche altri pastori si offrono di questo gregge smarrito, forse perchè non fa notizia?. 

Chi ne paga le conseguenze è sempre la città. E chi ne guadagna in nome di un pensiero unico è sempre l'inciucio. I cittadini sono chiamati a riflettere circa le roboanti quanto fasulle proclamazioni di efficacia rispetto al nulla quando non dannoso comportamento da parte dell'amministrazione pro tempore in carica. 

Sarebbe il caso che tutte le forze politiche aldilà delle convenienze, come nel caso della scuola Viviani, guardassero oltre al proprio naso, intanto, si sta verificando un silenzio assordante rispetto alla vicenda. Forse perchè si vuole sancire che nel Parco Verde non sia affar loro? Ai cittadini l'ardua sentenza. 

Roma: Bechis: Quando il mondo non mi vuole più mi candido con Berlù...

Roma: Bechis: Quando il mondo non mi vuole più mi candido con Berlù...



di Franco Bechis



Il centrodestra a Roma ne sta inanellando una migliore dell'altra. Dopo che Alfio Marchini ha rifutato per settimane di difenirsi di "centrodestra", hanno capito che se proprio non li voleva, era meglio cercare un altro candidato. Così è spuntata fuori Rita Dalla Chiesa, che nella prima intervista ha spiegato di essere renziana per la politica nazionale e di avere votato proprio Marchini al comune di Roma, però la proposta di candidarsi sindaco di centrodestra per 48 ore l'ha affascinata (poi ha detto no quando ha capito che non la volevano più). A quel punto Silvio Berlusconi ha lanciato come candidato Guido Bertolaso. Uno che avendo qualche problema giudiziario aveva deciso di tagliare i ponti con il potere e la politica andandosene in Africa come Valter Veltroni. E appunto come Veltroni eccolo qui a candidarsi sindaco a Roma. Per ringraziare il centro destra ha dato subito una bella intervista per dire che lui no, il centro destra non l'ha mai votato. Quando si è trattato di scegliere fra Berlusconi e Francesco Rutelli a palazzo Chigi, Bertolaso non solo ha votato, ma si vanta pure di avere fatto campagna elettorale per Rutelli. Quando alle comunali c'era da scegliere nel 2008 fra centrodestra e centrosinistra, lui ha scelto centrosinistra votando ancira una volta Rutelli. Quindi il centrodestra sceglie per Roma uno che piuttosto di votare centrodestra si sarebbe fatto monaco. E siccome il convento di centrosinistra non passa più altra minestra, allora ben venga la candidatura offerta da Berlusconi e Giorgia Meloni. Un tempo si sarebbe detto: quando il mondo non mi vuole più, mi darò a Gesù. Oggi quando il mondo non mi vuole più, mi candido con Berlù...