Caivano (Na): La replica dell'Avv. Domenico Acerra (Liberi Cittadini) al blog diretto dal dott. Giovanni De Cicco Capo di Staff del Sindaco dott. Simone Monopoli
Avv. Domenico Acerra (Liberi Cittadini) |
Le Bugie e la realtà
Egregio Signor Direttore,
in relazione all’articolo titolato “le bufale di liberi cittadini. Città del fare tutti maschi: nessuna sorella di consigliera”, pubblicato sul sito on line napolimetropoli.it, da Lei diretto, Le invio, a titolo personale, a tutela della mia onorabilità e a difesa della verità dei fatti, le seguenti precisazioni. Ad un certo punto, nel predetto articolo, Ella afferma: “Domenico Acerra, che fino a qualche mese fa urlava dai palchi l’inconsistenza del centrosinistra ed esaltava le qualità di Monopoli (salvo poi abbandonarlo appena il sindaco rese pubblica la giunta)..”.
Innanzitutto, dal punto di vista stilistico e personale, non sono abituato a urlare; parlo, dialogo, ho fatto qualche comizio durante l’ultima campagna elettorale, ma non urlo. Le urla appartengono a persone che hanno un’indole e una cultura diverse dalla mia, più rozze, da trivio. Ma questa “caduta” giornalistica, questa volta, gliela concedo considerato che Lei non mi conosce. Quanto alla inconsistenza del centro sinistra, ribadisco ancora una volta che questa parte politica ha amministrato male il paese e le sue responsabilità sono ormai un dato storico inconfutabile.
È vero. Mi è capitato di sottolineare le qualità di Monopoli. Quando Monopoli parlava di discontinuità, rinnovamento, competenze, trasparenza, merito, gliene ho dato atto e gli ho tributato il mio plauso.
Ed è vero anche che successivamente alla vittoria ho abbandonato la coalizione che sosteneva Monopoli. Ma due giorni dopo la vittoria elettorale, non dopo il varo della giunta come Lei scrive in modo inesatto. Tuttavia, mi è gradita l’occasione per spiegare ancora una volta a tutti, spero definitivamente, i motivi del mio dissenso politico da Monopoli.
Monopoli, vinte le elezioni, grazie anche alla mobilitazione di tante donne e uomini che lo circondavano, all’indomani della sua elezione, avrebbe dovuto seguire un itinerario politico molto semplice. In primo luogo avrebbe dovuto coinvolgere i consiglieri eletti, come avviene in tutte le democrazie, perché essi sono i più titolati ad assumere i ruoli importanti nel governo del paese, soprattutto nell’esecutivo.
In secondo luogo, riscontrato l’eventuale rifiuto degli eletti, avrebbe dovuto attingere a tutte le risorse umane e professionali disponibili nella coalizione, al di là della loro appartenenza partitica, ma tenendo conto del contributo di idee, culturali e personali che questi sono in grado di offrire al paese. A questo proposito, ricordo ancora commosso lo straordinario impegno del mio amico ingegnere Giuseppe Peluso, che dopo avere condotto una campagna elettorale generosa, impegnandosi in prima persona come candidato al consiglio comunale, non è stato poi coinvolto nell’amministrazione cittadina pur avendo eccellenti qualità.
In terzo luogo, in assenza di personalità, risorse e disponibilità all’interno della coalizione uscita vincitrice dalle elezioni, avrebbe dovuto volgere lo sguardo alla società civile per individuare le giuste personalità e invitarle ad assumere il comito di amministrare il paese. Ma niente di tutto questo è stato fatto.
Monopoli, sorprendentemente, officiava invece il rito della spartizione, archiviato anche dalle peggiori giunte di sinistra che hanno amministrato Caivano. Egli, rispolverando quello che un giornalista locale chiamò il “manuale Cencelli”, nella composizione della giunta, accettava il criterio della spartizione tra partiti.
Questo errore metodologico, politico, etico, fu da me subito sottolineato in un post pubblicato su facebook, dove rimarcavo l’insensatezza e quasi l’immoralità del criterio di spartizione che si stava usando per la composizione della giunta, attirandomi i rimproveri di chi circondava il Monopoli: questi amici mi facevano notare che il sindaco l’avrebbe presa come una critica personale e in questo modo me lo sarei inimicato. In realtà non ho mai fatto ammenda delle mie parole, non ho mai ritrattato le mie posizioni, per diversi motivi: perché credo profondamente nel valore della coerenza; perché in quel modo pensavo di tutelare le migliaia di elettori ed elettrici che avevano creduto nel messaggio di rinnovamento di cui anche io mi ero fatto portatore; infine perché ritenevo monopoli un uomo intelligente e confidavo nella sua volontà di dialogo anche come momento di crescita umana e politica.
Tutto il resto è storia. Monopoli ha varato una giunta composta sulla base di criteri partitocratici, familistici, spartitori, lottizzatori, antimeritocratici. E ha imposto un presidente del consiglio comunale che, al di là del suo spessore personale, è tutt’altro che un uomo della discontinuità, anzi è la rappresentazione plastica del passato. Ai miei occhi questo è apparso avventurismo politico e l’ho considerato un tradimento politico.
I fatti, adesso, a distanza di otto mesi, purtroppo dicono che Monopoli ha sbagliato a nominare quella giunta, già dimezzata, tant’è che egli stesso la vuole rinnovare, varando una cosiddetta “fase due”.
Ancora. Lei mi definisce, nello stesso articolo, “ex fedelissimo di Monopoli”. Usa così una espressione, come dire, da rotocalco rosa. Trattandosi di vicende politiche, meglio si addice ad esse il concetto di coerenza a quello di fedeltà. In proposito, credo sia innegabile anche agli occhi del mio più acerrimo detrattore, resto ancorato saldamente alle idee di rinnovamento, discontinuità, merito, competenze, che poi sono i capisaldi del mio impegno civile. In concreto e in relazione alle vicende politiche a cui Lei si riferisce nell’articolo, senza dubbio ritengo di essere una persona coerente. Sono altre le persone che hanno abbandonato le idee e i capisaldi che tenevano insieme la comunità politica di cui facevo parte.
Infine il tema dell’organismo di valutazione. Anche qui, mi scusi l’affronto, ma Lei usa un linguaggio sbagliato, questa volta vagamente allusivo. Si spinge a dire che lo scrivente “potrebbe dire tanto, come disse tanto, proprio su questa vicenda”. Questa criptica sequenza di parole vuote, questo scorrere di inchiostro velenoso, mi ripugna. Tuttavia, non accetto quella che considero da parte Sua solo una provocazione e ne giro alla larga. Ma, ne sia certo, gli schizzi del Suo inchiostro non macchieranno mai la specchiata moralità della mia persona.
Certo che vorrà dare spazio alla mia lettera sul suo giornale, La saluto distintamente.